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23 giu 2020

ANTONELLA BUKOVAZ-POETESSA DELLE VALLI DEL NATISONE/NEDIŠKE DOLINE

Siedo da anni nell'ansa
dove curvano i pensieri
si congiungono e riavviano
mi infilo nello spazio tra uno e l'altro
allargo le gambe - divarico il tempo
tra la fine e il principio
della pausa prendo l'impronta.
[...]

Come i suoi compagni di collana, al Limite (Le Lettere, collana Fuori Formato, pp. 120, con DVD, euro 32) è una perla luminosa. Ne registro la sfericità vibrante nel panorama della recente poesia in lingua italiana con parecchio ritardo (il libro è infatti uscito nel 2011), ma non credo ci sia un time to market troppo stringente da rispettare in poesia. Per questa poesia. Antonella Bukovaz ha qui concentrato lo sforzo di una geografia poetica e di un percorso vocale tra i più avvincenti (da sempre infatti sperimenta la multimedialità, come nel DVD allegato realizzato assieme a Paolo Comuzzi e con le composizioni musicali di Antonio Della Marina). Attiva in quell'area (aria?) di confine tra Italia e Slovenia, in quel paese di Topolò (Topolove) salito agli onori della cronaca per uno dei più intelligenti festival artistici d'Italia (Stazione di Topolò/Postaja Topolove), poeta di intervalli e pendolare di valli (quelle del Natisone), tra San Pietro e Cividale, Antonella Bukovaz offre oggi una delle più aperte letture del paesaggio post-Zanzotto. Andrea Cortellessa, curatore della collana, parla giustamente di poesia site-specific, rimandando al parallelo con la prosa del paesologo Franco Arminio, autore di una bellissima nota conclusiva di cui riporto alcuni stralci importanti:

"C'è un solo punto del corpo da cui non si vede il cielo. Questo punto è la geografia tatuata sulla pianta dei piedi. Il contatto con la terra è la prima regola della nostra postura, ma è come se fosse in corso una rimozione del punto d'appoggio. La terra è la base, è come vivere in un vaso: a pensarci bene ogni passo è fioritura, è un andare e vedere dove siamo, dove possiamo andare.
Io ho sempre letto i versi di Antonella Bukovaz cercando in essi il luogo da cui provenivano. Ogni corpo è un luogo di confine tra la terra e la carne e noi abitiamo sempre un bordo, un borgo minacciato di estinzione [...] In ogni caso io amo la scrittura che mi dice dove si trova chi scrive, che vento e che nuvole e che macchine vede intorno a sé lo scrittore. [...] La poesia è un po' come la colatura di alici. [...] 
Il luogo funziona come da spremiagrumi. Quando si rimane a lungo nel posto in cui si è nati, quasi sempre ci si spegne lentamente per inalazione di dosi minime e continue di ossido di carbonio. Perché la combustione avviene al chiuso, perché bisogna bruciare se stessi per darsi calore e luce. [...] Con lei (con Antonella Bukovaz, ndr) siamo sui monti, siamo al confine, sospesi tra un'identiqua e un'identilà. E siamo ad Oriente. È come portare Saba ad alta quota, dalle galline alle poiane. [...]"


Poesia site-specific quindi, ma poesia sulla fissità e sulla sparizione del luogo, dello spiraliforme mutare di natura, di simmetrie, delle invarianti del pendolo che ha come estremi la stanzialità del corpo e il nomadismo di ciò che è più perduto, il saluto di un verso quindi, di una poesia immersa in uno dei più lacerati "problemi della lingua" conosciuti nel secolo scorso, come giustamente ricorda Moreno Miorelli nella sua nota sugli indissolubili aspetti storico-geografici di quest'area: "La situazione ha mille sfumature e complessità che è impossibile qui approfondire, ciò che rimane è un “problema della lingua”, per chi l’ha difesa e per chi l’ha rifiutata, che si trasforma in un caso eccezionale, unico, come se in un bicchiere d’acqua si fossero radunate pronte allo scontro tutte le tensioni e le contraddizioni di secoli di storia, simboleggiate e concentrate in una parlata, in un dialetto che il solo nominarlo, praticarlo o studiarlo ha creato, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso, asti e irremovibili sensi di colpa o di rivalsa o di rifiuto e questo per la più naturale delle espressioni umane, il parlare. Quella che richiederebbe, per non venire fraintesa, per dare forme chiare al pensiero, la più grande quiete."

 Davvero una delle più belle letture (e visioni) degli ultimi mesi (cercatela anche su Youtube).



CAMERARDENTE



Nello sciame quantico
quanti siamo? Affondiamo
sempre più nella lingua
deglutiti da boschi d’alfabeti
si emerge a cercare calma
ci tiene a galla
un confine mai divelto.
Una corruzione inesorabile accompagna la crescita
e la parola
confine tra uomo e uomo
da questo abisso
risalire sarà una guerra
fino alla conchiglia delle mani
a scoprire una perla dal brillio del latte
pronta a esplodere o, nel peggiore dei casi
a perdere splendore
fino a ingrigire e spegnere
anche la luce intorno.
Dicono che sono caduti - i confini
ma com’è possibile? Erano tutt’uno
con le carni dei vicini e le ansie
da finitudine imperfetta
e la materia della lontananza!
Si è vissuti in un coagulo eroso
dal protendersi di opposti versanti
dalla notte delle strategie
da un misurato marasma.
Si è sopravissuti in sanguinaccio di identità.

E ora questa notizia!
……
Quindi ciò che sento è la presenza
di un arto fantasma?

Alla luce del desiderio del desiderio
sono evidenti le storture dello sguardo
i crampi alla percezione del reale
mentre il rimpianto dei confini
- poggiati su cuscini - di raso
è un’ode di cinque o sei versi
lungo i quali so schiantarmi e ricompormi
alla penombra della loro camera ardente.

Ho tenuto tra le mani il mio osso
ora non posso più respingermi
ma rischio di lasciarmi annegare
in questo che è il mio riflesso
e sembra mare.


(E se volete approfondire, troverete un'altra bellissima poesia, più lunga, in questo PDF scaricabile dal sito della casa editrice Le Lettere, dove l'epigrafe pasoliniana dice moltissimo del "problema della lingua"). 

Infine, data la natura del libro e dato il frequente ricorso al lavoro multimediale da parte dell'autrice, (con Sandro Carta, Marco Mossutto, Hanna Preuss, Antonio Della Marina e l'instancabile Teho Teardo), credo sia opportuno rimandarvi a questo video, le cui immagini stanno ai versi come le foglie ai rami, un lavoro che poi, tra l'altro, mi sembra così congeniale (consustanziale?) alla squisita irrequietezza che contraddistingue quest'artista.
tratto interamente da:

ACROSTICO:TORRE


                                                                            Trasparente
                                                                               Odoroso
                                                                             Riflettente
                                                                             Rumoroso
                                                                           Effervescente

Šentjanževo – la notte di San Giovanni, tra magia e religione

Celebrato da millenni presso le popolazioni di mezza Europa, il solstizio d’estate, che il cristianesimo ha associato alla festa di San Giovanni Battista, è un autentico scrigno di tradizioni popolari, alcune delle quali ancora vive in Slovenia. Qui come altrove, la festa del Santo cristiano si è sovrapposta a riti pagani antichissimi, al cui centro vi era Kresnik (“Svetovit” per gli antichi slavi), divinità del sole.
Anche grazie all’assonanza dei nomi, presso gli sloveni il cristianesimo ebbe gioco facile a sostituire questa figura con quella del Battista, che in sloveno si chiama appunto “Krstnik” (da “krst” = battesimo). L’antica figura mitologica di Kresnik è stata quindi soppiantata da quella di Janez Krstnik, ma ciò non è bastato a cancellare tutta una serie di riti e usanze di origine pagana, con innumerevoli varianti nelle singole regioni slovene.

Il sole e il fuoco

Durante il solstizio d’estate il sole raggiunge il suo apice, ma ciò significa anche che a partire da questo punto la sua forza andrà diminuendo giorno per giorno. Desiderio dell’uomo era quello di prolungare il più possibile il potere del sole, “aiutandolo” e dandogli forza con l’accensione di grandi fuochi. Ancora oggi uno dei momenti centrali dei riti di San Giovanni è proprio il falò, in sloveno “kres” (legato al nome della divinità Kresnik).

Il Kries (falò) di San Giovanni, ancora in uso nei paesi di minoranza slovena in Italia
Il Kries (falò) di San Giovanni, ancora in uso nei paesi di minoranza slovena in Italia

Il kres viene acceso la notte tra il 23 e il 24 giugno di solito sulle alture, affinché possa essere il più vicino possibile al cielo. In molti paesi la raccolta stessa del materiale da ardere rappresenta una sorta di rituale: i giovani vanno di casa in casa a raccogliere legno di scarto e ramaglie e tutte le famiglie devono contribuire in base alla propria disponibilità.
I paesi fanno a gara a chi ha il kres più grande e più bello, in alcuni luoghi si gareggiava addirittura tra le varie frazioni del paese (così ad esempio a Doberdò del Lago – Doberdob (GO)). Nella Slovenia settentrionale al centro del kres si pone un palo decorato chiamato “kresni mlaj”, simile a quello innalzato per il primo maggio. La tradizione del kres è conosciuta anche nei paesi in Italia dove vive la minoranza slovena ed è ancora molto viva in Benečija (Slavia Veneta), dove il più famoso è il “Kries svetega Ivana” a Gorenji Tarbij – Tribil Superiore.

La gente attorno al kries di Tribil Superiore
La gente attorno al kries di Tribil Superiore

Secondo l’usanza, intorno al kres si balla e si canta (anticamente si trattava di canzoni rituali di origine pagana innegianti al sole), ma anche si salta oltre il fuoco per sfruttarne i suoi poteri di purificazione. Oltre al kres si usava accendere anche “ruote infuocate”, che si facevano rotolare giù dalle colline, o le “šibe”, tavolette di legno infuocate lanciate in aria, conosciute anche dalla tradizione friulana sotto il nome di “cidulis” (che però vengono lanciate per il solstizio d’inverno). Il lancio della “šiba” viene accompagnato da invocazioni ai santi, dediche alla ragazza amata o critiche ai compaesani.

Le “šibe”, tavolette di legno infuocate lanciate in aria
Le “šibe”, tavolette di legno infuocate lanciate in aria

L’acqua e le piante

Oltre al fuoco, anche l’acqua rappresenta un elemento centrale dei riti del solstizio d’estate. Secondo la tradizione, in questa notte tutte le fonti d’acqua diventano “benedette” e l’immersione in esse porta salute e benessere. Anche la rugiada ha un potere magico: in Benečija, così come in alcuni paesi in Slovenia, le donne la notte di S. Giovanni stendono un panno sull’erba per raccogliere la rugiada. La mattina dopo strizzano il panno e conservano il prezioso liquido in boccettine da usarsi all’occorrenza come medicinale.

Štanjel - Venček svetega Ivana
Štanjel – Venček svetega Ivana

Durante il solstizio anche le piante assumono poteri magici: quelle più “tipiche” dei riti di San Giovanni sono l’iperico (chiamato “šentjanževka”, erba di S. Giovanni), la barba di capra (Aruncus Dioicus), la margherita (che in sloveno si chiama “ivanjščica”, fiore di S. Giovanni), il sambuco e soprattutto la felce (“praprot”). Si dice che chi ha in tasca dei semi di felce la notte di S. Giovanni riesce a capire il linguaggio degli animali (il che avrebbe anche un significato divinatorio, in quanto, secondo la tradizione, in questa notte gli animali parlano di come sarà il futuro).

Štanjel - Venček svetega Ivana
Štanjel – Venček svetega Ivana

In alcuni paesi si ricoprono di felce i pavimenti della casa e della stalla, perché San Giovanni vi si sdraierà per dormire, portando così benedizione a tutta la casa. La tradizione più diffusa è quella di intessere piccole ghirlande, croci o mazzetti fatte di “fiori di san Giovanni” e appenderle sulla porta di casa o sulle finestre, per tenere lontani gli spiriti maligni che si aggirano in questa notte. San Giovanni stesso passerebbe poi a benedire queste ghirlande, le cui erbe vengono bruciate per scongiurare i temporali.

Prevedere il futuro e trovare tesori

Il solstizio d’estate era anche un’occasione per prevedere il futuro. Ci sono stati tramandati innumerevoli riti di divinazione utilizzati in varie regioni della Slovenia. I più diffusi sono quelli praticati dalle ragazze per sapere quando e con chi si sposeranno. Secondo una tradizione della valle del Vipava (Vipacco) a mezzanotte della notte di San Giovanni, mettendo un secchio d’acqua sotto la finestra, la ragazza vi avrebbe scorso il volto del futuro marito.
Un’altra usanza, legata anche al culto della fertilità, è quella di piantare in un vasetto dei semi di grano. In base a come germogliava, si poteva predire se in casa ci sarebbero stati eventi lieti o tragici.
Questa notte magica era anche propizia per trovare tesori nascosti. Estirpando a mezzanotte una piantina di felce, vi si poteva trovare, infilato sulla radice, un anello d’oro. Secondo un’antica tradizione popolare, camminando a mezzanotte con in tasca una costola di rana, tre granelli di sale e il pelo di nove gatti, sarebbe apparsa una piccola luce verde che avrebbe guidato il fortunato verso un enorme tesoro.

Le Kresnice, sacerdotesse e benedicenti

Una figura particolarissima dei riti di San Giovanni in Slovenia è quella delle “kresnice” o “ladarice” (dal nome della dea slava Lada, protettrice dell’amore e della salute). Secondo quest’usanza, viva soprattutto nella regione della Bela Krajina, piccoli gruppi di ragazze vestite di bianco e con il volto coperto da un fazzoletto la notte vanno cantando per i campi, accompagnate da un ragazzo che suona il flauto, e quando arrivano in paese fanno visita a tutte le case, senza smettere mai di intonare canti di benedizione per gli uomini e il raccolto. In cambio ricevono in dono cibo o denaro, che utilizzano alla fine della festa di San Giovanni in un banchetto conviviale.
Originariamente questo rito non si svolgeva solo la notte di San Giovanni, ma anche in quelle precedenti: secondo la tradizione, infatti, i campi e il raccolto andavano protetti dalle forze del male che nel periodo intorno al solstizio d’estate erano particolarmente insidiose.

Danza delle Kresnice
Danza delle Kresnice
Le kresnice, come gli altri riti del solstizio d’estate diffusi in Slovenia, rispecchiano una cultura contadina fortemente legata ai cicli della natura, in cui la sopravvivenza dipendeva dal raccolto, che bisognava proteggere ad ogni costo. La mescolanza di elementi cristiani e pagani non fa che aumentare il fascino di queste usanze, in cui possiamo trovare, occultate dalla patina del tempo, tracce di un passato antichissimo che ancora oggi rivive ogni anno, per un’unica, magica notte.

Si ringraziano per le testimonianze: Cecilija Blazutič (Benečija) e Slavka Lakovič (Doberdò del Lago – Doberdob).https://www.slovely.eu/2013/06/24/notte-di-san-giovanni-tra-magia-e-religione/

22 giu 2020

IL FRIULI

L’originalità del Friuli non è mai stata negata attraverso i secoli (…) Questo è un luogo di incontro di tre civiltà, latina, slovena e germanica, e di tre razze in armonia. Vi si parla una lingua, non un dialetto italico; né italiano né veneto, ma la variante più cospicua della lingua ladina. Tale lingua ci ha dato una letteratura sua, colta e popolare.
(Guido Piovene)

Aconito Napello

Aconito napelloaconitum napellus è una pianta erbacea officinale della famiglia delle Ranunculaceae con la sommità del fiore somigliante vagamente ad un elmo antico. È una delle piante più tossiche della flora italiana  ed è diffusa nelle zone montagnose delle Alpi. Ha importanti proprietà e benefici ,è perenne ed è presente nelle Alpi, molto comune in Europa, in Asia e nell'America del Nord. L'Aconitum napelius L. può avere risultati contro la gotta, il raffreddore, la laringite, la bronchite ecc.
aconitum  napellus
dal web

Poesia


poesia per bambini in dialetto zegliano
in sloveno ufficiale
in italiano
tratto dalla pag fb

21 giu 2020

Filastrocca sui nomi delle dita


In dialetto sloveno zegliano
In sloveno ufficiale
In italiano

dalla pagina fb del 

Združenje/Associazione "Don Mario Cernet"

Valbruna-Val Canale

PROPOSTA DI GITA

Non sapete dove andare in gita?
SAPEVATE che a Valbruna/Ovčja vas è sepolto Jurij Prešeren, fratello del più celebre poeta sloveno France?
Negli ultimi anni della sua vita prestò servizio nel paese come parroco. Allora la lingua d'uso tra la maggioranza dei valbrunesi era il locale dialetto sloveno zegliano; la comunità necessitava, quindi, di un parroco che parlasse anche lo sloveno.
Jurij Prešeren spirò nella canonica del paese (n. 53, vulgo Farouž) il 7 ottobre 1868, alle due del mattino.
Proprio nella canonica oggigiorno ha sede lo Združenje/Associazione "Don Mario Cernet".
Per altre informazioni su Jurij Prešeren e sul lato sloveno della Valcanale potete contattarci su Facebook o all'indirizzo e-mail zdruzenje.cernet@gmail.com

Ta teden imamo za vas namig za izlet.
A STE VEDELI, da je v Ovčji vasi pokopan Jurij Prešeren, brat največjega slovenskega pesnika Franceta?
Kot vaški fajmošter je prav v Ovčji vasi služboval zadnja leta svojega življenja. Takrat je za večino Ovčanov občevalni jezik bilo domače ziljsko slovensko narečje, zato so potrebovali duhovnika, ki naj bi govoril tudi slovensko.
Jurij Prešeren je umrl v vaškem župnišču (št. 53, vulgo Farouž) 7. oktobra 1868 ob dveh zjutraj.
Prav v župnišču ima dandanes sedež Združenje Don Mario Cernet.
Za kakršnokoli informacijo o Juriju Prešernu in slovenski plati Kanalske doline smo dosegljivi na Facebooku ali na e-naslovu zdruzenje.cernet@gmail.com
da fb

20 giu 2020

Le coroncine di San Giovanni

Si avvicina la magica notte di San Giovanni con le sue usanze antichissime, tra cui quella delle #coroncine intrecciate con erbe e fiori. 🌿🎋
Anche quest'anno a #Štanjel, uno dei borghi più belli del Carso sloveno, si rinnova la magia!
Domenica 21 giugno, dalle 10 alle 16 si svolgerà un laboratorio dove potrete imparare a intrecciare le tradizionali coroncine di San Giovanni. Le coroncine più belle verranno premiate! 🏆
Alle 16 concerto del gruppo vocale Slovenski Oktet🎶🎶
Qual è il significato delle erbe utilizzate, che "poteri" hanno e cosa c'è di bello da vedere a Štanjel? Ve lo raccontiamo nel nostro articolo 👇

Una cartolina da...BORDANO

https://www.facebook.com/bordanofarfalle/videos/278832563308658/

Care Amiche e Cari Amici del Contastorie, mentre sto preparando la prossima tappa del nostro viaggio - dedicata ai fuochi, alle erbe ed alle acque della notte di san Giovanni (e quindi ai suoi misteri, tutti "friulani"), Vi invito a scoprire un TESORO che abbiamo praticamente fuori dalla porta di casa: LA CASA DELLE FARFALLE DI BORDANO, che riapre domani... Venite a visitarla perché fa bene in primis alle famiglie, in secundis a chi lavora duramente tutta la settimana, in tertiis a tutti!!!
Garantito dal Contastorie e, se non è così, ci tornate o ci venite con me...


Bordano (Bordan in friulano) è un comune italiano di 721 abitanti in Friuli-Venezia Giulia. È conosciuto come il paese delle farfalle per la notevole presenza nella tarda primavera di diverse specie di tale insetti, e per la presenza della " casa delle farfalle ", unica nel suo genere. Nel paese riveste ancora una discreta importanza la lavorazione, su base artigianale, del legno.https://it.wikipedia.org/wiki/Bordano

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Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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Proverbio friulano

  Il proverbio friulano della settimana di Vita nei campi fb “Mai / salte fûr el cai” ovvero a maggio escono le chiocciole che segue l’altro...

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