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30 set 2023

La ricetta di vita nei campi


 Zuppa di gulasch

La Contessa Perusini ricordava che “il friulano desidera la scodella di minestra calda, ben preparata, come e quanto i meridionali tengono ai loro maccheroni” e che “nella lista di spesa di Casa Colloredo del 1716 la minestra figura tutti i giorni”, mentre in quella di casa Rabatta c’era una minestra di verdure oppure una zuppa sia a colazione sia a pranzo. E fra le zuppe presenti in regione c’è quella di gulasch, la cui ricetta ha origini antiche. Un tempo i mandriani ungheresi a cavallo, i ‘gulyas’, cuocevano carne a pezzetti con cipolle finché il liquido evaporava ed essiccavano poi il tutto al sole su tavole, e lo conservavano in otri di pelle. Nei bivacchi il cibo veniva riscaldato poi con acqua e qualche rapa per preparare una minestra. Questa zuppa venne chiamata ‘gulyashus’, poi abbreviata in ‘gulyas’, dove ‘hus’ è ‘carne’, ossia carne preparata alla maniera dei mandriani. Il vero gulasch, piatto oggi simbolo dell’Ungheria, è appunto proprio una zuppa, quella che nei paesi di lingua tedesca si chiama Gulaschsuppe, a base di carne a bocconcini in una salsa più liquida. Nei paesi parlanti tedesco, ma anche da noi, con ‘Gulasch’ spesso oggi si indica invece uno stufato di carne, piatto che in Ungheria va invece sotto il nome di ‘pörkölt’. Ricordo che la paprika, ricavata solo con la polvere dei peperoni dolci, e oggi elemento imprescindibile del piatto, non era prevista nella ricetta originale ed è stata aggiunta solo nel ‘700. L’abbondante uso di paprika, a differenza di quello che in molti credono, non dà una nota molto piccante, come la darebbe invece il peperoncino, ma serve a dare densità, un aroma speziato ed il caratteristico colore rosso cupo alla pietanza. Pietro Adami riporta, come apporto d’oltralpe in Carnia, una ricetta di Gulaschsuppe, ma oggi vi racconto invece quella dell’Antico Albergo Roma di Tolmezzo. In una casseruola soffriggete in olio 3 etti di cipolla tritata grossolanamente, aggiungete 3 etti di carne tritata a dadini, muscolo o paletta di spalla, salate, pepate e rosolate bene. Insaporite con 2 cucchiai di paprika dolce e ½ cucchiaino di piccante, un pizzico di Kűmmel e uno di semi di finocchio, bagnate con un bicchiere di vino rosso e fate evaporare cuocendo per 10 minuti. Aggiungete ora, poco alla volta, due bicchieri di brodo di carne continuando la cottura per un’ora e quaranta. A parte cuocete al vapore 2 etti di patate tagliate a dadini badando che restino bene sode, e unitele alla zuppa che dovrà risultare bene densa. Servite bollente in ciotole di terracotta e, volendo, accompagnate con gnocchi di pane.
Buon appetito!

29 set 2023

SONETTO DI SETTEMBRE



di Carlo Vallini (1885-1920)


O Settembre, nel bel parco silente 
ove assorto al mio sogno un dí vagai, 
fa’ ch’io rivegga ancora dai rosai 
fiorir le rose, prodigiosamente. 

Ch’io rioda tra i boschi dolcemente 
gemer le mie fontane dolci lai 
e le gelide statue che mai 
mutano gesto, interrogarmi intente. 

Irrompa tra i cipressi, per le aperte 
finestre, nel castello, la sovrana 
fiamma sanguigna del gran sol che muore 

e dilaghi via via per le deserte 
plaghe, una voce triste che lontana
mi sembri e pianga invece nel mio cuore.

(Da "La rinunzia", Streglio, Torino 1907)

26 set 2023

Giornate Europee del Patrimonio:

 

25 set 2023

Il primo territorio libero in Italia

 


Fondata 80 anni fa, la Repubblica di Caporetto/Kobariška republika fu la prima formazione statale libera all’interno del Regno d’Italia, i cui confini erano ancora quelli del Trattato di Rapallo (1920). Eppure per la storiografia della Resistenza resta un fatto generalmente sconosciuto, mentre, nella nostra regione, trovano largo spazio la Repubblica partigiana della Carnia e dell’Alto Friuli e la Zona libera del Friuli Orientale. Ma si trattava, come per la ventina dei territori liberi sorti nell’Italia settentrionale, di repubbliche fondate per lo più nella seconda metà del 1944 al fine di contrastare l’oppressione degli occupatori e preparare il terreno alle forze alleate che stavano salendo verso Nord. Le ragioni di tanta lacuna sono molteplici e sono da ricercare, per Luciano Marcolini Provenza, dell’Anpi di Cividale, «nei rapporti volutamente mantenuti tesi dal Governo centrale italiano, nel dopoguerra, sulla questione del “confine orientale”, argomento da spendere, e ancora ai giorni nostri accade, per motivi politico- ideologici; su un altro fronte a causa delle “gelosie” riguardanti la primogenitura del fenomeno resistenziale e ancora per motivazioni di carattere nazionalistico» ( Patria indipendente, novembre 2018).


La Repubblica di Caporetto fu fondata immediatamente dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e negli stessi giorni in cui l’esercito di occupazione del Terzo Reich costituiva la Zona d’operazioni del Litorale adriatico/Operationszone Adriatisches Küstenland che comprendeva le province di Udine, Gorizia, Trieste, Pola, Fiume e Lubiana, quest’ultima occupata dall’Italia nell’aprile 1941.


Fu don Antonio Cuffolo (1889-1959), parroco di Lasiz, per primo a scrivere nei suoi diari dell’esistenza di un’unità territoriale organizzata sotto il controllo dei ribelli, come chiamava i partigiani al loro apparire in Benecia, e dell’esistenza di una repubblica. Il 27 settembre 1943 annotò: «In Italia due governi e cioè quello del re, con a capo il gen. Badoglio sotto gli Alleati, e quello della repubblica fascista, con a capo Mussolini che, come si sente, sarebbe ancora vivo ed in mano ai tedeschi. Al di qua del Ponte S. Quirino noi abbiamo… la nostra repubblica da soli e nessuno ci secca, ma temiamo di giorno in giorno che tedeschi e repubblichini fascisti irrompano in forze nella valle per aprirsi la strada verso l’Austria, e che si vendichino su di noi». A diradare la nebbia che avvolgeva la Repubblica di Caporetto e a darne una visione complessiva è stato Zdravko Likar, già prefetto di Tolmino, nel volume Kobariška republika (2018, Kobarid, Fundacija Poti miru v Posočju, ZBV NOB). Seguiamo la sua narrazione.


Esercito. Dopo l’8 settembre i partigiani sloveni scesero nei paesi del fondovalle. Anche in Benecia fustran rono costituite varie unità partigiane con centinaia di combattenti. L’esercito della Repubblica raggiunse le 5mila unità, compresi i militari di diverse nazionalità fuggiti dai campi di concentramento italiani che in maggioranza erano sloveni, croati, montenegrini…; un centinaio appartenevano all’esercito inglese e avevano il loro punto di raccolta a Stupizza; c’era anche un plotone di soldati dell’Unione sovietica. I partigiani italiani che operavano nel Collio goriziano e tra Subit, Canebola e Montefosca erano inquadrati in unità che formeranno la Divisione Garibaldi. Compito dell’esercito era impedire l’occupazione di questo territorio nevralgico tra la pianura friulana, la Slovenia centrale e il territorio alpino. La Repubblica era organizzata politicamente ed era amministrata dall’autorità civile.


Territorio. La Repubblica, che aveva una superficie di circa 1400 km2, si estendeva sulla valle dell’Isonzo da Bovec/Plezzo a Tolmin (paesi esclusi), sul Collio, sul versante destro del comune di Kanal/Canale d’Isonzo, sulle Valli del Natisone, del Judrio e del Torre, sulle aree montane dei comuni della pedemontana e su fin a Resia. Gli abitanti erano oltre 55mila. La capitale era Kobarid/Caporetto.


Amministrazione. In un primo momento le funzioni amministrative e politiche erano svolte dalla Osvobodilna fronta/Fronte di liberazione, che provvedeva alle varie necessità della comunità civile e dei combattenti. Le principali entrate della Repubblica (la moneta era la lira italiana) erano prestiti, tasse e libere oblazioni. Le elezioni si tennero nel mese di ottobre.


Scuola. La costituzione del territorio libero diede la possibilità di istituire scuole in sloveno, com’erano prima del fascismo. A capo dell’organizzazione scolastica fu chiamato il noto scrittore France Bevk che già il 21 e 22 settembre diede le disposizioni per l’inizio delle lezioni. Anche alcuni sacerdoti si dedicarono all’insegnamento e svolsero una funzione di supporto ai maestri che non avevano le competenze linguistiche necessarie dal momento che avevano compiuto gli studi nelle scuole italiane. In alcuni paesi delle Valli del Natisone prima furono organizzati corsi di sloveno, in seguito furono istituite delle vere e proprie scuole.


Sanità. Furono istituiti due ospedali civili: uno a Sužid, trasferito poi a Svino, l’altro nell’albergo Devetak di Caporetto. Ma anche in questo settore mancava il personale. Anton Lister, un odontotecnico che aveva fatto un corso nella sanità italiana, rilevò la farmacia del paese e prestò servizio anche nell’ospedale. I 30 feriti ricoverati venivano curati da due medici: Pavel Filipov, russo, e Giuseppe Marangon, italiano.


Approvvigionamenti. Il più grande problema era il reperimento dei generi alimentari. Furono organizzate delle cucine da campo, i viveri venivano cercati nei paesi vicini e in Benecia. I comandi vennero a sapere che nel mulino di Azzida erano ammassate oltre mille tonnellate di grano e dieci tonnellate di farina che, grazie ad una spedizione ben organizzata e all’aiuto di carrettieri locali, furono trasportati a Caporetto.


Difesa. Numerosi furono i tentativi di tedeschi e collaborazionisti di occupare la Repubblica, in particolare lungo la Val Natisone che rappresentava la via più diretta.


Ma per arrivare a Caporetto le truppe di stanza a Cividale dovevano superare Ponte San Quirino, ben presidiato dalle formazioni partigiane. Qui si ebbero vari scontri, sempre respinti. Per domare la resistenza si ricorse anche all’aviazione che compì numerose incursioni e bombardò i paesi della Benecia e del Caporettano, ma senza risultati sul piano militare. Due vere battaglie furono combattute il 6 ottobre – la prima a Merso Inferiore, dove cadde il partigiano Mario Jurman di Costne (Grimacco), la seconda ad Antro, dove giovani della zona e partigiani stanziati a Loch tentarono di fermare la marcia di una grossa colonna di tedeschi che, salita da Cividale a Spignon stava scendendo nel fondovalle.


Fine. Visti i vani tentativi di sfondare nelle Valli del Natisone, il comando tedesco mise in campo un poderoso schieramento di forze. A Resia furono mandati 280 uomini delle unità alpine tedesche, Cividale e Tolmino furono forniti di unità corazzate. Il piano per la conquista della Repubblica prevedeva un attacco da tutte le direzioni, ma quello principale doveva arrivare da Bovec e poi da Tolmin, Cividale, Tarcento e Resia. Si trattava di forze bene addestrate e dotate di armamenti efficienti; a loro disposizione avevano anche armi pesanti, mezzi blindati e l’aviazione. L’attacco iniziò il 26 ottobre nella conca di Bovec. A sferrarlo furono i Kraški lovci/Cacciatori del Carso. Altre unità avanzarono dalla sponda sinistra dell’Isonzo e da Resia lungo la valle dell’Uccea. Il 29 fu occupata Trnovo. Alle 13 del 1° novembre iniziò l’ultimo attacco che portò alla conquista di Caporetto. Gli scontri continuarono nei giorni seguenti.


Quando i tedeschi riuscirono ad occupare anche il Breginjski kot, un contingente di partigiani si spostò oltre il Natisone e si concentrò sul Matajur, dove furono accerchiati. Si accese una battaglia furibonda che durò un giorno intero e provocò 32 morti tra i partigiani che in maggioranza provenivano dal Collio. Il resto della formazione riuscì a rompere l’accerchiamento e a passare sul versante sinistro del Judrio. Le Valli del Natisone resistettero ancora qualche giorno. Il 6 novembre le truppe tedesche salirono a Luico, scesero nella valle di Savogna e raggiunsero San Pietro; da Robič arrivarono a Pulfero. Un’altra colonna, partita da Cividale, occupò Vernasso e si spinse sul versante destro del Natisone. Il 9 novembre tutta la Benecia era occupata.


Don Cuffolo, sconsolato, scrisse: «Addio alla nostra repubblica!»; e poi: «È la fine della nostra buona sorte, della nostra libertà e della nostra pace!». (Giorgio Banchig)

dal Dom

Provebio friulano

 


Il proverbio friulano della settimana

di Vita nei campi
“San Micjeli la mirinda ‘a va in ciel” ovvero per San Michele (il 29 settembre) le giornate si sono accorciate tanto che si salta la merenda … andata in cielo.

24 set 2023

Dalle scuole anche segni di speranza


 Il nuovo anno scolastico tra gli sloveni della provincia di UDINE è iniziato con una bella novità, poiché a Kanalska dolina sono ufficialmente iniziate le lezioni multilingue. Il che significa anche che la lingua slovena ha ufficialmente varcato un paio di volte la soglia della scuola media superiore. Altrimenti è motivo di rammarico il calo del numero degli studenti, che dimostra la scarsa situazione demografica delle nostre valli. 

Segnali di speranza si vedono nell'aumento dei bambini nella scuola bilingue Vartac e nella scuola Taipana chiusa da poco per il numero insufficiente di alunni.

Per noi è particolarmente speciale la scuola bilingue di San Pietro al Natisone, dove tutti i 247 bambini impareranno lo sloveno e l'italiano, 7 in meno rispetto all'anno scorso. Tutto fa ben sperare per il futuro, visto che i cuccioli al nido sono 61, ai quali bisognerà aggiungerne altri 7 piccoli nella sezione primaverile, così che il nido avrà 68 cuccioli, 6 volte di più rispetto allo scorso anno. Ci sono 96 studenti nei cinque anni della scuola primaria, 18 in meno rispetto allo scorso anno, e 83 studenti nella scuola secondaria di primo grado, cinque volte di più rispetto allo scorso anno.

Nella Valli del Natisone studiano lo sloveno ben il 66,01% dei bambini della scuola materna, il 51,06% degli alunni delle scuole elementari e il 42,52% degli alunni delle scuole secondarie.


In altre zone della Benecia i corsi di lingua slovena si svolgono nelle scuole monolingue. Ad esempio a Prepotto, dove hanno 4 bambini in meno all'asilo e 4 bambini in meno alla scuola primaria, ma a Vedronza, dove hanno meno bambini all'asilo e 4 bambini in meno alla scuola primaria. Si spera che che avranno lezioni di sloveno anche a Faedis e Attimis, dove la lingua slovena è arrivata l'anno scorso.

Buone notizie arrivano da Taipana, dove per la quinta volta l'associazione don Blanchini offre l'apprendimento della lingua slovena . Se alla scuola dell’infanzia ci sono tre bambini in meno rispetto all’anno scorso, alla scuola primaria ce ne sono 7 volte di più. In questo modo gli alunni  potrebbero essere nuovamente divisi in due classi..Alan Cecutti, è felice che la scuola stia crescendo, che stiano lavorando duramente per attirare a scuola bambini di altre comunità offrendo loro tantissime attività. Anche la lingua slovena.

A Resia hanno anche un asilo nido, che ha anche una sezione primaverile, ma ci sono meno alunni nelle scuole primarie e secondarie inferiori. 

Nella Val Canale, come abbiamo scritto all'inizio, ci sono corsi di lingua ufficiale (in italiano, sloveno, tedesco e anche friulano) per tutti i bambini della scuola dell'infanzia e delle prime classi delle scuole primarie, medie e superiori. Tutti a Ugovizza e quasi tutti a Tarvisio frequenteranno classi multilingue: a Vartac 56 studenti su 57, nella scuola primaria 22 studenti su 24 e nella scuola secondaria inferiore 20 studenti su 21.

Nelle classi della scuola primaria e secondaria di primo grado si offriranno lezioni multilinguistiche secondo il modello sperimentale dello scorso anno e si finanzierà con i soldi della strategia per le regioni interne.

dal Dom

L'AUTUNNO VISTO DAGLI OCCHI DEI PITTORI - VIVALDI

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Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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Proverbio friulano

  Il proverbio friulano della settimana di Vita nei campi fb “Mai / salte fûr el cai” ovvero a maggio escono le chiocciole che segue l’altro...

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