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Questo blog parla delle minoranze linguistiche del Friuli:SLOVENA,FRIULANA eTEDESCA,articoli dei giornali della minoranza slovena,degli usi,costumi,eventi e tanto altro.Buona lettura.OLga

antifascista

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20 giu 2023

GIUGNO

 


Giugno
 di Giosuè Carducci

È il mese dei prati erbosi e delle rose;
il mese dei giorni lunghi e delle notti chiare.
Le rose fioriscono nei giardini, si arrampicano
sui muri delle case. Nei campi, tra il grano,
fioriscono gli azzurri fiordalisi e i papaveri
fiammanti e la sera mille e mille lucciole
scintillano fra le spighe.
Il campo di grano ondeggia al passare
del vento: sembra un mare d’oro.
Il contadino guarda le messi e sorride. Ancora
pochi giorni e raccoglierà il frutto delle sue fatiche.

CARDUCCI

dal web

19 giu 2023

MONTEAPERTA



 Monteaperta (Viškorša in slovenoMontviarte o Monviarte in friulano), anche chiamata la piccola Cortina[1][2], è una frazione di 219 abitanti del comune italiano di Taipana, in provincia di Udine.

Un tempo Monteaperta era chiamata Campo di Miglio, poi Monteaperto, infine Monteaperta. Questo villaggio, una volta Villa indipendente (citato nell'ispezione canonica del 10 giugno 1737 come Villa di Monteaperta) che comprendeva anche le frazioni di Cornappo, di Ponte Sambo e di Debellis, è attualmente compreso nel comune di Taipanadella provincia di Udine, in Friuli-Venezia Giulia, che è distante 3,93 chilometri. Monteaperta fa parte dell'Iter Aquileiense o Cammino Celeste: si tratta di un passo o via di pellegrinaggio molto vecchio, con una lunghezza totale di 360 km, che collega il santuario di Maria Saal (Austria) e Brezje (Slovenia) ad Aquileia, in Italia.

Geografia fisica

Monteaperta sorge a 659 m s.l.m., tra i rilievi delle Prealpi Giulie, nel bacino del rio di Monteaperta e del torrente Cornappo. La frazione si estende per oltre 2 km di lunghezza, tra 500 e 659 metri, in posizione panoramica ai piedi del Gran Monte, una grande catena montuosa situata tra i torrenti del Cornappo, del Torre e del fiume Isonzo. Il territorio su cui si estende Monteaperta fa parte di una vasta area denominata Alta Valle del Torre o Alta Val Torre della Slavia friulana (chiamata Benečija in sloveno). Da un punto di vista geomorfologico la catena del Gran Monte è, a partire dalla pianura friulana, il primo gruppo di monti di grandi dimensioni che costituiscono le Prealpi Giulie, di altitudine superiore ai 1600 metri. La roccia è calcarea, con fenomeni carsici (inghiottitoi, doline e grotte). L'area nei pressi della frazione è ricca di sorgenti (come la sorgente del Vescovo) che alimentano città vicine.
  • Clima: il clima di Monteaperta è prevalentemente continentale, con temperature abbastanza elevate d'estate e relativamente rigide d'inverno, ma con minor continentalità rispetto alla Carnia. L'inverno è la stagione meno piovosa, mentre d'estate sono frequenti i fenomeni temporaleschi, anche accompagnati da forti grandinate. Si segnalano episodi di Bora.

Amaurellina (Eocene) - Monteaperta, Campo Sportivo (2011)
  • Geologia di Monteaperta: il paese (Borgo di Sotto e Borgo di Sopra) si estende su coni di deiezione (falde di detrico e brece) posglaciale. La formazione chiamata Flysch (marne ed arenarie) del Eocene (zona inferiore) di -50 MA, è stata definita nel promontorio del Briec e del Celò, a Ponte Sambo e a Debellis. Il Trias superiore di -220 MA: questa formazione affiora in zona Gran Monte. Il Trias superiore Carnico è stato definito sopra Monteaperta ed è composto da dolomie friabili. Durante il Trias superiore Norico s'innalza il Gran Monte: è composto da dolomie chiare e calcari dolomitici in strati (chiamati dolomie principale). Il Trias superiore Retico, infine, è costituito da calcari grigi compatti ed è ben visibile sulla cima del Gran Monte.
  • Minerali: limonite (ferro), lenticchie sparse di carbonecalcite.
  • Fossili (Eocene e Trias): Lamellibranchi, Bivalvi (Megalodontide), Gasteropodi (Amaurellina), rari Cefalopodi (Ammoniti), Echinodermi, Poriferi (spugne), Coralli, Brachiopodi, rari pesci, trace marine, cipressi.
  • Fiumi: rio ta Sausciànrio ta Saràvanzario ta Sacoredorio Podroprio Dregnario Valcaldario di Monteapertario Gleriario ta Sabazaretantorrente Cornappo.
  • Grotte di Monteaperta: grotta pod Lanišče (semi-allagata) presso la località Ponte Sambo, grotte del Briec e del Celò (sopra Debellis), grotte del Gran Monte: grotta della Diuja Jáma(sopra la pod Biela Skala), AbarieOrna Scie (Scia)...
  • Flora e fauna: Monteaperta è circondata da boschi misti di castagno, maggiociondolo, nocciolo, noce, ciliegio, frassino, carpino bianco, abete rosso e larice, a metà altezza e le colline lasciano il posto a boschi di pini e ginepri, poi a vaste vegetazione di malga con flora rara e protetta (tra cui stelle alpine, genziane, orchidee e rododendri). La sua fauna è notevole (lince, orso bruno, gatto selvatico, camosci, cinghiali, caprioli, cervi, scoiattoli, tassi, volpi e rari sciacalli, pipistrelli, vari uccelli, salamandre, serpenti, trote, gamberi, rane, farfalle e insetti). Il paese segna il limite sud-ovest di un grande parco naturale.

Geografia antropica

Suddivisioni storiche

A Monteaperta sono presenti due borghi principali rientranti nell'area delimitata dalla frazione attuale; inoltre si aggiungevano alcuni villaggi storici come le frazioni di Cornappo e di Tanaiauarie, di Ponte Sambo, di Debellis e casere isolate (come casa Pascolo in Valcalda o le casere del Pòuiac). Il sisma del 1976 ha distrutto altre casere situate fra il rio Dregna ed il rio Podrop, fra il Pòuiac e la Zuogna, e vecchie casere delle malghe del Gran Monte (Cuntia e Cecchin). Attraverso un comitato culturale, vengono organizzate feste e manifestazioni culturali in ogni borgo. I borghi principali sono:
  • Borgo di sopra (borgo Cobai, borgo Dousezza, borgo Jáma, borgo Cossarutto, borgo Levan, borgo Chiesa)
  • Borgo di sotto (borgo Sout, borgo Tomasin)
  • Storia

    Il territorio di Monteaperta fu abitato fin da epoca preistorica, lo dimostrano i resti di selce rinvenuti nelle grotte di tipo carsico sparse nel suo comprensorio. Fino a 3.000 anni a.C. il clima diventa caldo ed umido. L'uomo inizia ad allevare il bestiame ed a lavorare la terra. Nelle nostre valli, l'uomo del neolitico viveva principalmente nelle grotte e nelle capanne. A Monteaperta, rinvenimento di reperti diversi come asce di pietra dura ed una pietra rotonda da arrotare. Nel III secolo a.C. vi si insediarono gruppi di Celti (chiamati Galli dagli antichi Romani), poi di Carni. Si racconta che Giulio Cesare si sia spinto con le truppe per queste montagne (58-50 a.C.) passando per la gola di Cròsis sino al Cuel di Lanis per scendere indisturbato verso Gemona. Si parla anche di una strada romana e di un ponte romano che portavano da NimisCaporetto. Nel VI secolo si stabilirono nelle Prealpi Giulie degli Avari e quindi delle genti slave provenienti dalla Pannonia: da allora gli abitanti conservano la loro parlate d'origine (il dialetto slavo del Torre o po-našem in sloveno) fino ai giorni nostri. La denominazione slava di Monteaperta Viškorša deriva da una voce significante l'albero chiamato "sorbo degli uccellatori" in dialetto. Monteaperta inizia probabilmente a prendere consistenza durante il periodo del dominio longobardo (558-776). Nel 670 circa, il duca longobardo Vettari sconfigge gli Slavi nella battaglia di Broxas (Ponte San Quirino). Nel 705circa sono gli Slavi che sconfiggono i Longobardi, guidati dal duca Ferdulfo: in una battaglia svoltasi su un imprecisato monte friulano, lo stesso duca troverà la morte. Nel 720 circa, gli Slavi vengono sconfitti dal duca longobardo Pemo nella battaglia di Lauriana (località oggi individuata in Mersino). Sconfitta contenuta in quanto l'accordo di pace fu stipulato sul campo e prevedeva il reciproco scambio dei territori per i pascoli. Il figlio di Pemo, Ratchis, nel 738 si dirige in Carniola dove combatte e sconfigge gli Slavi. In seguito saranno gli Slavi a sferzare un violento quanto improvviso attacco a Rachtis, il quale non riuscirà neppure ad afferrare la sua lancia, ma dovrà difendersi con un bastone. (Racconto di Paolo Diacono). La storia di Monteaperta risale al secolo XII, quando pastori provenienti da Venzone si unirono a formare un villaggio contro le incursioni di ladri e rapinatori. La prima notizia risale al 1300 ed è una denunzia feudale che fa di questa località il nobile Nicolò di Castellerio. Durante il secolo XIII, Monteaperta e Cornappo si trovano sotto la giurisdizione dei conti Savorgnan di Osoppo. Rimasta prima sotto la giurisdizione del Patriarcato di Aquileia, in seguito a quella austro-ungarica, sotto la Repubblica di Venezia ad eccezione di una breve parentesi napoleonica (1797), fino all'annessione del Friuli all'Italia del 1866, Monteaperta e le frazioni vicine assunsero importanza e si svilupparono come Ville. Monteaperta e le Villeslave dei monti vicini furono sotto la giurisdizione religiosa della Pieve di Nimis. A capo della Villa, c'era una persona autorevole del luogo chiamata "degano" che regolava la vita della Villa, amministrava la giustizia, presiedeva le assemblee. I degani delle Ville elessero vicario. Dal giudizio del degano si poteva appellare al capitano di Osoppo, che negli ultimi anni risiedeva in Nimis. L'autore Ippolito Nievo si ispirò nel suo romanzo il Conte Pecoraio (1856). Questo villaggio, una volta Villa indipendente (citato nell'ispezione canonica del 10 giugno 1737 come Villa di Monteaperta) venne aggregato 1797 alla municipalità di Attimis per passare quindi sotto la vice-prefettura di Cividale. 1818 l'Impero Austriaco lo aggregò al distretto di Faedis e questo soppresso nel 1853 a quello di Cividale. 1861 finalmente Monteaperta venne unita al Distretto di Tarcento e fu collegata a Platischis (che fu sede comunale fino al 24 marzo 1929), è ora dipendente come frazione dalla sede comunale di Taipana.

18 giu 2023

Articolo

Stolvizza-Solbica
  Le fognature di Codroipo sono infestate di alligatori. L’alieno di Mortegliano è scappato di nuovo. Il cugino di un tizio di Tarcetta si è svegliato in un fosso che gli mancava un rene. Resia è un comune russofono, tipo Donetsk.

Su come nascano questo genere di leggende metropolitane c’è ormai una discreta letteratura. Quella di Resia russofona ha un’origine facilmente spiegabile. Nasce nel solco di quelle posizioni politiche per cui, per le parlate della fascia confinaria della provincia di Udine, va bene qualsiasi definizione purché non sia quella che ne danno i linguisti, ossia che si tratta di dialetti sloveni.
‘Resia russa’ però era talmente poco credibile che anche gli stessi ambienti che l’hanno inventata (che si trovano dalle stesse parti di quelli che fino al 23 febbraio ammiravano lo stile autoritario di Putin) non la riproponevano più da anni.
Poi però la Russia ha invaso l’Ucraina e organi di informazione che si fregiano di essere fra i più prestigiosi in circolazione, per qualche click in più, l’hanno rilanciata. Dal Messaggero Veneto (allergico a tutto ciò che è sloveno, benzina compresa) all’insospettabile Ansa regionale. Ignorando leggi dello Stato, della Regione ed evidenze scientifiche. Tutte questioni puntualmente riportate nella replica del Rozajanski Dum (che pubblichiamo all’interno). Ignorando anche il sentire di molti resiani che, dopo anni spesi a scannarsi su questioni identitarie, con le ultime amministrative di queste beghe hanno mostrato di essersi piuttosto stufati. Il punto è che, con gli eventi cui assistiamo attoniti, non vorremmo che qualche fetta dell’opinione pubblica friulana possa chiedere in futuro di mettere al rogo tutte le citire e le bunkule. 

DAL NOVI MATAJUR

L'aquilegia

BUONA DOMENICA


 L’aquilegia è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae. Originaria di America, Asia e zone alpine europee, cresce in modo spontaneo. In Italia la troviamo soprattutto nelle aree alpine e in quelle appenniniche.

Le piante di aquilegia sono diffuse in particolar modo in ambienti freschi e non ventilati in cui è presente un’esposizione al sole ma non diretta. Vengono utilizzate come piante ornamentali grazie ai loro fiori, rinomati per la forma caratteristica, le dimensioni e i colori.

Le sfumature cromatiche dei petali possono essere molto variegate: dal blu al rosa e dal bianco al viola a seconda delle specie. La rusticità di queste piante consente loro di sopravvivere anche in condizioni di vita piuttosto estreme. Si rivelano pertanto adatte pure a chi non ha grande esperienza di giardinaggio o pollice verde.


15 giu 2023

SCARPETS


 Gli scarpèts (scarpèz) sono tipiche calzature friulane, originarie della Carnia, realizzate da secoli dalle donne per tutta la famiglia, usando materiali semplici e di recupero: ritagli di stoffa e spago. Gli scarpèts venivano assemblati con maestria e con molte ore di duro lavoro.

12 giu 2023

GROTTE DI VILLANOVA


 Le grotte di Villanova chiuse, i chioschi del piazzale di Villanova abusivi, il medico di base che sta assurgendo ai livelli di una telenovela, visto che appena lo scorso 18 maggio il Comune ha affidato l’incarico a un architetto affinché aggiorni gli atti catastali del municipio di Lusevera in catasto Terreni e Urbano, condizione necessaria perché il medico possa prendere servizio nei locali comunali. Tre fronti aperti che sono stati gli argomenti principali del consiglio comunale di Lusevera che si è tenuto lo scorso 31 maggio.

Tre problematiche che interessano non solo i cittadini del Comune, ma anche una platea più vasta (le grotte attirano qualche migliaio di visitatori all’anno), ma per le quali gli unici responsabili sono – parole del vicesindaco Mauro Pinosa, per altro presidente Gruppo Esploratori Lavoratori Grotte di Villanova, gestore (sino a pochi giorni fa) del sito – “la lista Vivere in Valle” assieme a “filosloveni e comunisti”. Pinosa che, per altro, a inizio assemblea ha in qualche modo preannunciato il ritiro delle sue deleghe da parte del sindaco Luca Paoloni (la causa sarebbe stata un articolo apparso su un quotidiano locale a proposito della vicenda dell’ambulatorio medico; le deleghe al momento non sono state comunque ritirate) affermando poi che “volevo rassegnare le dimissioni, poi ho voluto ascoltare la gente, su 39 persone che ho sentito solo due mi hanno chiesto di lasciare, quindi aspetto la decisione del sindaco.”

Le grotte chiuse
L’interrogazione presentata da Flavio Cerno per il gruppo di opposizione Vivere in Valle ricordava che “le grotte di Villanova vanno annoverate tra gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico che fanno parte del demanio pubblico”, dal che deriva che “l’ente locale è tenuto a dare corso ad una procedura competitiva per la scelta del
concessionario”. Sarebbe quindi “un illecito prorogare la convenzione scaduta lo scorso 18 aprile con il GELGV, in quanto atto gravemente viziato perché in contrasto con la normativa italiana”. Ci vuole, insomma, un bando di concessione. “Venuti a conoscenza della scadenza della convenzione con il GELGV – ha detto Pinosa nella sua doppia veste di amministratore comunale e presidente del Gruppo (sic!) – ci siamo attivati al fine di poter concludere la stagione turistica e salvaguardare i contratti in essere delle guide, per una proroga tecnica e temporanea che al momento non è possibile concretizzare.” Così “grazie alla vostra interrogazione – ha continuato Pinosa riferendosi all’opposizione – chiuderò la grotta.”
Il sindaco Paoloni nella sua risposta ha parlato della possibilità di una proroga temporanea del contratto stipulato ormai vent’anni fa, una soluzione che chiama in causa gli uffici regionali. Contattato telefonicamente nella mattinata di martedì 6 giugno, Paoloni ci ha detto che “in Regione stanno valutando la situazione”. In consiglio, invece, nessuna risposta alla domanda del consigliere Cerno sul perché il Comune non si sia attivato prima.

I chioschi di Villanova
Anche sul posizionamento di alcuni chioschi metallici abusivi nel piazzale di Villanova l’opposizione si è mossa da tempo, arrivando a presentare un esposto alla Procura, con conseguente condanna pecuniaria per una persona del luogo. Ma, ha spiegato Cerno, “solo perché non si sono avute risposte alle nostre osservazioni presentate più volte alla maggioranza consiliare.”

Il medico ancora atteso
Con una determinazione di impegno dello scorso 18 maggio gli uffici comunali di Lusevera hanno affidato a un architetto di Tarcento l’incarico per “l’aggiornamento in catasto dell’intero fabbricato destinato a municipio di Lusevera”. Nella determinazione non si fa riferimento ad alcuna data entro la quale dovrebbe essere portato a compimento l’impegno. La necessità dell’aggiornamento catastale del municipio – come abbiamo già riferito in passato – è emersa quando si è trattato di concedere l’ambulatorio, che fa parte dell’edificio che ospita il municipio, ad un giovane medico del luogo. Insomma, l’attesa della comunità di Lusevera di avere un medico di base che manca da molti mesi non è ancora finita.

dal https://novimatajur.it/attualita/chiuse-le-grotte-di-villanova-serve-un-bando-comunale-o-una-proroga.html

Place of memory #stefanomorandini Alessandro Monsutti #coldwar #military...

11 giu 2023

Qui tra prevenzione e illusione

 

Tu med preventivo in iluzijo
Qui tra prevenzione e illusione

Non sono di certo passate inosservate, nelle Valli del Natisone, le tremende immagini delle esondazioni in Emilia Romagna. Il ricordo è andato dritto al 5 giugno 2020, quando una quantità eccezionale di pioggia (180 millimetri), scaricatasi in poche ore sulle convalli del Natisone, dell’Alberone, dell’Erbezzo e del Cosizza, provocò vasti allagamenti da Biarzo ad Azzida, dalle pendici del Matajur fino a Cosizza e Scrutto.

Chi le ha ben vive negli occhi quelle immagini è senza dubbio il sindaco di San Pietro al Natisone, Mariano Zufferli, che in quelle ore, come primo responsabile di Protezione Civile per l’incolumità dei propri cittadini, era in prima linea ad affrontare il disastro.

«La zona di Tarpezzo fu interessata da frane e smottamenti, al punto di dover sgomberare una casa; nella zona di Azzida, alla confluenza dei torrenti Cosizza, Alberone ed Erbezzo, tutto l’assetto idrico andò in tilt, e perfino la statale 54 fu trasformata in un fiume – racconta Zufferli –. Purtroppo vedere oggi le immagini dell’Emilia Romagna mi porta a fare delle considerazioni amare, anche se non ho perso la speranza di poter fare qualche cosa di importante per la prevenzione degli eventi alluvionali sul mio territorio».

L’esperienza di Zufferli, infatti, ha dell’incredibile e getta una lunga ombra sul significato della parola prevenzione che in queste ore viene ripetuta ossessivamente da politici e tecnici. «La prima brutta sorpresa fu che, dopo numerosi e interminabili sopralluoghi e valutazioni, i comuni delle Valli colpiti non vennero inseriti nel perimetro della calamità naturale e rimasero esclusi da quel tipo di aiuti straordinari», evidenzia Zufferli. Ma l’amministrazione di San Pietro al Natisone non si fece scoraggiare. «Capimmo che non potevamo solo rincorrere gli eventi straordinari e riparare i danni, ma che ci voleva una strategia per anticipare le catastrofi attraverso una adeguata politica di prevenzione. Per questo conferimmo ad una società specializzata uno studio sul terreno, costato oltre 20 mila euro, per capire cosa si doveva fare per mettere in sicurezza idrogeologica il nostro territorio».

Lo studio ha arricchito non poco la cartografia di rischio elaborata dalla Protezione civile regionale per il comune di San Pietro al Natisone e su questa base si decise di inserire questi interventi nel piano triennale delle opere pubbliche e di inoltrare domande di finanziamento per effettuare gli interventi attraverso due canali: i fondi dedicati a questo scopo dalla Protezione civile regionale e i fondi messi a disposizione dai vari ministeri nazionali.



Risultato? Zero assoluto! «Sia la Regione che Roma non hanno dato seguito alle nostre richieste – spiega Zufferli –. Non ho perso la speranza di vedere concretizzato ciò che serve al nostro territorio. O deve prima accadere una disgrazia prima che ci si renda conto che è necessario agire?».

Zufferli ne ha parlato recentemente con un viceministro e si dice fiducioso che un supporto arriverà. Intanto l’attenzione del sindaco è sempre concentrata sul gruppo comunale di Protezione civile, formato da volontari, essenziale per gestire le emergenze.

«Sono infinitamente grato a chi si mette in gioco e assume una responsabilità e un impegno per proteggere gli altri e in particolare i più deboli – evidenzia il sindaco –. Mi rendo conto, però, che in questo campo bisogna fare sempre di più e meglio per contrastare il cambiamento climatico. Occorrono più mezzi, ma anche un personale con una età media più bassa: oggi abbiamo tanti anziani nei gruppi comunali e questo è anche un ostacolo alla formazione e all’ingres-so di nuove competenze».

Sulla base dell’esperienza vissuta, Zufferli sa che spesso a fare la differenza sono le persone sul campo: «I piani di emergenza sono fatti molto bene e abbiamo cercato di diffonderli il più possibile tra la popolazione. Ma quando un fiume esonda, d’improvviso cambia la geografia di un territorio e ciò che è scritto sulla carta può risultare non più adeguato. Fondamentali sono le risorse umane che operano nei gruppi comunali di Protezione civile».

Zufferli intende organizzare presto degli incontri sul territorio con la popolazione: «È fondamentale che siano conosciuti i comportamenti corretti quando si verifica un’emergenza, a partire da chi bisogna avvertire ». (Roberto Pensa)dal Dom

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Maggio è il mese delle rose

 

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