10 nov 2021

Cristoglie (Slovenia) e la sua chiesa

tratto da https://tonio57.blogspot.com/2021/11/cristoglie-e-la-sua-chiesa-pochissima.html?showComment=1636536722543#c220195891831227713


A pochissima distanza dalla città di Trieste, allontanandosi appena appena un po’ dal mare, si va oltre il confine in terra slovena, e il territorio cambia, troviamo colline con prati ben tagliati e fertili, tantissime le vigne che come soldatini sembrano indicarci il percorso. Ci siamo informati nei giorni precedenti, abbiamo trovato un numero di telefono dove ci sono stati elencati orari di apertura, le norme imposte dal Covid 19, e il prezzo del biglietto.
E’ una bella domenica mattina, giungiamo sul posto abbastanza presto, la prima cosa che abbiamo visto è il campanile, si perché siamo venuti fin qui per visitare una piccola e bellissima chiesa fortificata.


Siamo a Cristoglie o come si scrive in sloveno Hrastovje, un piccolissimo paese di poche anime ben tenuto e curato, qui sopra una collina sorveglia le case tutt’intorno come se fosse una sentinella la chiesa della SS. Trinità.


Questa chiesa ha la caratteristica di essere è uno dei rari esempi di chiesa fortificata all’esterno, ma non solo, è un vero scrigno d’arte anche all’ interno.


Nei secoli passati aveva un doppio ruolo, era un luogo di preghiera, ma anche una fortezza dove la popolazione trovava rifugio durante le tante invasioni turche.
E’ stata costruita intorno al 1200, le mura di fortificazione risalgono al 1500, oltre al campanile che svetta verso l’alto si possono notare due torri dalle quali si avvistavano i nemici. La fortificazione ha una lunghezza particolare, 32 metri di lunghezza, 16 di larghezza e 8 di altezza.


Il numero 8 e i suoi multipli, l’8 è simbolo di giustizia, di prosperità, anche il simbolo dell’infinito, e quindi simbolo della morte.
Non ci sono testimonianze che avvalorino questa tesi una cosa certa però c’è, se all’esterno è molto bella, quando si varca la piccola porta di questa chiesetta si rimane veramente sbalorditi.
Il fatto che non sia di grandi dimensioni, è poco importante,
In seguito a dei lavori eseguiti nel 1949, sono tornati alla luce sotto una forma di intonaco moltissimi affreschi, la chiesa è tutta tappezzata di affreschi, grazie al genio e alla bravura del pittore istriano Giovanni de Castua, che ha reso queste mura un vero libro da sfogliare, la Bibbia dei poveri (biblia pauperum), con il solo ed unico scopo di spiegare alla popolazione analfabeta la visione religiosa medioevale.




E’ un eccezionale ciclo di affreschi risalenti al tardo Medioevo, e al rinascimento è uno dei più importanti cicli pittorici dell’Istria Slovena, si è potuto risalire con certezza grazie alla firma del pittore e alla data dell’anno in cui sono stati realizzati gli affreschi: il 1490. La chiesa ha tre navate, con presbiterio poligonale in facciata sull’arcata dell’abside centrale si trova il trono della Divina Misericordia, nelle arcate sottostanti sono rappresentati gli Apostoli,

nell’abside settentrionale troviamo i Santi Cosma e Damiano insieme ad una rappresentazione fuori dall’uso comune dei Re magi,




proprio sotto di loro c’è un'antica iscrizione in alfabeto slavo utilizzato dagli evangelizzatori cristiani che avevano il compito di convertire la popolazione, questa iscrizione ci permette di sapere che gli affreschi furono commissionati dal parroco di Kurbed Tomič Vrhovič ,ed eseguiti da Giovanni da Castua che ha firmato con il proprio nome Johannes de Castua e la data della realizzazione

In parte il muro della navata centrale, è decorato con l’incoronazione della vergine alla destra e alla sinistra ci sono le scene dell’annunciazione a Maria,




sulla volta centrale è raccontata la Genesi, ossia le origini del mondo,





la creazione dell’uomo, Adamo ed Eva


e la cacciata dall’Eden.
Sopra la porta si trovano i Santi protettori delle malattie infettive, come la peste, San Sebastiano, San Rocco e San Fabiano.
Oltre alla narrazione religiosa, ci sono affreschi che rappresentano la vita quotidiana, sulle volte della navata meridionale  troviamo i mesi da gennaio a luglio, mentre sulle volte della navata settentrionale i mesi da agosto a dicembre, che ci raccontano le azioni che l’uomo svolgeva nell’arco temporale di un anno, dalla semina al raccolto, dalla vendemmia alla macellazione del maiale. Viene inoltre rappresentato l’anno (annus) , del tempo (tempus) e San Geronimo.
Nella parete settentrionale sfila il corteo della visitazione e dell’adorazione dei Re Magi. Sul lato occidentale è decorato il congedo da Erode.
La passione di Gesù, si snoda lungo la parete occidentale e in parte anche sulla parete meridionale.



Proprio sotto nella parete meridionale desta particolare attenzione la danza macabra. In quel periodo la peste mieteva vittime tra giovani ed anziani, non risparmiava nessuno, ne poveri ne ricchi, ci furono tante vittime, e ieri come oggi, ci viene raccontato che la morte arriva per tutti, non guarda il ceto sociale, non guarda l’età, in poche parole questo affresco ci ricorda “che dobbiamo morire”.



Questo tipo di pittura si sviluppò per lo più in Francia, ad Avignone. In Italia, in Trentino a Pinzolo,



in Lombardia a Clusone in provincia di Bergamo,




a Santa Caterina del Sasso in provincia di Varese,



persino ad Atri in Abruzzo dove si trova la copia identica della rappresentazione di Avignone.





Marina Cernetig

Poesia di Marina Cernetig

mojaknjigaBASE___mediumcanzonslov (1)Marina Cernetig, nata a Cernetig, nel comune di Stregna (UD) nel 1960, vive nel comune di San Pietro al Natisone (UD). Opera attivamente nell’ambito delle associazioni della comunità slovena della Provincia di Udine, è attiva nel campo culturale, letterario e teatrale. Per l’associazione teatrale Beneško gledališče ha tradotto e adattato testi di autori non solo sloveni.
Scrive poesie, prosa e testi teatrali nel dialetto sloveno delle Valli del Natisone.
Ha partecipato con successo a diversi concorsi letterari, i suoi testi sono presenti in diverse pubblicazioni ed antologie.
Nel 2007 ha pubblicato presso la ZTT-EST di Trieste la raccolta di poesie in dialetto sloveno, e traduzione letteraria slovena, »Pa nič nie še umarlo« (Nulla è ancora morto)

fonte per la biografia https://festivalitineranteinternazionalepoesia.wordpress.com/i-poeti/marina-cernetig-2/

testi da http://medea.provincia.venezia.it/est/trusgnach/mt1.htm#su




 

Svet Martin-San Martino

 

Simone Martini - Meditation (detail) - WGA21384.jpg
Martino di Tours, in latino Martinus (Sabaria, 316 circa – Candes-Saint-Martin8 novembre 397), è stato un vescovo cristiano del IV secolo.
Martino
vescovo della Chiesa cattolica
Martino in un affresco di Simone Martini
Incarichi ricopertiVescovo di Tours
dal 371 al 390
Nato316 ca.
Deceduto390, a Candes-Saint-Martin
Originario della Pannonia, nell'odierna Ungheria, esercitò il suo ministero nella Gallia del tardo impero romano. Tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa cattolica, è venerato anche da quelle ortodossa e copta. Si celebra l'11 novembre, giorno dei suoi funerali avvenuti nell'odierna Tours.
È considerato uno dei grandi santi di Gallia insieme a DionigiLiborioPrivatoSaturninoMarzialeFerreolo e Giuliano.
Martino nacque a Sabaria Sicca (odierna Szombathely, in Ungheria) in un avamposto dell'impero romano alle frontiere con la Pannonia. Il padre, tribuno militare della legione, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Ancora bambino si trasferì coi genitori a Pavia, dove suo padre aveva ricevuto un podere in quanto ormai veterano, e in quella città trascorse l'infanzia. A dieci anni fuggì di casa per due giorni che trascorse in una chiesa (probabilmente a Pavia). Nel 331 un editto imperiale obbligò tutti i figli di veterani ad arruolarsi nell'esercito romano. Fu reclutato nelle Scholae imperiali, corpo scelto di 5 000 unità perfettamente equipaggiate: disponeva quindi di un cavallo e di uno schiavo. Fu inviato in Gallia, presso la città di Amiens, nei pressi del confine, e lì passò la maggior parte della sua vita da soldato. Faceva parte, all'interno della guardia imperiale, di truppe non combattenti che garantivano l'ordine pubblico, la protezione della posta imperiale, il trasferimento dei prigionieri o la sicurezza di personaggi importanti.

È uno dei fondatori del monachesimo in Occidente.

La tradizione del taglio del mantello 

Quando Martino era ancora un militare, ebbe la visione che divenne l'episodio più narrato della sua vita e quello più usato dall'iconografia e dalla aneddotica. Si trovava alle porte della città di Amiens con i suoi soldati quando incontrò un mendicante seminudo. D'impulso tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. Quella notte sognò che Gesù si recava da lui e gli restituiva la metà di mantello che aveva condiviso. Udì Gesù dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Il mantello miracoloso venne conservato come reliquia ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi. Il termine latino per "mantello corto", cappella, venne esteso alle persone incaricate di conservare il mantello di san Martino, i cappellani, e da questi venne applicato all'oratorio reale, che non era una chiesa, chiamato cappella. (wikipedia)


Nel periodo di S.Martino 11-12 novembre le giornata sono solitamente tiepide e soleggiate tanto da meritarsi la definizione di"estate di S.Martino".I primi giorni di novembre si fanno i primi assaggi dalle botti e si stappa il vino novello.Il tutto accompagnato da castagne e dolci tipici. 
In questa giornata la Chiesa fa delle liturgie per il Ringraziamento.


IN FRIULI

L’11 di novembre, giorno di celebrazione del santo, segnava infatti la fine dei contratti agrari dei coloni (cumiât, disdete), che si ritrovavano a lasciare la terra in affitto, traslocare e cambiare casa (fâ Sanmartìn). All’amarezza di questo finire si contrappone però il momento di ringraziamento a Dio per i prodotti della terra e il primo godimento di questi: polenta con farina novella, tacchino, anatra, castagne, zucche, rape e soprattutto vino ne sono l’esempio, tanto da far pensare ad un “piccolo martedì grasso”.  Un S. Martino dionisiaco dunque, soprattutto nelle zone della Slavia , dove al santo viene attribuito il potere di trasformare il mosto in vino.
Sull’Ostermann (La vita in Friuli) si legge che alcuni proprietari non vogliono lasciar assaggiare i loro vini prima di San Martino, e spillano le botti soltanto in quel giorno. Una leggenda racconta che San Martino, inseguito dai nemici, si ricoverò da un povero contadino, che lo nascose in cantina dentro una botte vuota. Entrati i nemici, lo cercarono dappertutto, e trovando le botti piene di vino, tanto ne bevvero che si ubriacarono; il santo poté fuggire, compensando il contadino col lasciargli tutte le botti piene. La popolarità del santo è legata anche alla diffusione dei racconti popolari che lo vedono protagonista. Uno di questi racconta di come S. Martino si aggirasse per il Friuli, alla ricerca del modo migliore per far raffreddare la minestra e, dopo molto peregrinare, di come giunse a Resiutta. Qui, invece di raffreddare le zuppe allungandole con l’acqua, soffiandoci sopra o cambiandogli contenitore, ci mettevano dei bocconi di pane dentro e li mangiavano. S. Martino ne fu conquistato e decise di rimanere a Resiutta, dove, non a caso, è il patrono.
Molti sono i proverbi che lo vedono protagonista:
- A San Martin-ogni most l’è vin; 
- A Sant Martin il gran al va a mulin; 
-Ocjis, cjastinis e vin a son plats di Sant Martin;
- Astât di Sant Martin, trê dîs e un freghenìn.
Quest’ultimo proverbio indica la cosiddetta “estate di san Martino” o “istât dei vecios”, quando cioè dopo i primi freddi il tempo dà una tregua in attesa della definitiva morsa invernale.



Festeggiamenti di San Martino in Slovenia (Martinovanje)

Il periodo intorno alla Festa di San Martino è il periodo in cui i contadini svolgono gli ultimi lavori autunnali e iniziano a preparasi per l’inverno. Specialmente in campagna è anche il periodo in cui avvengono celebrazioni rituali tradizionalmente intrecciate con la vita rurale. 

Per la Festa di San Martino, cioè l’11 novembre, si rievoca l’onomastico di San Martino, il santo che secondo la leggenda trasforma l’acqua in vino. Ogni anno, in omaggio alla Festa di San Martino, si svolgono per l’intera settimana numerose celebrazioni tradizionali in onore di San Martino. Il santo è festeggiato in tutta la Slovenia, sia in paesi sia in città. 

Proprio in questo periodo il vino matura e le celebrazioni di solito comprendono la benedizione della trasformazione del mosto “torbido” e “peccaminoso” in vino puro. Le feste in onore di San Martino di regola abbondano di gioia, musica, specialità gastronomiche locali e ovviamente – vino. 

Sebbene le feste siano organizzate dappertutto, l’esperienza più genuina la si vive nelle cantine, nelle rivendite di vino sfuso e nei casotti tra i vigneti
fonte:web

Rezijanske navade na koledarju - Gli usi di Resia sul calendario


 Te rozajonski kultürski čirkolo »Rozajanski dum«, tej wsaki lëto, an paraćawa te növi kolindrin »Naš Kolindrin« za lëto 2022.

Za ta növaa kolindrina jë bilo zbrono pïset kej od nawad izdë w Reziji. Skuza litrate Daniela Buttola Ploca so bo molo vïdët, da kako se pradiwa noša dolïna čiž lëto ano za wöjo isaa tïtol to jë »Štaģuni ano nawade tu-w Reziji«. Somo napïsali po nes ano po laški, da kire nawade so bile ano da kire so ostale.

Te rozajanski kolindrin litos itako an bo spomonol, nejveć za te mlode, da kire nawade jüdi prit izdë w Reziji ni so mëli. (s. q.)

Anche quest’anno il circolo culturale resiano «Rozajanski dum» sta lavorando all’edizione 2022 del calendario resiano «Naš Kolindrin».

Per la nuova edizione è stato scelto di raccogliere materiale relativo alle usanze di Resia. Attraverso i testi di Daniele Buttolo Ploc si potrà scoprire come la Val Resia è lavorata nel corso dell’anno; per questo il titolo del 2022 è «Štaģuni ano nawade tu-w Reziji» (in italiano «Stagioni e usanze a Resia»). I testi sul calendario riporteranno, in dialetto sloveno resiano e in italiano, sia notizie relative agli usi di un tempo, sia notizie relative agli usi tuttora vivi.

Pensando alle giovani generazioni, nel corso del 2022 il calendario trasmetterà alla loro memoria anche le usanze che caratterizzavano la gente di Resia di un tempo.

https://www.dom.it/rezijanske-navade-na-koledarju_gli-usi-di-resia-sul-calendario/

9 nov 2021

Scuola plurilingue quasi al traguardo


Deželna odbornica za šolstvo Alessia Rosolen na obisku v šolah Kanalske doline/L’assessore regionale all’Istruzione, Alessia Rosolen, durante una visita alle scuole della Valcanale

È di pochi giorni fa l’annuncio dell’approvazione della norma di attuazione della regionalizzazione della scuola da parte della Commissione paritetica Stato-Regione. Come dichiarato dall’assessore regionale all’Istruzione del Friuli-Venezia Giulia, Alessia Rosolen, si tratta di un passaggio decisivo, che permette l’avvio dell’istruttoria finalizzata a raccogliere i pareri dei Ministeri competenti e ottenere l’approvazione finale da parte del Consiglio dei ministri.

Delle prospettive che si aprono per la stabilizzazione della sperimentazione plurilingue nelle scuole della Valcanale, che ora è finanziata a progetto, abbiamo parlato con Renato Carlantoni, membro della Commissione paritetica Stato-Friuli-Venezia Giulia, che viene da Tarvisio e per questo si mostra abbastanza sensibile al tema.

«Il nostro percorso è stato abbastanza irto, non tanto per le difficoltà legate all’approvazione del testo da parte della Commissione paritetica, quanto per le continue cadute del governo». I membri della Commissione scelti dal Governo, infatti, decadono a ogni caduta di Governo e vanno, quindi, rinominati. Ricordiamo che i rappresentanti in quota statale sono Elena D’Orlando (ora presidente), Ivo Rossi e Sandra Savino, mentre quelli di nomina regionale sono Teresa Billiani, Salvatore Spitaleri e, appunto, Renato Carlantoni.

«Lunedì, 11 ottobre, la Commissione ha approvato all’unanimità il dispositivo presentato dall’assessore Rosolen con qualche piccola modifica. A inizio riunione ha portato i propri saluti la ministra agli Affari regionali, Mariastella Gelmini, che, ha detto, seguirà il progetto. Sia il presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, sia l’assessore Rosolen ci stanno lavorando molto. Il discorso è molto complesso perché riguarda anche il personale Ata e alcuni principi di specializzazione scolastica regionale, con risvolti che vanno oltre il plurilinguismo», spiega Carlantoni.

«Il fatto che i componenti della Commissione abbiano approvato il documento all’unanimità è già un bel segnale, perché significa che tra i componenti del Governo e quelli della Regione si è trovata un’unità d’intenti intorno a un testo che è stato molto elaborato negli anni. Questo facilita il percorso governativo, che dipende dal ministero dell’Istruzione e da quello degli Affari regionali. Il prossimo passo è sicuramente quello che farà l’assessore Rosolen e che ha già fatto il presidente Fedriga verso i due ministeri. Adesso andrà capito quali saranno i paletti che il ministero potrà opporre rispetto alla regionalizzazione di alcune materie in ambito scolastico che sono di competenza statale. Serve un passaggio politico, di competenze ed economico. Il fatto di poter scegliere gli indirizzi scolastici e di avere in mano il personale Ata, comunque, è un passo avanti», ritiene Carlantoni.

«L’assessore Rosolen spera che questo percorso possa essere definito entro la legislatura», conclude l’ex sindaco di Tarvisio/Trbiž. «Aggiungo che il grosso lavoro fatto dagli assessori all’istruzione di Tarvisio e Malborghetto-Valbruna, Barbara Lagger e Alberto Busettini, con l’istituzione di un comitato tecnico-scientifico avallato dall’assessore regionale stesso è stato molto importante e utile, perché permetterà alla Valcanale di ritrovare le sue origini e di dotarsi di una specializzazione scolastica unica in regione e in tutta Italia». (Luciano Lister)

https://www.dom.it/vecjezicni-pouk-skoraj-na-cilju_scuola-plurilingue-quasi-al-traguardo/

8 nov 2021

Un impiegato che sa lo sloveno-Uslužbenec, ki govori slovensko


Il Comune di San Pietro al Natisone, in base alla Concertazione Regione-Autonomie locali 2021-2023, ha ottenuto 335.000 euro per la manutenzione straordinaria per la sostituzione di serramenti della scuola elementare. È stato avviato il procedimento con incarico per la progettazione – una volta approvato il progetto si potrà dare avvio ai lavori.

L’amministrazione comunale ha concluso le procedure per l’assunzione di un istruttore amministrativo con conoscenza della lingua slovena, pertanto l’ente avrà a disposizione un’importante figura professionale. Le prove di esame sono state concluse da 5 candidati che, pertanto, rimarranno in graduatoria. (a cura di F. C.)

Občina Špietar je na podlagi Pogajanja med Deželo Furlanijo-Julijsko krajino in Krajevnimi samoupravami 2021-2023 prejela 335.000 evrov, s katerimi bo zamenjala okna in vrata v poslopju osnovne šole. Postopek za načrtovanje potrebnih posegov je že stekel.

Občinska uprava je tudi zaključila postopek za zaposlitev upravnega uradnika z znanjem slovenskega jezika. Postopek je uspešno zaključilo pet kandidatov, ki bodo naprej na dokončni lestvici.

https://www.dom.it/usluzbenec-ki-govori-slovensko_un-impiegato-che-sa-lo-sloveno/

proverbio in friulano


 Il proverbio friulano della settimana

di Vita nei campi
“Quant’ che i corvas a’ van in grum, ploe tanta ch’a ai’ ‘n voul” ovvero quando i corvi si radunano a frotte pioggia quanta se ne vuole.

5 nov 2021

IL FRICO

 

Angelo Floramo

La civiltà del frico

di Angelo Floramo
L’alchimia che si nasconde nella pasta del frico, piatto assurto a simbolo della friulanità assieme alla polente, è semplice ma il rito richiede un’attenzione che non lascia nulla al caso: il primo segreto sta nella scelta dei formaggi da grattugiare. Anzi, da grattare, questo è il termine giusto, altrimenti si perde in sapore. Ne serve uno vecchio, di malga, che abbia almeno dodici mesi di stagionatura, affinato nell’ombra freschissima di un “camarin”, su mensola in legno e finestrella mai chiusa, aperta alle spalle del bosco. Pasta dura, scagliosa, da vescicole che accendono la bocca e vanno spente da sorsi ruscellanti tra i denti, a sopirne quel fuoco. Poi una via di mezzo, un sei mesi di latteria, messo in forma da mano sapiente di un bravo casaro. Un formaggio sociale, orgoglioso dell’anima comunarda, confluita nel grande calderone di rame dalle poche stalle che ancora sopravvivono nei borghi del paese: una o due vacche, ma di tetta generosa, capaci di una linfa giallognola, densa e pannosa, che sa di fieno e di docile pastura. L’imperativo è sempre quello: grattare, furiosamente, fino a quando le dita sfiorano ormai la crosta sbocconcellata, con grave periglio del grattugiatore. Quello che resta si sminuzza a colpi ben assestati di coltello, anzi “cortello”, che detto così taglia di più. Ma non basta ancora: l’impasto ha bisogno di gioventù, che per quanto insipida e ribelle darà al piatto quella morbidezza che rassicura il boccone: sono le “crodie”, le strisce ribelli allo stampo della forma, quelle che ci davano quando eravamo bambini e in latteria ci si andava a piedi, chi per portare il latte chi per raccoglierlo nelle bottiglie di vetro. Ma questa è protostoria. Il frico è lì, a suggerire qualcosa di più. Poi bisogna chiedere all’orto il profumo della cipolla e la terrosità della patata. Il Mediterraneo che ha respiro più mite parteciperà con l’olio d’oliva, che in alcune delle nostre borgate si spreme ancora a freddo, come secoli fa, su frantoio di pietra. Friabile o tenero, pastoso o a “frucions”: questo dipende dal gusto di chi ne fa ordinazione. Se in città lo gustano in piedi, con ribolla ghiacciata, è cosa buona e giusta anche affogarlo nel Cabernet. Respirando la storia imbandita nel piatto.
DA FB

Il frico è un piatto a base di formaggio, ma anche di patate e burro, considerato la preparazione culinaria più tipica del Friuli, più precisamente della Carnia e della cucina friulana.
L'origine di questo piatto tipico friuliano è antichissima. È stato descritto per la prima volta, con il nome di "Caso in patellecte" dal maestro Martino da Como, cuoco del Patriarca di Aquileia Lodovico Trevisan, nella sua opera "De Arte Coquinaria" verso la metà del XV secolo.
Si tratta di formaggio cotto in padella con burro o lardo. Si presenta in due versioni: friabile o morbido.
Entrambi si possono servire sia come antipasto che come secondo. Sebbene oggi il frico sia visto come un piatto festivo, in origine la sua preparazione era finalizzata al recupero di scarti di formaggio (strissulis).
Il frico friabile o croccante è molto sottile ed è fatto di solo formaggio (generalmente Montasio) che viene fritto in olio bollente. Facile da sagomare è ottimo per delle terrine di funghi o fonduta di Montasio. Può essere servito anche come snack.
Frico
Il frico morbido si prepara con del formaggio di diversa stagionatura, patateburro o olio e sale, si presenta come una grossa frittata. Altre versioni prevedono l'uso della cipolla, o in alternativa mele, zucca, erbe aromatiche , può essere arricchito con dell'aggiunta di porro o dello speck. Entrambe le tipologie sono abitualmente servite con della polenta.
frico duro
http://it.wikipedia.org/wiki/Frico

Curiosità

Il frico è offerto in quasi tutte le sagre friulane, l'Alta Val Torre-Terska dolina è la patria del frico..
Tradizionalmente il frico croccante con la polenta fredda è il pasto tipico dei boscaioli, ideale per il lavoro duro nelle fredde montagne alpine.

AUTUNNO di David Maria Turoldo

 

Autunno, stagione mia


DAVID MARIA TUROLDO

AUTUNNO

Autunno, stagione mia,
ambita, invocata;
mio autunno senza foglie!…
I volti di pietra muti,
le strade nere di catrame,
gli uomini senza i colori
dell’estate sotto le cortecce del bosco;
cittadini senza stagioni
stranieri nelle proprie case!
E i mattini e le sere
salutate dai clacson;
e le vie nella notte,
meretrici inghirlandate.

Autunno, tempo di viandante
senza casa, tempo
della mia solitudine!
Un cerchio dalla periferia
presto si dovrà stringere
su tutta la città; il primo
filo di nebbia anonima, invitta.
E nel cuore del bimbo
il brivido di una vita
che presto maledirà.

(da Udii una voce, Mondadori, 1952)

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È l’autunno la stagione di David Maria Turoldo, questo autunno cittadino che si spoglia delle foglie e trasforma la città in un grigio labirinto d’asfalto e di nebbia dove le automobili scivolano “su vie bagnate dalla pioggia d’autunno / uguali al guizzo di una serpe / in cerca di una tana”. Come chiosa Luciano Erba, “è il sottile momento della seduzione del Nulla, dentro uno struggente richiamo di colori autunnali, novembrino, tipico, si direbbe, di qualsiasi poesia giovanile; senonché si annuncia qualcosa di più del solito dolce naufragare, molto di più: si profila una disincantata e diretta percezione del Tutto e del suo contrario”. Il poeta altri non è che un “poverello, cariatide / incosciente, immensa / sotto il monumentale pronao del tempio”.



FOTOGRAFIA DI TAZIO SECCHIAROLI

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LA FRASE DEL GIORNO
Non per me il pulito verso. / Uno scabro sasso la parola / nelle mie mani.
DAVID MARIA TUROLDO, Udii una voce




David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992), presbitero, teologo, filosofo, scrittore e poeta italiano, membro dell'Ordine dei servi di Maria. Fu sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso della Chiesa, di ispirazione conciliare.


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Proverbio friulano

  Il proverbio friulano della settimana di Vita nei campi “Quant che al cjante el furmiâr cirît sotet pes bestîs e pal cjar” ovvero quando c...

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