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2 lug 2021

IL FVG NON DIMENTICA I FUCILATI DI CERCIVENTO

 

Il caporal maggiore Silvio Gaetano Ortis,25 anni di Paluzza, il caporale Basilio Matiz, 22 anni di Timau, il caporale Giovan Battista Corradazzi 23 di Forni di Sopra e il soldato Angelo Massaro 22 di Maniago dell’VIII Reggimento alpini appartenenti alla 109.ma Compagnia del Battaglione ‘Monte Arvenis’, i fucilati di Cercivento, i fusilâz di Çurçuvint in friulano, vennero uccisi all’alba del primo luglio del 1916, con la faccia rivolta al nemico, davanti al muro di cinta del cimitero di Cercivento, Udine. Alpini appartenenti alla 109.ma Compagnia del Battaglione ‘Monte Arvenis’, si erano opposti al comando del loro capitano di uscire in avanscoperta sul monte Cellon richiedendo l’ausilio dell’artiglieria e di agire di notte e accusati dal proprio Comandante di Compagnia, il capitano Armando Ciofi e il suo vice tenente Pietro Pasinetti, d’insubordinazione e ribellione .In base all’articolo 114 del codice penale militare: rivolta in faccia al nemico, per quattro Alpini le accuse del tribunale si commutarono in condanne a morte, per altri ventinove a 145 anni di carcere complessivi e per i rimanenti militari in assoluzioni.

Ne ha scritto Paolo Rumiz in un articolo del 31 ottobre 2014 pubblicato sull’Espresso:

Quella di Cercivento è una storia che riassume le altre. È il giugno del ’16. Gli austriaci stanno sfondando su Vicenza con la Strafexpedition. Nella zona del Monte Coglians c’è il battaglione alpini Tolmezzo, considerato infido dagli ufficiali “forestieri” per via dei cognomi mezzi tedeschi dei carnici arruolati e dei tanti di essi che hanno lavorato da emigranti in terra d’Austria. Hanno una perfetta conoscenza del terreno, ma gli alti comandi non si fidano a sfruttarla e insistono a ordinare azioni suicide. Quando viene deciso un attacco alle rocce della cima Cellon in pieno giorno e senza supporto di artiglieria, alcuni soldati suggeriscono di compiere l’assalto col favore della notte. È quanto basta perché il comandante, un napoletano di nome Armando Ciofi, coperto dal tenente generale Michele Salazar, comandante della 26ª divisione, gridi alla “rivolta in faccia al nemico” e ordini la corte marziale. Il processo si svolge di notte, in una cornice lugubre, nella chiesa che il prete di Cercivento, terrorizzato, è obbligato a desacralizzare. Sul processo incombono le circolari Cadorna, che chiedono “severa repressione”, diffidano da sentenze che si discostino “dalle richieste dell’accusa” e ricordano il “sacro potere ” degli ufficiali di passare subito per le armi “recalcitranti e vigliacchi”. Gli accusati sono decine, e ciascuno ha nove minuti per l’autodifesa. Un’ora prima dell’alba, la sentenza. Quattro condanne alla fucilazione. Tutti carnici: Giambattista Corradazzi, Silvio Gaetano Ortis, Basilio Matiz e Angelo Massaro, emigrante in Germania che ha scelto di rientrare “per servire la patria”. Mentre lo portano via grida: “Ecco il ringraziamento per quanto abbiamo fatto”. Il prete, don Zuliani, confessa i morituri. È sconvolto, propone inutilmente di sostituirsi ai soldati davanti al plotone. Dopo, non vorrà più rientrare nella chiesa “maledetta ” e diverrà balbuziente a vita. La prima scarica uccide tre condannati, solo Matiz è ferito e si contorce urlando. Lo rimettono sulla sedia. Nuova scarica e non basta ancora. Perché sia finita ci vogliono tre colpi di pistola alla testa.

Un docufilm “Cercivento, una storia che va raccontata”, realizzato dalla Regione FVG con il Comune di Cercivento, ricostruisce la fucilazione dei 4 alpini, la cui presentazione e prima proiezione è avvenuta lo scorso 25 maggio a Tolmezzo. Il documentario é stato proiettato lo scorso 16 luglio a Roma, nella sala Caduti di Nassirya del senato. Organizzatrice è stata la senatrice Tatjana Rojc che poco prima aveva dichiarato a Friuli sera: “Sono orgogliosa di contribuire a presentare al Senato un capitolo della nostra storia più dolente, vissuta sulla terra del Friuli Venezia Giulia durante la Grande Guerra. Il disegno di legge per la restituzione dell’onore ai cosiddetti ‘fusilaz’ di Cercivento è il pagamento di un debito ancora sospeso, per le vite strappate a giovani ingiustamente accusati di viltà”.
Il link con il trailer del documentario è il seguente:
https://www.youtube.com/watch?v=2Y2iQQZtjC0

La senatrice triestina Rojc è prima firmataria del ddl “Disposizioni per la riabilitazione storica degli appartenenti alle Forze Armate italiane condannati alla fucilazione dai tribunali militari di guerra nel corso della Prima Guerra mondiale”. Il documento, chiede all’art. 1: “la restituzione dell’onore agli appartenenti alle Forze armate italiane che, nel corso della Prima Guerra mondiale, vennero fucilati senza le garanzie del giusto processo, con sentenze emesse dai tribunali di guerra” e promuove “il recupero della memoria” di tali caduti e in particolare iniziative di “ricerca storica volta alla ricostruzione delle drammatiche vicende del primo conflitto mondiale con specifico riferimento ai tragici episodi dei militari condannati alla pena capitale”.

1 lug 2021

Terre da scoprire, quindici itinerari per vivere le bellezze nascoste del Friuli Venezia Giulia

 Qui abbiamo raccolto quindici itinerari per riscoprire questi piccoli mondi segreti. Ogni settimana, fino alla fine del mese, andremo alla ricerca di angoli della nostra regione, da percorrere a piedi o in bicicletta, percorsi per tutte le età

Il Friuli Venezia Giulia è una terra dai mille volti, uno dei pochi luoghi in Italia e forse in Europa che consentono in tempi e spazi ridotti di passare dalla pianura alle montagne, dai laghi al mare, dalle colline egli orridi scavati dalle acque. E, naturalmente una terra ricchissima di storia, di arte, di cultura, in una natura contraddistinta da una straordinaria biodiversità.

Qui abbiamo raccolto quindici itinerari per riscoprire questi piccoli mondi segreti. Ogni settimana, fino alla fine del mese, andremo alla ricerca di angoli della nostra regione, da percorrere a piedi o in bicicletta, percorsi per tutte le età. (Per visualizzare il contenuto a schermo intero, clicca qui)

Messaggero Veneto


NEL DESERTO DEL LETTO

 

In questa sonnolenza


SIRO ANGELI

NEL DESERTO DEL LETTO

Nel deserto del letto
bocconi, su di un fianco,
riverso (eguali in alto
le ore il vuoto, bianco
quadrante del soffitto
ripete), nel bruciore
degli occhi (ho letto, scritto,
fumato), cieco brancolo
in questa sonnolenza,
nemmeno inferno, limbo
che lentamente svena
i sensi e lascia il cuore
più vivo alla cancrena
dei sogni, alla tua assenza;
mentre, a eguale intervallo,
gocciola sullo smalto
gelido, con un timbro
eguale di metallo,
un filo d’acqua senza
pietà dal rubinetto.


(da L’ultima libertà, Mondadori, 1962)

.

Ore apatiche, abuliche, ore di insonnia o di afa. Il poeta friulano Siro Angeli si perde in questo “deserto” e vi brancola in una ridda di pensieri alla soglia del dormiveglia: è ancora una volta l’assenza della donna amata a prendere possesso di tutto, quella Liliana che il destino ha voluto strappargli giovane: “Ecco viva a me torni, ecco rimuori / dentro un battito e l’altro delle palpebre”.

.

ALISSA MONK, "IL MATTINO DOPO"

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LA FRASE DEL GIORNO
Che a me venisse amore / con i tuoi occhi alfine / tanto creduto avevo / che a me è venuto, amore
.
SIRO ANGELI, L’ultima libertà




Siro Angeli (Cesclans, 27 settembre 1913 – Tolmezzo, 22 agosto 1991), poeta, autore di teatro e critico letterario italiano. Combattente in Russia, diresse a lungo il terzo canale radiofonico della Rai. La sua poesia, segnata dalla scomparsa della moglie dopo dieci anni di matrimonio, si muove nell’ambito di una ricerca della verità superiore, contemplata spesso in una figura di donna stilnovista

30 giu 2021

CITAZIONE

 

Natisone a Cividale

Una specie di fiume

 

Il tempo è una specie di fiume degli eventi o un torrente impetuoso. Appena una cosa è comparsa, ed è già portata via e un’altra è tratta e un’altra ancora vi sarà inghiottita. MARCO AURELIO 

da https://lunarioaforismi.blogspot.com/

Udine - Raccontami la tua città

Udin in friulano, Weiden in tedesco, Videm in sloveno.
E' la città dove ho vissuto fino ai 30anni.Un tempo era il capoluogo del Friuli Venezia Giulia,poi lo è diventataTrieste.I suoi abitanti si chiamano udinesi.
Utinum in latino medievale è un comune del Friuli Venezia Giulia di 99.206 abitanti è ritenuta la capitale storica del Friuli.
La città si trova al centro della regione storica friulana.Dista ,in linea d'aria, a circa 20 km dalla Slovenija e circa 54 dall'Austria.Sorge in alta pianura intorno al colle del castello costruito,secondo la leggenda,da Attila per ammirare l'incendio di Aquileia.In realtà l'origine della collina del castello è di natura morenica.Udine è abitata fin dal Neolitico,epoca a cui risalgono un Castelliere che si trovava attorno al colle del castello circa 3500 anni fa.La città aumentò la sua importanza per la decadenza di Aquileia e Cividale.Fu citata la prima volta nei documenti in occasione della donazione del castello da parte dell'imperatore Ottone II nel 983  con il nome di Udene ,dal 1222 diventò una delle residenze dai Patriarchi di Aquileia,

buon mercoledì

 

foto di EDOARDO CASALI

Dorina Michelutti




Udine 1952 - Oman 2009
 «Navigando verso il Canada. Mi afferri mentre scivolo tra le braccia dell’Atlantico, troppo giovane per sapere che l’oceano è pagano.»

(Sailing for Canada. You grab me as I slip overboard into the arms of the Atlantic, too young to know the ocean is pagan)

Brother, 1986

Nel variegato panorama della scrittura italo-canadese spiccano voci che raccontano l’esperienza della migrazione oltreoceano in maniera originale e polifonica. È il caso di Dorina Michelutti, poetessa, saggista e insegnante di scrittura conosciuta anche con lo pseudonimo friulano di Dôre Michelut.
Nata a Sella di Rivignano, in Friuli, Michelutti trascorre i primi anni della sua infanzia in un ambiente segnato da una forte identità linguistica e culturale. Per Dorina, in questi anni, il friulano rappresenta la lingua madre, quella che per sempre raffigurerà i legami con la terra natia. Nel 1958, la famiglia Michelutti emigra a North York (Toronto) in Canada, il paese che da quel giorno la scrittrice imparerà  a chiamare casa. Nella vita quotidiana, l’inglese prende il posto del friulano, lingua che rimarrà riservata alle vicende familiari all’interno delle mura domestiche. Michelutti si trasferisce in Italia nel 1973 per frequentare l’Università  di Firenze, spinta dal desiderio di riallacciare i rapporti con l’italiano e l’Italia, una lingua e un paese che sente distanti, ma che al contempo rappresentano una parte del proprio bagaglio identitario. Dorina ritorna nuovamente a Toronto nel 1981 per studiare alla University of Toronto. È durante questo periodo che comincia a dedicarsi alla scrittura e pubblica le prime poesie in riviste letterarie, iniziando a rendersi conto di come, analogamente ad altre voci migranti, la sua identità letteraria è molteplice e frammentaria. Nella scrittura, Michelutti scende a patti con le sue molteplici lingue madri (mi riferisco qui al titolo di un saggio pubblicato dalla stessa scrittrice nel 1989 Coming to terms with the mother tongues dedicato alla difficoltà  del vivere una vita multilingue e al ruolo dello scrittore migrante come traduttore di culture): il friulano, l’inglese e l’italiano. Le lingue si avvicinano, si sfiorano, ma non si sovrappongono. La scrittura diventa il luogo della scoperta, non solo dei confini linguistici e dalla creatività  che può derivarne, ma anche di se stessi: «Then I started to write, in any language and despite all grammars. It would have been unintelligible to most, but as far as I was concerned, I was producing meaning, and on my own terms. And the view I got of myself from the page was that of two different sets of cards shuffled together, each deck playing its own game with its own rules». 1.
Le raccolte di poesie che scaturiscono da questa esperienza, Loyalty to the Hunt (1986) e Ouroboros: The Book that Ate Me (1990), rappresentano per l’appunto la rottura delle frontiere linguistiche: le liriche contenute all’interno di queste antologie alternano inglese, italiano e francese, a volte affiancando le tre sulla stessa pagina. La scrittrice crea una polifonia linguistica multiforme – i lavori spesso abbattono le distinzioni tra generi – originata da un’operazione di autotraduzione viscerale (o cannibalistica, come suggerirebbe il titolo della seconda raccolta) nell’intento di riconciliare le diverse parti della sua vita e i contrasti tra le sue molteplici personalità  linguistiche e culturali. Le poesie sono, infatti, incentrate attorno ai temi dell’identità  frammentata (linguisticamente e culturalmente), della famiglia – la madre soprattutto – e del viaggio. L’eclettismo di Dorina si riconferma nell’antologia Linked Alive (1990): una raccolta di renga, genere poetico collaborativo di origine giapponese in cui diversi autori si avvicendano nella stesura dei versi, composta con la partecipazione, tra gli altri, della scrittrice quebecchese Anne-Marie Alonzo, della poetessa giamaicana Ayanna Black e della scrittrice indigena anglofona Lee Maracle. Nel 1993, Michelutti cura la raccolta e la pubblicazione di A Furlan Harvest interamente dedicata alle scrittrici friulane in Canada nata da una serie di incontri letterari, tenutisi al centro dedicato alla promozione delle origini e della cultura friulane Famee Furlane di Toronto. La tematica del viaggio alla riscoperta della lingua perduta era già stata affrontata da Michelutti nei suoi precedenti lavori, come ad esempio nella poesia bilingue Ne storie/A story, in cui la lingua «dai muri bagnati di amarezza» per essere stata a lungo dimenticata richiama la scrittrice e la invita a tornare a “casa”:
«Cjàmin in chiste lenghe dai mûrs bagnats cun trist
cal filter ta la me bòcje, ca mi bàt sui dinc’
come agge glaze di laip. A’mi ven ingrîsul
quant che chiste storie di displaz1ès a’ mi buse
par strade, a’ mi clame lazarone, a’ mi dîs – Dulà
sêtu stade fin cumò? Fasin i conts a cjase.» 2.
Si chiude all’inizio degli anni ’90 il periodo di produzione letteraria di Michelutti, che dopo anni dedicati all’introspezione linguistica decide di dedicarsi a tempo pieno all’insegnamento e all’esplorazione di altre culture. Passa così gli ultimi dieci anni della sua vita insegnando scrittura creativa e comunicazione dapprima in Cina, tra il 2001 e il 2005, all’Università  di Wenzhou, e infine in Marocco, dove insegna alla Al Akhawayn University a Ifrane e dove si spegnerà  del 2009 a causa di un cancro.

 

  1. «Poi cominciai a scrivere, in qualsiasi lingua e a dispetto di ogni grammatica. Ai più, sarebbe parso incomprensibile, ma per quanto mi riguardava, stavo producendo significato, e secondo i miei termini. L’immagine di me stessa che emergeva dalla pagina era quella di due mazzi di carte distinti che vengono mescolati, ciascun mazzo giocava il suo gioco e seguiva le proprie regole. (1989)»  ^
  2. Nella versione inglese si legge: «I walk in this language of walls/ wet with a bitterness that seeps into/ my mouth, that shocks my teeth like/ icy well water. I shudder as this suffering/ history greets me with kisses/ tells me I’ve been bad, says: “Where/ have you been? We’ll settle this at/ home» 
  3.  http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/dorina-michelutti/

Web sul blog: La sfida musicale: scegli la tua canzone preferita

Web sul blog: La sfida musicale: scegli la tua canzone preferita: V'invito a scegliere la vostra canzone preferita tra le cinque del sondaggio, inoltre voglio ricordare a tutti, che si può esprimere...

29 giu 2021

ROBY FACCHINETTI - L' ULTIMA PAROLA

IL PROVERBIO FRIULANO DELLA SETTIMANA


 Il proverbio friulano della settimana

di Vita nei campi
“A San Pieri il fornasîr al è vieri” ovvero per San Pietro (il 29 giugno) il fornacciaio, il mattonaio, è vecchio, già da molto tempo ha incominciato il suo lavoro stagionale”.

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Ivan Trinko

"O ti zemlja rodna, zemlja bedna, ki te milost božja, meni v last je dala" (I. Trinko) "O terra natia, terra misera, piccola, che la grazia divina, mi ha donato" (traduzione)

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Proverbio friulano

  Il proverbio friulano della settimana di Vita nei campi fb “Mai / salte fûr el cai” ovvero a maggio escono le chiocciole che segue l’altro...

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