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21 apr 2021
20 apr 2021
Grado, più di un'isola
Grado (Gravo in dialetto gradese[5], Grau in friulano) è un comune italiano di 7 986 abitanti[2][6] del Friuli-Venezia Giulia, importante centro turistico e termale, noto anche come l'Isola del Sole e, per la sua particolare storia, la Prima Venezia.
Il territorio del comune di Grado si estende tra la foce dell'Isonzo e il mar Adriatico e la laguna omonima che copre una superficie di circa 90 km² e che va da Porto Buso a Fossalon[7]. Il capoluogo si trova sull'isola maggiore ed è diviso in numerose zone e rioni: Gravo vecia (la città antica racchiusa dal perimetro del castrum romano), Borgo de fora, Isola della Schiusa, Colmata, Centro, Squero, Città Giardino, Valle Goppion - ex Valle Cavarera, Grado Pineta, Primero.
La laguna comprende circa 30 isole e copre una superficie di circa 90 chilometri quadri. Oltre all'isola maggiore, sono abitate stabilmente anche l'isola della Schiusa, collegata a Grado con due ponti, e l'isola di Barbana. Nell'entroterra, rientra nel comune di Grado la frazione di Fossalon, una fertile area agricola ricavata con una bonifica nella prima metà del XX secolo, e Boscat[8]. La Valle Cavanata, presso Fossalon, è dal 1996 una riserva naturale protetta.
Clima
Il clima è piacevolmente temperato, con medie che variano dai 4 °C di gennaio ai 25 °C di luglio.
Dal 1873 fu istituito a Grado uno ospizio marittimo per bambini denominato Ospizio Marino, in seguito alle sollecitazioni del medico Giuseppe Barellai che riscontrò nel clima e nell'ambiente dell'isola un luogo favorevole alla cura di alcune malattie infantili[9]. Successivamente Grado è stata la destinazione prescelta per le cure termali marine soprattutto dalla popolazione austriaca; si è sviluppata e diffusa la psammatoterapia (sabbiature)[10] e gli standard nel settore hanno raggiunto livelli molto alti[9].In epoca romana la città, conosciuta come ad Aquae Gradatae, fu il porto a servizio di Aquileia e Castrum, il primo per le navi che da lì entravano nel Natissa. All'epoca il territorio di Grado era attraversato da un'importante strada romana, la via Gallica.
Grado si sviluppò attorno al 452, quando molti abitanti si rifugiarono sull'isola per sfuggire alle orde degli Unni guidati da Attila.
Nel 568, in seguito all'invasione dei Longobardi in Friuli, il patriarca Paolino, vescovo di Aquileia[11], vi trasferì la sede del Patriarcato di Aquileia. Grado crebbe di popolazione ed acquisì quindi un ruolo politico e religioso di primo piano, testimoniato dalla costruzione delle maestose basiliche di Santa Eufemia e di Santa Maria delle Grazie, entrambe della fine del VI secolo. L'isola lagunare venne fortificata, prese il nome di Nova Aquileia e rimase nell'ambito dei domini bizantini, mentre il resto del Friuli, Aquileia compresa, era sotto il controllo dei Longobardi. Nel 662 il duca Lupo, dopo aver assaltato e depredato la città, riportò il tesoro patriarcale ad Aquileia.
Nell'875 Grado fu minacciata dai pirati della Dalmazia e fu salvata con una battaglia navale che si svolse nelle acque di fronte all'isola e che fu vinta dalla flotta veneziana sotto il comando di Giovanni Partecipazio[12]. Il conflitto con Aquileia riesplose nel 1024 quando il patriarca aquileiese Poppone fece assaltare e saccheggiare dai suoi uomini. Contemporaneamente l'emergere di Venezia come centro dominante delle lagune venete segnò il lento declino dell'isola.
A partire dal XII secolo lo stesso patriarca di Grado (che nel 1451 diverrà, anche nel nome, patriarca di Venezia) trasferì la sua residenza alla basilica di San Pietro di Castello, a Venezia. Grado divenne quindi un povero paese di pescatori, e tale rimase nei secoli successivi, appartenendo al Dogado, la stretta lingua di terra che si estendeva dal delta del Po a Grado e sin quasi a Monfalcone: un insieme di lagune, barene, canali e corsi d'acqua direttamente amministrati dalla città di Venezia e che assicuravano alla Serenissima il diretto controllo di buona parte del litorale alto-adriatico, ma senza quasi penetrare nella terraferma.
Con il trattato di Campoformio (1797) e la fine della millenaria Repubblica Veneta, Grado entrò a far parte dei domini di casa d'Austria che, eccettuata la breve parentesi napoleonica, ne mantenne il possesso fino al 1918. Nel giugno 1810 un manipolo di soldati britannici sbarcò sull'isola e disperse la guarnigione francese.
Nella seconda metà del XVIII secolo iniziò a muovere i primissimi passi l'industria turistica gradese. Nel 1873 fu inaugurato un ospizio marino per minori, nel 1892 il primo stabilimento balneare e quattro anni dopo il primo albergo. In pochi anni Grado divenne una delle località balneari più note dell'Impero austro-ungarico; nuovi alberghi e villini furono costruiti nella zona prospiciente al mare mentre nel 1910, per favorire l'afflusso dei vacanzieri, fu aperto il tronco ferroviario per Cervignano. In quegli anni Grado, che dipendeva amministrativamente da Gorizia, venne dotata dell'attuale diga con passeggiata a mare e del caratteristico porto interno.
Il 27 maggio 1915, tre giorni dopo l'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale, Grado fu occupata dalle truppe del Regio esercito. Il paese, grazie alla sua posizione strategica, divenne un'importante snodo delle retrovie del vicino fronte; inoltre, grazie alla sua vicinanza a Trieste divenne una delle basi dei motosiluranti della Regia Marina[13]. All'idroscalo di Grado, sull'isola di Gorgo, dal 17 gennaio 1917 fu di stanza la 2ª Squadriglia Idrovolanti fino al mese di novembre. Nella primavera 1917 fu istituita la 253ª Squadriglia che resterà fino al 30 ottobre 1917, data in cui Grado fu abbandonata dagli italiani a seguito della disfatta di Caporetto. Al termine della prima guerra mondiale l'isola, che nonostante la prossimità del fronte fu sostanzialmente risparmiata dalle vicende belliche, venne annessa all'Italia.
Ai confini di Aquileia, nella zona del Belvedere dove la terra si interrompe e lascia posto alla laguna, era possibile imbarcarsi per raggiungere l'isola di Grado. Successivamente ci fu uno sviluppo turistico e urbanistico e nel 1905 fu costruita una strada nel mezzo della laguna per collegare le due parti del territorio[14][15].
Nel 1936 Grado fu definitivamente collegata alla terraferma tramite la costruzione di un ponte girevole che pose fine all'isolamento dell'isola[11]. Una rapida espansione urbanistica, accompagnata da opere di bonifica e di contenimento delle acque, ha quindi notevolmente ampliato le dimensioni dell'abitato, che ora si estende anche sulla vicina isola della Schiusa.https://it.wikipedia.org/wiki/Grado_(Italia)
19 apr 2021
L’iceberg più grande del mondo non esiste più.
A68 era grande quanto un quarto del Galles
L’iceberg più grande del mondo non esiste più.
A68, come era noto, copriva un’area di quasi 6.000 kmq quando si è staccato dall’Antartide nel 2017. Largo ma estremamente sottile, il mega iceberg aveva uno spessore medio di circa 230 m.
A68 aveva le dimensioni di un piccolo paese, grande quanto un quarto del Galles. Ma i satelliti mostrano che il mega-iceberg ora è praticamente scomparso, suddiviso in innumerevoli piccoli frammenti che, secondo il National Ice Center degli Stati Uniti, non valgono più la pena di essere monitorati.
continua QUI
https://www.peopleforplanet.it/liceberg-piu-grande-del-mondo-si-e-sciolto/
La Comunità di montagna Natisone e Torre ha recentemente installato sui sentieri delle Valli del Natisone quasi duecento cartelli bilingui italiano-sloveno. È il risultato di un progetto della soppressa Uti del Natisone portata ora a compimento dal nuovo ente sovracomunale. Quest’anno sarà predisposto un analogo progetto per il territorio delle Valli del Torre.
https://www.dom.it/200-dvojezicnih-smerokazov-na-pespoteh_duecento-cartelli-bilingui-sui-sentieri/
Nuovo parroco di S. Pietro e Pulfero
Don Alexandre Fontaine, 34 anni il prossimo 13 settembre, originario di Uccle (Belgio), prete da neanche quattro anni, sarà il nuovo parroco di San Pietro al Natisone, Antro, Brischie ed Erbezzo. L’annuncio è stato dato domenica 18 aprile in occasione del saluto alle quattro comunità di don Michele Zanon. Il nuovo parroco, ha compiuto gli studi di teologia presso il Seminario Interdiocesano a Castellerio. Ordinato nel giugno 2017, è stato poi destinato come cappellano nella parrocchia di Paderno. Prima di entrare in seminario, don Fontaine si è laureato in bioingegneria. Parla cinque lingue: francese, fiammingo (olandese), italiano, friulano (lingua dei nonni) e inglese.
https://www.dom.it/novi-zupnik-v-spietru-in-podbuniescu_nuovo-parroco-di-s-pietro-e-pulfero/
NATURA MATER ET MAGISTRA
AGI NATURA MATER ET MAGISTRA!
I tristi amori lumache
GIOVANNI GIUDICI
COSANESAI
Cosa ne sai, cosa ne sai... Niente
ne seppi infatti prima che all'improvviso
quando tutto pareva a posto - io
che in me di crema e miele me la cullavo
canora, coreografica eventualmente,
in un qualche giardino appositamente allestito.
E invece niente - fu asettica, vitaminica,
per non dire del tutto jemenfoutiste.
Alle mie sparute proteste - oh no, diciamo
semplicemente legittime richieste
di spiegazione: mi sembrava che tu avessi
ventilato... C'è poco da ventilare,
sardonica tagliauccelli con un risolino in gola
o ( che è lo stesso ) un po' di naso nel tono
che tra donne si scambiano confidenze,
che mai ti prende vuoi scherzare - mi disse.
E io, che quali amori chissà o tiepidi
trionfali con lei e me al centro della cupola,
sparutamente protestando - oh no,
diciamo con urbanità domandando,
coccige premuroso ad arco nella postura
d'accoglienza di rispettosa
istanza a un tempo chiappe e guancia porgendo
al suo cosa ne sai - tanto per prendere tempo.
Perché poi mi dicesse - tutto sul lieto
fine puntavo - un veramente dolce
cosa-ne-sai loschetta nel tono di quella
che sotto il letto ti nasconde in fretta
e - aspetta solo un momento, bisbiglia
per liberarsi non so
di un qualche noioso impegno preesistente
o una scaletta dietro un paravento ti mostra.
E fu in quella appunto che per sempre si eclissò
mentre io ancora: ochèi,
ochèi - ripetevo a lei perfettamente
tranquillo gallinaceo continuando a beccare
per terra calandrino e calarmi le brache...
Per questo non mi piacciono i tristi amori lumache
tutti i tuoi dopovedremo i tuoi cosanesai
- ne ho abbastanza, ormai.
(da Autobiologia, Mondadori, 1969)
.
“Una sera come tante, e nuovamente / noi qui, chissà per quanto ancora, al nostro / settimo piano, dopo i soliti urli”: è la vita protagonista delle poesie di Giovanni Giudici, quell’esistenza cruda e impoetica che però sa rivelare travolta la labile traccia da sempre ricercata. Qui l’indagine si sposta nel rapporto uomo-donna, nel campo dell’amore, si infila sotto le lenzuola, nel ginepraio di discorsi da cui quello stesso amore esce smitizzato, perdendo l’illusoria dolce misticità che lo aveva originato.
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DIPINTO DI JACK VETTRIANO
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LA FRASE DEL GIORNO
L'essere è più del dire - siamo d'accordo. / Ma non dire è talvolta anche non essere.
GIOVANNI GIUDICI, La vita in versi
Giovanni Giudici (Porto Venere, 26 giugno 1924 – La Spezia, 24 maggio 2011), poeta e giornalista italiano. Della sua formazione cattolica e del suo lavoro nell'industria ha fatto i poli di una tensione che lo trascende e caratterizza il suo impegno civile. Numerose le sue traduzioni: Frost, Sylvia Plath, Orten, Pound, Ransom e Puškin.
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Fino all’indipendenza, raggiunta nel 1991, questo giorno veniva definito “Giorno del Fronte di Liberazione” ( Dan osvobodilne fronte-OF )....