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IVAN TRINKO padre della Benecia

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30 apr 2020

I politici e il letame-Politiki in gnojnica



RTV Slovenija je zadnji mesec prva in lahka tarča. Treba bo obuti škornje, vzeti v roke lopate in očistiti to gnojišče, je čivknil predsednik (izvenparlamentarne) stranke SLS Marjan Podobnik nedolgo za tem, ko so ga preiskovalni novinarji oddaje Tarča na Televiziji Slovenija bržkone dobili z roko v marmeladi, ko je pritiskal na direktorja blagovnih rezerv Antona Zakrajška, naj sklene posel za zaščitne maske z majhnim podjetjem iz Slovenske Bistrice.
Kot kmetijski inženir nekdanji podpredsednik vlade vendarle nekaj ve o zlivanju gnojnice, a le s to napako, da jo poliva po javnem radiotelevizijskem servisu. Podobnik je v svoji izjavi pravzaprav protisloven – najprej bi umazal RTV SLO, potem pa svoj gnoj počistil.
Čeprav se je nova fronta nad RTV SLO in slovenskim neodvisnim novinarstvom nasploh napovedovala, ne bi smelo biti tako zlahka sprejemljivo, da za del javnosti in politike polivanje gnojnice postaja nacionalni šport, ker novinarji opravljajo svoje delo – nadzirajo oblast. Že zato, ker se iz namerne škodoželjnosti delovanje RTV reducira zgolj na informativni program.
Toda če kdaj, prav med pandemijo javna medijska hiša dokazuje svojo vrednost za poslušalce, bralce in gledalce vseh starosti. Njen namen ni, da bi ugajala vsem, še posebej ne politikom, ki so prepričani, da je novinarstvo le širjenje njihovih »resnic«. Politikom, ki v tem navalu papeške nezmotljivosti celo ustvarjajo strankarske medije. Medije, ki to seveda niso.
Polivanje gnojnice po novinarskih hišah, ki so sploh še nad gladino, je seveda ceneno nabiranje političnih točk, prepričevanje že prepričanih. Bistveno bolj nevarno je sistemsko uničevanje novinarske svobode. V času, ko se je vlada odločila deliti interventne milijarde za reševanje brezizhodnosti gospodarstva v epidemiji, je ministrstvo za kulturo sporočilo, da lahko medijem v najboljšem primeru izplača tretjino že potrjene vsote za sofinanciranje programskih vsebin v letošnjem letu. Države, ki razumejo vrednote novinarstva za obstoj zdrave demokracije, so že potrdile povsem nasprotne ukrepe.
Pri nas vlada v nadzorni svet imenuje ljudi, ki spodbujajo neplačevanje RTV prispevka, kar je tudi pobožna želja predsednika vlade Janeza Janše, in ukinja novinarske konference. Vse z namenom cenzure kritike, s čimer pa mediji lahko postanejo zgolj podaljšek oblasti.
Uporaba politične moči proti kritični misli je stvar avtoritarnih režimov, kar je v sodobnem času sredi Evrope nedopustno ne glede na izredne razmere, ki so spremenile svet. Temu se je treba upreti. In podpreti svobodno, kritično novinarstvo.

Proverbio friulano


Il clip di mai al svee il caj.

Il tiepido di maggio sveglia la lumaca.
Friuli Venezia Giulia


1-2 maggio 1945 i cosacchi se ne vanno dalla Terska dolina - Alta Val Torre

L' 1 e 2 maggio 1945, i Cosacchi che facevano facevano la guardia alla Centrale di Crosis  requisiscono  i muli  e il carro  di Cadač e Bastian(Zavarh). Vanno a Tarcento dove prendono il treno e poi i proprietari vanno in stazione a riprendere animali e carro.(racconto di barba Bastian)
da wikipedia



I cosacchi


Con il nome di cosacchi erano indicati popolarmente i collaborazionisti russi provenienti dal Don, dal Kuban, dal Terek, da Orenburg e i caucasici di fede islamica che nell’estate ’44 giunsero in Friuli, chiamati dal comandante delle SS e della polizia nel Litorale adriatico  Odilo Globocnik contro i partigiani. I tedeschi aspettavano l’arrivo di truppe ben ordinate e pronte alla guerra; si ritrovarono carovane di profughi con donne, vecchi, bambini. La conseguente disorganizzazione provocò una serie di violenze in tutto il Friuli, e una catena di stupri accuratamente nascosti sia dagli oppressori che dalle vittime.
Erano in 22.000, destinati col tempo ad aumentare fino a 40.000 persone con oltre 6.000 cavalli, una tragedia umana ed economica (oltre alle rapine, la mancanza di foraggio da loro requisito distrusse praticamente il patrimonio zootecnico) che si aggiungeva ai drammi quotidiani della guerra.
Il primo impatto nelle nostre terre è così descritto nel diario parrocchiale di Buia:
Abbiamo anche noi la V 2. I russi hanno cominciato ad affluire verso le nove in lunga colonna di carriaggi trainati da due o tre cavalli. Sui carri, tipici carri primitivi, stretti, sconnessi e sgangherati su cui stanno le più disparate cose: utensili e pignatte damigiane e fusti, casse e sacchi, fieno e patate, pannocchie da scartocciare…, tralci di uva, pagliericci e coperte e indumenti d’ogni sorte, tutto ammonticchiato alla meglio; e gente, uomini di tutte le età, con barbe incolte, parecchie donne, alcune famiglie con i piccoli, in male arnese, merci che lasciavano un tanfo nauseabondo al loro passaggio. Molti dei carri sono coperti con pelli di bovini, di recente macellazione, con tappeti e corsie, con teli da tenda, con copriletto etc. Gli uomini indossano le divise più disparate, in maggioranza hanno il copricapo dei cosacchi, berretto nero di pelo, con la parte superiore rossa, blu, verde…
Non entrarono nei locali scolastici, dove sono destinati, perché dentro vi sono alloggiati ancora dei tedeschi: passino quindi la notte fuori, all’aperto, sui loro carri. La notte scese brumosa con scrosci di pioggia. Sul piazzale si accesero centinaia di fuocherelli attorno a cui quei poveri cenciosi si cocevano i cibi e si scaldavano…”.
Per supplire a tanta disorganizzazione, tedeschi e fascisti costrinsero gli abitanti di Trasaghis e frazioni ad abbandonare le case consegnando quei paesi ai cosacchi. Circa 7.000 friulani cercarono ospitalità nei paesi limitrofi, in attesa che la Carnia, il “Kosakenland in nord Italien” a loro destinato, fosse liberata dai partigiani.
I patrioti rimasti sui monti in quel terribile inverno tra il ’44 e il ’45 furono braccati da quei cavalieri presenti ovunque; molti furono catturati e uccisi.
Alla fine dell’aprile 1945 l’atamano Krassnov, loro capo spirituale, si incontrò a Campoformido con l’ex generale dell’armata rossa Vlasov, divenuto collaborazionista e capo della cosiddetta Armata Russa di Liberazione: fu decisa la ritirata in Austria dove avrebbero tentato l’ultima resistenza. Ritiratisi dal Friuli lasciando alle spalle una scia di sangue, si accamparono lungo il fiume Drava. Lì si consegnarono alle truppe inglesi, le quali però, secondo accordi internazionali precedentemente presi, li consegnarono ai russi. I maggiori responsabili furono processati e fucilati, il rimanente deportato. Anche le popolazioni alle quali essi appartenevano furono deportate in Siberia e nell’Asia centrale e le loro entità autonome vennero dissolte, come denunciò il rapporto segreto di Kruscev al XX Congresso del PCUS.

#unapiantaalgiorno

Gli alberi ci chiedono attenzione da tempo: eccone accontentato uno tra i più comuni, in fioritura or ora nei boschi e nelle siepi del nostro territorio.
Stiamo parlando del
💚 𝓕𝓻𝓪𝔁𝓲𝓷𝓾𝓼 𝓸𝓻𝓷𝓾𝓼
Nome comune: ORNIELLO, o FRASSINO MINORE. Il pragmatico friulano non fa distinzione fra i vari frassini, che chiama tutti UAR o VUAR.
DOVE SI TROVA?
Quasi impossibile non aver incrociato un orniello nella propria vita! Nei boschi del Carso e nelle zone più assolate e secche delle Prealpi è praticamente ovunque, ma possiamo trovarlo anche a margine dei prati magri, o nelle siepi campestri, tendenzialmente con i piedi all'asciutto.
FRASSINI VIPS 🤳
In Regione possiamo imbatterci in tre specie di frassini: oltre al nostro amico odierno troviamo anche il frassino MAGGIORE e il frassino OSSIFILLO.
Cugini molto simili tra loro, hanno dei criteri distintivi piuttosto labili che un occhio attento saprà disinnescare facendo attenzione alle gemme, alle fioriture (nel brevissimo periodo di osservazione) e all'ambiente di crescita. Il "maggiore" infatti ama i boschi misti non aridi e assolati, e l' "ossifillo" è facilmente visibile nei boschi umidi e in quelli ripariali (lungo i fiumi, in pianura ancor meglio).
Ciò che crediamo normale o banale, in realtà nasconde sempre qualcosa di speciale. 🌈
Avreste infatti mai detto che il frassino è "L'ALBERO DEL MONDO"? 🌳🌍
Grazie al tronco robusto e slanciato sorregge l'intero cosmo, e la sua chioma è così folta ed elevata che è impossibile scorgerne la fine. Stiamo parlando di YGGDRASIL, l'albero "cosmico" per eccellenza, il "Destriero di Yggr (Odino)" : questa la sua fama nella mitologia nordica, nella quale godeva di una reputazione assolutamente centrale.
Ovviamente stiamo parlando del frassino maggiore, una pianta di prima grandezza, che raggiunge in condizioni ideali 40 m di altezza e 1 m di diametro.
Così non è per il suo cuginetto orniello, alto la metà, amante del poco e mai appariscente, eccetto in questi giorni in cui espone le vistose pannocchie bianche, di durata effimera ed evanescente: una giornata di pioggia e vento prolungati portano via in breve questa eterea visione.
Ma all'orniello bisogna comunque portare il dovuto rispetto: non capita mica a tutti di essere cugini del mitico Yggdrasil ! 
#unapiantaalgiornFriuli Venezia Giulia Turismozia Giulia Turismo

29 apr 2020

Intervallo musicale


Citazione sul Friuli

Il popolo friulano. Un popolo quasi sconosciuto agli stessi italiani. Un popolo di cui si parla, per poco, soltanto in occasione di grandi calamità: la guerra mondiale, l’ondata micidiale del Vajont, i terremoti di maggio e settembre del 1976. Un popolo mite e fiero, operoso e risparmiatore, costruttivo e silenzioso, che non si fa mai notare.  (Carlo Sgorlon)

Igor Jelen: ci basta la semplice gioia di tornare a vivere

Fusine Valromana/Bela Peč

                                

È difficile scrivere sulla pandemia da Covid-19 per gli specialisti,figurarsi per un profano; e questo ancor più in un periodo di emergenza, quando è impossibile avere un quadro preciso della realtà, ma è nondimeno necessario prendere decisioni che possono avere impatti molto gravi: ancor più difficile se si pensa che, chi deve decidere, deve saper astrarsi all’occorrenza da un approccio umanista (che rifugge da una pratica di fredda contabilità delle vittime, che invece assume qualsiasi vita come un valore incommensurabile). Difficile da accettare, ma è così.
Nondimeno il carattere eccezionale della materia, e gli impatti che sembra produrre a qualsiasi scala – sul territorio e nella società, al centro e in periferia –, lasciano intravvedere evoluzioni geopolitiche, e inducono la necessità di certe considerazioni anche in questa materia.
Questo in particolare per noi, che viviamo in una terra di confine, spesso al centro di tensioni tra sistemi, dove qualsiasi crisi può avere impatti – come la storia insegna – irreversibili: confini sbarrati, identità negate, «lingue tagliate», famiglie divise, proprietà espropriate, espulsioni e migrazioni, sofferenze per intere generazioni.
Noi, qui, sul confine centro-europeo, non possiamo che essere particolarmente sensibili ad alcune simbologie e ad alcune questioni: ciò che da altre parti non produce impatti particolari, da noi assume immediatamente un altro colore e un altro significato. Allora, allargare la zoomata può introdurre ad certe riflessioni; in realtà, questa della pandemia, è solo una delle tante tensioni che producono sconvolgimenti che caratterizzano la storia recente, e che sembrano colpire a intervalli regolari la vita sociale e politica – in Europa come altrove nel mondo. Gli studiosi parlano di rischio strategico, ovvero di tensioni imprevedibili e incontrollabili che possono provocare in modo improvviso e «simmetrico» la crisi di interi sistemi.
Crisi che, come si può dire oggi (ma restiamo in attesa di conferme) colpiscono la comunità umana con una cadenza regolare (curiosamente ogni 5 anni circa), ma che la democrazia, e in realtà tutto l’Occidente, e tutto il mondo della «società aperta», hanno saputo riconoscere, affrontare e sostenere: all’apparenza sistemi fragili, e indeboliti da un effetto di «imborghesimento», che la letteratura anglosassone definisce di «over complacency», e che sembra colpire le popolazioni delle democrazie «mature», ma che, nel momento della necessità, hanno saputo reagire. Al contrario, nello stesso tempo, i sistemi basati sull’odio, sullo sfruttamento, e sulla paura utilizzata come strumento di governo, vanno in crisi; così profittatori e speculatori, che fanno i soldi mentre interi strati sociali si impoveriscono, così intere elite che perseguono rendite da posizione (le «poltrone») che si dissolvono, e così anche partiti politici che diventano «nomenclature» (al di la di ingenue e improvvide dichiarazioni sul potere che logora «chi non ce l’ha»).
Così, mentre molti criticano le istituzioni, sia nazionali e internazionali, della «debole» democrazia, ovvero la politica «silenziosa» del dialogo e della cooperazione, delle regole e del mercato aperto – sia delle merci che dei capitali –, proprio questo stesso meccanismo è l’elemento che oggi, in tempo di crisi, riesce a garantire la tenuta per tutto il sistema. Si può dire infatti che, senza l’azione mitigatrice dell’«unione» di ßtati europei, di un «fondo monetario» con sede da qualche parte in America, di una «organizzazione mondiale» di qualche cosa, in genere delle istituzioni sovra-nazionali, tali tensioni avrebbero dato origine, in tutta probabilità, a qualche guerra e a un «effetto domino» distruttivo, a qualche circolo vizioso della geopolitica (come dimostra la storia recente e meno recente dell’Europa, in particolare dell’Europa centrale). Quindi a chiusure reciproche, all’escalation di reazioni e controreazioni, rappresaglie e tensioni di varia natura (basti pensare allo stato di emergenza di Orban in Ungheria, alle reciproche chiusure di confini, alle «rapine» di carichi di mascherine tra Paesi alleati), che fortunatamente sono rimasti casi isolati. Oggi questo non può succedere, o almeno non può succedere in tale misura da distorcere tutto il sistema: le lobby locali e localistiche, e la loro tendenza alla chiusura, e la tipica ideologia neo-provincialistica o proto-feudale di cui sono portatori, non possono prevalere.
Nessuno degli aspetti consueti di una tale crisi sembra essere oggi visibile. I supermercati appaiono sempre ben riforniti, con file ordinate di persone che sanno mantenere il«distanziamento sociale»; gli ospedali, seppure sotto pressione, e in genere l’apparato sanitario
sembrano funzionare in modo accettabile, non «lasciando indietro nessuno»; le autorità forniscono dati attendibili, o almeno con regolarità; le frontiere restano aperte – almeno per le merci essenziali –, e la mobilità di farmaci, derrate, tecnologie funziona, dimostrando capacità di approvvigionamento praticamente illimitate. E poi – per nulla scontato in tali situazioni – niente corsa alle banche e ai conti correnti grazie ai «bazooka» (definizione discutibile, in realtà) di cui dispone la «banca europea», niente saccheggi e niente assalti «ai forni» (anzi in certi settori la crisi sembra paradossalmente significare la diminuzione di certi fattori di rischio, di criminalità, di incidentalità e di altri situazioni che caratterizzano usualmente i tempi «normali»); e poi aiuti sostanziali per individui e imprese (o almeno aiuti ad una scala mai vista in tali situazioni, anche considerando la stabilità di una valuta, seppure in condizioni di debito pubblico molto elevato).
La voglia di sopravvivere e di vivere prevale anche a livello di sistema: ci rendiamo conto tutti che la vita è meravigliosa – è fatta di affetti, emozioni, paesaggi naturali, opere d’arte, bellezza in tutte le sue manifestazioni, e anche di stabilità –, e che «domani è un altro giorno».
È sempre così in realtà per le società aperte, che sanno superare certi momenti, che recuperano in fretta, perché semplicemente si basano sulla naturale volontà di vivere della gente, sulle aspettative e sulla consapevolezza di individui e gruppi (ciò che l’«uomo forte» al comando non potrà mai).
È il caso anche dell’attuale crisi – speriamo in fase di regressione –, che in realtà sembra essere proprio la crisi «perfetta», quella che ci colpisce in ciò che amiamo di più, la socialità e la voglia di stare insieme: gli strumenti dell’elettronica, accessibili a tutti, possono aiutarci a mantenere un minimo vitale, anche se filtrano nella comunicazione ciò che abbiamo di più caro, e che deriva da una sensazione irriproducibile di contiguità umana. Una crisi che separa nonni dai nipoti, che impedisce ai bambini di frequentare un parco giochi, ai giovani di immaginare la loro vita, che divide il futuro dal presente, che condanna alla solitudine: in realtà solo una delle periodiche crisi sistemiche, ma forse la più insidiosa, perché ci lascia dubitare dei nostri vicini, dei nostri amici, che si insinua nelle case e nelle famiglie, che rinchiude tutto e tutti in quarantena. Una crisi che impatta quindi la dimensione individuale e più intima, che la geopolitica, che ha una memoria «corta», questa volta non può ignorare; questo al di là di certi esperti o di certe «cassandre», che ovviamente non riescono a far sentire la propria voce nel marasma mediatico (in cui prevalgono le urla sgrammaticate, per così dire «alla Sgarbi »).
Nessuno vuole coltivare odio, e nessuno vuole continuare a vivere nell’incubo, a ciò che si associa a dolore, malattia, sofferenza, o anche la morte, per sé e per i propri cari; tutti hanno interesse a che prevalgano fantasia e iniziativa, fiducia e immaginazione, la semplice gioia di ricominciare a vivere che, restando in tema, ci rappresenta una rinnovata idea della Pasqua.
Igor Jelen, docente di Geografia politica ed economica all’Università di Trieste

O Vrba




chiesa di S.Marco a Vrba
http://en.wikipedia.org/wiki/St._Mark's_Church,_Vrba
O Vrba! srečna, draga vas domača,
kjer hiša mojega stoji očeta;
de b’ uka žeja me iz tvojga svéta
speljala ne bila, goljfiva kača!
Ne vedel bi, kako se v strup prebrača
vse, kar srce si sladkega obeta;
mi ne bila bi vera v sebe vzeta,
ne bil viharjov nótranjih b’ igrača!
Zvestó srce in delavno ročico
za doto, ki je nima miljonarka,
bi bil dobil z izvoljeno devico;

mi mirno plavala bi moja barka,
pred ognjam dom, pred točo mi pšenico
bi bližnji sosed vároval – svet’ Marka.
France Prešeren
O Vrba!
Felice, caro paese natio,
dove si trova la casa di mio padre;
non mi allontanasse dal tuo mondo la sete del sapere,
serpente ingannatore..

Non avrei imparato, come si trasforma in veleno
tutto ciò che il cuore desidera dolcemente,
non avrei perso la fiducia in me
 stesso
non sarei stato vittima dei tormenti dentro di me!

Avrei trovato con una vergine prescelta,
un cuore fedele e una manina laboriosa
per una dote che non è posseduta da una donna ricca.

La mia barca avrebbe navigato in pace,
San Marco il mio vicino di casa, mi avrebbe protetto la casa dagli incendi e il grano dalla grandine.

traduzione  fornitami da  Ana Anica che ringrazio

O Vrba "è un sonetto scritto nel 1832 e successivamente corretto dal poeta slovenromantico France Prešeren , che è considerato il poeta nazionale della Slovenia . E 'stato pubblicato nel 1834 nel quarto volume dell' almanacco Krajnska čbelica (Carniola Bee). E' 'l'esposizione introduttiva di un ciclo di sei sonetti, dal titolo i Sonetti della sfortuna ( sloveno :Sonetje nesreče ). Il sonetto è dedicato al villaggio di Prešeren Vrba , che esprime un senso di generale malinconia sopra l'idillio perduto dell'ambiente rurale. Secondo i critici letterari contemporanei sloveni, in particolare Marija Pirjevec , Boris Paternu e Janko Kos , il significato del sonetto è centrato sul problema della precarietà ed infelicità di un libero soggetto distaccato dal teocentrica visione del mondo. La forma sonetto segue le regole astratte da August Wilhelm Schlegeldai sonetti di Petrarca . 



http://en.wikipedia.org/wiki/O_Vrba

CORONAVIRUS SONO 3010 I CASI IN FVG (Friuli Venezia Giulia)




Incremento di 15 unità rispetto a ieri. Sette i decessi in più, che portano a 285 il triste totale


I casi accertati positivi al Coronavirus in Friuli Venezia Giulia sono 3.010, con un incremento di 15 unità rispetto a ieri. I totalmente guariti sono 1.355, mentre i clinicamente guariti (persone senza più sintomi ma non ancora negative al tampone) sono 143.
Si registrano sette decessi in più rispetto alla comunicazione di ieri, che portano a 285 il numero complessivo di morti da Covid-19. Lo ha comunicato il vicegovernatore con delega alla Salute e Protezione civile, Riccardo Riccardi, dalla sede operativa di Palmanova.
Per quanto riguarda i decessi, quello di Trieste è il territorio più colpito (149 casi); seguono Udine (71), Pordenone (61) e Gorizia (quattro). Relativamente ai casi positivi, l'area triestina registra 1.245 infettati; seguono Udine con 951, Pordenone con 630 e Gorizia con 182. A questi si sommano due persone non residenti in regione.
Sono 12 i pazienti che attualmente si trovano in terapia intensiva, mentre i ricoverati in altri reparti sono 134 e le persone in isolamento domiciliare sono 1.081.
I contagi comune per comune nella mappa della Protezione civile Fvg


MOVIMENTO CENTO ARTISTI PER IL MONDO ARTE E SCIENZA "ILLUMINATI E CREATIVI" : EMERGENZA IN TUTTO IL MONDO, UNITI SI VINCE!

MOVIMENTO CENTO ARTISTI PER IL MONDO ARTE E SCIENZA "ILLUMINATI E CREATIVI" : EMERGENZA IN TUTTO IL MONDO, UNITI SI VINCE!: E' EMERGENZA IN TUTTO IL MONDO. https://www.facebook.com/groups/orlandoserpietri8/ GRUPPO - CULTURA PATRIMONIO DELL'UMANITA...

#IOCOMPROFVG:LE DONNE DELLA BENECIJA

#IOCOMPROFVG: le donne della Benečija

Le Eccellenze (femminili) delle Valli del Natisone che si uniscono sotto l'ombrello di "#iocomproFVG"

č Agrifood FVG

La campagna #iocomproFVG continua a sfornare successi, stavolta si parla della creazione di una bellissima rete di produttori...anzi produttrici: Le Donne della Benečija!

Un paniere di piccole realtà produttive di gente giovane, volenterosa e desiderosa di mettere a disposizione le proprie capacità, l'esperienza e le conoscenze maturate, per un obbiettivo comune: portare prodotti genuini e di qualità dalla Valle del Natisone direttamente a casa vostra!
Per conoscere tutti i dettagli sui formati delle due selezioni di prodotti: Pagina Facebook delle Donne della Benecija

Per prenotare il pacchetto scrivete una mail a ledonnedellabenecija@gmail.com o riservate una confezione QUI
Altrimenti potete contattare direttamente una delle 10 aziende dell'iniziativa, quasi tutte presenti nel nostro portale Agrifood FVG! Potete vedere chi sono nelle immagini qui sotto.

Siamo lieti di condividere iniziative simili, che nascono grazie all'operosità e la proverbiale propensione al rimboccarsi le maniche del popolo friulano, emersa in questo momento difficile.
#IOCOMPROFVG,
#IOCOMPROVALLIDELNATISONE,
#IOCOMPRODONNEDELLABENECIJA
Nessuna descrizione della foto disponibile.


L'immagine può contenere: cibo

28 apr 2020

A Trieste arriva la nave ospedale


A Trieste arriverà una nave ospedale per ospitare anziani con infezione da coronavirus. Lo ha deciso oggi l’Ente Provinciale per l’Emergenza, che si è riunito in videoconferenza su richiesta dell’Amministrazione Provinciale del Friuli-Venezia Giulia. Trieste sarà annunciata mercoledì, rispettivamente. entro la fine della settimana, un traghetto dal traghetto Grandi navi veloci (GNV), previsto per imbarcare cinquanta anziani. L’amministrazione provinciale ha già richiesto una licenza di protezione civile per coprire i costi.
La decisione è arrivata dopo che nel corso della giornata sono stati letti diversi punti critici sull’uso della nave ospedale: così il consigliere Furio Honsell (Open Sinistra FVG) ha espresso la sua preoccupazione nel comunicato stampa, poiché le navi erano meno colpite dal loro sistema di ventilazione. adatto a tale cura e rappresentano i primi fuochi dell’epidemia mesi fa. Honsell dice che, tuttavia, è stata particolarmente colpita dal silenzio dell’amministrazione provinciale, come osservato dal suo collega Walter Zalukar, che è ancora convinto che la scelta degli hotel locali di spostare gli anziani infetti sarebbe migliore mentre le autorità provinciali con la propria attesa ha permesso la diffusione dell’infezione. Inoltre, le dimensioni delle cabine sui traghetti sono piuttosto limitate, gli ospiti sarebbero esposti a continui rumori e scuotimenti e spostamwenti nella nave per gli anziani con disabilità cognitive è piuttosto rischioso. Tutte queste situazioni presentano un problema in caso di necessità per il salvataggio e il trasporto di emergenza di persone in ospedale.
tradotto dal Primorski dnevnik

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