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31 ott 2022

Oggi è il giorno della Riforma in Slovenia

 



Il Giorno della Riforma commemora il movimento religioso, politico e culturale del XVI secolo, grazie al quale gli sloveni hanno ricevuto il primo libro nella loro lingua madre e il primo libro stampato in Slovenia - Catechismo di Pimož Trubar.

Oggi è l' anniversario della Riforma, le cui origini risalgono appunto al 1517, quando il monaco agostiniano Martin Lutero affisse sulla porta della chiesa di Wittenberg le sue 95 tesi, con le quali criticava l’organizzazione ecclesiastica di quel tempo. Il movimento della Riforma si diffuse rapidamente, raggiungendo anche la Slovenia, dove ebbe un impatto significativo sulla coscienza popolare. In questo periodo furono pubblicati i primi due libri stampati in lingua slovena, mentre la figura chiave della Riforma in Slovenia fu Primož Trubar. La Controriforma sradicò quasi completamente il protestantesimo. Oggi in Slovenia vivono circa 20.000 evangelici, la maggior parte nella regione Prekmurje. La comunità delle chiese protestanti d’Europa ha inserito, tra le oltre cinquanta città europee importanti per il movimento protestante, anche tre località slovene - LubianaRašica e Puconci

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Puconci  località di nascita di Primož Trubar

Primož Trubar (1508-1586), autore del primo libro stampato in lingua slovena.
Nato a Raščica, minuscolo villaggio della Carniola inferiore, nel 1508, fu dapprima sacerdote cattolico e, in seguito, pastore luterano in Germania. Si avvicinò al luteranesimo alla scuola del vescovo di Trieste, Pietro Bonomo, e divenne il più attivo animatore della riforma protestante in terra slovena.
Nel 1550, pubblicò il primo libro stampato in lingua slovena, Katekizem (Catechismo), cui seguì Abecedarium (Abecedario, sempre del 1550).
Considerato il padre della letteratura slovena, Trubar fu autore di più di venticinque libri in lingua slovena, i più importanti dei quali furono le traduzioni in sloveno del Nuovo Testamento (1555-1577) e dei Salmi (1566)
Portret Primoža Trubarja, Saša Šantel.
Primož Trubar in un disegno di Saša Šantel (Gorizia 1883 - Lubiana 1945)
Spomenik pred rubijskim gradom.
Monumento all'entrata del castello di Rubbia dove Trubar predicò ai fedeli.

POZABLJENIM/DIMENTICATI


 Simon Gregorčič

Goriški slavček - L'usignolo di Gorizia 1844-1906
Il giorno in cui tutti noi rivolgiamo i nostri pensieri ai cari defunti, il poeta si chiede chi ricordi le tombe dimenticate.
"A chi, in questo giorno, si rivolge il mio cuore? A voi, tombe dimenticate, dove non c'è una croce, né una pietra, non vi ornano fiori, e alcuna luce brilla.
Ma se nessuno, questa notte, vi ricorda, non vi ha dimenticati l'umile poeta e - il cielo"
Pozabljenim
Vseh mrtvih dan!
Na tisto tiho domovanje,
Kjer mnôgi spé nevzdramno spanje,
Kjer kmalu, kmalu dom bo moj,
In - tvoj,
Nocoj se sesul je roj močán,
Saj jutri bo vseh mrtvih dan,
Vseh mrtvih dan!
Bledó trepeče nad grobovi
Tisóč svetíl,
In križe, kamne vrh mogíl
Jesenski venčajo cvetovi -
Vseh mrtvih dan!
Kjer dragi spé jim po pokôpi,
Kleče, solzé živóčih trôpi,
Oh, dušo trè jim žal in bol;
Pod zêmljo pol, na nèbu pol
Nocój jim je srcé:
Na grob lijó grenké solzé,
V nebó gorké prošnjé!
O, le klečíte, le molíte,
Po nepozabnih vam solzíte,
Da bóde gròb od solz rosán,
Saj jutri bo vseh mrtvih dan,
Vseh mrtvih dan!
Solzíte,
Molíte!...
In jaz?
Ko misli vsakedó na svoje,
Kogà, kogà pa srce moje
Spomína se tačàs?
Vas, zabljeni grobovi,
Kjer križ ne kamen ne stojí,
Ki niste venčani s cvetóvi,
Kjer luč nobèn ne brlí.
O, če nikdó
Nocój se vas ne spomni,
Pozábil ni vas pévec skromni
in pa - nebo.

30 ott 2022

Vahti_Ognissanti in Benecia

 


Ogni anno il 1° e il 2 novembre i paesi rivivono, visto che molte persone tornano nei luoghi della loro infanzia. «Questa è la migliore occasione – scrive il direttore responsabile del Dom mons. Marino Qualizza – per capire il grande valore della nostra fede, che ci dona la gioia di incontrarci e di non dimenticare da dove veniamo».

La festività di Ognissanti fu istituita solamente nel 1006 da papa Innocenzo XIX. Molte sono le tradizioni per questa ricorrenza nei paesi delle valli del Natisone. Una di queste è la raccolta del pane dei morti. Nella giornata del 31 ottobre i bambini la mattina e la sera gli adulti si recavano di casa in casa, di paese in paese, a pregare per le anime dei defunti di ogni famiglia. In cambio ricevevano delle pagnottine di pane, cotte appositamente per l’occasione, chiamate «hliebci» o «hliebčiči». Questa tradizione è ancora viva a Cosizza, Liessa, Dolegna, Tribil superiore, Iesizza, Iainich, Clodig, Lombai e Seuza.


Ocikana v Terski dolini za Vahte
Per Ognissanti c’è l’ocikana

Tempo di preghiera, per la ricorrenza di Ognissanti e di Tutti i Morti, e tempo di tradizioni in Alta Val Torre, dove si è mantenuta inalterata nei decenni, in questa zona del Friuli più che altrove, l’usanza di cucinare un piatto tipico, quello della polenta condita, la «Ocikana».


A raccontare come si prepara la speciale pietanza è Franca Sinicco, 57 anni, un’esperta dei fornelli, ottima cuoca ed erede della tradizione culinaria di famiglia.

«Per prima cosa – spiega –, bisogna preparare la polenta che va fatta più morbida di quella che si fa di solito. Si può usare la farina bianca con un pugno di quella gialla. A parte si deve far sciogliere, intanto, un bel po’ di burro. A parte, ancora, si mette del latte a scaldare con l’aggiunta di sale».

Una volta cotta la polenta, si prende una terrina ampia e si comincia a preparare la Ocikana a strati. È da questa terrina, molto capiente, che poi la pietanza sarà mangiata dai componenti della famiglia durante la sera del primo novembre.

«Con il cucchiaio si trasforma la polenta in una sorta di gnocchetti. Tra uno strato e l’altro di gnocchetti si sparge il latte e si cosparge con il formaggio tagliato fino, grattugiato. Si possono usare insieme formaggio fresco e quello stagionato, più saporito. Fatti un po’ di strati, a piacere, si procede con il burro: fatto colorire senza bruciarlo, va messo sopra l’ultimo strato. La Ocikana è pronta».

La pietanza non va mangiata tutta, si lascia una parte nella terrina, sulla tavola, per la notte: al calare del buio, si dice, le anime dei morti che si ridestano per Ognissanti potranno cibarsene, nel loro breve viaggio di ritorno nel mondo dei vivi, concesso loro solo per questa notte così particolare.

«Si tratta di un piatto molto calorico, che dà molta energia, mangiato tutti insieme per affrontare, nei mesi già freddi, il duro lavoro nei campi e più spesso nei boschi». Ad accompagnare la polenta condita, che ancora oggi preparano tutte le famiglie dell’Alta Val Torre, poteva esserci, raramente, del vino. «Ognuno aveva una vigna fuori casa e il vino, seppure poco come quantità, faceva parte delle tradizioni della tavola – spiega Franca –; era un vino spesso acido, che si beveva subito perché non si conservava per molto tempo». (Paola Treppo)



Na praznik Vseh svetnikov in na dan Vernih duš je v gornji Terski dolini še živa navada, da pripravljajo ocikano. O tem nam je povedala domačinka Franca Sinicco, ki je stara 57 let.

Ocikana je mehka polenta iz koruznega in pšeničnega zdroba, ki je najprej rezana na kose, nato zabeljena z mlekom in potem posuta z ribanim dozorjenim sirom ter popraženim maslom. Nekaj ocikane so nekoč po hišah pustili za duše, ki so se na Vahte vrnile med živimi.

fonte archivio Dom

Kje Si Doma ? Dove si trova la tua casa?

29 ott 2022

Proverbio della settimana




 Il proverbio friulano della settimana

di Vita nei Vita Nei Campi
“San Simon (28 ottobre)al puarte vie le golesion (si mangie dôs voltes in dì).
Letteralmente San Simone, il 28 ottobre, porta via la colazione, si mangia due volte al giorno ed è da riferire all’accorciamento della giornata. D’estate, con le giornate lunghissime e la sveglia verso le 4 c’era tempo anche per la colazione. Ora non più. Ma se avete altre interpretazioni fatecele sapere.

Nella notte tra sabato 29 e domenica 30 ottobre. Le lancette dell'orologio dovranno essere spostate un'ora indietro


 Come ogni anno a fine ottobre, torna l'ora solare. Il passaggio (che nei dispositivi elettronici avverrà in automatico) avverrà nella notte tra sabato 29 a domenica 30 ottobre, alle 3, quando le lancette torneranno indietro di un'ora. 

L'ora solare rimarrà in vigore fino a fine marzo e ci farà guadagnare un'ora di sonno in più, ma avremo un'ora in meno di luce alla sera. Il cambio dell'ora è stato introdotto per la prima volta in Europa nel 1966 con l'obiettivo di consumare meno energia: con l'ora solare, infatti, è possibile godere della luce naturale un'ora in più al mattino. Tuttavia, una petizione organizzata da Change.org ha richiesto di abolire l'ora solare, in favore del mantenimento di quella legale tutto l'anno. Sembra che un'ora di luce in più nel pomeriggio possa avere un impatto rilevante sul risparmio energetico. Secondo la proposta di Change.org, la cui petizione ha raggiunto circa 265.000 firme, mantenere l'ora legale porterebbe a risparmiare un miliardo di euro di spese energetiche, e avrebbe effetti positivi sulla salute. Infatti, secondo un report pubblicato sulla rivista Lancet Regional Health, i veri vantaggi dal punto di vista del risparmio energetico sarebbero apportati dall'ora legale, più che da quella solare: un'ora di luce in più nel pomeriggio sarebbe fondamentale per il portafoglio degli italiani. Dal 2004 al 2021, si legge sul sito di Terna, l'ora legale in Italia ha portato a un risparmio complessivo di circa 10,5 miliardi di kWh, equivalente a un risparmio per i cittadini di oltre 1,8 miliardi di euro.https://www.wired.it/article/ora-solare-cambio-2022-quando/#:~:text=Come%20ogni%20anno%20a%20fine,torneranno%20indietro%20di%20un'ora.

Io avrei preferito mantenere l'ora legale tutto l'anno?E voi?

28 ott 2022

Liliana Segre al Senato, il testo del suo discorso antifascista

 


“Colleghe Senatrici, Colleghi Senatori, rivolgo il più caloroso saluto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e a quest’Aula. Con rispetto, rivolgo il mio pensiero a Papa Francesco.

Certa di interpretare i sentimenti di tutta l’Assemblea, desidero indirizzare al Presidente Emerito Giorgio Napolitano, che non ha potuto presiedere la seduta odierna, i più fervidi auguri e la speranza di vederlo ritornare presto ristabilito in Senato. Il Presidente Napolitano mi incarica di condividere con voi queste sue parole: “Desidero esprimere a tutte le senatrici ed i senatori, di vecchia e nuova nomina, i migliori auguri di buon lavoro, al servizio esclusivo del nostro Paese e dell’istituzione parlamentare ai quali ho dedicato larga parte della mia vita”.

Rivolgo ovviamente anch’io un saluto particolarmente caloroso a tutte le nuove Colleghe e a tutti i nuovi Colleghi, che immagino sopraffatti dal pensiero della responsabilità che li attende e dalla austera solennità di quest’aula, così come fu per me quando vi entrai per la prima volta in punta di piedi. Come da consuetudine vorrei però anche esprimere alcune brevi considerazioni personali.

 

La guerra in Ucraina

Incombe su tutti noi in queste settimane l’atmosfera agghiacciante della guerra tornata nella nostra Europa, vicino a noi, con tutto il suo carico di morte, distruzione, crudeltà, terrore…una follia senza fine. Mi unisco alle parole puntuali del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “la pace è urgente e necessaria. La via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino”.

 

Il centenario della marcia su Roma

Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva.
In questo mese di ottobre nel quale cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio ad una come me assumere momentaneamente la presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica.

Ed il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente perché, vedete, ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre; ed è impossibile per me non provare una sorta di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco delle scuole elementari, oggi si trova per uno strano destino addirittura sul banco più prestigioso del Senato!

 

Il nuovo Senato

Il Senato della diciannovesima legislatura è un’istituzione profondamente rinnovata, non solo negli equilibri politici e nelle persone degli eletti, non solo perchè per la prima volta hanno potuto votare anche per questa Camera i giovani dai 18 ai 25 anni, ma soprattutto perchè per la prima volta gli eletti sono ridotti a 200.
L’appartenenza ad un così rarefatto consesso non può che accrescere in tutti noi la consapevolezza che il Paese ci guarda, che grandi sono le nostre responsabilità ma al tempo stesso grandi le opportunità di dare l’esempio.

Dare l’esempio non vuol dire solo fare il nostro semplice dovere, cioè adempiere al nostro ufficio con “disciplina e onore”, impegnarsi per servire le istituzioni e non per servirsi di esse.

 

La politica urlata

Potremmo anche concederci il piacere di lasciare fuori da questa assemblea la politica urlata, che tanto ha contribuito a far crescere la disaffezione dal voto, interpretando invece una politica “alta” e nobile, che senza nulla togliere alla fermezza dei diversi convincimenti, dia prova di rispetto per gli avversari, si apra sinceramente all’ascolto, si esprima con gentilezza, perfino con mitezza.

 

Il voto del 25 settembre

Le elezioni del 25 settembre hanno visto, come è giusto che sia, una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte.  E il popolo ha deciso. E’ l’essenza della democrazia.

La maggioranzauscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l’imperativo di preservare le Istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell’interesse del Paese, che devono garantire tutte le parti.
Le grandi democrazie mature dimostrano di essere tali se, al di sopra delle divisioni partitiche e dell’esercizio dei diversi ruoli, sanno ritrovarsi unite in un nucleo essenziale di valori condivisi, di istituzioni rispettate, di emblemi riconosciuti.

 

La Costituzione repubblicana

In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo è la Costituzione Repubblicana, che come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti.

Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l’ha sempre sentita amica.

In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi.

E anche quando il Parlamento non ha saputo rispondere alla richiesta di intervenire su normative non conformi ai principi costituzionali – e purtroppo questo è accaduto spesso – la nostra Carta fondamentale ha consentito comunque alla Corte Costituzionale ed alla magistratura di svolgere un prezioso lavoro di applicazione giurisprudenziale, facendo sempre evolvere il diritto.

 

Le riforme

Naturalmente anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all’art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione – peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi – fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.
Il pensiero corre inevitabilmente all’art. 3, nel quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su “sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali”, che erano state l’essenza dell’ancien regime.

Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla “Repubblica”: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Non è poesia e non è utopia: è la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere quegli ostacoli !

Le festività civili non siano divisive

Le grandi nazioni, poi, dimostrano di essere tali anche riconoscendosi coralmente nelle festività civili, ritrovandosi affratellate attorno alle ricorrenze scolpite nel grande libro della storia patria. Perchè non dovrebbe essere così anche per il popolo italiano? Perché mai dovrebbero essere vissute come date “divisive”, anziché con autentico spirito repubblicano, il 25 Aprile festa della Liberazione, il 1  Maggio festa del lavoro, il 2 Giugno festa della Repubblica? Anche su questo tema della piena condivisione delle feste nazionali, delle date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell’esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.

 

Il linguaggio dell’odio

Altro terreno sul quale è auspicabile il superamento degli steccati e l’assunzione di una comune responsabilità è quello della lotta contro la diffusione del linguaggio dell’odio, contro l’imbarbarimento del dibattito pubblico, contro la violenza dei pregiudizie delle discriminazioni.
Permettetemi di ricordare un precedente virtuoso: nella passata legislatura i lavori della “Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza” si sono conclusi con l’approvazione all’unanimità di un documento di indirizzo.
Segno di una consapevolezza e di una volontà trasversali agli schieramenti politici, che è essenziale permangano.

La centralità del Parlamento

Concludo con due auspici. Mi auguro che la nuova legislatura veda un impegno concorde di tutti i membri di questa assemblea per tenere alto il prestigio del Senato, tutelare in modo sostanziale le sue prerogative, riaffermare nei fatti e non a parole la centralità del Parlamento.

Da molto tempo viene lamentata da più parti una deriva, una mortificazione del ruolo del potere legislativo a causa dell’abuso della decretazione d’urgenza e del ricorso al voto di fiducia. E le gravi emergenze che hanno caratterizzato gli ultimi anni non potevano che aggravare la tendenza.

Nella mia ingenuità di madre di famiglia, ma anche secondo un mio fermo convincimento, credo che occorra interrompere la lunga serie di errori del passato e per questo basterebbe che la maggioranza si ricordasse degli abusi che denunciava da parte dei governi quando era minoranza, e che le minoranze si ricordassero degli eccessi che imputavano alle opposizioni quando erano loro a governare.

Una sana e leale collaborazione istituzionale, senza nulla togliere alla fisiologica distinzione dei ruoli, consentirebbe di riportare la gran parte della produzione legislativa nel suo alveo naturale, garantendo al tempo stesso tempi certi per le votazioni.

 

L’emergenza energetica 

Auspico, infine, che tutto il Parlamento, con unità di intenti, sappia mettere in campo in collaborazione col Governo un impegno straordinario e urgentissimo per rispondere al grido di dolore che giunge da tante famiglie e da tante imprese che si dibattono sotto i colpi dell’inflazione e dell’eccezionale impennata dei costi dell’energia, che vedono un futuro nero, che temono che diseguaglianze e ingiustizie si dilatino ulteriormente anzichè ridursi. In questo senso avremo sempre al nostro fianco l’Unione Europea con i suoi valori e la concreta solidarietà di cui si è mostrata capace negli ultimi anni di grave crisi sanitaria e sociale.

Non c’è un momento da perdere: dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere i livelli di guardia e tracimare.

Senatrici e Senatori, cari Colleghi, buon lavoro!”.

https://www.sinistraineuropa.it/storie/liliana-segre-al-senato-il-testo-del-suo-discorso-antifascista/

Fiera mercato “Sapori nelle Valli“

 


Tržni sejem “Sapori nelle Valli‘‘- Fiera mercato “Sapori nelle Valli“


Od sabote, 8. otuberja, do nedieje, 30. otuberja, v industrijski coni v Špietru bojo prodajali domače pardielke.

Odparto bo ob sabotah od 12. do 20. in ob nediejah od 9. do 20.

Parvi konac tiedna, v saboto 8. in nediejo 9. otuberja, bo na temo gubance in štrukju.

Parpravlja društvo Sapori nelle Valli.

Da sabato 8 ottobre a domenica 30 ottobre, nella zona industriale di San Pietro al natisone, venderanno i prodotti tipici del terrritorio.

Il sabato dalle 12 alle 20 e la domenica dalle 9 alle 20. 

Il primo weekend (sabato 8 e domenica 9 novembre), avrà come tema la gubana e gli struchi.

Organizzato dall’ Associazione Sapori nelle Valli.


Novi križ na biskem zvoniku / Nuova croce a San Giorgio di Resia


 W petek, 21 din otobarja, dwa ćarnjëlska mojstarja prödno pojütrë ni so ǵali ta-nad türano te biske carkve den növi križ. Isö za tö ki ti stari  to nï muć – an bil spadel dö na pot mo, zawaljën bodi Bu, an nï bil noradil šködo ninamo.

Wse ise misce to nï bilo löpo vïdit itaa turana prez krïža pa za tö, ki ta biska cirköw to jë ta pyrwa vidit, ko so paraja orë w Rezijo. Rüdi iti din sta posjortala pa romawo slanïco kübe ano no pert krüwa te ravanške carkve. (Sandro Quaglia)

La mattina di venerdì, 21 ottobre, due artigiani provenienti dalla Carnia hanno issato una nuova croce in cima al campanile della chiesa di San Giorgio/Bila. Quella vecchia, infatti, era caduta sulla strada, fortunatamente senza ferire nessuno o danneggiare nulla.

Nella stessa giornata gli operai hanno effettuato anche altri interventi di manutenzione.

 dal Dom

26 ott 2022

Monteaperta, un paese con una storia

 

Viškorša je vas z zgodovino
Monteaperta, un paese con una storia



Oggigiorno, specie visto nella prospettiva di chi viene dalla pianura friulana, il paese di Monteaperta è noto come «la piccola Cortina». Nella frazione di Taipana/Tipana, che conta due centinaia di abitanti, sono molto vivi i rapporti con i vicini paesi di Cornappo/Karnahta e Debellis/Debeleš, ma anche con Villanova delle Grotte/ Zavarh, nel vicino comune di Lusevera. Probabilmente sarà complice anche il locale dialetto sloveno, qui chiamato po našin, che però è sempre meno parlato. Eppure nella chiesa parrocchiale qualche canto liturgico tradizionale è ancora vivo. Aprendo il libretto dei testi, si possono leggere subito le parole di «Lepa si, roža Marija».

Un abitante del paese spiega: «Alcuni anni fa, da Lusevera per qualche tempo è venuto a direMessa il parroco del paese vicino. Leggeva anche nel nostro dialetto, ma per la ritrosia di qualche abitante l’iniziativa poi è stata sospesa». Oggi Monteaperta è una delle località attraversate nell’ambito della sesta tappa del Cammino celeste, che va da Montemaggiore/Brezje al rifugio Ana di Monteaperta.


Il paese si estende per due chilometri di lunghezza con un certo dislivello, tra i 500 e i 659 metri sul livello del mare, ai piedi del Gran Monte, un vasto gruppo montuoso situato tra i torrenti del Cornappo, il Torre e l’Isonzo. Conta due chiese. La parrocchiale è dedicata a San Michele Arcangelo e San Lorenzo ed è stata ricostruita dopo il terremoto del 1976. Il suo vecchio campanile, invece, è stato restaurato. Molto più nota è la vicina e antica chiesa della Santissima Trinità, che risale al XIII secolo. Lì ogni anno, nella ricorrenza dell’intitolazione, si ripete l’uso del bacio delle croci.

Monteaperta è, tra l’altro, nota per le famose Tigri, il gruppo di ragazze che ha reso il tiro alla fune e la zona di Taipana celebri in tutta Italia con la partecipazione nel 1979 alla trasmissione Rai Portobello di Enzo Tortora. (Luciano Lister)

https://www.dom.it/viskorsa-je-vas-z-zgodovino_monteaperta-un-paese-con-una-storia/

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