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28 giu 2021

alta val torre

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Ci ha lasciato Josip OSTI

 


Josip Osti

FA MALE, MA È BELLO
ogni volta che mi colpisci nel profondo del cuore
fa male
ma è bello
come da bambino
mi faceva male
una scheggia di vetro conficcata nel palmo della mano
ma era bello guardare
come risplendeva
al sole nei colori dell’iride
.
(Traduzione: Jolka Milič)

Non abbiamo parole e non abbiamo più lacrime per questa nuova devastante perdita. Josip Osti era come un fratello per noi, e noi per lui “la mia famiglia italiana”. Un gigante della poesia europea, un uomo meraviglioso. Tante le occasioni vissute insieme, tante letture, partecipazioni a festival, presentazioni (abbiamo avuto l’onore di pubblicare 5 suoi libri), viaggi. Indimenticabile il brindisi una mattina con un bicchiere di poderoso teran nel “giardino magico” della sua casa di Tomaj, dove ogni oggetto, ogni angolo raccontava di lui, delle sue mani e delle sue passioni. Noi non potremo dimenticare Josip e faremo di tutto per poterlo ricordare a tutti gli amanti della poesia. Amico caro, “albero che cammina, corre vola”, come tu hai scritto “l’amore mi ha fatto poeta” e di quell’amore siamo testimoni.
Con Josip Osti, Renato Costarella al pianoforte e Valerio Iaccio al violino. La registrazione è stata realizzata a Casa della poesia nel 2004. La traduzione è di Jolka Milič. La foto di copertina “Josip Osti nel cortile giardino di Casa della poesia” è di Salvatore Marrazzo.

JOSIP OSTI

L’AMORE MI HA FATTO POETA

L’amore mi ha fatto poeta…
L’amore che con una velenosa freccia
d’oro nella prima gioventù mi ha trafitto
il cuore aprendo una inguaribile ferita,
in cui cresce un cristallo nero dagli orli
aguzzi. Un cristallo, bello e doloroso,
che brilla al bivio dell’anima e del corpo.
E mi indica la strada, per la quale ritorno
di continuo là, da dove veramente non sono
mai partito. Nella città natìa e nel tempo
dell’infanzia. Nella preistoria dei miei amori…
L’amore mi ha reso poeta…
L’amore che mi ha dato la forza di non dormire
una notte dopo l’altra, bensì di scrivere nel
diario dell’insonnia migliaia di poesie tristi sulla
vita e, spero, almeno una poesia allegra
sulla morte.

Traduzione: Jolka Milič



Josip Osti: L'amore mi ha fatto poeta / Ljubezen me je naredila pesnika - Potlatch

Da oggi tutt l'Italia in zona bianca,via le mascherine all'aperto.

 


Il governo studia la riapertura delle discoteche l'unico settore ancora chiuso,ma servirà il green pass. Apriranno solo quelle all'aperto ma con il 50 per cento della capienza dipendenti  inclusi.L'incidenza per tuto il territorio nazionale continua a diminuire ed è ovunque sotto i 50 casi per 100.000 abitanti ogni sette giorni. Per il Fvg, il monitoraggio indica un'incidenza di otto casi ogni centomila , mentre l'occupazione in terapia intensiva è data allo 0% (da giorni i reparti si sono svuotati) e allo 0,7% negli altri reparti.Segnalati anche in Italia un numero crescente di focolai di varianti, in particolare della Delta.

dati da https://www.ilfriuli.it/articolo/salute-e-benessere/via-le-mascherine-all-aperto-e-italia-tutta-in-zona-bianca/12/244976

Io continuerò ad indossarla e voi?

IRENE DA SPILIMBERGO

Assistente di TizianoRitratto di Irene di SpilimbergoNational Gallery of ArtWashington

 Irene di Spilimbergo (Spilimbergo17 ottobre 1538 – Venezia17 dicembre 1559) è stata una pittrice e poetessa italiana.

Irene era la secondogenita del Conte Adriano di Spilimbergo e della patrizia veneziana Giulia da Ponte appartenente a una famiglia che aveva dato un doge: Nicolò da Ponte. Di Irene di Spilimbergo forse oggi nulla sapremmo, se nel 1561, due anni dopo la sua morte, Dionigi Atanagi non avesse pubblicato una Vita di Irene da Spilimbergo. Era il melanconico racconto della breve esistenza di una fanciulla di nobili origini, colta e raffinata, morta a ventuno anni per una malattia improvvisa e misteriosa. Il libro conteneva anche una larga silloge poetica, scritta ad memoriamː 279 poesie erano in italiano e 102 in latino. Alcuni autori erano anonimi, altri invece erano note personalità, come Luigi Tansillo, Angelo Di Costanzo, Benedetto Varchi, Lodovico Dolce, Gian Francesco Alois, Bernardo Tasso, Torquato Tasso e Tiziano Vecellio.

Il conte Adriano di Spilimbergo, che conosceva il latino, l'ebraico e il greco, si occupò della educazione intellettuale delle sue figlie Irene e Emilia e intuì che Irene era davvero precoce e assimilava velocemente gli insegnamenti. A Spilimbergo ella apprese i primi rudimenti del disegno da una certa Campaspe, di cui non conosciamo che il nome. Viveva nel castello, affacciato sul Tagliamento, dalle cui finestre l'occhio può esplorare un panorama grandioso, fino alle Alpi Carniche. La regina di Polonia Bona Sforza, in visita nel Friuli, fu ospite dei Conti di Spilimbergo e donò due catene d'oro alla giovanissima Irene.

Morto il padre quando la fanciulla aveva tre anni, la madre presto si risposò ed estromise le figlie dall'eredità paterna. Il nonno materno Giovan Paolo da Ponte, che viveva a Venezia nel cinquecentesco palazzo di famiglia, chiamò Irene a sé. Come era usanza nelle famiglie patrizie veneziane, le furono impartite lezioni di musica, di letteratura, di danza e di arti femminili, come il ricamo e il merletto.

Familiari di Giovan Paolo da Ponte erano Pietro Bembo, Tiziano e il Sansovino che dal 1527 si era trasferito a Venezia. Attratta dalle conversazioni dotte degli intellettuali che frequentavano palazzo da Ponte, ma più ancora dall'arte di Tiziano, Irene di Spilimbergo s'incantava di fronte al dipinto dell'Assunta, nella Chiesa dei Frari e chiese e ottenne di essere ammessa nella bottega del Maestro che le consigliò di prendere come riferimento Giovanni Bellini, per la dolcezza dei volti delle sue Madonne. La giovane allieva dipinse tre quadri, citati dal conte Fabio di Maniago: Noè entra nell'ArcaDiluvio Universale e Fuga in Egitto, tutti ispirati ai modi di Sofonisba Anguissola, ma di cui oggi non si conosce l'ubicazione.

Irene di Spilimbergo ha anche composto poesie e scritto brani in prosa, ma tutto il suo repertorio letterario è andato perduto. Stremata da un attacco di febbre violenta, con dolori atroci alla testa, dopo venti giorni di agonia si spense all'età di ventuno anni. Di lei resta un ritratto - opera probabile di un seguace di Tiziano, se non dello stesso Tiziano - che era in casa del conte Maniago e che fino al 1909 si trovava nella Villa Spilimbergo-Spanio di Domanins, quando fu venduto a Londra ad un collezionista insieme a un altro dipinto, attribuito alla stessa Irene, che raffigurava sua sorella Emilia (entrambi sono esposti nella National Gallery of Art di Washington). La giovane Irene di Spilimbergo, nel suo ricco abito di broccato di seta, fermato alla vita da una catena d'oro e di gemme, tiene in mano la corona d'alloro dei poeti. Sullo sfondo si apre un paesaggio ameno, dove è accovacciato un candido unicorno, animale mitico, simbolo di purezza di rarità e di saggezza, che per l'immaginario cristiano poteva essere domato solo da una vergine.[6] Secondo la testimonianza di Fabio Maniago, la cui Storia delle belle arti friulane è stata ristampata nel 1999, è opera di Irene di Spilimbergo un San Sebastiano, conservato nella chiesa parrocchiale dei SS. Mauro e Donato di Isola, in Istria.

Nella raccolta di Dionigi Atanagi furono compresi questi versi di Torquato Tasso:

«Quai leggiadri pensier, quai sante voglie
dovea viva destar ne l'altrui menti
questa del Gran Motor gradita figlia!
Poi c'hor dipinta (o nobil meraviglia)
e di cure d'honor calde ed ardenti
e d'honesti desir par che ne invoglie.»

Il poeta Luigi Carrer ha inserito Irene da Spilimbergo tra le sette donne che hanno dato gloria e onore a Venezia.

La figura di Irene di Spilimbergo ha incantato artisti ottocenteschi, pittori e poeti. Giovanni Prati, davanti a un dipinto di Giovanni da Udine, conservato nel castello di Spilimbergo, ha scritto questi versi:

«del merlato Spilimbergo intorno
udia sull'aura reverenti i nomi
di Vecellio e di Irene, ambo immortali.»

Nel 1853 Antonio Rotta le ha dedicato il dipinto storico, ambientato a Venezia e dal titolo Tiziano Vecellio istruisce nella pittura Irene di Spilimbergo, con cui ha partecipato all'Esposizione di Belle Arti, a Milano.

Un libretto d'opera

Nel 1907 Pietro Mascagni espresse il desiderio di musicare un libretto d'opera, sulla vita di Irene di Spilimbergo. La scrittrice viennese Tosa Will, nota con lo pseudonimo di Wilda, scrisse in tedesco questo libretto, distinto in un prologo e in due atti. Mascagni lo fece tradurre, ma poi il testo andò perduto.

A nome di Irene di Spilimbergo è stato intitolato l'Istituto Magistrale di San Pietro al Natisone.

27 giu 2021

Ecco lo sciacallo dorato filmato ad Aviano

San Pietro per la sezione primavera

 

La giunta comunale, con propria delibera, ha provveduto a confermare la volontà dell’amministrazione di attivare la «Sezione primavera» presso la scuola dell’infanzia dell’Istituto comprensivo con insegnamento bilingue «Paolo Petricig» di San Pietro al Natisone, riservata ai bambini tra i 24 e 36 mesi, per l’anno scolastico 2021/2022. Con questo atto l’amministrazione comunale ritiene che condividere e supportare l’istituzione della sezione primavera sia un ulteriore importante passo nell’ampliamento dell’offerta di servizi per la comunità e le giovani famiglie.

Approvato anche il progetto per la realizzazione di una pista di atletica presso l’area centro studi di via Simonitti per un investimento previsto di 28.000 euro. L’amministrazione ha preso atto che il piano «Biciplan» non è assoggettabile alla procedura completa di Valutazione ambientale strategica (Vas) in quanto le previsioni dello stesso non determinano effetti significativi sull’ambiente e pertanto le procedure per la progettazione definitiva saranno facilitate in merito alla tempistica.

Un’altra iniziativa promossa dall’amministrazione comunale, nell’intento di migliorare sempre di più la qualità dell’ambiente e di ridurre i costi di raccolta dei rifiuti, riguarda la decisione di agevolare la raccolta differenziata di olio vegetale alimentare esausto di uso domestico mediante la distribuzione di apposite taniche per la raccolta dell’olio esausto da conferire, una volta piene, all’eco-piazzola. Verranno acquisite 150 taniche per la raccolta di olio esausto e distribuite alle famiglie che intenderanno partecipare a questa iniziativa.

https://www.dom.it/obcina-spietar-za-pomladni-oddelek_san-pietro-per-la-sezione-primavera/

Grotta di San Giovanni d'Antro

26 giu 2021

San Giovanni d'Antro apre la stagione delle visite

 

La celebrazione prevede oltre alla Santa messa l'usanza dei fuochi, che simboleggiano l'inizio della nuova stagione

San Giovanni d'Antro apre la stagione delle visite

"La chiesa-grotta di San Giovanni d'Antro è un luogo meraviglioso, una perla che le Valli del Natisone e il Friuli Venezia Giulia sono in grado di offrire ai visitatori: grazie a PromoTurismoFVG ora si sta facendo sistema per far conoscere al mondo queste bellezze". Lo ha commentato l'assessore regionale alle Attività produttive e Turismo Sergio Emidio Bini all'inaugurazione della stagione di visite al sito che da anni suggestiona studiosi e turisti per la sua bellezza e per i molti enigmi legati alla sua iconografia.

"È un vero paradiso questo luogo, con una potenzialità turistica enorme: fin dal mio insediamento - ha ricordato Bini - ho preteso che PromoTurismoFVG mettesse a sistema le bellezze delle Valli del Natisone e i numeri che abbiamo registrato prima che la pandemia dilagasse ci hanno dato ragione. Il mese di giugno sta già configurando un successo di arrivi nella nostra regione e sono certo che anche questo territorio darà grandi risultati. Da parte dell'Amministrazione regionale c'è il massimo impegno per la sua promozione".

La celebrazione in occasione di San Giovanni prevede oltre alla Santa messa l'usanza dei fuochi - kries, nella parlata locale - che simboleggiano l'inizio della nuova stagione: i più famosi - quest'anno verranno organizzati in forma ridotta - sono quelli di Antro e Tribil.

Nell'occasione dell'inaugurazione il presidente dell'associazione "Tarcetta" Mauro Pierigh ha reso noto che le visite alla grotta saranno disponibili in tutti i fine settimana di luglio e, da agosto, tutti i giorni dalle 10 alle 18. I visitatori paganti nel 2019 sono stati 7000 e l'obiettivo è quello di arrivare a 15.000 all'anno. "In previsione - ha reso noto Pierigh - vi è il desiderio di accogliere le scuole nella sala polifunzionale di Tarcetta".

Grazie al positivo esito dell'ultimo bando sul turismo sono stati finanziati alcuni video promozionali del territorio, tra i quali uno dedicato all'antro, ma restano ancora da realizzare alcuni progetti per rendere più attrattivo il sito: c'è la necessità di creare audioguide, rifare la tabellonistica con le informazioni e realizzare un sito multilingue. Inoltre resta ancora da finanziare un progetto presentato nel 2015 dal Comune di Pulfero per un nuovo impianto elettrico.

Dopo la messa sono intervenuti, tra gli altri, il sindaco di Pulfero Camillo Melissa, il presidente della Comunità di montagna del Natisone e Torre Mauro Steccati, i consiglieri regionali Giuseppe Sibau e Elia Miani, l'onorevole Roberto Novelli.

Giovanni Coren, accompagnatore del sito, ha tratteggiato le peculiarità della chiesa-grotta dal punto di vista storico artistico: all'ingresso appare sulla parete rocciosa un volto di Cristo che richiama la Sacra Sindone e sulla cui origine sono state proposte molte ipotesi, evocando anche possibili presenze di Templari, confortate da lacerti di affreschi con simboli tipici degli ordini cavallereschi, come croci a bracci eguali e un fiore della vita a sei petali, iscritti in un cerchio.

Sulla parete absidale della cappella sono emersi brani di un intonaco arcaico con una scritta misteriosa in lingua greca e rudimentali rappresentazioni di "ruote cigliate" (o soli) e di palme (o forse felci), d'incerta interpretazione, probabilmente dipinti tra VII e VIII secolo in un momento storico ai confini tra paganesimo e cristianesimo e in una terra inquieta attraversata da longobardi, slavi e tanti altri popoli.

Il luogo ha ispirato antiche leggende, come quelle della Regina Vida, forse Rosamunda o la mitica Teodolinda, rifugiatasi dagli assalti di Attila in quest'impervio sito, entrato a far parte della mitologia locale con il nome di "Fortezza degli Slavi".

"Mai così tanta attenzione per questi luoghi come dal 2018 a oggi". Parola del consigliere regionale Giuseppe Sibau (Autonomia responsabile), presente nella serata di giovedì all'inaugurazione della stagione turistica della chiesa-grotta di San Giovanni d'Antro, in territorio comunale di Pulfero. Lo riporta una nota del gruppo consiliare Progetto Fvg/Ar. "Questo è un luogo suggestivo e meraviglioso, vera e propria perla delle Valli del Natisone, un territorio fino al 2018 abbandonato sotto l'aspetto della promozione e degli investimenti turistici, nonostante i continui solleciti rivolti a PromoTurismo. Dal 2018 a oggi c'è stato un cambio di tendenza - ha sottolineato il consigliere Sibau durante il suo intervento - caratterizzato dall'attenzione e dalle risorse che la Regione Fvg anche attraverso la stessa PromoTurismo, sta destinando al territorio delle Valli. Un'attenzione che, sono sicuro, questa amministrazione regionale continuerà a mantenere".

Con l'inaugurazione di giovedì si è quindi aperta ufficialmente la stagione delle visite alla chiesa-grotta le cui peculiarità storico artistiche sono state presentate dalla guida che accompagna le escursioni alla scoperta del sito, a cominciare dal volto di Cristo presente su una delle pareti di roccia all'ingresso della grotta, sulle cui origini ci sono diverse tesi, e proseguendo con i frammenti di affreschi risalenti all'epoca degli ordini cavallereschi e con la misteriosa scritta in lingua greca presente sulla parete dell'abside.

https://www.ilfriuli.it/articolo/viaggi/san-giovanni-d-antro-apre-la-stagione-delle-visite/11/244885

    BUONA GIORNATA

     

    GRADO foto di Jurij Paljk

    25 giu 2021

    I 30 anni della Slovenia

    L’innalzamento della nuova bandiera davanti al parlamento di Lubiana il 26 giugno 1991

     Per l’indipendenza della Slovenia, proclamata il 25 giugno di trent’anni fa e riconosciuta dalla comunità internazionale all’inizio dell’anno successivo, oltre alla vittoriosa difesa della volontà popolare contro l’armata jugoslava, furono determinanti gli appoggi di alcune potenze europee. La politica europea e mondiale era in gran parte ostile allo smembramento della Jugoslavia e nutriva forti simpatie nei confronti della Serbia.

    In questo quadro, la Slovenia ebbe la fortuna di avere alla guida del proprio Governo un democristiano, Lojze Peterle, molto stimato in Germania, in Italia – due delle principali potenze europee, allora entrambe a guida democratico cristiana. E questo fece la differenza, portando anche al superamento delle diffidenze per il fatto che il presidente sloveno, Milan Kučan, tra l’altro illustre sconosciuto fuori dalla Jugoslavia, fosse l’ultimo leader del Partito comunista.

    Anche l’Italia era ufficialmente contraria all’indipendenza della Slovenia, tanto che il ministro degli Esteri, il socialista Gianni De Michelis, ammonì Lubiana che il nuovo Stato non sarebbe stato riconosciuto nemmeno in cent’anni. Eppure, dopo nemmeno sei mesi il presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, si recò a Lubiana a consegnare di persona il riconoscimento ufficiale della vicina Repubblica come Stato indipendente e sovrano.

    Nel repentino cambio di rotta ebbero un ruolo determinante le Regioni Friuli Venezia Giulia – presidente Adriano Biasutti – e Veneto, ma soprattutto Carlo Bernini, leader della componente Dorotea nella Dc e ministro dei Trasporti nel settimo Governo di Giulio Andreotti.

    Nell’impegno di Bernini, morto nel 2011 all’età di 74 anni, nei confronti della Slovenia, c’è il non trascurabile fatto che suo stretto collaboratore al ministero fosse il beneciano Armando Noacco, all’epoca sindaco di Taipana.

    A trent’anni di distanza, il segretario particolare di Bernini, Mario Po’, ci ha rivelato importanti retroscena. «Già da presidente della Regione Veneto, Bernini aveva promosso l’adesione della Slovenia (ancora parte della Federazione della Jugoslavia) alla Comunità di lavoro Alpe Adria a cui partecipavano entità substatali italiane, austriache, tedesche, ungheresi, svizzere e jugoslave, cooperando su vari temi. Ciò avvenne dieci anni prima dell’indipendenza slovena ed era il modo allora possibile per affermare la piena appartenenza della Slovenia alla storia, alla cultura, alla società europea», scrive Po’.

    «Questa esperienza – prosegue – non era sempre ben vista dai governi centrali, che la consideravano un’ingerenza negli affari interni o, in Italia, un rischioso scavalcamento delle prerogative e compatibilità statali. Per questo Bernini riuscì sempre a guadagnare tutto lo spazio possibile a favore della collaborazione regionale con la Slovenia, senza creare vere situazioni di crisi con i governi. Il coinvolgimento della Slovenia ricevette un impulso paneuropeo con la partecipazione all’Assemblea delle Regioni d’Europa, sotto la presidenza di Bernini, anche quando egli assunse l’incarico di ministro italiano dei Trasporti nel 1989 (anno cruciale per la caduta della “Cortina di ferro”). Questa priorità politica era stata posta del resto da Bernini nel corso dei Vertici a Venezia e Vienna della CSCE-Conferenza per la Sicurezza e Cooperazione in Europa già nel 1987-1988».

    Bitka pri goriškem mejnem prehodu Rožna dolina-Casa Rossa 28. junija 1991/Battaglia presso il valico goriziano Rožna dolina-Casa Rossa il 28 giugno 1991

    Po’ ricorda che nel corso di un summit dei maggiori esponenti italiani della Dc, tenutosi a Padova il 10/11 febbraio 1990 (prima delle libere elezioni in Slovenia, ndr) il ministro Bernini dichiarò «la necessità di un più avanzato impegno politico dell’Europa occidentale verso la Slovenia, innalzando il profilo istituzionale della collaborazione». Questa dichiarazione, secondo il segretario del ministro, «segnò un punto di svolta nei rapporti tra l’Unione Europea e la Slovenia. A questo summit erano presenti, su invito di Bernini, l’allora giovane segretario della Dc slovena Lojze Peterle, poi diventato primo ministro, e l’arcivescovo di Lubiana, mons. Alojzij Šuštar».

    Quindi Po’ rivela un fatto poco noto: «Nei giorni del distacco della Slovenia dalla Jugoslavia, giugno 1991, il ministro Bernini decise di lasciare Roma per andare in Slovenia in auto per fare un atto di protezione (concordato con il ministero degli Esteri italiano) della nuova entità statuale che stava nascendo. Non riuscì a raggiungere Lubiana, perché bloccato da una sparatoria subito dopo il confine italiano. Ne sono testimone personale, avendo seguito i fatti in diretta telefonica dal mio ufficio presso il Gabinetto del ministro a Roma».

    Infine, «nelle settimane antecedenti il riconoscimento diplomatico della Repubblica di Slovenia, avvenuto dai Paesi della Comunità Europea il 15 gennaio 1992, il ministro Bernini coltivava frequenti contatti con un esponente sloveno (di cui non posso rivelare il nome) che rappresentava il nuovo governo sloveno presso la Santa Sede (che per decisione di Giovanni Paolo II aveva già riconosciuto la nuova Repubblica). Più volte il ministro mi incaricava di portare messaggi politici al predetto esponente nel suo ufficio a Roma in via della Conciliazione. Tutto ciò era finalizzato ad aiutare la Slovenia nelle fasi iniziali della sua esistenza politica».

    Po’ conclude sottolineando di poter riferire nella sua nota solo «fatti privi di segreto di Stato».

    Per saperne di più sui fatti di 30 anni fa bisognerà, dunque, attendere ancora. (Ezio Gosgnach)

    https://www.dom.it/30-let-za-slovenijo_i-30-anni-della-slovenia/

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