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IVAN TRINKO padre della Benecia

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30 mag 2021

Resia. Un fiume, una vallata, una comunità. Ambiente e cultura

Il meglio di diciotto anni di lavoro fotografico su Resia. Immagini dal 1991 al 2008 di Santino Amedeo. L'ambiente naturale, i centri abitati, la vita sociale, la cultura originale, le persone. Accompagnamento sonoro di musiche tradizionali in esecuzioni registrate dal vivo.

29 mag 2021

Borragine officinalis

Di SAplants - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=94386730
 La borragine (Borago officinalis L.) è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Boraginaceae.Il nome deriva dal latino borra (tessuto di lana ruvida), per la peluria che ricopre le foglie. Altri lo fanno derivare dall'arabo abu araq (= padre del sudore), attraverso il latino medievale borrago, forse per le proprietà sudorifere della pianta.È una pianta erbacea annuale, che può raggiungere l'altezza di 60 cm.

Ha foglie ovali ellittiche, picciolate, che presentano una ruvida peluria, verdi-scure, raccolte a rosetta basale, lunghe 10–15 cm e poi di minori dimensioni sullo stelo.

fiori, di breve durata, presentano cinque petali, disposti a stella, di colore blu-viola, al centro sono visibili le antere derivanti dall'unione dei 5 stami. Sono raccolti in infiorescenze sommitali, penduli in piena fioritura; hanno lunghi pedicelli.

I frutti sono degli acheni che contengono al loro interno diversi semi di piccole dimensioni; i semi sono dotati di elaiosomi, particolari appendici contenenti sostanze nutritive appetibili alle formiche, che ne facilitano la disseminazione (mirmecoria).In erboristeria, della Borrana si usano le foglie sia fresche che essiccate. È efficace per curare il raffreddore, l’influenza e per depurare il sangue nei cambiamenti di stagione. E ancora con patate e riso si può fare una zuppa ricercata.

da wikipedia

KV EDIZIONI


 Quest'anno ricorre l'anniversario del terremoto del Friuli di 45 anni fa, vogliamo ricordare questo dramma che ha segnato così profondamente le nostre vite e la nostra storia con un libro della grande scrittrice friulana Bruna Sibille-Sizia, "Un cane da catena", scritto dieci anni dopo il terremoto e il primo ambientato in questo tragico scenario.

Dalla biografia dell'autrice scritta da Martina Delpiccolo:
"Un cane da catena è il terzo romanzo pubblicato dalla scrittrice Bruna Sibille-Sizia con Doretti Editore nel 1987, /…/ il primo romanzo sul terremoto in Friuli, “romanzo-documento” corredato di fotografie scattate dalla stessa scrittrice-giornalista. Straordinaria ed originale la prospettiva della storia narrata. Pur essendo costruito in terza persona con un narratore esterno, come la maggior parte dei romanzi dell’autrice, la scrittura, l’incedere e l’impianto, sapientemente ideati, inducono il lettore ad assumere il punto di vista del protagonista a quattro zampe. /.../ Proviamo a immaginare un terremoto devastante che provoca macerie, polvere, corpi incastrati sotto cumuli di pietre. Ecco allora che, in quel dramma umano, solo un cane può percepire i segnali inquietanti della natura e può muoversi poi nell’inferno della distruzione senza quasi vedere, ma annusando, raspando tra la polvere e le macerie, odorando la terra che ha tremato, riconoscendo con l’olfatto il sangue o magari il suo padrone. Così la scrittrice sceglie, in un certo senso, di far indossare ad un cane una cinepresa, con cui ad altezza di muso permette a noi lettori di cercare, annusare, sentire. La prospettiva del suo romanzo sul terremoto, sulla terra che trema è dunque volutamente “raso terra” a suggellare una scrittrice che è essenzialmente “tellurica”, che della terra registra e ascolta respiro e anima. Ma il cane diventa “altro”, rivelandosi un “traduttore”, un mediatore tra la natura, così ostile nell’evento sismico, e l’uomo.
(M. Delpiccolo, Una voce carpita e sommersa, pp. 220-221)

Saluti dalle Vali del Natisone

 



DRENCHIA-foto di Casali Edoardo

28 mag 2021

Anniversario per la don Blanchini




 L’associazione don Eugenio Blanchini/Evgen Blankin quest’anno ricorda due importanti anniversari: i cento anni della morte del sacerdote beneciano del quale porta il nome e il venticinquesimo di fondazione. Le due ricorrenze sono state sottolineate nel corso dell’assemblea dei soci, che si è tenuta lo scorso 26 maggio nella casa della cultura slovena a San Pietro al Natisone. A ricordare ricordarle è stato Giorgio Banchig, presidente del sodalizio fin dalla fondazione. Dopo aver adeguato lo statuto alla luce della nuova normativa per il terzo settore, l’assemblea ha eletto il nuovo consiglio direttivo, che risulta composto da Igor Jelen, presidente, Gianfranco Topatigh, vicepresidente, Rino Laurencig, segretario, Sando Quaglia e Luciano Lister, consiglieri. 

dal dom

27 mag 2021

Estate nelle Valli del Torre

 


Estate nelle Valli del Torre - Aperitivo di presentazione

Le Valli del Torre e le loro bellezze naturalistiche si raccontano!
Un veloce aperitivo tra le guide di Wild Routes, ForEst Studio Naturalistico e Inside FVG per presentare “Estate nelle Valli del Torre”, un progetto promosso da PromoTurismo FVG con l’organizzazione tecnica di Arteventi e la collaborazione del Consorzio delle Pro Loco Valli del Torre-Natisone, per la creazione di iniziative outdoor che promuovono la conoscenza di questo territorio ancora selvaggio e incontaminato.
Ogni week end da giugno a ottobre le Valli del Torre ospiteranno tutti coloro che vorranno scoprire i loro segreti attraverso il ritmo lento delle passeggiate a piedi, alla luce del giorno,
da fb

La poesia di Mario Čuk


 traduzione di Jolka Milič


ČAJ V SOBOTO POPOLDAN

Ko te bom vabil na čaj,
ne ustraši se divjih trav
in tigrov in hijen in kač
v mojem vrtu, prijatelj.
Vstopi mirno in potiho,
narahlo potrkaj,
kosmati služabnik ti odpre.
Ko vstopiš, ne boj se teme
in grozljivih krikov
in slinastih jezikov, prijatelj.
Moja hiša je blaga in čista,
je slonova kost v soncu,
kljubuje dežju in snegu,
viharju in burji.
Moja hiša je varna streha.
Ne ustraši se divjega psa
ob mojih nogah –
samo ob nedeljah trga ljudi.

Popij skodelico čaja
in odleglo ti bo.


IL TÈ DEL SABATO POMERIGGIO

Quando ti inviterò a prendere un tè
non temere le erbe selvatiche
e le tigri e le iene e i serpenti
nel mio giardino, amico.
Entra tranquillo e in silenzio,
bussa leggermente,
ti aprirà un irsuto domestico.
Entrando non aver paura del buio
e delle orrende urla
e delle lingue bavose, amico.
La mia casa è accogliente e pulita,
una zanna d’elefante al sole,
resiste alla pioggia e alla neve,
alla tempesta e alla bora.
La mia casa è un tetto sicuro.
Non spaventarti del cane selvaggio
ai miei piedi –
sbrana la gente solo di domenica.

Su, bevi una tazzina di tè
per sentirti meglio.

da http://www.filidaquilone.it/num051milic2-utf8.html


Marij Čuk, giornalista, poeta, scrittore, drammaturgo, commediografo, critico teatrale e letterario. Editorialista ricercato di varie riviste slovene e coordinatore di progetti interculturali alla RAI fino al pensionamento. Membro della Comunità slovena in Italia, nella regione Friuli-Venezia Giulia.
Nato nel 1952 a Trieste, dove vive e dove ha frequentato le magistrali, diplomandosi. Laureato in slavistica e romanistica all’Università di Ljubljana.
Raccolte di poesia: Pesniški list št. 13 (Foglio di poesia 13), 1973; Šumenje modrega mahu (Fruscio del muschio azzurro), 1974; Zakleta dežela (II paese incantato), 1975; Suho cvetje (Fiori secchi), 1982; Igra v matu (Scacco matto – in tandem con Ace Mermolja), 1984; Sledovi v pesku (Tracce nella sabbia), 1993; Ugrizi / Morsi (raccolta con testi a fronte), 2003; Zibelka neba in dna (Culla del cielo e del fondo), 2007 e Ko na jeziku kopni sneg (Quando sulla lingua si scioglie la neve), 2014.

Cascata di Avasinis FVG Friuli Venezia Giulia

Imparerò la lingua dei parrocchiani

 


Arriva nelle Valli del Natisone «con spirito di curiosità» don Alexandre Fontaine, il nuovo parroco di San Pietro al Natisone, Antro, Brischis ed Erbezzo. «Vengo in una terra – spiega – la cui bellezza ho già avuto modo di assaporare ogni volta che sono sceso da Castelmonte, spesso dal versante di San Leonardo. Non conosco ancora le persone e le tradizioni, ma inizio con tutto l’entusiasmo che caratterizza un sacerdote giovane. A me piace scoprire ed è anche con questo stato d’animo che ho accettato ben volentieri la proposta dell’arcivescovo. Non ci ho nemmeno pensato su».

L’ingresso solenne si terrà sabato 29 maggio alle 17 nella chiesa parrocchiale di San Pietro al Natisone e sarà presieduto dall’arcivescovo, mons. Andrea Bruno Mazzocato.

Don Fontaine, 34 anni il prossimo 13 settembre, è originario di Uccle (Belgio). Conclusi gli studi di teologia presso il Seminario interdiocesano a Castellerio, è stato ordinato nel giugno 2017, venendo poi destinato come cappellano nella parrocchia di Paderno. Ha lavorato molto con i giovani anche come referente della pastorale giovanile del vicariato urbano di Udine e insegnante in diverse scuole. «Quando si fanno le cose con passione vengono più facili», afferma.

Prima di entrare in seminario, don Fontaine si è laureato in bioingegneria. Parla cinque lingue: francese, fiammingo (olandese), italiano, friulano e inglese. Sa che a San Pietro al Natisone e Pulfero troverà una realtà bilingue. «Da seminarista – fa sapere – ho fatto servizio alcune estati sul Lussari con mons. Dionisio Mateucig, che mi ha parlato di questa zona.

Sul Lussari sono rimasto colpito dalla ricchezza culturale e linguistica della nostra diocesi e in questo senso sono contento di scoprire questa nuova realtà che per me è nuova, piacevole, interessante. Sono nato in una zona trilingue, dove si parlano francese, fiammingo e tedesco, un po’ come nelle Valli, dove le persone crescono con più lingue. E quindi si imparano, le si parla».

Alla domanda se intende imparare lo sloveno, risponde: «Scherzosamente dico che dove c’è posto per cinque lingue, c’è posto anche per sei. Se si sono imparate tante lingue in passato è bello impararne anche una nuova. E sul Lussari trovavo bella questa sfida della messa trilingue e qualcosa riuscivo a dire anche in sloveno, sicuramente con tutti gli errori di pronuncia del caso, dato che lingue di matrice slava non ne parlo.

Comunque la curiosità di conoscere ce l’ho e quindi anche di imparare la lingua del posto. Serve anche per un miglior rapporto con le persone. Ne ho esperienza con il friulano, con il quale riesco a entrare maggiormente in sintonia con chi parla quella lingua, soprattutto con gli anziani. E posso immaginare che anche nelle Valli le persone si trovino più a loro agio con la lingua di famiglia, la lingua parlata in casa. Quindi, se riesco a impararla un po’, sarà di giovamento per tutti. Magari (ride) potrei chiedere di frequentare qualche lezione alla scuola bilingue, se i bambini lo consentiranno…».

https://www.dom.it/naucil-se-bom-jezika-svojih-faranov_imparero-la-lingua-dei-parrocchiani/

26 mag 2021

Alle radici del crollo di Drenchia

 


L’associazione Kobilja Glava, venerdì 28 maggio alle 19 nella casa della cultura slovena a San Pietro al Natisone  presenterà lo studio “Studio sull’architettura rurale di Drenchia” realizzato dall‘architetto Vida Rucli, con  finanziamentoto della Zveza slovenskih kulturnih društev. Venerdì 28 maggio 2021 alle 19.00. Il testo integrale della ricerca è pubblicato sul sito dell’associazione https://kobiljaglava.com,   (>Cosa abbiamo fatto > Altre informazioni). Lo studio prende in considerazione anche alcuni aspetti della recente storia demografica di Drenchia.«Il crollo della popolazione – vi si legge – si verifica negli anni ’60 quando nella Regione si registra un aumento vertiginoso della produzione industriale che assorbirà gran parte della manodopera fino allora impiegata in agricoltura. Le prime aree coinvolte in questo processo sono quelle più marginali e con scarsa, o nulla, offerta di lavoro. Numerosi lavoratori di Drenchia/Dreka finiscono nel Manzanese, ove in poco tempo le aziende che producono sedie saranno più di 2.000. L’abbandono dell’agricoltura, che per secoli era stata il settore economico preponderante, è talmente rapido che non permette neppure di adeguare, o trasformare, molti immobili ad essa collegati. Non servono più stalle, fienili, depositi/kašte, attrezzi e macchinari e gli immobili degradano rapidamente. Con l’abbandono poi delle superfici coltivate, campi e prati, cresce in modo incontrollato il bosco che oggi soffoca i paesi».

https://www.dom.it/

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