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IVAN TRINKO padre della Benecia

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25 mag 2021

buongiorno-doberdan

 




OGGI GIORNATA DEL MINORI SCOMPARSI

 

In Europa spariscono più di 250mila bambini ogni anno. Gli esperti di open source intelligence mettono al servizio le loro capacità per aiutare a ritrovarli

(foto pixabay) missing child
(foto pixabay)

In Italia le dimensioni del fenomeno le fornisce la XXIV Relazione annuale sulle persone scomparse del Commissario straordinario: nel 2020, sono state presentate 13.527 denunce e più della metà riguardano minorenni. Su 7.672 casi, 5.511 sono ragazzi di nazionalità straniera, 2.161 italiani. Anche se la forbice tra gli scomparsi e i ritrovati sta progressivamente diminuendo, dal 2007, anno di istituzione della figura del commissario, al 2020, mancano all’appello 41.594 minori. Di quelli scomparsi nel 2020 ancora 4mila sono da ritrovare, tra cui 531 bambini sotto i 14 anni.

Secondo Missing children Europe, la federazione europea per i bambini scomparsi e sfruttati sessualmente, ogni anno in Europa più di 250mila minori svaniscono nel nulla. E ha assunto sempre più rilevanza il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati dispersi nel continente: tra il 2018 e il 2020 più di 18mila secondo i dati di Lost in Europe. Se gran parte delle scomparse sono ricollegabili ad allontanamenti volontari o alla sottrazione da parte di un genitore, restano ancora migliaia i casi di minori potenzialmente finiti in reti criminali. Rapiti per essere sfruttati per scopi lavorativi o, più spesso, sessuali.

Nuovi metodi di indagine

Nel 1983 è stato il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan a premere per l’istituzione del 25 maggio come la Giornata dei minori scomparsi. In quasi 40 anni, la situazione non accenna a placarsi. Per questo, ai tradizionali metodi di ricerca, sempre più si affiancano nuove soluzioni che arrivano dal mondo dell’intelligence e della tecnologia. Oggi gruppi di esperti mettono a disposizione le proprie competenze e la metodologia dell’open source intelligence (Osint).

Anche i bambini svaniti lasciano tracce. Se non nel mondo fisico, certamente in quello virtuale. “Tutti noi lasciamo tracce in rete, soprattutto i minori, che non prestano generalmente particolare attenzione alla protezione delle loro informazioni: individuarle con tempestività è fondamentale”. A parlare è Mirko Lapi, presidente dell’associazione Osint Italia. Nata il 25 marzo da un gruppo di giovani professionisti che a titolo diverso usano l’open source intelligence, ovvero la ricerca sul web attraverso l’analisi di fonti aperte, l’organizzazione vuole fornire supporto alle istituzioni e alle forze dell’ordine, con l’attivazione di specifici protocolli, e fare attività di sensibilizzazione su temi come il cyberbullismo, la diffusione non consensuale di immagini intime, la disinformazione e la ricerca delle persone scomparse.

Nel caso di un disperso in montagna vengono attivate battute di ricerca a cui partecipano le forze dell’ordine ma anche associazioni. Noi invece siamo quelli che, su richiesta delle istituzioni, possono andare alla ricerca di informazioni in rete”, spiega l’esperto.CONTINUA https://www.wired.it/attualita/tech/2021/05/25/minori-scomparsi-tecnologia-osint/

24 mag 2021

ASCOLTAVO LA PIOGGIA

 


Ascoltavo la pioggia

(Alda Merini)
Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quale fragile ardore
sillabava e moriva.
L’infinito tendeva
ori e stralci di rosso
profumando le pietre
di strade lontane.
Mi abitavano i sogni
odorosi di muschio
quando il fiume impetuoso
scompigliava l’oceano.
Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quanti nastri di strade
annodavano il cuore.
E la pioggia piangeva
asciugandosi al vento
sopra tetti spioventi
di desolati paesi.

Il grido della rosa - ALICE BASS0

 


Trama: Torino, 1935. Mancano poche settimane all’uscita del nuovo numero della rivista di gialli «Saturnalia». Anita è intenta a dattilografare con grande attenzione: ormai ama il suo lavoro, e non solo perché Sebastiano Satta Ascona, che le detta la traduzione di racconti americani pieni di sparatorie e frasi a effetto, è vicino a lei. Molto vicino a lei. Alla sua scrivania Anita è ancora più concentrata del solito, ancora più immersa in quelle storie, perché questa volta le protagoniste sono donne: donne detective, belle e affascinanti, certo, ma soprattutto brave quanto i colleghi maschi. Ad Anita sembra un sogno. A lei, che mal sopporta le restrizioni del regime fascista. A lei, che ha rimandato il matrimonio per lavorare. A lei, che legge libri proibiti che parlano di indipendenza, libertà e uguaglianza. A lei, che sa che quello che accade tra le pagine non può accadere nella realtà. Nella realtà, ben poche sono le donne libere e che non hanno niente da temere: il regime si fregia di onorarle, di proteggere persino ragazze madri e prostitute, ma basta poco per accorgersi che a contare veramente sono sempre e solo i maschi, siano uomini adulti o bambini, futuri soldati dell’Impero. E così, quando Gioia, una ragazza madre, viene trovata morta presso la villa dei genitori affidatari di suo figlio, per tutti si tratta solo di un incidente: se l’è andata a cercare, stava di sicuro tentando di entrare di nascosto. Anita non conosce Gioia, ma non importa: come per le sue investigatrici, basta un indizio ad accendere la sua intuizione. Deve capire cosa è successo veramente a Gioia, anche a costo di ficcare il naso in ambienti nei quali una brava ragazza e futura sposa non metterebbe mai piede. Perché la giustizia può nascondersi nei luoghi più impensabili: persino fra le pagine di un libro. 


Il tempo corre e siamo di nuovo qui a immergerci nelle parole di un'autrice che lascia il segno, che scava nella nostra pelle, portandoci ferite profonde di parole che non fanno male, ma che ci donano la cura a quel veleno nascosto nel buio. E così, quando arriviamo alla parola fine, rimaniamo con il bisogno di leggere ancora di lei: Alice Basso e le sue grida che parlano con rabbia e forza. 

Nonostante la sofferenza di donne che sopravvivono, donne che arrancano nella quotidianità, Alice Basso ci porta di nuovo con la nostra amata protagonista Anita, che salva quelle donne in un'epoca che devono rimanere in silenzio e abbassare la testa. 

Nulla di più semplice di una mano che se pur di carta e inchiostro, diviene fatta di carne e ossa che ci trascina all'interno delle pagine e ci porta a scoprire quanto un cuore può martellare furiosamente nel petto e quanto un'anima può ruggire come l'animale selvaggio, come una leonessa pronta a tutto pur di ribellarsi a quella società troppo stretta.

Anita con il suo sarcasmo sottile, con la sua determinazione, con il suo coraggio è una di quelle donne che vorresti come migliore amica. Una di quelle donne di cui al mattino vorresti sentire la sua voce spronarti ad andare avanti e a dimenticare i momenti bui. Anita ti consola e ti sostiene. 

Anita non è fatta di carta, nonostante sia un personaggio inventato dalla penna di Alice Basso, diventa tra le pagine la tua migliore amica, la voce della tua coscienza che non ti fa perdere la strada.

Anche questa volta l'autrice Alice Basso con Il grido della rosa, ci porta tra le pagine di un romanzo che segna l'epoca dove le donne sono soltanto oggetti a cui non importa nulla delle loro emozioni. Anita con i suoi personaggi, se pur secondari, abbracciano le fragilità del lettore, donandogli la certezza che non si è soli, mai.

Pagina dopo pagina, su ha la consapevolezza che grazie a donne come Anita si è arrivati ad alzare la testa, si è arrivati a comprendere appieno la forza e la grinta di una donna. 

Il grido della rosa non è una semplice lettura, ma una vera e propria esperienza cognitiva ed emozionale, nel quale lascia il lettore senza fiato. Il secondo libro di Alice Basso ci riporta davanti ai personaggi che avevamo lasciato, seguendo le scelte della nostra protagonista Anita. Ci porta a seguire il suo percorso di vita e il suo profondo bisogno di cambiare ciò che ha intorno. 

Alice Basso a ogni riga ci porta a sentire la voce di diverse donne che hanno lottato, donne che hanno bisogno di un forte aiuto per non rimanere sole. Il lettore, si potrà immedesimare, nonostante l'epoca diversa, in queste voci e potrà cercare la soluzione per sopravvivere e vivere.

Alice Basso descrive poi l'amicizia tra donne con semplicità e un pizzico di ironia. A ogni riga si avrà la sensazione di essere tornati a casa, con volti conosciuti che sanno di famiglia e calore. 

Alice Basso nella sua sotto trama, sembra indicarci quanto la donna in ogni epoca, possa rialzarsi sempre. Possa non sentirsi sola e sapersi forte circondata anche da amiche che, se pur diverse, si mescolano alla nostra identità. 

Bellissima e profonda la caratterizzazione ancora una volta della protagonista, il suo cambiamento interiore che diventa un po' anche il nostro. 

L'unica pecca? Un romanzo che si legge in un fiato e che diventa quasi troppo breve. Arrivati alla parola fine si ha rischio di sentire diverse lacrime di nostalgia scorrere sul viso, domandandosi e adesso? Quando ritornerò da lei? 

Il grido della rosa scalda il cuore, l'importante è decidere di ascoltare la sua voce. 

Piove poesia recitata

Piove, e se piovesse per sempre sarebbe questa tua carezza lunga che si ferma sul petto, le tempie; eccoci, luccicante sorella, nel cerchio del tempo buono, nell'ora indovinata stiamo noi, due sguardi versati in un corpo, uno stare senza dimora che ci fa intangibili, sottili come un sentiero di matita da me a te ne' dopo ne' dove, amore, nello scorrere quando mi dici guardami bene, guarda: l'albero e' capovolto, la radice e' nell’aria. PIER LUIGI CAPPELLO da "Mandate a dire all'Imperatore"

UNA CARTOLINA DA DRENCHIA -DREKA

 


Drenchia
 (Dreka in sloveno Drèncje in friulano è un comune italiano sparso di 102 abitanti del Friuli-Venezia Giulia. La frazione Cras ospita la sede comunale. Attualmente è il più piccolo comune della regione per numero di abitanti residenti.Il comune, adagiato sulle falde del Colovrat nella valle del torrente Rieca-Cosizza che qui ha le sue sorgenti, si trova all'estremo orientale della provincia di Udine, al confine con la valle dell'Isonzo, in Slovenia. Le frazioni del comune sono quasi tutte posizionate sulle pendici meridionali della catena del Colovrat ed affacciate sull'alta val Cosizza. Ne fanno eccezione le due borgate di Paciuch e di Peternel che si trovano a fondo valle, sulle rive del torrente Cosizza. La frazione più elevata è quella di Crai a 863 m s.l.m., mentre la più bassa è quella di Peternel che si trova a 306 m s.l.m..

La dorsale del monte Colovrat (1243 m s.l.m.), è formata da una serie di rilievi che si estendono per circa quattro chilometri dal torrente Za Velin Čelan al fiume Judrio, e segna il confine dell'Italia con la repubblica di Slovenia. Nella parte meridionale della catena è posizionato il passo Solarie che collega la Val Cosizza con il paese sloveno di Volzana (Volče in sloveno) e quindi con la vallata dell'Isonzo e la cittadina di Tolmino. Nei pressi del passo si può vedere il monumento eretto a ricordo Riccardo Giusto, il primo caduto italiano della grande guerra; nella stessa zona vi sono il bivacco Zanuso, dedicato alla memoria dell'alpino Giuseppe Zanuso, morto in quel luogo nel 1929 a causa di una fortissima tormenta di neve ed il rifugio di Casoni Solarie, con annesso campetto sportivo polifunzionale.

Dalle più alte cime del comune si possono ammirare, nella loro bellezza, le Valli del Natisone e, nei giorni privi di foschia, si possono intravedere le città di UdineGrado e Monfalcone nonché le coste settentrionali dell'Istria. Le grotte e le cavità presenti non sono così numerose ed estese come quelle delle vicine vallate del Natisone e dell'Alberone.

23 mag 2021

Un'impressionante miniatura di un monumento all'umanità


La collezione permanente del Museo di Tolmino è più ricca per il modello della Chiesa commemorativa di Sv. Spirito a Javorca in scala 1:20. Il lavoro eccezionale è stato realizzato con tutti i dettagli possibili dall'84enne Franci Pogačar di Lubiana, che in precedenza si era messo alla prova con i modelli di 30 fienili sloveni e la Cappella russa sotto Vršič.

Anche gli interni sono quasi identici all'originale. Foto: Blaž Močnik

La chiesa di Javorca è stata costruita dai soldati austro-ungarici per circa sei mesi nel mezzo dei peggiori combattimenti del 1916. Franci Pogačar ha impiegato due anni e mezzo per costruire un modello di monumento del patrimonio europeo. “Quando sono arrivato a Javorca, le mie aspettative erano sigillate. Ho ricevuto i progetti dall'Istituto per la protezione dei monumenti, li ho portati a casa ed ero letteralmente malato. Li ho stesi sul tavolo e li ho osservati per tre giorni, poi li ho disegnati tutti su cartone in scala 1:20 ", ha spiegato Pogačar, che in passato ha ricevuto il massimo riconoscimento della Camera dell'Artigianato e dell'Imprenditoria slovena "viticcio d'oro" e argento di Valvazor per le sue creazioni.

Franci Pogačar costruì la chiesa due anni in più dei soldati austro-ungarici nella valle del Polog. Foto: Blaž Močnik

Tra le altre cose, ha trascorso tre mesi e mezzo solo lavorando come scalpellino. Ha usato una quercia di 40 anni come falegname, con una lamina di rame sul tetto. Fortunatamente, puoi anche sbirciare all'interno, che è realizzato con una precisione impressionante, compresi i nomi di tutti i 2565 soldati austro-ungarici caduti originariamente bruciati in lastre di quercia.

Il modello è stato completato da Pogačar la scorsa estate e recentemente è stato acquistato dal Museo di Tolmin. “Quando la modella è uscita di casa, il mio cuore mi ha fatto male. Ho avuto difficoltà a darlo via, ma quando vedo come è esposto magnificamente ora, sono confortato ", ha detto, ammettendo che stava già flirtando con la sfida di costruire un modello della chiesa di Plečnik a Barje o del Partigiano Franja Ospedale.

Fino all'ultimo dettaglio. Foto: Blaž Močnik

Il modello di Pogačar non è il primo modello della chiesa di Javorca. "Il primo è stato preparato dall'architetto della chiesa Remigius Geyling nel 1917, con il quale ha presentato questo eccezionale monumento della regione dell'Isonzo a Vienna. Il modello è stato conservato nel Museo di Storia della Guerra dopo la prima guerra mondiale, ma è stato distrutto durante la seconda guerra mondiale. Il secondo modello è stato preparato per la mostra itinerante da Janko Rutar come studente alla scuola di falegnameria nel 2000. Con il nuovo modello, arricchiremo la nostra collezione e visiteremo lo scambio di mostre con esso ", ha annunciato il direttore del Museo Tolmin Damjana Fortunat Černilogar.

tradotto con translate dal Novi Matajur

MAGGIOLATA


 Poesie scelte: CARDUCCI GIOSUÈ, Rime nuove (Bologna, Zanichelli 1906).

Maggio risveglia i nidi,
maggio risveglia i cuori;
porta le ortiche e i fiori,
i serpi e l'usignol.

Schiamazzano i fanciulli
in terra, e in ciel li augelli:
le donne han ne i capelli
rose, ne gli occhi il sol.

Tra colli prati e monti
di fior tutto è una trama:
canta germoglia ed ama
l'acqua la terra il ciel.

E a me germoglia in cuore
di spine un bel boschetto;
tre vipere ho nel petto
e un gufo entro il cervel.

Giosuè Carducci (Valdicastello27 luglio 1835 – Bologna16 febbraio 1907) è stato un poetascrittorecritico letterario e accademico italiano.

Fu il primo italiano a vincere il Premio Nobel per la letteratura, nel 1906.

Cividale del Friuli: un crocevia di culture

 


Il Friuli-Venezia Giulia è una regione quasi sconosciuta ai più, finora rimasta lontana dal turismo di massa che caratterizza molte altre zone della penisola. Dai rilievi sinuosi e ricoperti di vigneti del Friuli alle impervie scogliere della Venezia-Giulia, è una terra rimasta a lungo quasi asserragliata nella sua tranquillità, ma che col tempo ha iniziato ad aprirsi sempre di più al turismo, anche internazionale. Una delle tante perle che meritano una visita è Cividale del Friuli.

Cividale del Friuli è un borgo dell’ex provincia di Udine. Fondata da Giulio Cesare con il nome di Forum Iulii (da cui “Friuli”), nel 2011 è stata dichiarata Patrimonio Mondiale dell’UNESCO e prima tappa di un itinerario sulle tracce dei Longobardi. Punto d’incontro di culture e interessanti tradizioni enogastronomiche, Cividale gode anche di una posizione strategica per visitare i dintorni: se vi spostate in macchina, è possibile organizzare gite in giornata sulle Dolomiti (Laghi di Fusine), al mare (Grado, Trieste) e persino in Slovenia (Caporetto si trova a meno di 30 km) o Austria (Villaco è a circa 130 km).

📷Da vedere a Cividale del Friuli

Il simbolo della città è senza dubbio il Ponte del Diavolo, in pieno centro storico, che collega le due sponde della cittadina e si affaccia sulle acque smeraldo del fiume Natisone. Secondo la leggenda, per costruirlo gli abitanti si sarebbero fatti aiutare proprio dal Diavolo, che in cambio pretese l’anima di chi lo avesse attraversato per primo. I cividalesi però lo ingannarono, facendo in modo che fosse un animale ad attraversarlo per primo. Il progetto del ponte di pietra risale al 1400, quando si decise di sostituire la preesistente struttura in legno, poiché richiedeva continui restauri. Il ponte fu fatto saltare in aria dalle truppe italiane nel 1917, per rallentare l’avanzata del nemico, e ricostruito in seguito dagli austriaci.

Storia e leggenda si mescolano a Cividale, come testimonia anche un insolito ambiente sotterraneo scavato nella roccia, con tre inquietanti mascheroni appesi alle pareti. Si tratta dell’Ipogeo Celtico, la cui funzione non è mai stata del tutto chiarita: luogo di culto, tomba celtica, prigione romana o cisterna per l’acqua? Probabilmente non lo scopriremo mai. Per accedervi bisogna richiedere la chiave alla biglietteria del Monastero di Santa Maria in Valle, a circa 200 m dall’Ipogeo.

Cividale funge da scrigno a diverse testimonianze della storia Longobarda in Italia, visibili sia al Museo Cristiano del Duomo, sia al Museo Archeologico Nazionale. Unico nel suo genere è il Tempietto Longobardo, misterioso edificio risalente alla metà dell’VIII secolo e di cui non si conosce la reale funzione iniziale. Particolarmente degne di nota sono le decorazioni in stucco e le sei statue femminili, probabilmente Sante martiri. La biglietteria è all’ingresso dell’ex Monastero di Santa Maria in Valle, raggiungibile lasciandosi alle spalle il Duomo e addentrandosi in una serie di di viuzze che sembrano rimaste ferme al Medioevo. Per ulteriori informazioni e orari è possibile consultare l’apposito sito.

Una volta terminata la visita al Tempietto, si può proseguire la passeggiata in un’altra epoca in Borgo Brossana, superando l’arco vicino alla Casa Medioevale, la più antica di Cividale (metà XIV secolo). In Piazzetta San Biagio potrete poi ammirare la bellissima facciata variopinta della Chiesa di San Pietro e San Biagio, una vera chicca, e affacciarvi sul fiume per qualche minuto di relax.

💡Dritte BeLocal: Cividale del Friuli

Se volete scattare belle foto, uno dei punti migliori è il Belvedere sul Natisone. Si raggiunge partendo dal Duomo e percorrendo il Ponte del Diavolo, girando poi a sinistra e superando la Chiesa di San Martino. Da questa terrazza si potranno scattare suggestive foto del ponte stesso, oltre che della cittadina e dei monti in lontananza. Se si vuole scendere sul greto del fiume, bisogna tornare all’inizio del ponte (direzione Duomo) e cercare la scaletta a sinistra. Una volta giù, si avrà una suggestiva visuale sulle arcate del ponte. Un altro bel punto di accesso al fiume è in Via Borgo Brossana, poco dopo la Chiesa di San Pietro e San Biagio, scendendo le scale sulla destra.

Se visitate Cividale in auto, un’ulteriore chicca: a 7 km da Cividale c’è il santuario più antico del Friuli e di tutta la cristianità, il santuario della Beata Vergine di Castelmonte. Ma non finisce qui: appena entrati nella Chiesa, si rimane subito colpiti dalla statua della Madonna con bambino. La particolarità? Hanno la pelle scura! Non è chiaro perché l’artista a metà del 1400 abbia scelto un incarnato scuro, le ipotesi sono varie e tutte plausibili. Per informazioni e visite è sufficiente consultare il sito. Certi pellegrini fanno il percorso a piedi, partendo proprio da Cividale e salendo poi fino a 618 m.

Se siete indecisi su quando visitare Cividale, i periodi migliori sono probabilmente la primavera inoltrata per il clima mite e l’autunno per i colori del foliage. Altrimenti consiglio di andarci a luglio in occasione del Mittelfest, festival che riunisce artisti da tutta l’Europa centrale, oppure verso fine agosto per il Palio di San Donato, tre giorni di rievocazione storica con tornei tra borghi, bancarelle e figuranti in costume medioevale.

🍝Da provare a Cividale del Friuli

Affamati? Nessun problema! A Cividale ci sono diversi ristoranti, agriturismi e osterie e non potete farvi sfuggire un pranzo tipico friulano. Iniziate con un aperitivo, magari uno spritz o un tajùt di vino, ad esempio da Street Food Friul & Stuzzifrico. Per il pranzo fermatevi al Bar Trattoria Al Campanile, dove consiglio di provare il frico, un piatto a base di formaggi di diverse stagionature e spesso anche patate e cipolle, oppure una frittata con le erbe o il salame con l’aceto. Come dolce provate gli strucchi, dolcetti tipici delle Valli del Natisone con un ripieno simile alla più grande gubana: noci, nocciole, uvetta e pinoli. Potete acquistarli nella maggior parte delle pasticcerie anche per mangiarli a passeggio, ad esempio al Panificio Pasticceria Cattarossi vicino al Ponte del Diavolo.

Per un caffè o aperitivo con vista sulla più bella piazza di Cividale, Piazza Paolo Diacono (o Piazza delle Donne), fermatevi al Caffè Longobardo, locale storico dove potrete gustare pasticceria secca, dolci al cucchiaio, gelato, stuzzichini salati e molto altro.

🏡Dove alloggiare a Cividale del Friuli

Se per comodità preferite alloggiare in centro, ci sono sia hotel (ad esempio l’Hotel Roma o l’Hotel Locanda al Pomo d’Oro), sia diversi affittacamere e B&B.

Se invece siete in auto o in bicicletta, potete tranquillamente alloggiare fuori dal centro, ad esempio nell’anello di Guspergo e dintorni. A pochi passi dal centro consiglio l’Agriturismo di Luis Gianni, un B&B a conduzione famigliare, con piscina e agriturismo annesso.

Per gli amanti del wellness, è possibile soggiornare anche alla Locanda al Castello Wellness Resort, albergo all’interno di un meraviglioso castello dell’Ottocento e dotato di ristorante, sale per ricevimenti e spa.

🚗Come arrivare a Cividale del Friuli

Se si arriva dall’Autostrada A23 Palmanova-Udine-Tarvisio, è possibile prendere diverse uscite (Udine Nord, Udine Sud o Palmanova) e seguire poi le indicazioni per Cividale del Friuli.

Cividale si trova a circa 16 km da Udine. Potete arrivare tranquillamente in macchina (la cittadina è ben segnalata) e usufruire dei parcheggi gratuiti (il più grande è quello a ridosso della vecchia stazione ferroviaria) oppure con la littorina di Ferrovie Udine Cividale (potete consultare gli orari qui). Da Udine ci sono inoltre diverse corriere della S.A.F. che raggiungono Cividale.

Gli aeroporti più vicini sono quello di Trieste (37 km) e Venezia (134 km)

https://belocalitalia.com/2021/05/22/cividale-del-friuli-un-crocevia-di-culture/

La catena dei monti Musi (prealpi Julie) vista da Godia (Udine)

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