Giovanni Pascoli
dal web
Nelle scuole dell’infanzia nelle Valli del Natisone per il nuovo anno scolastico sono annunciati 94 bimbi. Considerando anche i 7 piccolissimi della sezione «primavera» del comprensivo «Paolo Petricig» di San Pietro al Natisone, il calo rispetto al corrente anno scolastico è di 12 unità. Ma nel 2015-2016 negli asili bilingue di San Pietro, di Azzida, Pulfero e Merso di Sopra erano 179. Significa che in sette anni sono venuti a mancare 92 bimbi (non considerando la sezione «primavera» che allora non c’era), il che in termini percentuali si traduce in un abbondante 51 per cento. La scuola dell’infanzia bilingue con i suoi 56 iscritti, compresa la sezione «primavera», si conferma la più numerosa con quasi il 60 per cento dei pari età delle Valli. Negli asili monolingui ci sono state 17 preiscrizioni ad Azzida (-2), 12 a Merso di Sopra (-1) e 9 a Pulfero (-4).
Nelle primarie delle Valli del Natisone a settembre, stando alle preiscrizioni, entreranno 207 alunni, 35 meno di quest’anno (-14,5 per cento). Anche per le primarie la scuola più grande (54 per cento) è la bilingue con 112 alunni (-25); 54 i preiscritti alla monolingue di San Pietro (-6) e 41 a quella di Merso di Sopra (-4).
Nelle secondarie di primo grado, cioè alle medie, saranno 84 gli studenti alla monolingue di San Pietro (+3), 77 alla bilingue (+1) e 32 alla monolingue di Merso di Sopra (-3).
Allarghiamo l’orizzonte alle altre scuole che, in Val Judrio e Valli del Torre, offrono l’insegnamento dello sloveno. A Prepotto ci saranno 21 bambini nella scuola dell’infanzia (-2) e 61 nella primaria (-2). A Taipana 15 nella scuola dell’infanzia (+2) e 12 nella primaria (-2). A Vedronza 10 nella scuola dell’infanzia (-3) e 35 nella primaria (-1).
Negli asili e nelle elementari della Valcanale si sperimenta l’insegnamento trilingue (italiano, sloveno e tedesco). A Ugovizza le preiscrizioni sono 33 nelle scuola dell’infanzia (+3) e 39 nella primaria (-7); a Tarvisio 49 nella scuola dell’infanzia (-10) e 104 (-6) a Tarvisio. Nelle medie del capoluogo della Valcanale ci saranno 100 studenti (-3). (U.D.) dal Dom
Dino Zoff (Mariano del Friuli, 28 febbraio 1942) è un dirigente sportivo, ex allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo portiere. È stato campione d'Europa nel 1968 e campione del mondo nel 1982 con la nazionale italiana, che ha anche allenato dal 1998 al 2000.
Considerato uno dei più grandi portieri nella storia del calcio,[2][3][4][5] ha legato la propria attività calcistica principalmente alla Juventus, militandovi per undici anni a cavallo degli anni 1970 e 1980, senza mai saltare una partita di campionato; con i bianconeri ha collezionato 479 presenze (330 in Serie A), vincendo sei campionati italiani, due Coppe Italia e una Coppa UEFA, e ha disputato due finali di Coppa dei Campioni e una di Coppa Intercontinentale. Insieme al libero Gaetano Scirea e ai terzini Claudio Gentile e Antonio Cabrini, suoi compagni alla Juventus e in nazionale, Zoff ha costituito uno dei migliori reparti difensivi nella storia del calcio.[6] Ritiratosi dall'attività agonistica, ha intrapreso la carriera di allenatore, divenendo nel 1990, alla guida della Juventus, il primo tecnico capace di conquistare la Coppa UEFA dopo averla vinta da calciatore.[7]
Con la nazionale italiana ha preso parte a due campionati d'Europa (Italia 1968 e Italia 1980) e a quattro campionati del mondo (Messico 1970, Germania Ovest 1974, Argentina 1978 e Spagna 1982), ottenendo inoltre, come commissario tecnico degli azzurri, il secondo posto al campionato d'Europa 2000. Il successo al campionato mondiale 1982, conseguito all'età di quarant'anni — peraltro come capitano dell'Italia —, lo ha reso il vincitore più anziano nella storia della competizione[8] nonché l'unico giocatore italiano ad aver ottenuto, a livello di nazionale, sia il titolo di campione d'Europa sia di campione del mondo. Sempre in azzurro detiene il record mondiale d'imbattibilità per squadre nazionali,[9] non avendo subito reti per 1142 minuti consecutivi.[10][11] È stato a lungo il giocatore con più partite disputate in Serie A e nella nazionale italiana — avendo totalizzato rispettivamente 570 e 112 presenze —, prima di essere superato in entrambe le voci statistiche da Paolo Maldini (nel 2000 relativamente alle apparizioni in maglia azzurra,[12] nel 2005 per quanto concerne il massimo campionato italiano).[13]
Più volte candidato al Pallone d'oro,[14] sfiorò la vittoria nel 1973, classificandosi secondo alle spalle di Johan Cruijff. Occupa la 47ª posizione nella classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer.[15] Nel 2004 è stato incluso nel FIFA 100 e annoverato fra le Leggende del calcio del Golden Foot; nello stesso anno, in occasione dei UEFA Jubilee Awards, è stato indicato dalla FIGC quale miglior giocatore italiano del cinquantennio precedente,[16] risultando inoltre 5º — primo fra gli italiani — nell'UEFA Golden Jubilee Poll.[17] È entrato a far parte della Hall of Fame del calcio italiano tra i Veterani[18] e della Walk of Fame dello sport italiano tra le Leggende,[19] rispettivamente nel 2012 e nel 2015.(wikipedia9
Anche se la situazione odierna è poco felice vi posto un video sul Carnevale in Benecia.
Ogni guerra ha una costante: il 90% delle vittime sono civili, persone che non hanno mai imbracciato un fucile. Che non sanno neanche perché gli arriva in testa una bomba.
(Gino Strada)
Vestono gonne lunghe, hanno sciarpe
d’arcobaleno – e si abbandonano affrante,
allungano le gambe sui sedili.
Lamentano il conto dell’albergo,
l’affanno della partenza, il sonno
reciso all’alba.
I loro nomi – Monica, Marisa –
hanno la triste luce delle perle
che le ragazze comprano alle fiere.
Povere, loquaci rondini che migrano
da un deserto a un deserto,
rondini stanche senza primavera.
Chiudono gli occhi; un freddo
velo di sonno segna i loro volti,
un’infanzia di pena affiora: bianca,
appena viva del respiro
sull’iride squillante delle sciarpe.
(da La Sicilia, il suo cuore, Bardi, 1952)
Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989), scrittore e poeta italiano. Spirito libero e anticonformista, lucidissimo e impietoso critico del nostro tempo, all'ansia di conoscere le contraddizioni della sua terra e dell'umanità, unì un senso di giustizia pessimistico e sempre deluso.https://cantosirene.blogspot.com/
Mons. Gujon nacque a Biacis/Bijača l’1 aprile 1909. Suo padre Giuseppe era morto quando aveva due anni, la madre Maria due anni più tardi. A prendere con sé il piccolo Pasquale fu lo zio sacerdote Giovanni, allora cappellano a San Volfango/Štuoblank. Lì il bimbo visse la prima guerra mondiale, fino alla disfatta di Caporetto. Dopo la guerra continuò a restare dallo zio, nel frattempo divenuto cappellano ad Azzida/Ažla. Andato in seminario, fu ordinato sacerdote nel 1933. Per cinque anni fu vicario a Masarolis/Mažeruola, dopodiché a Montemaggiore. Restò nel paese e nella parrocchia più in quota della Slavia per oltre 60 anni. Condivise con la gente tutte le vicissitudini che si presentarono, nel bene e nel male: il fascismo, la seconda guerra mondiale, gli anni bui della Slavia, la persecuzione della lingua slovena, l’emigrazione che svuotò i paesi.
Alla sua gente dedicò tutta la propria vita, tra l’altro trasmettendole amor proprio per la propria identità slovena. «Noi sacerdoti locali e altri uomini di buona volontà ci siamo sempre adoperati e ci adoperiamo affinché il nostro popolo non perda quanto ha avuto ed ha davvero valore, perché tutti questi valori sono come un gruzzolo di monete d’oro. Il sacco dentro cui sta questo denaro è la nostra lingua slovena. (…) Dio non voglia che, un giorno, un qualche uomo pianti in cima al Matajur una croce, per scrivere su una lapide: “Su questa terra beneciana visse un popolo libero, onesto e forte. Ora non c’è più: si è lasciato accecare e vincere”, scrisse sul »Dom« nel 1983.
In dialetto sloveno mons. Gujon celebrava Messa e svolgeva i riti.
Nella Messa d’oro del 1983 l’arcivescovo Battisti lo nominò canonico onorario di Cividale e divenne, così, monsignore.
Di grande intelletto, scrisse per alcuni giornali, soprattutto per il Dom, ma anche per »Trinkov koledar«, »Vita Cattolica« e »Novi Matajur«. Scrisse, tra l’altro, il libro La gente delle Valli del Natisone e pubblicò il libro di preghiere in dialetto sloveno »Domače molitve«. Tra i fedeli di lingua slovena della Slavia, quest’ultimo è tuttora molto diffuso e usato. In esso lasciò scritto così: «Offriamo a voi devoti, che vivete al confine della provincia di Udine, queste preghiere riprese dal »Katoliški Katekizem za Slovence videnske škofije« (in italiano »Catechismo cattolico per gli sloveni della diocesi di Udine«), che fu approvato da tre vescovi. Ve lo offriamo, perché ci rendiamo conto del grande dovere di mantenere la devozione dei nostri padri. Con la preghiera nella nostra lingua ci rivolgiamo a Dio come figli liberi, che vogliono conservare le proprie radici e la propria storia. Con la preghiera in un’altra lingua ci rivolgiamo a Dio come figli che sono stati colonizzati da un popolo straniero. Anche la Santa Chiesa deve rispettare i diritti umani».
Mons. Gujon è sepolto nel cimitero di San Giovanni d’Antro/Landar. Di recente la sua lapide è stata sistemata, su iniziativa del suo grande amico Zdravko Likar. A sostenere le spese dei lavori, eseguiti da Devan Tavčer di Staro Selo, è stato il Comune di Kobarid.
https://www.dom.it/20-obletnica-monsinjorja-gujona_a-20-anni-dalla-scomparsa-di-gujon/