Venerdì al SMO di S.Pietro al Natisone è stata inaugurata la mostra per il 70° anniversario del giornale Matajur/Novi Matajur
Allo SMO il confine è il fil rouge delle narrazioni che su diversi piani indagano la dimensione storico-antropologica del territorio e l’unicità della sua cultura.
Come scrive Claudio Magris, I confini muoiono e risorgono, si spostano, si cancellano e riappaiono inaspettati. Segnano l’esperienza, il linguaggio, lo spazio dell’abitare, il corpo con la sua salute e le sue malattie, la psiche con le sue scissioni e i suoi riassestamenti, la politica con la sua spesso assurda cartografia, l’io con la pluralità dei suoi frammenti e le loro faticose ricomposizioni, la società con le sue divisioni, l’economia con le sue invasioni e le sue ritirate, il pensiero con le sue mappe dell’ordine.
Il confine quindi non è solo una linea che marca una separazione, ma è un luogo, un paesaggio che intreccia storia e cultura.
Stare sul confine, vivere la liminarità, richiede a ciascuno di noi la disponibilità e la volontà di compiere un’esperienza di apprendimento oltre le abitudini, al di là delle convenzioni e dei preconcetti che ciascuno di noi può avere (Piero Zanini)
Il lavoro di ricerca (che ha messo a confronto tante fonti spesso contradditorie o lacunose) intrapreso per realizzare Meja, ha ricostruito nel dettaglio i tracciati di confine nell’arco di 1400 anni, per poterli mostrare oggi sul grande plastico del territorio regionale.
Le invasioni e le scorribande, di qua e di là, i domini che si sono succeduti fino alle ultime vicende che hanno cambiato il volto all’Europa sono esposti allo sguardo in una animazione video.
testo e citazioni dal web
sono io |