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2 ott 2020

Alla scoperta dell'origine degli slavi

Matteo Zola

Gli slavi sono un popolo antico di cui, però si sa ben poco. La loro storia non si studia nelle nostre scuole, nemmeno quella moderna. Eppure sono il terzo gruppo etnico-linguistico maggioritario d’Europa, insieme a quello latino e a quello germanico. Ma nulla, silenzio. Come se non facessero parte della nostra storia, di una storia europea che anche adesso – malgrado esista una “unione” – è vittima di chiavi di lettura nazionaliste o più semplicemente di ottusità mentale. Nulla si insegna dei Balcani, tanto vicini, o della Polonia, e incrociamo la Russia solo quando arriviamo alle guerre napoleoniche o a Pietro il Grande che tagliò la barba ai boiari.

Qualcosa, per fortuna, sta cambiando negli ultimi anni ma non si esce dal raggio della storia moderna e contemporanea. Esiste però una storia più antica della quale non si parla mai. Chi sono gli slavi? Da dove vengono e quando si sono stanziati in Europa? Quale era la loro cultura e la loro religione, come si è evoluto il loro carattere nazionale? Lungi dal voler fare lezioni di storia, dedicheremo nei prossimi mesi uno spazio fisso all’approfondimento su questi temi. Lo chiameremo “slavia” e affronteremo i temi delle origini dei vari gruppi slavi, della formazione dei primi regni (come la Rus’ di Kiev o il khanato bulgaro), e delle loro vicende prima della conversione al Cristianesimo, affrontando un periodo storico che va dal secondo secolo d.C. all’anno Mille.

Nel farlo cercheremo di essere semplici mettendo in luce aspetti meno noti e assai curiosi, fornendo a tutti le coordinate per capire, anche senza una conoscenza pregressa, di cosa stiamo parlando. Sacrificheremo qualcosa all’approfondimento, poiché si tratterà di brevi articoli, ma cercheremo di farvi discutere e riflettere: in modo più o meno polemico, infatti, metteremo in relazione quegli antichi fatti con l’attualità.

Chi volesse approfondire può iniziare da Gli slavi, di Francis Conte, Einaudi 2006, da cui questa rubrica prende le mosse; da Gli slavi nella storia e nella civilità europea, di Francis Dvornik, Ed. Dedalo 1993; e Chi sono gli slavi? di Saronne e Alberti, Clueb 2002. E speriamo che la prossima volta che andrete in vacanza in Polonia, nei Balcani, in Russia, possiate avere qualche piccola consapevolezza in più. O che quando guarderete vostra moglie o la vostra fidanzata la prossima volta, le possiate dire “cara, pensavo tu fossi ucraina e invece sei svedese”. 

 https://www.eastjournal.net/archives/49583


LA POESIA DI PATRICIJA DODIČ traduzione di Jolka Milič

 

LA POESIA DI PATRICIJA DODIČ di Jolka Milič


Večer

Diši po domačem žganju.
Po napovedanem prihodu.
André Velter je v glinenem pepelniku
tisoče kilometrov stran od svojega prsta
ugašal čik.
Plin je požiral vonj brusnice z olupki bledih pomaranč.
Koža je sivo blestela.

Povej, kako deluje skrajna ljubezen, ko ostaneš sam?

Sera
Odore di grappa fatta in casa.
Dopo l’arrivo preannunciato.
André Valter,{*} a distanza di qualche migliaio
di chilometri dal suo dito, spegneva la cicca
nel posacenere di argilla.
Il gas divorava il profumo dei mirtilli rossi con le bucce delle pallide arance.
La pelle risplendeva grigia.

Dimmi come funziona l’amore estremo, quando resti solo?
{*}Poeta francese (1945), autore di molte raccolte di poesia,
ritenuto uno dei poeti contemporanei più importanti.


Patricija Dodič
è nata a Capodistria nel 1969 e vive a Ilirska Bistrica (Slovenia).
Poetessa, pubblicista, designer, bibliotecaria e tantissime altre cose inerenti alla letteratura, delle quali si occupa intensamente. Laureata in lingua slovena e francese, con indirizzo letterario filologico. Collaboratrice instancabile di quasi tutte le riviste letterarie slovene e organizzatrice e moderatrice di serate di poesia e culturali.
Suoi testi sono stati inseriti in molte antologie e scelte collettive.
Raccolte poetiche: Pet minut blaznosti (Cinque minuti di follia), 2008; Črno obrobljene oči (Occhi orlati di nero), 2008; Wada, 2014; Ljubimje (Amorevolezza), 2015 e Ekstremofil (Estremofilo), 2017.
(Foto di Ivan Dobnik)

1 ott 2020

Covid-19, attenzione all’olfatto

 


A distanza di quasi 3 mesi dall’ultimo comunicato, riprende la pubblicazione dei miei report sul Coronavirus, visto l’evolversi della situazione e le continue domande e richieste di delucidazioni che mi vengono poste. Come avevamo previsto – contrariamente a chi ha dichiarato che il Corona aveva esaurito o diminuito la sua carica infettante – l’epidemia sta procedendo a focolai multipli, con notevole calo dell’età media della popolazione, probabilmente perché i giovani hanno più voglia di stare assieme e rispettano di meno le regole del distanziamento sociale, disinfezione delle mani e uso della mascherina. Fino a tre giorni fa sono stati riportati focolai nella quasi totalità delle province (102/107); la maggior parte dei focolai continua a verificarsi in ambito domiciliare/familiare (76%), con un lieve aumento dei focolai associati ad attività ricreative (6,3%) e all’ambito lavorativo (5,6%). Una parte dei focolai è causata da persone che ritornano da aree a rischio (Croazia, Grecia, Francia, USA e Asia). Ribadiamo che questo comunicato non vuole sostituire il ruolo del curante, né quello della sanità regionale, le cui indicazioni invitiamo a.

Per chi lo desiderasse, giovedì 1° ottobre sarò nuovamente presente su UdineseTV , canale 110, alle ore 21.00 all’interno della trasmissione L’agenda, per parlare di problemi respiratori e allergici e del coronavirus. Poiché non si potranno fare delle domande in diretta, chi avesse dei quesiti, può mandarli in anticipo a: studio@mariocanciani.com

COM’È LA SITUAZIONE NELLA NOSTRA REGIONE?

Mentre a fine giugno in Friuli-Venezia Giulia si contavano 1,73 casi di Covid ogni 100.000 abitanti, ora l’incidenza è salita a 34; l’indice di contagiosità, il famoso Rt, è salito da 0,74 a 0,9, ma sempre sotto la soglia di sicurezza che è 1: ciò vuol dire che ogni infetto contagia a sua volta circa una persona. I focolai attivi a inizio estate erano 7, ora sono 86, di cui 30 nell’ultima settimana. I bambini sono quelli a minor rischio, però trasmettono più facilmente l’infezione agli adulti, soprattutto ai nonni: in Regione il 26% degli abitanti ha più di 65 anni e di queste il 40% ha una malattia cronica e il 20% ha due o più malattie croniche. Nel complesso possiamo dire che i nostri numeri sono ridotti e, a parte un focolaio in una casa di riposo nel pordenonese, si tratta di casi contratti all’estero o di badanti dell’est Europa. I ricoverati sono 21, però in aumento, quelli in terapia intensiva 6.

PERCHÉ SI DA TANTA IMPORTANZA ALLA PERDITA DELL’OLFATTO NELLA DIAGNOSI DI CORONAVIRUS?

Come abbiamo già segnalato, la perdita di olfatto (anosmia) e gusto (ageusia) è uno dei sintomi caratteristici dell’infezione, non presente in maniera così evidente in altre infezioni respiratorie, come raffreddore e influenza. Confrontando 47 studi clinici, si è visto che l’alterazione dell’olfatto è presente nell’80% degli infetti, anche se solo la metà lo aveva segnalato, probabilmente perché gli ammalati erano più concentrati sulla difficoltà a respirare. La perdita dell’olfatto è risultata addirittura più affidabile della rilevazione della temperatura corporea nel sospettare la malattia.

SAPPIAMO QUALI PAZIENTI ANDRANNO A FINIR MALE?

Secondo uno studio italiano pubblicato su un’importante rivista medica internazionale, se vengono coinvolti alveoli e capillari la probabilità di morire è del 60%, se uno solo dei due, del 20%. I due parametri vengono identificati valutando il D-dimero nel sangue e la distensibilità del polmone. Lo studio è importante perché permette di concentrarci in modo particolare sui pazienti con questi due fattori di rischio, che di solito vengono eseguiti nella valutazione degli ammalati di Covid19.

PUÒ UN SEMPLICE EMOCROMO INTERCETTARE LE FORME GRAVI DI CORONAVIRUS?

Alcuni ricercatori USA hanno pubblicato un lavoro nel quale eseguendo un semplice emocromo e valutando l’RDW (ampiezza della distribuzione dei globuli rossi) si riesce a predire se il paziente ha una forma grave di Covid19. Se l’RDW è aumentato, la mortalità passa dall’11 al 31%. Il rischio sarebbe ancora maggiore se il valore si innalza durante il ricovero.

COS’È L’EFFETTO SUV?

Come chi guida un SUV diminuisce l’attenzione alla guida più degli altri perché si sente al sicuro dal subire i danni di un eventuale incidente, così chi abbonda nell’uso di disinfettanti finisce per abbassare la guardia sugli altri mezzi di prevenzione, come lavaggio frequente delle mani, uso della mascherina e distanziamento sociale. I disinfettanti vanno usati quando non si può far ricorso continuo al sapone, come nei negozi e negli altri luoghi di comunità.

IL TERMOMETRO A DISTANZA È ATTENDIBILE?

Nelle rilevazioni di molte persone in luoghi affollati sono diventati sempre più frequenti i termometri a infrarossi, sia perché sono rapidi, sia perché non richiedono contatto con le persone. Il principio si basa sul fatto che ognuno di noi irradia calore sotto forma di energia a infrarossi, facilmente rilevabile sulle parti più esposte, come il viso. Uno studio americano ha confrontato la temperatura di oltre 500 persone, misurata con termometro orale e con uno a infrarossi; si è visto che la correlazione è buona, purché si osservino alcune regole: non eseguire attività fisica per almeno 15 minuti prima della misurazione, non sostare sotto termoconvettori o al sole e misurare la temperatura sulla fronte e non nella zona dell’angolo palpebrale come era stato suggerito da uno studio precedente.

I TEST SALIVARI FUNZIONANO?

Anche se più comodi, meno dolorosi e più immediati del tampone nasofaringeo e orale, finora i risultati del test rapido sulla saliva non sono buoni, secondo l’Istituto Spallanzani di Roma. Sono validi invece i risultati sulla saliva usando il test semirapido, che dà il risultato in meno di un’ora, ma che deve sempre passare per il laboratorio, rendendolo alla fine però meno attendibile del tampone orale e nasofaringeo.

È MAI POSSIBILE CHE PER OGNI COLPO DI TOSSE VENGA SOSPETTATO IL CORONA?

Il problema viene affrontato in questi giorni dal Ministero e da varie Regioni. Da quello che ne so, la prima a muoversi è stata la Lombardia, che ha messo a punto un protocollo di comportamento con i pediatri, i quali dovrebbero fungere da filtro per individuare chi ha realmente bisogno di eseguire il tampone. Se c’è un sospetto clinico, il bambino resterà in isolamento fino all’esito del tampone; in caso di positività e se ha frequentato la scuola nelle ultime 48 ore, l’intera classe rimarrà a casa per 14 giorni. Al termine della quarantena, verranno eseguiti due tamponi al caso positivo per verificarne la guarigione e un tampone a tutti i bambini. Questa procedura è stata concordata perché si è visto che nei primi 18 giorni di settembre in Lombardia sono stati eseguiti oltre 30.000 tamponi a bambini e ragazzi e solo l’1,5% è risultato positivo. Se si dovesse andare avanti così, nelle prossime settimane le richieste potrebbero esautorare i laboratori.

CHI SONO I “SUPER DIFFUSORI” DELL’ INFEZIONE?

Secondo diversi studi eseguiti in varie parti del mondo, sembra che il 10% degli infetti con coronavirus è responsabile dell’80% dei nuovi contagi. Altre ricerche sono arrivate a conclusioni simili, segnalando quindi che il coronavirus si diffonde da un numero relativamente ristretto di individui. Sono i cosiddetti “super diffusori” di cui si era parlato molto all’inizio dell’epidemia e sui quali stanno proseguendo le ricerche per capire che cosa li renda più contagiosi della media. Un’ipotesi è che in alcune persone i virus riescano a replicarsi molto di più rispetto ad altre, e che quindi abbiano una maggiore capacità di diffondere agenti infettivi nell’ambiente circostante. Alcuni ricercatori sospettano però che le caratteristiche dei singoli incidano solo fino a un certo punto, e che siano invece le condizioni ambientali a essere determinanti e a far sì che si verifichi un evento di maggiori dimensioni.

LE CASE DI RIPOSO SONO ANCORA A RISCHIO?

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, tra febbraio e aprile il tasso di mortalità per coronavirus e sindromi simil-influenzali nelle RSA e case di riposo italiane fu del 3,1%, con picchi del 6,5% in Regioni come la Lombardia; il dato è probabilmente più alto, considerato che non fu possibile verificare con certezza le cause di moltissimi decessi. Da allora le cose sono cambiate sensibilmente: nelle strutture è stata migliorata l’igienizzazione degli ambienti, si utilizzano mascherine e altre protezioni e ci sono molte più cautele nella gestione delle visite. Inoltre, la bella stagione, la vita all’ aria aperta e la ventilazione degli alloggi hanno diminuito i rischi di contagio, che potrebbero però risalire con la brutta stagione.

https://www.dom.it/covid-19-attenzione-alla-perdita-di-olfatto/

Ricette delle Valli del Natisone/Nediške doline

 

I Kolači
Biscotto di pasta frolla tipico
che veniva offerto a Comunioni o Cresime

1000gr Farina “0”
500gr Burro
500gr Zucchero
3 uova intere + 2 tuorli
Sale q.b.
Lievito per dolci 1 cucchiaino
Scorza di limone / vaniglia q.b.
Procedimento:
Preparare una pasta frolla amalgamando il burro morbido con la farina 0.
Aggiungere tutti gli altri ingredienti, fare una palla e lasciare in frigo a riposare 1 ora.
Formare i kolači facendo dei rotolini di pasta frolla dello spessore di un dito e chiuderli a ciambella.
Infornare a 180° per 20 minuti
Ricetta di un anonimo che ringrazio di Cuore.

30 set 2020

Ricette delle Valli del Natisone-Nediške doline

 

Le Sope o Šnite
Frittelle di pane imbevuto con latte e tuorlo

4 Fette di pane vecchio
latte 100 ml
2 uova
Sale un pizzico
Un cucchiaino di grappa

Procedimento:
Preparare le uova sbattute con il latte, sale e grappa; bagnare il pane immergendolo nel liquido e poi friggerle direttamente nell’olio di arachidi bollente fino a doratura.
Ricetta di Stulin Liliana di Tribil Superiore di Stregna.

IL MELO

 

DA VITA NEI CAMPI (fb)

LA SAGA DEGLI AUTOCTONI

dal web

di Raffaele Testolin
I Romani – a dispetto di un pensiero molto comune – non amavano le mele. Preferivano uva, fichi, pesche ed altra frutta dolce. Avevano notato la sfortuna delle popolazioni del nord-Italia e di quelle al di là delle Alpi, costrette a mangiare mele selvatiche dell’unica specie di melo europea, il Malus sylvestris, che - a detta di Plinio il vecchio - aveva un succo tanto aspro da smussare il filo di una spada (“Peculiare improbae iis acerbitatis convicium et vis tanta, ut aciem gladii praestringat”. S’erano impietositi e avevano introdotto nelle province più settentrionali dell’impero, Forum Julii compreso, ‘mele dolci’ provenienti dalle provincie dell’Asia minore. In Asia minore c’erano delle altre specie di melo e soprattutto erano confluite, grazie ai commerci, le mele dell’Asia centrale (Kazakistan, Uzbekistan ecc.), che sono le mele che attualmente vengono coltivate in tutto il mondo.
Detto questo, è giusto osservare che la coltura del melo, assieme a quella del pero, ha rappresentato una lunga tradizione e una fonte importante di reddito per le popolazioni friulane insediate nella fascia pedemontana che va da Maniago alle Valli del Natisone, passando ovviamente per la Carnia. I‘bearçs’ o ‘broili’ – fazzoletti di terra coltivati a prato stabile e disseminati di alberi da frutto radi – rappresentano tuttora un paesaggio rurale di grande fascino. Piante di melo di 50-100 anni o più sono a testimoniare la storia di un popolo frugale, povero e orgoglioso, che ha saputo mantenere un attaccamento incredibile alle tradizioni, ma anche alle varietà di mele, pere e susine, che altrimenti sarebbero andate irrimediabilmente perdute.

29 set 2020

Proverbio friulano

 Il proverbio friulano della settimana

di Vita nei campi
“A San Michêl, il marangon al impie el pavêr,a san Josef lu distude” ovvero a San Michele (il 29 settembre) il falegname accende la lampada (gli serve luce per lavorare la sera) a San Giuseppe (il 19 marzo) invece la spegne.

28 set 2020

Poesia di Michele Obit

 Miha Obit

Sadà …
Sadà, ki berem od tvojega očeta se vprašam
ki z adne ežerčite je vidu muoj
an predvsem pruot kerimi se je boriu:
sam ga vidu samuo zgubit an parst v fonderiji.
Pa je šu, ku de bi biu an sudat
v svoji osebni trinčeji mikrovalovnih
peči an lepuo popieglanih srajc.
Kar nas je zapustu, sam pomislu,
de je biu tuole naredu že puno cajta priet.
Imam rieko, ki teče pred mano
buj hitro, ku kar sam mislu – an s sabo
nese vse – an tele parve majske zore.

 scritto nel dialetto delle sloveno delle Valli del Natisone
Ora…
Ora che leggo di tuo padre mi chiedo
quali eserciti abbia visto il mio
e soprattutto quali abbia combattuto:
l’ho visto solo perdere un dito in fonderia.
Eppure se ne è andato da soldato
nella sua trincea personale di forni
a microonde e camicie ben stirate.
Quando ci ha lasciati ho pensato
che l’aveva fatto già molto tempo prima.
Ho un fiume che scorre davanti a me
più veloce di quanto pensassi – e con sé
porta via tutto – anche queste prime aurore di maggio.
Michele Obit (Ludwigsburg, 1966) vive e lavora a Udine.
È direttore responsabile del settimanale bilingue della minoranza slovena in Italia «Novi Matajur».
Come organizzatore culturale collabora alla realizzazione del festival Stazione di Topolò / Postaja Topolove, che ogni anno, in estate, si tiene sul confine, per il quale cura il progetto di residenza per scrittori e poeti «Koderjana» e gli incontri letterari «Voci dalla sala d’aspetto/Glasovi iz cakalnice»...http://www.mimesis-elit.it/michele-obit/

La scuola

Quante polemiche per la scuola,io che ho insegnato per quasi 40 anni ricordo che sempre ad inizio anno scolastico mancavano insegnanti.Erano gli insegnanti meridionali che prendevano servizio per un giorno e poi ritornavano al sud.
Quando andavo a scuola io(nella preistoria)i banchi erano di legno verniciato di nero,per scrivere si usava la penna con il pennino.La bidella arrivava a riempire i calamai con l'inchiostro.I quaderni erano quelli Pigna con le regioni.Si indossava un grembiulino bianco con colletto bianco,la cartella era a mano (altro che trolley).




immagini dal web
.

27 set 2020

TIGLIO/LIPA

 

tiglio-lipa davanti alla chiesa di San Floriano
Villanova delle grotte-Zavarh

 Proverbio della Terska dolina


                                  Gladak ku lipa/Liscio come il tiglio

Una persona anziana del luogo mi ha raccontato che negli anni '40 furono piantati 4 tigli davanti alla chiesa ,ma due furono tagliati perchè davano fastidio.Uno di questi si spezzò a causa di un temporale (1956-1957 ca) così è rimasto solo quello attuale.

  
                                              Lipov lies 
                                            u je lahan
                                                anu mehan
                                                anu bieu anu
                                                    u diši .
                                                 U re liepo
                                                 za dielati
                                                       kola
                                               anu košišča.



                                                Il legno di tiglio                   
                                                      è leggero
                                                      è tenero
                                                      è bianco
                                                  è profumato.
                                                    E' adatto
                                                per fare ruote
                                                  e porta coti.

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