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17 lug 2021
Web sul blog: Gli incendi devastano la Siberia
Aleš Debeljak
Che ancora non ho dominato: la cadenza di un grido che raggiunge
La profondità del cuore, il tuono di un treno sotterraneo,
navate di una chiesa priva di altare, divinità che mormorano nel bacino. Tu:
tu rosa da una conchiglia come scultura fragile dalla fornace
di un soffiatore di vetro. Mi hai insegnato lo spasimo e l’umiltà
prima del vangelo di un profeta interrogativo. E la libertà
di una cerva che salta attraverso i prati di un paradiso assopito.
Non posso raggiungerli senza di te. Posso sentire il crepitio delle castagne
sulle terrazze del mio villaggio. L’asfalto si sta raffreddando. Non mi interessa.
Preferirei piuttosto tremare di piacere, come una casa al limitare del suo restauro,
quando tu canti una nuova melodia. Nell’ora più buia del giorno mi indichi
l’alfabeto del vento e il fato e i semi. Leggo le macchie nella cantina della storia.
So che la mia casa sarà qui, dove tu delimiti il selvaggio giardino.
(da: “Interpretazioni dell’amore”)
Capricci della Ste: DIAMOND PAINTING - SEGNALIBRO
modi di dire
Hlaua ke malo na posluša,na jè ta od kuša (La testa che poco ascolta è come quella del caprone) Vrata ot paklà so simpre odperte(Le porte dell’inferno sono sempre aperte) Za mjete znance, ne posoje soute(Per avere amici, non prestare soldi) Reče krive, ne rasto tej pokrive(Le cose storte, crescono come le ortiche) raccolta di Adriano Noacco (fonte archivio Novi Matajur) dialetto sloveno di Taipana/Tipana
Meja: allo SMO una scultura interattiva presenta la storia del confine
Il museo contemporaneo SMO di San Pietro al Natisone presenta sabato 17 luglio alle 11 una nuova installazione scultorea che si aggiunge alla collezione di opere interattive permanenti. Meja, confine, è una video installazione tridimensionale di grandi dimensioni (circa 4 mq ) che mostra la trasformazione nel tempo, dal VI sec ad oggi, del confine orientale d’Italia. Realizzata, grazie al contributo della Regione FVG, dallo studio italo-spagnolo Out Of Format, l’installazione, ideata da Donatella Ruttar, è stata portata a termine nell’anno della pandemia. Il tecnico elettronico multimediale è Valerio Bergnach.Il lavoro di ricerca effettuato da Giorgio Banchig (che ha messo a confronto tante fonti spesso contradditorie o lacunose) ha ricostruito nel dettaglio i tracciati di confine nell’arco di 1400 anni, per poterli mostrare su un grande plastico del territorio regionale. L’installazione consiste infatti in due videoproiezioni sincronizzate: la prima è su un modello topografico tridimensionale del territorio, sul quale sono proiettati gli spostamenti dei confini che si sono succeduti nel corso degli anni e vengono evidenziati alcuni punti di interesse, luoghi significativi o accadimenti rilevanti. La maquette riproduce l’orografia del territorio. Sono riconoscibili infatti le cime delle montagne, le valli e i fiumi che le percorrono, il mare e la costa. Una seconda videoproiezione sulla parete frontale fornisce invece al visitatore dettagli, approfondimenti e suggestioni legati alla fase storica attivata dall’utente. Toccando delle monete di diverse epoche storiche si innesca la partenza del contenuto video sia sul modello topografico che sulla parete frontale. L’ambiente sonoro ed i suoni concreti che lo formano, sincronizzati con il racconto delle immagini, contribuiscono ad accrescere il carattere immersivo dell’esperienza.
Meja, che occupa uno spazio centrale accogliendo il visitatore, arricchisce quindi il museo di un nuovo tavolo di contenuti, uno strumento unico e utilissimo per comprendere la storia d’Europa e la multiculturalità del Friuli Venezia Giulia. L’installazione è dedicata a tutti coloro che vogliono conoscere il confine e sciogliere il gelo che aveva trasformato un territorio, una storia, in una dimensione off-limits.
16 lug 2021
15 lug 2021
La ‘questione di Trieste’ nel dopoguerra raccontata con i documenti degli archivi jugoslavi
Un argomento su cui esiste una vasta letteratura e che è stato sviscerato da storici e, non di rado ancora oggi, strumentalizzato dalla politica. Eppure il libro di Federico Tenca Montini, ‘La Jugoslavia e la questione di Trieste 1945 – 1954’ (ed. il Mulino), ha un merito unico: la divulgazione – con rigore storico – dei documenti della parte, allora, jugoslava, oggi conservati nelle capitali degli stati nati dopo la dissoluzione della Federazione, a Lubiana, Belgrado e Zagabria.
Il volume, uscito ad ottobre 2020 e di recente tradotto anche in croato, ora che le norme e la situazione epidemiologica lo consentono, è stato presentato a Udine alla Caserma Osoppo lo scorso 30 giugno, a Gorizia al Kulturni dom il 3 luglio e a Cividale nel salone della Somsi il successivo 7 luglio. Gli incontri sono stati organizzati dalle rispettive sezioni Anpi di Udine, Gorizia e Cividale. A Udine Tenca Montini ha dialogato con Carlo Baldassi (Anpi ‘Città di Udine’) e Andrea Zannini (Istituto friulano per la storia del Movimento di liberazione). A Gorizia con Jože Pirjevec, docente di Storia contemporanea e autore della prefazione del libro, che però non ha potuto partecipare all’evento di Cividale.
Grazie al lungo lavoro di ricerca negli archivi – fra palazzi governativi, caserme dismesse e addirittura cantine private – Tenca Montini analizzando carteggi, note e corrispondenza diplomatiche, individua tre momenti chiave che hanno caratterizzato la definizione attuale del confine orientale dell’Italia: la fine della guerra e la corsa a Trieste dei partigiani jugoslavi, la cacciata del partito comunista Jugoslavo dal Cominform che succede di pochi mesi le elezioni politiche in Italia nel 1948 e la Nota bipartita di inglesi e americani dell’8 ottobre 1953 con cui gli alleati annunciavano la cessione della zona A del Territorio libero di Trieste (che comprendeva la città e il porto) all’Italia. Preludio a quello che solo un anno dopo (il 5 ottobre 1954) fu l’accordo raggiunto con il Memorandum di Londra che sancì, di fatto, la fine della questione di Trieste.
La questione di Trieste e la Slavia Friulana
Nel libro, Tenca Montini – ne ha parlato a Cividale – accenna anche alle vicende che, fra il 1945 e il 1946, interessarono le vallate a ridosso del confine della ex provincia di Udine. La Jugoslavia, che aveva respinto ‘da sola’ l’invasione nazifascista, a fine guerra avanzava rivendicazioni territoriali nei confronti dell’Italia sconfitta. Vennero quindi organizzati alcuni sopralluoghi nei territori di confine della ‘Commissione interalleata’ al fine di individuare quale fosse la lingua parlata dalle popolazioni autoctone. Visite in cui ciascuna delle due parti tentò di influenzare l’opinione dei commissari. Nel libro sono citate le visite a Savogna e Lusevera in cui ‘le autorità locali’ sostennero contro ogni evidenza che non ci fossero abitanti di lingua slovena. Circostanza poi smentita dai fatti durante le visite, visto che i commissari russi riuscirono a scambiare qualche parola con gli abitanti del posto inferendo che fossero sloveni stante l’affinità fra le due lingue.
In ogni caso la Jugoslavia abbandonò presto le pretese sul Friuli: ha sostenuto Tenca Montini che con ogni probabilità almeno alcune di queste fossero solo un tentativo di ‘rilancio’ per aggiudicarsi la posta che consideravano più preziosa, quella di Trieste. La situazione in quella zona venne momentaneamente congelata con l’Istituzione del Territorio Libero, diviso in zona A con amministrazione angloamericana e zona B sotto l’influenza jugoslava.
La rottura fra Tito e Stalin
Il ritorno dei falciatori
IL RITORNO DEI FALCIATORI