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IVAN TRINKO padre della Benecia

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4 nov 2020

Jota ‘continua’, una minestra… divisiva.

 


DA VITA NEI CAMPI FB

di Roberto Zottar
La jota è uno dei piatti tipici della regione ed è anche terreno di scontro della competizione ‘culturale’ tra friulani e triestini che ne reclamano la paternità. Sto parlando di una minestra oggi principalmente a base di fagioli e patate che a seconda delle località si declina con l’aggiunta di capuzi garbi, cioè crauti a Trieste, o con l’impiego di brovada in Friuli, o anche con erbe o zucca in Carnia, o con farina di polenta o orzo, e viene insaporita con musèt, cotechino, o costine, cotenna o altra carne di maiale, affumicata e non, semi di kümmel. Dal sapiente diverso equilibrio tra tutti questi ingredienti nascono quindi le numerose varianti di jota carnica, della val Pesarina, goriziana, carsolina, bisiaca, triestina.
‘fa uno buino iottho’ è la prima citazione di jota in Friuli che risale al 1432 nei quaderni dei Battuti di Cividale e il termine jota potrebbe derivare dal tardo latino jutta “brodaglia, beverone”, forse di origine celtica. La ricerca della paternità della vera jota può essere fuorviante, rispetto al valore di un patrimonio culinario che attraversa la storia e le tradizioni delle tante culture che arricchiscono il mosaico di lingue e di popoli costituito dalla nostra regione. Direi che tutte le jote sono ‘vere’ e al giorno d’oggi quasi tutte prevedono fagioli e patate e magari farina di mais anche se nel medioevo, come affermava Piero Adami, erano probabilmente a base di fave. E se la jota triestina “classica” non è diversa da quella istriana, sempre con fagioli, patate, capuzi garbi e costine di maiale, la jota goriziana è simile a certe jote carniche con repa, cioè brovada.
In Friuli la jota è sempre stata considerata una pietanza di ripiego tanto che si diceva Se à di vanzâ, che vanzi la jote, cioè se deve avanzare qualcosa che avanzi jota. E le ragazze carniche cantavano simpri jote, simpri jote e mai polente e lat, simpri jerbis, simpri jerbis e mai un biel fantat (sempre jota sempre jota e mai polenta e latte, sempre erbe sempre erbe e mai un bel giovanotto). A Trieste invece questa minestra è uno dei simboli culinari e identitari della città. C’è perfino un curioso ricettario triestino dal titolo “Jota continua”. E forse per evitare di schierarsi tra triestini e friulani, gli autori hanno pubblicato anche un altro ricettario dal titolo “Frichissimo”!.
Per realizzare una jota triestina, fate cuocere in acqua 250g di fagioli, 250 g di patate, costine di maiale o un osso di prosciutto, sale e pepe. Passate poi metà dei fagioli e patate per dare cremosità alla minestra. A parte fate cuocete in acqua 250 g di crauti e una volta cotti aggiungeteli alla minestra insieme ad un soffritto bruno di farina.
Buon Appetito!

3 nov 2020

IMMUNI


Un autunno meno difficile del previsto


La situazione odierna non è delle migliori e, in particolare, per alcune aree ai margini come la Benecia le difficoltà attuali si inseriscono in un contesto di partenza non facile. Gli operatori e le realtà associative delle Valli del Natisone, però, ce la mettono tutta e stupiscono per l’inventiva che sanno tirare fuori anche in periodi duri come quello che viviamo oggi. Ecco che iniziative come «Marajna» nell’ambito del tradizionale Burnjak di Tribil – che quest’anno si è svolto domenica, 18 ottobre, sotto una nuova veste – Invito a pranzo e quella organizzata da Sapori nelle Valli alla zona industriale di San Pietro al Natisone ogni fine settimana di ottobre (l’ultima è saltata causa misure relative al contenimento della Covid-19) riescono ad attirare numerose persone anche da fuori.

«È andata meglio di quello che pensavo – racconta Francesco Chiabai della Kmečka zveza di Cividale che, assieme a Michela e a Stefano Predan, ha organizzato l’iniziativa «Marajna» –. Le persone cercano questo adesso, ossia conoscere le aziende agricole operanti sul territorio che, devo dire, lavorano molto bene e non hanno paura di aprire le proprie porte». Le aziende agricole che hanno preso parte a «Marajna» sono state una decina: l’azienda agricola Giuseppe Specogna s.s. (Pulfero), l’azienda agricola Manig (San Pietro al Natisone), Gubana della nonna (San Pietro al Natisone), L’oro della Benečija (San Pietro al Natisone), l’azienda agricola Zore (Taipana), Pra’ de Fontana (Torreano), l’azienda agricola Angolo di Paradiso (San Leonardo), l’agriturismo La Casa delle Rondini (Stregna), la Corte delle Lumache (San Pietro al Natisone) e La casa del tempo (San Leonardo). «Siamo soddisfatti dei numeri, non abbiamo avuto tantissima gente ma meglio così, perché come prima esperienza è andata bene con all’incirca 60/70 presenze. Si potrebbe anche pensare di ripetere questa iniziativa», aggiunge Francesco Chiabai che sottolinea anche quanto sia importante che le persone di fuori vengano in Benecia e vedano con i propri occhi dove lavorano le nostre aziende e quali sono le difficoltà che si trovano a dover fronteggiare.

Domenica, 25 ottobre, si è svolto un evento molto simile a «Marajna », organizzato da Marino Visentini, segretario del circolo di Udine di Legambiente, con visita all’Oro della Benečija di Angela Venturini e all’azienda agricola Manig di Elisa Manig. All’iniziativa «Marajna» hanno collaborato anche i giovani, Katja Canalaz, Fanika Coren e Biagio Tomasetig, che Francesco Chiabai ci ha tenuto a ringraziare. (Veronica Galli)

Canebola respira nella sua lingua

 

Canebola/Čenijebola

Anche se una volta contava oltre settecento abitanti, oggi Canebola di Faedis/Čenijebola conta una settantina di residenti. Gli abitanti al momento sono sempre meno, ma di giovani ce ne sono ancora e la comunità cerca di restare unita attorno alle proprie usanze e tradizioni.

Ricordiamo che sul territorio del comune di Faedis (come a Nimis, Attimis, Torreano e Prepotto) si parlano tre lingue: accanto all’italiano, anche le locali varianti di friulano e sloveno, entrambe tutelate dalle leggi statali e regionali. A Canebola, accanto all’italiano e al friulano, la lingua tradizionale del paese è il locale dialetto sloveno. La signora Iva Zoder spiega: «A casa nostra abbiamo sempre parlato nel nostro dialetto. Parliamo anche friulano e italiano, ma a Canebola si parla nel nostro dialetto».

Il cartello in italiano, friulano e sloveno/Tabla v italijanščini, furlanščini in slovenščini

La parlata di Canebola rappresenta, quindi, ancora un elemento importante nella vita di una comunità che nei decenni passati ha subito le stesse dinamiche di spopolamento che hanno interessato molti altri paesi della Slavia. «La modernità ha un po’ svuotato i nostri paesi, con la nostra gente che tende a disperdersi », nota Claudio Petrigh, anche se alcuni, dopo qualche anno all’estero, hanno fatto ritorno.

La chiesa di S. Giovanni Battista/Cerkev Sv. Janeza Krstnika

Un punto di riferimento importante per la cultura del paese, come in molte altre località, è la chiesa, intitolata a San Giovanni Battista. Le prime notizie della sua esistenza risalgono al XV secolo. È stata ricostruita nel XVIII e nel XIX secolo; dopo il terremoto del 1976 è stata ristrutturata per i forti danni subiti. I tempi in cui a prestare servizio erano sacerdoti che conoscevano la lingua locale, tra cui don Emilio Cencig, ormai sono un ricordo; ora i sacerdoti che conoscono lo sloveno sono pochi – e le celebrazioni sono, così, officiate in italiano. Ma la cultura locale è ancora presente attraverso il canto, ad esempio con Lepa si o Ti, o Marija, nonché altri canti religiosi intonati in occasione delle festività centrali nell’anno liturgico.

Nei plessi scolastici del comune, giù in pianura, l’insegnamento dello sloveno non è stato attivato. E pensare che un tempo, nelle frazioni montane di Faedis, il catechismo era insegnato in sloveno locale.

Anche se la chiesa del paese è intitolata a San Giovanni Battista, il momento centrale per eccellenza nella vita della comunità continua a restare la festa di Sveta Marija Bandimica («Madonna della Vendemmia»), che ogni anno cade in una delle domeniche prossime alla ricorrenza della Natività della Beata Vergine Maria, celebrata l’8 settembre. Rino Petrigh, che a Canebola aiuta in chiesa, nota come il nome della festa in dialetto sloveno sia legato al periodo della vendemmia, con le attività agricole espletate in quel periodo. (Luciano Lister)

https://www.dom.it/cenijebola-se-diha-v-svojem-jeziku_canebola-respira-nella-sua-lingua/

proverbio friulano

 Il proverbio friulano della settimana

di Vita nei campi
“Pal dì dai sants, la siarpe e i guants” ovvero per il giorno dei Santi la sciarpa e i guanti, una volta iniziava a fare veramente freddo.

2 nov 2020

Pianto antico di Giosuè Carducci




 Pianto antico di Giosuè Carducci

L'albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da' bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l'inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.


https://it.wikipedia.org/wiki/Pianto_antico

la leggenda dei crisantemi


 Il suo nome in greco significa “fiore d’oro” e per il resto del mondo i crisantemi sono portatori di gioia, benessere e prosperità, e vengono utilizzati per matrimoni e compleanni.

Il crisantemo è un simbolo davvero importante nell’Impero del Sol Levante e ne è l’emblema ufficiale ed in suo onore viene celebrata una festa.
Venne associato al trono imperiale, detto Trono del Crisantemo, dall’imperatore Go-Toba nel XII secolo ed è inserito nello stendardo imperiale del Giappone ed anche nell’attuale stendardo dell’Imperatore del Giappone vi è un crisantemo dorato di sedici petali posto al centro di uno sfondo rosso.
In Inghilterra viene regalato per celebrare le nascite.
Mentre in Italia ha avuto la sfortuna di fiorire nel periodo in cui si commemorano i morti e quindi vengono associati a lutto e tristezza.

Numerose sono le leggende intorno alla sua nascita, una di queste narra che in un piccolo villaggio una bambina vegliava in lacrime sulla mamma moribonda, ma uno spirito impietosito, vedendo la bambina tanto disperata, le comparve vicino e le porse una margherita, dicendole di darla alla morte perché gli spiriti avevano concesso e lei e sua madre di continuare a restare insieme per tanti giorni quanti erano i petali del fiore. Quando lo spirito scomparve, bambina con molta cura e delicatezza, iniziò a ridurre i petali in striscioline sottilissime senza farli staccare e quando giunse la morte, che già era stata avvertita dallo spirito della concessione fatta alla bambina, vide il fiore dall’infinito un numero di petali. Decise di non portar via la donna e disse alla bambina che anche lei, la morte, le avrebbe fatto un dono: concedere a lei e alla sua mamma di passare insieme tanti anni quanti erano i petali del fiore, e detto ciò se ne andò.

http://www.pausacaffeblog.it/wp/2016/11/crisantemi.html


Ceccodotti: Anziani e lockdown

Ceccodotti: Anziani e lockdown:     Vecchi e lockdown... Bene... anzi, male. Malissimo! Perché dopo aver messo contro i diversamente poveri ora ci provano mettendo contro l...

2 novembre


 Il 2 Novembre è solo un giorno della memoria, la memoria delle persone che si sono amate e che non ci sono più,

ma che vivono nei ricordi di ognuno di noi,

ogni giorno.
(Stephen Litteword)

sabato...

 31/10 - Dal Monte Joanaz a Prossenicco (Taipana - UD) alla ricerca di grotte tra un

 paesaggio incantevole con prati fioriti come a primavera.











foto di Maurizio Travanutti 

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io sto con emergency

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