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IVAN TRINKO padre della Benecia

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12 set 2022

SCUOLA BILINGUE PAOLO PETRICIC

 



Anche l'Istituto comprensivo  bilingue (italiano/sloveno)  P.Petricic di S. San Pietro al Natisone inizia oggi  le lezioni.

Comprende 

  1.  la sezione primavera
  2. la scuola dell'infanzia
  3. la scuola primaria
  4. la scuola secondaria di primo grado

E' una scuola di eccellenza molto quotata in tutta la regione.
Le lezioni si svolgono in italiano e in sloveno,numerosi sono i laboratori di ogni tipo,le visite di istruzione anche all'estero,i gemellaggi con  scuole italiane e slovene.Gli insegnanti sono molto validi ,perchè si aggiornano con le più moderne tecnologie.
I pasti vengono preparati in loco.


Sono 245 gli allievi iscritti per l’anno scolastico 2022-2023 all’istituto comprensivo statale bilingue di San Pietro al Natisone. 7 gli iscritti alla sezione primavera; 49 alla scuola dell’infanzia, 112 alla primaria  e 77 alla media inferiore. L’istituto, intitolato a Paolo Petricig, da settembre avrà 25 allievi in meno rispetto a quest’anno.
  




Heimat, appartenenza e storie ritrovate


 ‘Heimat’ è una parola in lingua tedesca che non ha un corrispettivo nelle lingue neolatine o in inglese. Ce l’ha invece in alcune lingue slave. Indica un territorio, un paese, il luogo in cui ci si sente a casa, ma può anche essere uno spazio simbolico o una comunità alla quale ci si sente di appartenere. In sloveno, ‘domovina’. È questa parola il fulcro dell’iniziativa che si è tenuta sabato 3 settembre nel museo SMO di San Pietro al Natisone, in collaborazione con Heimat Museo, Archivio diffuso delle storie ritrovate e Spazioersetti. Attorno al concetto di ‘heimat’ sono stati creati e proposti una serie di eventi che fanno parte di un progetto pluriennale volto al recupero, allo studio, alla valorizzazione e divulgazione di un patrimonio culturale antropologico-storico, materiale e immateriale, ancora poco conosciuto, contenuto negli archivi del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASUFC e dell’ex ospedale psichiatrico provinciale di Udine, siti nel Parco di Sant’Osvaldo.

Il primo evento è stata l’inaugurazione della panchina sonora presentata da Antonio Della Marina e realizzata da Spazioersetti, un’installazione itinerante che in questo caso, posta davanti allo SMO, permette, una volta seduti sulla panca, l’ascolto di alcune composizioni musicali di atmosfera create da Della Marina alternate a voci riprese dall’installazione della biblioteca dei libri parlanti, presente nello SMO.
All’interno del museo – dove Donatella Ruttar ha parlato del senso e dell’importanza di ‘heimat’, che, ha detto, “è un po’ come il concetto di libertà, che riconosciamo quando iniziamo a perderla” – è stato quindi presentato un tavolo multimediale creato per raccontare il rapporto tra fotografia e storia della psichiatria, opera di Paolo Comuzzi. Questa installazione, come la mostra di immagini che nella Beneška galerija propone la storia delle panchine del Parco di Sant’Osvaldo, “nasce da una ricerca svolta su un gruppo di pazienti dell’ospedale psichiatrico che nel maggio 1940 vennero deportati in istituti del Terzo Reich. Le loro comunità di origine, quelle di lingua slovena e tedesca della Val Canale, nel 1939 erano state chiamate a scegliere fra il trasferimento in Germania e la permanenza in Italia senza alcuna tutela della propria lingua e cultura, avevano cioè dovuto ‘optare’ al pari della popolazione di lingua tedesca del Südtirol,” ha spiegato la sociologa Kirsten Maria Duesberg. “Il nostro lavoro di ricerca – ha aggiunto – è stato quello di creare una ‘heimat’, un’appartenenza, per persone che erano state escluse dalla comunità. Sono storie scomode, ma a volte anche molto belle, di liberazione grazie alla riforma del metodo di cura per i malati con disturbi psichici voluta da Basaglia.”
“Il progetto – ha aggiunto Paolo Comuzzi – si basa soprattutto sulla valorizzazione dell’archivio fotografico e audiovisivo, e sulla creazione, attorno ad esso, di una serie di eventi, con la volontà di costruire una serie di narrazioni che dessero parola alle immagini.” Nella Beneška galerija, oltre alle fotografie, c’è una panchina rossa, elemento importante del parco di Sant’Osvaldo, nelle tante foto dell’archivio. Ad essa è stato associato un audio con la voce registrata una decina di anni fa e mai resa pubblica fino ad ora. A parlare è Bruno Mullig, di Vernasso, oggi centenario. Sono frammenti di un discorso non legato specificatamente al tema della malattia mentale, ma che parla non del passato, come ci si aspetterebbe da una persona anziana, ma del futuro.
La serata si è conclusa con la presentazione del libro ‘Itinerari tra due stagioni. Dialoghi con i luoghi in tempi di pandemia e crisi’ a cura di Nadia Della Pietra che ha dialogato con l’autrice Maria Angela Bertoni.

3 set 2022

Scuola di sloveno a Udine - Šola slovenščine v Vidnu



Inizieranno lunedì 12 settembre le attività in sloveno per bambini a Udine. È il nono anno che il gruppo «San Girolamo – Sloveni a Udine» dell’associazione «don Eugenio Blanchini » le organizza per gli alunni della scuole dell’infanzia e delle elementari con educatrici e insegnanti madrelingua provenienti dalla Slovenia. Anche nel nuovo anno scolastico i corsi si terranno ogni lunedì dalle 16.30 alle 18 nell’oratorio della parrocchia di San Quirino (ingresso e parcheggio in via Cicogna 25). Verranno formati due gruppi: uno per i bambini della scuola dell’infanzia (2-6 anni) e uno per gli alu della scuola elementare. La partecipazione è gratuita, c’è solo la necessità che uno dei genitori si iscriva all’associazione «Alpi» al fine di garantire la copertura assicurativa per il proprio figlio. Nella stessa sede, da si terrà anche il corso di lingua e cultura slovena per adulti, che l’associazione «don Blanchini » propone da un paio di anni in continuità con il progetto «Intercultura» proposto dalla passata amministrazione comunale di Udine. Per iscriversi alle attività si può mandare un messaggio all’indirizzo di posta elettronica blanchini@dom.it o telefonare al numero 0432 732500 (dal lunedì al venerdì dale 8.30 alle 15.30).

Že deveto leto Skupina Svetega Hieronima-Slovenci v Vidnu pri združenju don Eugenio Blanchini, pripravlja v Vidnu dejavnost v slovenščini za predšolske otroke (od drugega do šestega leta starosti) in osnovnošolce, ki jih bosta vodili vzgojteljica in učiteljica iz Slovenije. Oba tečaja bosta od 12. septembra potekala ob ponedeljkih med 16.30 in 18. uro v prostorih župnije svetega Kvirina sredi mesta (vhod in parkirišče ulice Cicogna 25). Tečaja sta brezplačna. Potrebno je le, da se starši včlanijo v združenje ALPI in tako otrokom zagotovijo zavarovanje med dejavnostjo. Prav tako bo v prostorih župnije Svetega Kvirina oktobra stekel tečaj slovenščine za odrasle, ki ima že dolgo tradicijo. Za vse dejavnosti prijave sprejemajo po elektronski pošti na naslovu blankin@dom.it in na telefonski številki 0432 732500 (od ponedeljka do petka med 8.30 in 15.30).


https://www.dom.it/scuola-di-sloveno-a-udine_sola-slovenscine-v-vidnu/?fbclid=IwAR1Cq2hMeWuQlhJk-1r4LQz2Aaj3KHMDyFYk6CnOZUBM_X-EsgMcD4CCSSY

23 ago 2022

Torna la Summer School di LeggiAmo 0-18

 

Lunedì 29 agosto, nel cuore di Udine, la seconda edizione della giornata di alta formazione dedicata a docenti, bibliotecari, operatori e amministratori


 

21 agosto 2022

Lunedì 29 agosto, nel cuore di Udine, si terrà la seconda edizione della Summer School di LeggiAmo 0-18: una giornata di alta formazione dedicata a docenti, bibliotecari, operatori e amministratori regionali.

Un’esperienza formativa di aggiornamento, per parlare insieme di libri, promozione della lettura, strategie di lettura inclusiva, nuovi punti di vista. La Summer School di LeggiAmo 0-18, progetto di promozione alla lettura della Regione, è resa possibile grazie alla virtuosa sinergia dei Partner del progetto: CCM – Consorzio Culturale del Monfalconese (coordinatore), CSB – Centro per la Salute del Bambino Onlus, Damatrà Onlus, AIB Associazione Italiana Biblioteche – Sezione FVG, Fondazione Radio Magica Onlus. L’edizione 2022 è realizzata in collaborazione con il Comune di Udine, la Biblioteca Civica “Vincenzo Joppi” e i Civici Musei di Udine e con il patrocinio di Anci Fvg.

Tre i percorsi formativi proposti (Linea Arancio, Linea Verde e Linea Argento) che traggono ispirazione dalle parole chiave del Manifesto di LeggiAMO 0-18: “tempo”, “libri”, “relazione” e “comunità”. I relatori che condurranno i percorsi formativi sono nomi di spicco nel panorama della formazione, dell’infanzia, della ricerca e della promozione della lettura: Amanda Saksida, ricercatrice e docente; Giorgio Tamburlini, pediatra, esperto di salute dell’infanzia; Fabio Geda scrittore ed educatore; Grazia Gotti autrice, pedagogista e formatrice; Tiziana Mascia ricercatrice e pedagogista; Federico Scarioni scrittore e consulente letterario…continua a leggere https://www.ilfriuli.it/articolo/cultura/torna-la-summer-school-di-leggiamo-0-18/6/270439

23 lug 2022

A Topolò sulla strada della verità per Giulio, tutte le lingue di Helena Janeczek

 


La vicenda di Giulio Regeni è arcinota. La tortura e l’uccisione subite dal ricercatore di Fiumicello in Egitto sono avvenute più di sei anni fa. Un tempo ormai lontano, che pure non è servito ad avere giustizia per quel delitto. Un tempo lontano in cui però – grazie soprattutto ai suoi genitori, Paola Deffendi e Claudio Regeni – la memoria di questa triste storia e il desiderio di verità e giustizia processuale su di essa non si sono mai assopite. A questo, anche, è servito l’incontro di sabato 9 luglio alla Stazione di Topolò, durante il quale è intervenuto anche Pif, regista, attore, autore e conduttore sia televisivo che radiofonico, ormai ospite fisso della Postaja. Un incontro che, grazie all’ironia e alla leggerezza di Pif, e al garbo dei genitori, è servito anche ad avere un ritratto particolare di Giulio, dal fatto che avesse il difetto di essere ‘rognoso’, come ha detto sua madre, quindi puntiglioso, al fatto che usasse spesso il dialetto del proprio paese, anche quando doveva comunicare da lontano.

Venendo agli aspetti più legati alla vicenda, la madre ha ricordato che “fin dall’inizio ci siamo trovati a dover difendere l’immagine di Giulio, non tanto per dire se era un bravo ragazzo o meno, quanto perché una certa parte della stampa aveva creato una figura su di lui che non corrispondeva alla realtà, attribuendogli attività e funzioni non sue”.
“Quando ci chiedono dove troviamo la forza, il coraggio per fare quello che facciamo, per andare avanti dopo tanti anni – ha aggiunto poi il padre – rispondiamo che è qualcosa che ci viene spontaneo, perché quanto è stato fatto a Giulio è un oltraggio inaccettabile che nessuno dovrebbe subire e che non auguriamo a nessuno.”
Non è mancato l’accenno a come i governi italiani di questi ultimi anni abbiano affrontato la vicenda. “Abbiamo ricevuto tante promesse e attestazioni di comprensione – ha affermato Claudio Regeni – ma alla fine la politica si è arresa alle questioni pratiche, economiche. Nei rapporti tra Stati, come vengono trattati i diritti civili è qualcosa che non viene mai preso in considerazione.” L’eccezione, hanno ammesso i genitori di Giulio, è stata l’azione del presidente della Camera, Roberto Fico.
Ma si arriverà mai alla verità? Il padre ha fatto sapere che non si è lontani: “La verità è stata scritta, anche dalle istituzioni, e abbiamo i nomi delle quattro persone che sono state quelle più implicate nell’inseguimento, nelle torture e nell’uccisione di Giulio. Anche se in questo momento a causa di cavilli legali il processo non sta andando avanti.”
Infine, cosa puà fare una singola persona, chiunque, per dimostrare la sua vicinanza ai coniugi Regeni? Ha risposto la madre: “Chi ha delle idee, che non vuol dire fare un film su Giulio, un suo ritratto o una canzone, ma idee, per starci vicino e per tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica, è ben accetto. Se riusciamo, insieme, ad aprire un varco nelle paure delle istituzioni, se riusciamo a farlo con Giulio, lo faremo per le tante tragedie sulle quali è calato un velo di omertà.”

* * *

Helena Janeczek, nata a Monaco di Baviera da genitori polacchi di origine ebraica, è diventata un nome di rilievo della letteratura italiana (vive in Italia dal 1983) grazie al libro ‘La ragazza con la Leica’, che nel 2018 ha ottenuto il premio Strega e il premio Bagutta. È una biografia romanzata della fotoreporter Gerda Taro, uccisa durante la guerra civile spagnola degli anni ’30, vista attraverso i punti di vista e i ricordi di alcuni personaggi a lei molto vicini. Il libro diventerà un film diretto dalla regista milanese Alina Marrazzi, che a Topolò, dove è già venuta spesso per la Postaja, ha incontrato la scrittrice, dialogando con lei e con la curatrice degli eventi letterari, Antonella Bukovaz.
Il tema da cui sono partite le tre protagoniste dell’incontro è stato però quello delle “lingue che ci abitano”: per Helena sono il tedesco, l’inglese, il russo, il francese, l’italiano, in forma minore il polacco e l’yiddish. Nei suoi libri usa spesso degli intarsi linguistici diversi dall’italiano. “L’uso delle lingue altre è qualcosa con cui sono cresciuta, il non avere una lingua sola, una lingua madre… L’uso che faccio delle lingue straniere nei miei libri non è sempre uguale, ha a che fare con il rapporto di appartenenza o non appartenenza con le lingue, ha spesso a che fare anche con il rapporto tra lingua e potere (se puoi scegliere di cambiare lingua o nome, anche se sei in posizione di subalternità, è un atto di affermazione, se avviene invece per imposizione è un atto di potere, di violenza). Le lingue dicono sui rapporti tra le persone, che possono essere anche affettivi” ha spiegato la scrittrice, per la quale è comunque importante che, al di là della comprensione, qualcosa della parola arrivi al lettore anche attraverso il suono “che dice anche di come le parole, per quanto astratte, abbiano a che fare con una risonanza, hanno un potere evocativo.”
Helena Janeczek ha poi parlato del suo impegno per la causa dell’attivista Alaa Abdel Fattah – incarcerato perché oppositore del governo egiziano e che da parecchie settimane è in sciopero della fame per denunciare le condizioni disumane della sua detenzione – ma anche di un suo libro (‘Lezioni di tenebra’) in cui alla fine degli anni Novanta raccontò di un viaggio con sua madre ad Auschwitz, al cui lager la genitrice era sopravvissuta.

https://novimatajur.it/cultura/a-topolo-sulla-strada-della-verita-per-giulio-tutte-le-lingue-di-helena-janeczek.html

28 giu 2022

Ramonika, Valli del Natisone in mostra

 

Dal 30 giugno al 28 agosto gli scatti di Valentina Iaccarino e Pietro Peressutti alla Beneška Galerija di San Pietro al Natisone



Dal 30 giugno al 28 agosto, la Beneška Galerija del museo Smo Slovensko Multimedialno Okno – Finestra multimediale slovena ospita il progetto dei fotografi Valentina Iaccarino e Pietro Peressutti dal titolo Ramonika, a cura di Giulia Iacolutti.

Lo spazio espositivo ha invitato gli artisti a dare voce a questo progetto fotografico in linea con la valorizzazione e promozione di progetti artistici che diano spazio al territorio. Un incentivo per riunire e avvicinare consapevolmente la comunità ai racconti del posto, in una prospettiva e percezione nuova.

Il percorso espositivo è composto da 20 opere fotografiche originali che raccontano le Valli del Natisone, terra di frontiera tra Italia e Slovenia. Ramonika, che definisce il termine fisarmonica in dialetto beneciano, funge da preludio al lavoro visivo di Iaccarino-Peressutti. Un progetto iniziato nel 2019, dopo circa dieci anni di assidua frequentazione del territorio. Inaugurazione aperta al pubblico giovedì 30 giugno dalle 18.

Con un ritmo cadenzato, come l’alternarsi dei movimenti di una fisarmonica e in relazione al tema di confine, dal titolo orbitano una serie di metafore che circoscrivono le fotografie realizzate.

Le immagini collimano con il vissuto degli autori. Ogni scatto è il risultato di un legame delicato e poetico, un’indagine svolta con attesa e spirito di scoperta, grazie alla sintonia con il loro modo di intendere queste realtà.

Una scelta espressiva a quattro mani, in cui gli autori realizzano con rinnovata gratitudine lo specchio di una comunità custodita all’interno di un suggestivo segmento di terra. Nella fotografia di Iaccarino-Peressutti, in cui la fisarmonica è un continuo affiorare, prevale un senso di intima appartenenza e sintonia reciproca tra le persone. Elementi, questi, che giustificano ancora oggi la radicata esistenza della comunità delle Valli del Natisone.

È la vita che scorre, attorno ad un’atmosfera inalterata, un abbraccio visivo che restituisce al pubblico ritratti profondi, luoghi senza tempo, tradizioni ben salvaguardate, momenti di amicizia, in un autentico e singolo respiro del presente. La visione intima e il rimando nostalgico delle fotografie, descrivono l’esistenza vivissima di un oggi che vuole essere raccontato e condiviso.

Come degli archeologi del tempo, Iaccarino e Peressutti, propongono un lavoro fotografico dall’intento emotivo che, attraverso nuovi occhi, restituisce memoria e identità collettiva.

Farà parte dell’esposizione anche il menabò del lavoro editoriale – curato da Giulia Iacolutti e in attesa di pubblicazione – vincitore della sezione Letture Portfolio 2022 indetto da Fotografia Europea, festival culturale internazionale dedicato alla fotografia contemporanea promosso da Fondazione Palazzo Magnani e Comune di Reggio Emilia.

Durante tutto il corso della mostra, a sostegno economico del futuro libro fotografico, sarà possibile acquistare le opere esposte.

Valentina Iaccarino. Nata a Napoli, attualmente vive e lavora in Friuli Venezia Giulia. È graphic designer di formazione, con diploma di Maestro d’Arte conseguito nel 2001. Dopo dieci anni di esperienza lavorativa in ambito grafico, ha deciso di indirizzare il suo percorso creativo verso la fotografia, diventando professionista nel 2014. La sua ricerca visiva si concentra sulle persone, le realtà e i territori solitamente poco conosciuti agli occhi dei più. L’idea di trovare nell’ordinario storie e personaggi che abbiano qualcosa da raccontare, stimola la sua voglia di approfondire e documentarsi.

Nutre un grande interesse per la fotografia analogica, portando avanti studi e sperimentazioni, procedendo dallo scatto alla stampa in camera oscura. In ambito lavorativo è specializzata in fotografia pubblicitaria, ritrattistica e reportage, collaborando con art director e agenzie di comunicazione. Si occupa, inoltre, di formazione per istituti pubblici, privati e associazioni.

Pietro Peressutti. È fotografo freelance con base in Friuli Venezia Giulia. Di formazione classica, si è laureato in filosofia nel 2008 alla facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Trieste. Da sempre interessato alla figura umana, ha trovato nella fotografia analogica il mezzo espressivo che più si adatta alle sue caratteristiche, in quanto gli permette di avvicinarsi al soggetto con un approccio lento e poco invasivo, a cui segue, nel momento successivo alla ripresa, un’attenta elaborazione del materiale prodotto.

La sua sperimentazione è iniziata nel 2004, quando ha cominciato a costruirsi una camera oscura; inizialmente dedicata allo sviluppo e stampa del bianco e nero e poi, dopo diversi studi, estendendo la pratica a colore e diapositiva. Negli anni ha acquisito conoscenze per cimentarsi con i vari formati di ripresa (dai microfilm della Minox al grande formato dei banchi ottici) e le loro peculiarità. In ambito lavorativo è specializzato in fotografia di interni, still life in studio e reportage. Si occupa inoltre di formazione per privati e associazioni.

L’Isk Istituto per la cultura slovena ospita negli spazi espositivi dello Smo Slovensko multimedialno okno – Finestra multimediale slovena e della Beneška Galerija lavori artistici che raccontano e valorizzano il paesaggio culturale e naturalistico della fascia confinaria tra Italia e Slovenia, la storia che la anima e le persone che la abitano. Diversi sguardi e sensibilità si incontrano e compongono in questo spazio che ha le sue radici nella comunità slovena che storicamente è presente su questo territorio e nelle sue tradizioni, che qui si apre al dialogo, attraverso nuove forme di comunicazione e narrazione in grado di oltrepassare confini fisici e mentali.

INFORMAZIONI. Ramonika. Progetto fotografico di Valentina Iaccarino e Pietro Peressutti (30 giugno - 28 agosto), ISK Istituto per la cultura slovena - via Alpe Adria, 67 - 33049 San Pietro al Natisone. Orari: tutti i giorni 10 - 13 / 14.30 - 17.30. Sito web

Nella foto, Simone nel cortile della sua casa. Vive da solo, da quando entrambi i genitori sono deceduti. Courtesy © Valentina Iaccarino e Pietro Peressutti

https://www.ilfriuli.it/articolo/cultura/ramonika-valli-del-natisone-in-mostra/6/268231

 


22 giu 2022

Kries – la magia del falò di San Giovanni

 La notte tra il 23 e il 24 giugno è nella tradizione di diverse popolazioni europee una notte magica: si celebra il solstizio d’estate, che la tradizione cristiana ha associato al culto di San Giovanni. “Šentjanževo” o “Noč svetega Ivana” (“notte di San Giovanni) è una festa ancora molto sentita in Slovenia, ma anche nei paesi oltre confine dove vive la minoranza slovena: così in Benečija (Slavia Veneta), dove durante questa magica notte in molti paesi vengono accesi grandi falò, chiamati “kries” (“kres” in sloveno).

Uno di questi paesi è Tribil Superiore – Gorenji Tarbij, la frazione più alta (650 m slm) del comune di Stregna – Sriednje, dove vivono circa 40 abitanti, e dove – così ci dice Erika Balus, che qui vive con la famiglia, sembra di stare in paradiso. Erika ci racconta del kries e di altre tradizioni legate alla notte di San Giovanni; tradizioni che si perdono nella notte dei tempi e che le sono state tramandate dalla nonna e dalla bisnonna, che a loro volta ripetevano antichi gesti, spesso senza saperne il significato più profondo, semplicemente perché “la notte di San Giovanni si fa così”.

I gesti antichi e i rituali iniziano già prima del grande evento del kries. A parte i preparativi veri e propri per il falò, come la raccolta di legna e ramaglie da ardere, il 23 giugno si raccolgono fiori ed erbe aromatiche, che secondo la tradizione in questo giorno raggiungono il culmine delle loro proprietà. I fiori vengono utilizzati per fare “križci” (croci) e “krancelni” (ghirlande), che, sapientemente intrecciati, verranno poi appesi alla porta d’ingresso delle case per proteggerle.

Le erbe aromatiche vengono fatte marinare nel vino, che viene benedetto e utilizzato come medicinale per tutte le malattie, “sia quelle note, che quelle ignote”. Ma le erbe aromatiche sono anche l’ingrediente principale delle “marve”, piatto particolarissimo e unico nel suo genere, senza il quale la festa di San Giovanni non è una vera festa.

La notte del solstizio d’estate è anche un’occasione unica per conoscere il futuro, sbirciando un albume d’uovo “cucinato” sotto i raggi della luna, o cancellare le rughe dal viso rotolandosi nella rugiada al mattino presto. O scoprire quali mesi saranno piovosi utilizzando 12 gherigli di noce. “Magie” che ci raccontano di un mondo contadino la cui vita era strettamente intrecciata con gli eventi della natura e le sue stagioni, gesti e tradizioni dietro a cui si celano antichissimi riti di cui sono giunte a noi solo tracce, sbiadite dalla patina dei secoli.

https://www.slovely.eu/2017/06/22/kries-la-magia-del-falo-di-san-giovanni/


21 giu 2022

New European Bauhaus, premio al progetto su Topolò


 L’associazione Robida con il progetto di Janja Šušnjar ‘Topolò/Topolove – Village as House’ ha vinto il primo premio del New European Bauhaus nella categoria che dà priorità ai luoghi e alle persone che ne hanno più bisogno. Ispirandosi all’approccio multidisciplinare proprio della scuola d’arte Bauhaus, nata in Germania nel 1919, il NEB si propone di coinvolgere architetti e scienziati, artisti e imprenditori, designer e semplici cittadini per lavorare insieme, formando una comunità coesa in cui non ci siano divisioni tra scienza, educazione, impegno civile, cultura e tecnologia.

Ricevendo il premio lo scorso 11 giugno a Bruxelles, Janja ha detto:
“Innanzitutto ringrazio il luogo, il paese di Topolò, per la bellezza, le sfide e la generosità che ci hanno permesso di sognare. Ringrazio i miei cari amici dell’associazione Robida, che sono la prova vivente che tutto è possibile se lo si fa con amore e mente aperta. Per noi questa è la dimostrazione che scegliere un modo diverso di vivere insieme e rivivere il luogo abbandonato con la costante presenza non è un’idea astratta o utopistica. Vivere in un villaggio come fosse una casa è il nostro modo di cercare di rendere questo mondo un posto un po’ migliore. Quindi questo tipo di riconoscimento è un grande incoraggiamento e sostegno, non solo per noi, ma anche per chi un giorno vorrà condividere lo stesso sogno.”New European Bauhaus, premio al progetto su Topolò

10 giu 2022

Bacio delle croci a Monteaperta/Viškorša

dal quindicinale Dom

Domenica, 12 giugno, nella festività della Ss. Trinità, si ripete anche quest’anno a Monteaperta/Viškorša il tradizionale rito del bacio delle croci. A officiare la Messa nella chiesa sopra il paese intitolata alla Trinità, alle 11.15, sarà don Giacinto Miconi. La celebrazione, con parti in italiano, latino, sloveno e friulano, sarà arricchita dai canti del coro di Cavalicco. Da Monteaperta fanno sapere che sono state invitate le croci di Taipana/Tipana, Lusevera/Bardo, Chialminis/Vizont, Prossenicco/Prosnid, Montemaggiore/Brezje e di altre comunità limitrofe. Al termine della Messa sarà offerto un rinfresco, in collaborazione con la popolazione e la Pro loco di Monteaperta.

Anche per Lusevera i bimbi al Centro estivo

Il Servizio Sociale dei Comuni del Torre, in collaborazione con i Comuni di Tarcento, Lusevera, Povoletto, Reana del Rojale e Tricesimo, organizza anche per l’estate 2022 i centri estivi per minori dai 3 ai 14 anni. Le iscrizioni saranno online e il link per accedere alla compilazione della domanda sarà disponibile sul sito www.comune.tarcento. ud.it alla sezione News. Dal 30 maggio le iscrizioni saranno aperte ai soli residenti nei comuni dove vengono organizzati i centri, mentre dal 5 giugno saranno aperte a tutti.

«Ojceta», la festa del matrimonio sanciva l’unione tra uomo e donna


BENECIA, RESIA E VALCANALE

Il progetto dell’associazione don Eugenio Blanchini «Tradizioni comuni e particolari degli sloveni in Italia»

La descrizione delle nozze di fine ‘800 in Benecia. L’elemento costitutivo del matrimonio è il libero consenso che, in passato, gli sposi manifestavano anche senza la presenza di testimoni

Giorgio Banchig

Nel giorno delle nozze «gli sposi di famiglie facoltose si recano in chiesa con un grande numero di invitati. Gli uomini camminano in bell’ordine, due a due, uno dietro l’altro, alla fine arriva lo sposo alla destra del suo compare. Dietro di loro le donne sono allineate allo stesso modo, segue la sposa con la comare alla sinistra. Alle volte il corteo è accompagnato dai suonatori che eseguono motivi popolari sia all’andata che al ritorno dalla chiesa. Al termine della celebrazione del matrimonio, durante la quale gli sposi e tutti gli invitati partecipano al bacio della pace o, come si dice comunemente, all’oufar / offerta, deponendo sull’altare il loro obolo, viene cantata la messa perché il Signore benedica quell’unione. Alla fine, in mezzo alla chiesa, recitano il Miserere, il De profundis ed altre preghiere in suffragio dei defunti delle famiglie degli sposi e di nuovo ognuno dà al sacerdote una piccola offerta. Usciti di chiesa, tutti fanno gli auguri alla coppia poi, con lo stesso ordine con cui erano arrivati, si avviano verso casa dove è pronto il pranzo di nozze, cui segue il ballo».

È questa la più antica narrazione scritta di una festa di nozze nella nostra Slavia. Risale alla fine del XIX secolo e la troviamo nel volume di Simon Rutar Beneška Slovenija, pubblicato a Lubiana nel 1899 (p. 80).

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti del Natisone e dei suoi affluenti: i modi di celebrare il matrimonio in Benecia sono cambiati affatto ed hanno poco in comune con lo scenario descritto dallo storico sloveno. Ciò è dovuto agli straordinari cambiamenti sociali e culturali, verificatisi dal secondo dopoguerra in poi, che hanno inciso profondamente nella celebrazione del matrimonio e degli altri riti di passaggio nella vita delle persone e in genere nelle tradizioni legate al mondo agricolo e religioso. Inoltre, la frequente introduzione di consuetudini estranee al nostro territorio ha fatto perdere di vista la trama originaria dei riti che accompagnavano l’unione dell’uomo e della donna nel matrimonio. Ma è esistita davvero una trama originaria? E in cosa consisteva?

Proviamo a capire qual era l’elemento costitutivo del matrimonio e qual era l’originale modello della sua celebrazione nel nostro territorio compreso nel vastissimo contesto geografico, storico, culturale e religioso di questa parte d’Europa, caratterizzata da incontri di popoli e lingue. Iniziamo proprio dai termini con i quali viene denominata in sloveno l’unione tra uomo e donna. Comunemente il matrimonio è chiamato zakon, nel linguaggio ecclesiastico sveti zakon, come leggiamo anche nel Katekizem per i fedeli sloveni dell’arcidiocesi di Udine del 1928. Il significato originario di zakon, presente in altre lingue slave, è ‘inizio, principio, origine’ e deriva dal verbo začeti / ‘iniziare, cominciare’.

Zakon significa, inoltre, ‘legge’ emanata dagli organi dello stato (Snoj, Etimološki slovar).

La cerimonia, con cui viene celebrato il matrimonio, è chiamata poroka, termine che deriva dal verbo

poročiti ‘affidare, dare, consegnare qualcosa con la mano’ / roka. Si può quindi pensare che poroka significhi la consegna, l’affidamento da parte del padre della propria figlia allo sposo (Snoj, Etimološki slovar). Ma poroka potrebbe essere interpretato anche come ‘unione delle mani’, gesto ancestrale, metafora dell’intimo legame tra l’uomo e la donna, che gli sposi compiono ancora oggi mentre pronunciano la formula del matrimonio.

Nei dialetti della Slavia la festa che accompagna la celebrazione del matrimonio è chiamata ojceta (plurale), in lingua slovena ohcet (singolare). Il termine deriva dal tedesco Hochzeit, festa di nozze ed è composto dall’aggettivo hoch / alto, importante, e dal sostantivo Zeit / tempo. Hochzeit, ojceta, ohcet, quindi, significano ‘tempo alto / cerimonia festiva importante’, che si adattano bene ad indicare metaforicamente le nozze.

Dopo questa veloce divagazione

etimologica, veniamo al nocciolo della nostra ricerca. Qual è l’elemento costitutivo del matrimonio?

Il giurista latino Ulpiano (180-228 d.C.) scrive: Sufficit nudus consensus ad constituenda sponsalia: è sufficiente il reciproco consenso a fondare il legame tra un uomo e una donna. Il resto è sovrastruttura, tradizione, consuetudine. Il latino sponsalia deriva dal verbo spondere con il significato di promettere, da cui consegue che gli spo(n)si sono i fidanzati, l’uomo e la donna che hanno promesso di sposarsi.

Oggi il fidanzamento non ha l’importanza e il significato, anche giuridico, che ha avuto lungo i secoli. Prima del Concilio di Trento (1545-1563) perché un matrimonio fosse valido bastava il libero consenso degli sposi. Nei secoli XII e XIII «i canonisti introdussero la fondamentale distinzione fra verba de futuro e verba de praesenti, parole per il futuro e parole per il presente. Il contratto per

verba de futuro costituiva una promessa, un impegno per l’avvenire, il vero fidanzamento. Questo rapporto si trasformava automaticamente in matrimonio se i due promessi sposi andavano ad abitare insieme e avevano rapporti sessuali. Ma, se questo non avveniva, il fidanzamento era revocabile e coloro che l’avevano stipulato erano liberi di sposarsi con un’altra persona. Il contratto per verba de praesenti, con il quale i due fidanzati si scambiavano, di fronte a testimoni, formule come ‘io prendo te in moglie’ e ‘io prendo te per marito’, costituiva il matrimonio e non era dunque revocabile. Fino alla metà del XVI secolo era questa cerimonia, e non quella in chiesa, che creava l’obbligo legale vincolante» (www. treccani.it). Gli eventuali rituali, la benedizione da parte del sacerdote e le solennità della celebrazione erano elementi accidentali che non influivano sulla sacramentalità e sulla giuridicità dell’istituto. Pertanto, il vincolo era considerato valido già al momento del primo scambio del consenso. Poi, la difficoltà di provarlo in caso di contestazione da parte di uno degli sposi spinse i contraenti e i loro congiunti a rendere pubblico il legame alla presenza di testimoni.

In Friuli alcuni sposalizi si celebravano davanti al notaio, altri, e questi erano in numero maggiore, davanti a testimoni non rivestiti di alcuna pubblica autorità. Il matrimonio si riteneva concluso dopo che uno dei testimoni aveva interrogato i fidanzati sulla loro volontà di contrarlo e aveva ricevuto risposta affermativa. Gli sposi si davano la mano, si scambiavano l’anello, si abbracciavano davanti ai testimoni, per dimostrare che il matrimonio era stato ratificato e che essi erano uniti ormai per l’eternità. «Fra i testimoni non rivestiti di nessuna autorità dallo Stato o dalla Chiesa erano i chierici. Per quella speciale attrattiva, che esercitano sul volgo le persone più colte che sanno di latino, i preti nelle celebrazioni erano ricercati come testimoni. Un po’ per volta fecero prevalere la loro ingerenza nella celebrazione del matrimonio, il quale, benché restasse un atto puramente civile e privato, poiché la chiesa era luogo naturale di riunione, si celebrava in facie ecclesiae. I matrimoni non celebrati in faccia alla chiesa erano riprovati come clandestini, ma ritenuti validi. La domanda di assenso, che poteva esser fatta dal chierico o da qualunque testimonio, poteva anche esser fatta direttamente dagli sposi. Invece della domanda si faceva qualche volta già l’affermazione: “Io accetto te per mio legittimo marito secondo le lodevoli consuetudini della terra. – Io accetto te per mia legittima moglie secondo le lodevoli consuetudini della terra”» (Sachs 1915: 13).

Nel Patriarcato di Aquileia non ci fu un rituale ufficiale per la celebrazione del matrimonio fino al 1575, quando fu introdotto quello redatto sulla base delle disposizioni del Concilio di Trento e valide per tutta la Chiesa cattolica.

(54– continua) Sachs A., Le nozze in Friuli nei secoli XVI e XVII, Memorie storiche forogiuliesi, XI (1915), pp. 73-138.

Nella foto: dettaglio dello «Sposalizio della Vergine» dipinto da Raffaello.


4 giu 2022

il libro della domenica

 


Il Friuli che nessuno conosce. Il volto nascosto della splendida regione crocevia d'Europa

 

Newton Compton Editori, 2021

Un viaggio indimenticabile in una terra di frontiera, un nodo di confini, storie, sapori e paesaggi

Nell'immaginario collettivo degli italiani il Friuli è una regione strana, dove si parla una lingua incomprensibile. Questa terra apparentemente marginale è stata per secoli il cuore di un'Europa plurale, di popoli, lingue e culture che qui si sono incontrati. Dalle prime tracce di una remota antichità, questo libro prosegue di età in età in un viaggio alla scoperta delle vicende che, dalle civiltà dei tumuli, portarono alla magnifica Aquileia, quarta città di tutto l'impero romano. E così a seguire, passando per il patriarcato medievale, la dominazione veneziana, Napoleone, fino alle più recenti vicende della seconda guerra mondiale, in un Friuli parte del Terzo Reich, con al suo interno la prima repubblica partigiana. Una storia sociale, in cui cultura, economia e paesaggio diventano chiavi importanti per comprendere meglio un territorio fiero e ricco di fascino. Un viaggio indimenticabile in una terra di frontiera, un nodo di confini, storie, sapori e paesaggi Tra gli argomenti trattati: Il "friulitico". Il Friuli prima del Friuli Tumuli e castellieri; I celti; Quella volta in cui Roma... La tarda antichità nella Decima regio venetia et histria Barbari?; Le civiltà, le culture, i sistemi economici e amministrativi dei nuovi arrivati; Il Friuli nell'orbita dell'impero dei franchi L'età degli ottoni: il potere temporale dei patriarchi di Aquileia I secoli d'oro del Medioevo: la lunga stagione patriarcale (1077-1420) Il Friuli sotto il tallone di Venezia (1420-1797) Il Friuli e Napoleone: tra mito e leggenda; Il Friuli asburgico (1815-1866); Quando arrivarono gli italiani (1866); Il Novecento: il secolo breve di sangue e utopie.)
tratto da https://www.ibs.it/friuli-che-nessuno-conosce-volto-libro-angelo-floramo/e/9788822752604

23 mag 2022

Dal blog di Olga Golubeva - Giornata della letteratura e della cultura slava


Il 24 maggio  si celebra la Giornata della letteratura e della cultura slava. Questo è il nome russo della festa dedicata al giorno della memoria dei santi fratelli Metodio e Cirillo, uguali agli apostoli, illuminatori slavi. Cirillo e Metodio sono venerati come i creatori del primo alfabeto slavo, i principali insegnanti degli slavi, la cui attività ascetica servì come base per lo sviluppo dei libri e della letteratura slavi e, in particolare, russi. La Giornata della letteratura e della cultura slava, celebrata nella Russia moderna ogni anno il 24 maggio, ha acquisito lo status di giorno festivo secondo il Decreto del Presidium del Soviet Supremo della RSFSR del 30 gennaio 1991 n. 568-1.

   Nel blog, in precedenza ho scritto di Cirillo e Metodio, l'alfabeto slavo:
Tutti gli slavi: russi, ucraini, bielorussi,
polacchi, cechi, slovacchi, kashubiani, lusaziani,
Bulgari, Serbi, Croati, Sloveni, Macedoni, Montenegrini -
VACANZA!
BUONA GIORNATA DI SCRITTURA E CULTURA SLAVA  !
   Nel 2021, il 24 maggio, ha tenuto un quiz online dedicato alla Giornata della letteratura e della cultura slava (risultati QUI ). Ho pensato ora: eseguire o meno. E ho pensato. Quiz per essere!
   Invito tutti a partecipare a un blog quiz online dedicato alla Giornata della letteratura e della cultura slava.
   Il quiz si svolgerà sulla piattaforma "Quizizz" . 3-5 minuti prima dell'orario indicato, chiunque dovrà recarsi sul sito di Quizizz , inserire il proprio nome reale (non è necessario registrarsi da nessuna parte), inserire il codice del gioco che verrà pubblicato in questo messaggio e... giocare. Non dovresti avere fretta. Il successo arriverà prima di tutto con le risposte giuste. Verranno assegnati punti per la velocità, ma minimi.
Il gioco si svolgerà il 24 maggio 2022.
alle 08:00, 09:00, 12:00, 16:00, 17:00, 18:00, 19:00, 20:00
(entro l'ora di Mosca).
   Puoi annullare l'iscrizione nei commenti chi aspettarsi esattamente))
   Ogni partecipante riceverà un attestato elettronico di partecipazione al blog quiz online entro e non oltre il 31 maggio. 
I partecipanti sono i benvenuti!
08:00 Codice gioco - 
09:00 Codice gioco - 
12:00 Codice gioco - 
16:00 Codice gioco - 
17:00 Codice gioco - 
18:00 Codice gioco -
19:00 Codice gioco -
20:00 Codice gioco - 

12 mag 2022

Quando il libro diventa un rifugio


 Nei giorni passati, precisamente il 22 e 23, aprile non sono passati nel silenzio rispettivamente la Giornata della Terra e la Giornata del libro. Molto sarebbe da ar- gomentare, da riflettere e da agire su questi argomenti, su questi valori che danno all’uomo il senso della propria esistenza: del «dove» vive e del «come» vive. La Terra è la nostra casa e come tale va valorizzata, difesa, abbellita, preservata per le future ge nerazioni.

Non basta di certo un giorno all’anno per prendere in seria considerazione quali siano i doverosi comportamenti al fine di limitare e progressivamente eliminare almeno i peggiori rischi cui sta andando incontro questa nostra casa comune. Ciascuno di noi, volenti o nolenti concorre allo sfacelo in atto e la natura vivente ci sta avvertendo che siamo all’ultimo stadio coi mezzi di cui dispone; basta vedere gli effetti del riscaldamento glo – bale. È d’obbligo un salto di consapevolezza, una ripresa della conoscenza e della corresponsabilità di fronte a quello che l’intelligenza ci suggerisce e la conoscenza scientifica certifica.

Sta scemando il senso della misura; pare che si stia obnubilando quella parte dell’uomo che dovrebbe regolarne il comportamento, lo sviluppo del pensiero, della capacità di analisi, del senso di corresponsabilità, dei valori sociali e culturali della solidarietà. Se oggi la scienza è arrivata a comprendere molte delle leggi della natura è perché l’umanità è riuscita a tramandare e così accumulare le conoscenze, sebbene ciò abbia permesso an – che di violarne le leggi, di stravolgerle e di abusarne. Purtroppo.

In questo senso trovo come opportuno il richiamo al secondo argomento citato in premessa: la Giornata del libro, della lettura, dello sviluppo della parte spirituale, emotiva, valoriale della persona. Gli uomini che maggiormente hanno potuto usufruire del dono della conoscenza e della sapienza, nel tempo hanno sa – puto mettere per iscritto, magari scolpito su una stele di pietra il proprio pensiero, su papiro o pergamena. Fu inventata la stampa che permise il diffondersi della conoscenza, dei frutti del genio umano. Tanto che oggi possiamo conoscere molto del passato dell’umanità e con l’ausilio dell’intelligenza artificiale si è spalancato ogni possibile orizzonte, potendo espandere quasi all’in – finito nel tempo e nello spazio quanto memorizzato in miliardi di piccolissime celle di memoria artificiale. Oggi nel mondo in cui viviamo interamente influenzato da internet, l’attenzione va in tutte le direzioni possibili ma ciò comporta una pericolosa di – spersione mentale e un progressivo smarrimento. In soli cinque minuti tra facebook, skype, whatsapp e quant’altro, si monitora il proprio smartphone, si interagisce con i colleghi di lavoro, ci si perde con la mente, magari camminando come ebeti per strada o rischiando la vita in auto. Questi comportamenti da «mi piace» provocano un aumento del livello di stress, diminuendo la nostra capacità di entrare in se stessi.

Ecco, allora, la funzione quasi salvifica di chi sa prendere del tempo per leggere un libro. Quando leggiamo un libro tutta la nostra attenzione si riversa sulla storia. E se il libro ci coinvolge ci porta ad una dimensione diversa del nostro essere adesso e qui. Si riduce lo stress magari dimenticando i propri problemi; si migliorano le proprie conoscenze elevando il proprio bagaglio intellettuale e culturale; si espande il vocabolario e la capacità di usufruirne in ogni circostanza espressiva e sociale; si esercita l’attenzione e la concentrazione migliorando la memoria anche a difesa dalle frequenti malattie mentali in età avanzata.

Mi si permetta un appunto a suggellare, nell’esperienza per – sonale, la validità della lettura. Iscritto alle scuole medie, dopo l’esperienza discutibile della scuola elementare nell’ambiente domestico di lingua e cultura slovena, nel primo anno ero in serie difficoltà con la lingua italiana e la mia carriera scolastica era seriamente compromessa. A casa non avevo libri a disposi –zione se non quelli scolastici, ma nel periodo delle vacanze ebbi la fortuna di poter affondare le mani in un grosso baule pieno di libri per ragazzi. Non saprei dire quanti di essi siano stat i il mio nutrimento mentale quotidiano per oltre due mesi, so che la lettura coinvolgeva ogni minuto di tempo libero; a scapito dell’etichetta anche durante i pasti, così come oggi fanno molti ragazzi con lo smartphone. Non ebbi più problemi con la lingua e da allora le librerie e le biblioteche divennero dispensatori di un bene di prima necessità. Si tratta di un mondo parallelo che diviene un rifugio, una scappatoia, una valvola di sfogo rispetto al mondo concreto e drammatico in cui ci tocca vivere.

Riccardo Ruttar

https://www.dom.it/quando-il-libro-diventa-rifugio_ko-knjiga-postane-zatocisce/

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