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17 nov 2022

Viva la polenta!

immagine dal web

 Gialla,morbida,fumante è rimasta a lungo l'unico sostentamento  per la Val Torre,Benecia,Val Resia ,altre zone montane e della pianura dell'Italia settentrionale.Oggi rappresenta una specialità gastronomica ricercata.


La polenta-Argia Bonaccorsi


Di sua abitudine
l’aveva lasciata cadere
il nonno,
su la rozza tavola di legno tarmito
bella tonda

gialla e fumante
innanzi a occhi allibiti
dei bambini
che dall’ansia di prenderla
stringevano la tavola.
si sente nell’ aria un odore,
un odore
di quel tondo oro,
la crosta, la crosta è mia
ripetevano in coro i bambini
la massaia lesta raschia di mestolo
il paiolo di rame
simile a un rito .
La crosta, la crosta
un tozzo anche al nonno
la ciucciavano come fosse croccante
la salsiccia fioriva
nel mezzo alla palla gialla.
Il nonno aveva posato
il trepiedi sui carboni ardenti
per la festa di polenta.
dal web

La polenta è un antico alimento di origine italiana a base di farina di mais o altri cereali.

Pur essendo conosciuto nelle sue diverse varianti pressoché sull'intero suolo italiano, ha costituito, in passato, l'alimento di base della cucina povera in varie zone settentrionali alpineprealpinepianeggianti e appenniniche di LombardiaVeneto Valle d'AostaPiemonteLiguriaTrentinoEmilia-Romagna e Friuli-Venezia Giulia, regioni nelle quali è piuttosto diffuso. La polenta è tradizionalmente cucinata anche in Toscana e nelle zone di montagna di Umbria e MarcheAbruzzoLazio e Molise.

Il cereale di base più usato in assoluto è il mais, importato in Europa dalle Americhe nel XVI secolo, che le dà il caratteristico colore giallo, mentre precedentemente era più scura perché la si faceva soprattutto con farro o segale, e più tardivamente anche con il grano saraceno, importato dall'Asia. Pur comparendo un esemplare di mais nell'Erbario di Ulisse Aldrovandi (Bologna, 1551), le prime testimonianze scritte di coltivazioni di mais in Italia fanno riferimento ai territori della Repubblica di Venezia. In un'annotazione alla seconda edizione del Delle navigationi et viaggi di Giovan Battista Ramusio (Venezia, 1554), commentando un testo del portoghese João de Barros (1496-1570), si afferma infatti che:

«La mirabile et famosa semenza detta mahiz ne l'Indie occidentali, della quale si nutrisce metà del mondo, i Portoghesi la chiamano miglio zaburro, del qual n'è venuto già in Italia di colore bianco et rosso, et sopra il Polesene de Rhoigo et Villa bona seminano i campi intieri de ambedui i colori»

(Giovan Battista RamusioDelle navigationi et viaggi)

Caratteristiche

La polenta viene prodotta cuocendo a lungo un ammasso semi-liquido costituito da un impasto di acqua e farina (solitamente a grana grossa) di cereale. La più comune in Europa è quella a base di mais, detto granoturco, cioè la classica "polenta gialla". Questa si versa a pioggia nell'acqua bollente e salata, in un paiolo (tradizionalmente di rame), e si rimesta continuamente con un bastone di legno di nocciolo per almeno un'ora.

La farina da polenta è solitamente macinata a pietra ("bramata") più o meno finemente a seconda della tradizione della regione di produzione. In genere la polenta pronta viene presentata in tavola su un'asse circolare coperta da un canovaccio e viene servita, a seconda della sua consistenza, con un cucchiaio, tagliata a fette, con un coltello di legno o con un filo di cotone, dal basso verso l'alto.

Il termine polenta deriva dal latino puls, una specie di polenta di farro (in latino far da cui deriva "farina") che costituiva la base della dieta delle antiche popolazioni italiche. I greci invece usavano solitamente l'orzo. Ovviamente, prima dell'introduzione del mais (dopo la scoperta dell'America), la polenta veniva prodotta esclusivamente con vari altri cereali come, oltre ai già citati orzo e farro, la segale, il miglio, il grano saraceno e anche il frumento, in misura minore, soprattutto in zone montane, si usano farine di castagne e di fagioli, dando origine a un impasto più dolce. Le polente prodotte con tali cereali sono più rare, specie in Europa.

Sonnante et alii sostengono che il puls originario fosse costituito da una miscela che includeva semi di leguminose, forse anche spontanee. Essi sostengono che il termine inglese pulses, che indica i legumi in genere, origini infatti dal pre-romano pulus. L'etimologia inglese della parola conferma questa osservazione in quanto fa risalire il nome al XIII-XIV secolo per indicare genericamente i legumi, con probabile derivazione dal francese arcaico pols e dal greco antico poltos, col significato di zuppa spessa.[8] A questo proposito è da notare che è in uso, soprattutto in alcune regioni del Sud Italia, una polenta a base di fave, con la quale si accompagnano verdure come ad esempio la cicoria.

Esistono in commercio farine di granoturco precotte, che permettono di cucinare la polenta riducendo il tempo di cottura a pochi minuti, naturalmente con sostanziali differenze di consistenza e sapore, rispetto alla polenta tradizionale.



paiolo per la polenta

https://it.wikipedia.org/wiki/Polenta


Nella vostra regione si cucina la polenta?

25 ott 2022

Il frico delle Valli

 

Avvisiamo la gentile clientela, che il nostro spaccio/laboratorio ,come di consueto questo sabato e domenica ,sarà aperto con orario continuato 9.30-18.00.
Ecco le specialità a km 0 che potrete trovare presso la nostra sede a Savogna ( UD ):
Frico ,polenta,strucchi lessi e al forno,formaggi,salami, birra artigianale e molti altri prodotti selezionati dai produttori locali.
Per ordini e prenotazioni:
info wathaap 3383957303-3389966599

13 ott 2022

RICETTE CON LE CASTAGNE

 


CASTAGNACCIO

500 g di farina di marroni(o castagne lesse passate al setaccio)

Mettete tutto in una ciotola

Aggiungere  latte tiepido e formate un impasto morbido qb

Aggiungere mezzo bicchiere di olio evo,mescolare bene,aggiungere 50 g di pinoli o noci tritate,50 g di uvetta ammollata nell'acqua tiepida.

Amalgamare tutto e mettete su una teglia unta con olio.Aggiungere in superficie foglioline di rosmarino e poco olio evo.

Cuocere in forno a temperatura (150 160 C) per un'ora.

BUON APPETITO.



CROSTATA DI MARRONI E RICOTTA

500 g di marroni setacciati,a parte lavorate 200 g di icotta con 4 cuchiai di zucchero e un filo latte.

INCORPORATE

2 tuorli di uovo,

un bicchierino di rum,

150 g di marrrons glacès tritati grossolanamente e il passato di marroni.

Imburrate e infarinate uno stampo da crostata,rivestitelo con pasta frolla,stendete sopra il composto.,guarnitelo con le caldarroste e ripiegate i bordi formando un cordoncino da incidere leggermente con un coltello.

Cuocete in forno a 200* per 45 minut.

Servitela tiepida.

da Lintver.it

Lintver

11 ott 2022

Il brodo di carne


 L’ormai dimenticato brodo e la guarnizione di quadrucci de Gries

di Roberto Zottar
Alla ricerca di cibi strani in via di estinzione, mi sono scordato di un piatto semplice una volta molto comune, il brodo, che la cucina casalinga moderna non ha più tempo di preparare. Trasversale per gusti e materie prime, è perfino presente nella Bibbia. L’angelo di Dio, infatti, disse: "Prendi la carne e le focacce azzime, mettile su questa pietra e versavi il brodo" (Gdc 6,29). Il calore del brodo è evocativo del calore familiare e nella tradizione contadina la prima cosa che una massaia faceva era quella di mettere una pentola d’acqua sul fuoco per prepararlo, prodotto essenziale della cucina e base per diverse zuppe. Preparare il brodo garantiva un nutrimento a basso prezzo, grazie all’utilizzo di verdure (cipolle, carote, sedano, prezzemolo), e ossi o tagli minori delle carni. L’odierna cucina frettolosa non ne permette l’elaborazione durante la settimana e lo relega forse solo alle feste importanti. Al brodo sono sempre stati riconosciuti sia piaceri gustativi che doti curative e nella Parigi del ‘700 esistevano dei locali pubblici che lo servivano e che montavano l’insegna “bouillons restaurant”, cioè ‘brodi ristoratori’. Col tempo la parola ‘bouillons’ si è persa e siamo quindi forse debitori al brodo per la nascita della parola ‘ristorante’.
Per ottenere un buon brodo occorre partire a freddo in modo che, bollendo, le carni rilascino i loro umori nell’acqua di cottura. La proporzione da rispettare è di almeno 300 g di carne per ogni litro d’acqua. Il brodo può essere di carne rossa e, a seconda dei tagli di carne usati, può risultare più o meno grasso, o di carni bianche, più leggero, come il brodo di pollo o di cappone. Sul Carso, quando al brodo di gallina si univa la carne di manzo, veniva chiamato “el brodo taià”, ed era un lusso per le occasioni familiari importanti. Al brodo, che le nostre nonne in assenza di frigorifero bollivano ogni giorno perché non inacidisse, si accompagnavano delle “guarnizioni”. Parlo cioè delle diverse paste che si aggiungevano, come tagliatelle di crepês, frittatine e gnocchetti vari. Oggi vi lascio la ricetta dei “quadrucci de Grieß”, anch’essi dimenticati. Per realizzarli mescolate 3 tuorli con 60 g di burro, 90 grammi di semolino e 90 g di grana. Aggiungete 3 albumi a neve e, volendo, del prezzemolo tritato. Fate riposare e cuocete per 10’ con del burro in padella, o al forno, allo spessore di mezzo centimetro. Raffreddate, tagliate a quadrotti e versate nel brodo. Portate al bollore, spegnete e fate riposare 10’ prima di servire.
Buon appetito!

da vita nei campi

23 lug 2022

Sabato-cucina


 Gli spaghetti alla Nerano in versione friulana

di Roberto Zottar
Oggi vi parlerò di un piatto “foresto”, apparentemente povero che con solo quattro ingredienti, spaghetti, zucchine, formaggio e basilico, ha raggiunto l’immortalità con l’uso virtuoso di sapori semplici e una cucina che ha come elemento centrale la bontà degli ingredienti. La grande cucina infatti non è ricca o povera, ma è buona. Ci sono piatti che, nati per caso e oggi magari nobilitati ex post, sono diventiiconici e, in questo caso, anche rappresentativi dell’estate: sto parlando degli spaghetti alla Nerano. In origine forse preparati solo con quello che era rimasto in cucina: delle zucchine cotte la mattina, fritte a rondelle per fare la scapece, e avanzi di formaggi locali. Il piatto, molto cremoso, è denso di sensazioni primarie, da leggere per sottrazione, per rari indizi, ma è anche abilmente strutturato nei profumi e nel gusto ed è in grado di raccontare qualcosa anche dopo averlo assaggiato all’infinito. La ricetta è nata negli anni Cinquanta nella Trattoria Mariagrazia di Nerano, sulla Costiera Amalfitana proprio davanti a Capri. Il piatto, subito molto apprezzato, diventa un emblema del locale e molti ristoranti provano poi a copiarlo. Confesso che anni fa sono andato proprio a Nerano per assaggiare l’originale! Il formaggio usato oggi è il provolone del monaco, un caciocavallo a pasta filata, ma credo che in origine c’erano solo del pecorino e della caciotta locale. Volendo riprodurre in Friuli il piatto, senza commettere un vero peccato mortale, credo possiamo usare un mix grattugiato di pecorino, provolone e montasio stagionato. Tagliate quindi a rondelle sottili 7 etti di zucchine nostrane piccole e chiare e friggetele in padella in olio. Quando sono appena dorate, adagiatele su carta assorbente e conditele con abbondante basilico spezzato a mano, salate e lasciare riposare. Cuocete al dente 4 etti di spaghetti e tenete da parte un bicchiere di acqua di cottura. Imbiondite due spicchi d’aglio in 6 cucchiai d’extravergine, levateli, versate 2/3 delle zucchine e mezzo bicchiere dell’acqua di cottura. Versate gli spaghetti e mantecate molto bene. Questa mantecatura è il segreto della cremosità del piatto che al palato sembra quasi avere del tuorlo, come se fosse una carbonara di zucchine. A fuoco spento aggiungete due etti del mix di formaggi, abbondante pepe nero e, se serve, ancora acqua di cottura per avere la giusta cremosità tipo “cacio e pepe”. Servite decorando con le altre zucchine e molte foglie di basilico che daranno un profumo stupefacente al piatto!
Eresia per eresia, una foglia di menta non stona!
Buon appetito!
da vita nei campi



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16 lug 2022

Bujardnik | VAL RESIA | RICETTA | DOLCE

Ricetta del Bujardnik, dolce tipico della tradizione resiana (Val Resia) realizzato da Anna Micelli
uva sultanina
INGREDIENTI:
farina di polenta
farina 00
zucchero
uova
latte
panna da cucina
lievito per dolci
mele
noci
fichi secchi
finocchio selvatico (cumino)
Bujardnik
www.docufriul.com

25 giu 2022

LA RICOTTA-SKUTA storia dei tempi passati


 Nei paesi della Benecia non c'è niente per cui vivere, così dicono i nostri vecchi. Gli abitanti vivevano nelle casere e pascolavano mucche,pecore e capre. Si dice poi che camminassero dietro ai santi di Cristo e di San Pietro, che operarono miracoli per aiutare gli ebrei a vivere una vita serena. Dove questi due uomini avevano già attraversato il Friuli, il coro è andato sulle nostre montagne. Bla je žej nuojč an parpraujalo sje na nu veliki hudo uro, ku sta potukla na urata nega kazona. Dentro c'erano gli stessi pastori, che cucinavano la polenta per il vicario; Quando hanno visto questa coppia di pellegrine incinte in quest'ora difficile, si sono chiesti se avrebbero dovuto aspettare la giornata al casinò. Cristo e san Pietro, essendo molto gravidi, accettarono volentieri l'amichevole invito dei pastori di buon cuore. Hanno anche cenato con lei, un pezzo di polenta e una ciotola di merda. gen. ra njeso mjeli za jim dati, ker so muorli usegà dati hospodarju od krau, ki je žjvou na ni drugi planini. Quando San Pietro ha visto com'erano i pastori, e come il loro padrone fosse debole per la ghianda di Nostra Signora di Nostra Signora, abbiamo subito molti danni per lo strano tempo di quest'anno, che non deve essere esacerbato. Poma, che partorisce per sempre una coppia di noi, ha distrutto la sete della pioggia Velazim, dove la fioritura è caduta a terra davanti ai bicchieri, e gli altri pardjel sono stati distrutti da un'ora severa.


U vasjeh Beneške Slovenije je bla nimar tarda za žjvjet, takuo mam pravijo naši najboj stari ljudi. D na ko je bluo tud u tistih cajtah, ko še nje blo vasi napraujenjh an so judje živjeli kar p0 planinah an pasli krave, ouce an koze. Takrat pravijo, de sta hodila po svjete Kristus an Svet Petar, ki sta djelala čudeže, da bi juidem pomagala do buošega živenja. Ku sta ta dua moža prehodila že use Furlanijo, sta paršla še hor u naše planine. Bla je žej nuojč an parpraujalo sje na nu veliku hudo uro, ku sta potoukla na urata nega kazona. Kle notre so bli sami pastirji, ki so kuhali polentu za vičerju; ku so vidali ob tej hudi uri ta dua trudna romarja, so jim jala, de naj u kazonu počakaju dan. Kristus an Svet Petar, ker sta bla močno trudna, sta kar močno rade uoje sprejela parjatelsko povabilo dobrosarčnih pastirjou. Tud večerjala sta z nje* mj, kos polente an skledico sjeratve. Sje. ra njeso mjeli za jim dati, ker so ga muorli usegà dati hospodarju od krau, ki je žjvou na ni drugi planini. Ku je Svet Petar vidu kakuo su buogi tisti pastirji an kakuo jim njih hospodar slabo da za žir a m a n d o l Naša uas an pousjercde, smo potarpjeli zarjes no veliko škodo od ljetošnjeha čudneha uremena, ki se kar nejče šnje zbuojšati. Poma, ki par nas na dobro rodi, nam je uničiu žej velazimski daž, kjer cvotenje te spadlo na tla pred čašam, druhe pardjelke pa nam jih je uničila huda ura. O kruha an polenti to nje hovorenja, de bi ljetos jedli od našeha pordjelka, touča je pobila no veliko part. Vinjika, ki ne djelala žej grozdiče, je bla skuaži usa uničena an ta škoda n a se če poznati za več ljet, ker so mlade vinjike porute an par več krajah, bo trjeba usaditi nove. Na kraj naših poškodovanih polj an vinjetu, so paršle autoritadi, de so se na puoštu prepričali od velike škode, ki smo jo mjeli zavuj touče an zatuó marnò upanje, de se bo nam pomahalo, ker smo zgubili skuaži usé ljetošnje pardjelke. BRDO Ta na naš kamun u nedeju 10. junja su ble elecione za konsej provincjal nu še za konsej kamunal. Za konsej kamunal judi so muorli votati za demokraciju kristjanu, le za judi indipendente ke bi se ložli ta pod simbul bilanče. Ne uerbala lišta od Demokracije kristjane, zujtà ke pouno votu su šli razdelitni nu pouno šked su ble anulane. Judi nisu kontent, zujtà ke Zavšršani nu B àrjani nu majo štiri konsijerje saka uas. Sedliščeni nim aju kuj na konsijerja, Njivarji dva, Terjani dva nu Podbarjani dva nu Mužčani jedan. Tuokle ni justo, zujtà ke te spetalo na konsijerja še Mažčanom nu Terjani su mjeli dirit m jet jih tri. Tuokle dependà ke ne uerbala demokracija kristjana, ke ne mjela pisano ta n a suoj kontrasenj »Libertas« eto ke indipendente ke so mjcvjet, ker jim ne da niti kuoščka sjera ali mleka za vičerju, je jau Kristusu naj napravi dan čudež an takuo pomaga pastir. jani, ker su dobrega sarcà. Kristusu so se zarjes zasmilili an zatuo je ultuazu, de naj postavijo na ohenj tisti kotlič s sjeratvo. Pastirji so ubogali .an »aprauli use tuo kar jim je jau. Ko sje ta sjeratva močno pogrela, je Kristus uliu notre malo ažejda an blagoslovu. Začel so molit an naredu sje čudež. Sadà sje na sjeratvo parkazala na ljepa au gosta smetana. Uzeli so u roke cedilo an so to čudežno rječ dol posneli an ju jedli s polento. Bla je močno dobra a ker je bla prukar dou taz vrele sjerakve uzetr je še pekla an Svet Petar, ki ni snu pru dobro houorit slovensko. je jau Kristusu »La skuote« (pečč). Ku so slišali pastirji, ki niso znali furlanski, de je reku Svet Petar »skuote« so mislili, de je tuo ime tiste dobre reči za jest an zatuo so ji začeli pravit »skuta«. Skuto pa jo rjes djelajo še donàs po useh vaseh naše dažele, de jo jedo s pulento na mjesto sjera, ker je še nimar velika mizerja ku je bla takrat,

SABATO:cucina

 fonte https://www.ecomuseovalresia.it/cultura/tipicita/ricette/


RICETTE


Descrizione

Pur essendo povere di ingredienti, le ricette resiane sono frutto di creatività e questo permette di contraddistinguere la Val Resia oltre che dal punto di vista turistico-culturale anche per quello culinario.

Le ricette sono tratte da: “LESKOVIC Vesna, DEL MEDICO Dino “Rezija – Jëst tu-w rožini dulïni Resia a tavola nella valle dei fiori”. Coop. Most, Čedad/Cividale del Friuli. 2

ORZO ALLA MANIERA DI UCCEA – AŠPREN PO UČARSKIN

INGREDIENTI

300 gr di Orzo; 80 gr di lardo stagionato; 50 gr di formaggio grattugiato; sale;

PREPARAZIONE

  • Mettere in amollo l’orzo la sera precedente
  • Cuocere l’orzo in acqua salata per 40 minuti
  • Scolare col coperchio e lasciare nella pentola
  • Nel frattempo soffriggere il lardo tagliato a lamelle
  • Versare il lardo soffritto sopra l’orzo
  • Cospargere di formaggio
  • Mescolare e servire

29 mag 2022

Il budino al cioccolato di Graziana

 


Il budino al cioccolato di Graziana

di Roberto Zottar
A guardare le scatole dei preparati in polvere fra i banchi del supermercato a nessuno verrebbe in mente che i budini, in realtà, hanno origini antichissime e che, nel passato, erano delle preparazioni salate. L’etimologia remota del termine budino, infatti, si ricollega al latino ‘botellus’, ‘budello’, che in origine si usava per preparare salsicce o budini salati. I romani preparavano il ‘sanguiculus’ – ‘sanguinaccio’ – anche noto come ‘botellus sanguineus’ – ossia una salsiccia ottenuta con sangue di maiale e in Friuli oggi nota come ‘mule’ o ‘sanganel’. Nel medioevo continua la preparazione dell’insaccato e abbiamo documenti tardo medievali, tra cui il Ménagier di fine del XIV secolo, che descrivono ricette per un ‘boudin blanc’, cioè salsiccia, e un ‘boudin noir’, il sanguinaccio, che nella cucina inglese diventa poi ‘(black) pudding’. La carne veniva macinata fino ad una consistenza finissima, quasi spalmabile. Queste preparazioni si sono poi evolute solo nel corso del XVIII secolo nelle tipologie di budini dolci conosciute oggi, mantenendo dei prodotti di salumeria soltanto la consistenza morbida. Della famiglia del budino fanno parte oggi creme in tazza, creme caramel, bavaresi. Il budino era molto diffuso in Veneto, usato non solo come dolce, ma anche come secondo piatto; venivano mescolati latte, miele, riso o semolino o farina, uva passa e zucchero che lo rendevano molto ricco. Nello stesso periodo anche in Gran Bretagna il budino cotto (boiled pudding) era il cibo giornaliero della marina militare, la Royal Navy. Il termine attuale ‘budino’ è un adattamento dell’inglese ‘pudding’: è documentata nel Settecento la forma ‘puddingo’ sul quale in seguito influì probabilmente anche il francese ‘boudin’.
La ricetta di oggi quindi non può che essere quella di un budino, l’ottimo budino al cioccolato di Graziana, una amica di web che per la passione per la cucina anni fa ha lasciato il posto fisso in una azienda pubblica per aprire una rosticceria a Trieste. La ricetta non prevede uova. Setacciate insieme 100 g di farina, 200 g di zucchero e 100 g di cacao amaro di alta qualità e versate il tutto in un tegame dove avrete fatto sciogliere 100 g di burro. Mescolate bene, aggiungete un litro di latte e cuocete per 10’ dal bollore abbassando la fiamma. Caramellate uno stampo da budino, bagnate con un cucchiaio di rum e versatevi la crema. Lasciate raffreddare e rassodate in frigorifero. Invece del cacao si può usare cioccolato fondente e, volendo esagerare, parte del latte può essere sostituito da panna liquida.
Buon appetito!

16 gen 2022

Gnocchetti ripieni alla carnica


 Gnocchetti ripieni del Paradiso

di Roberto Zottar
Gli gnocchi, nella loro semplicità, rispecchiano la nostra multiforme identità culinaria, fatta di tanti campanili e varietà gastronomiche, e raccontano, in modo corale, storie e tradizioni differenti. Cibo povero antichissimo, gli gnocchi sono diversamente preparati con varie farine, semolino, mais, pane, ricotta, zucca, spinaci, verdure e tuberi, anche se inizialmente l’impasto era di sola farina e acqua. Il termine gnocco infatti significa “nodo” e rimanda più a qualcosa di duro: si doveva trattare quindi di impasti difficoltosi da deglutire, dei veri e propri “strangolapreti”.
La patata è arrivata dall’America con Colombo, ma in Friuli inizia a essere coltivata dal conte Asquini a Fagagna solo nel 1765. La grave carestia dell’anno precedente la fa diventare un “nuovo” pane per i poveri che iniziano a integrarla alle farine, ricetta che però non prese mai piede a causa della consistenza del pane di patate che si scioglieva una volta bagnato e non poteva quindi essere utilizzato come base delle zuppe, uno degli alimenti cardine della gastronomia dell’epoca. Per una ricetta di gnocchi di patate come li intendiamo oggi, però, bisogna aspettare il 1801 col libro “Il Cuoco Galante” di Vincenzo Corrado a Napoli.
A Roma gli gnocchi rappresentavano il piatto del giovedì, secondo il detto "giovedì gnocchi, venerdì pesce, sabato trippa!”, sottolineando l'importanza del giovedì come giorno quasi festivo, che necessita d'un piatto gustoso e che anticipa quello di magro del giorno successivo.
Per poter ottenere gnocchi di patate sodi esistono vari accorgimenti, come l'uso di patate vecchie, e l'accortezza di impastare poco: più si impasta la pasta, più duri risulteranno gli gnocchi. Anche la pezzatura influisce sul risultato finale: più vengono preparati di dimensioni elevate e più saranno morbidi. Le ricette locali prevedono l’aggiunta di uova intere a farina e patate, ma io preferisco usare solo tuorli. Oggi vi propongo gli “gnocchetti ripieni alla carnica” che molti anni fa erano serviti in una trattoria il cui nome è lo stesso del luogo, Paradiso. Fate una pasta per gnocchi con 1 kg di patate, un tuorlo e 250 g di farina. Per il ripieno soffriggete scalogno tritato e salsiccia sgranata, sfumate con vino bianco, portate a cottura e scolate il grasso. Aggiungete montasio (formaggio) grattugiato, e con questo farcite degli gnocchetti di patate non più grandi di una noce. Cuoceteli in acqua salata e servite con burro cotto nocciola con foglie di salvia e spolverate con “scuete fumade” (ricotta affumicata) grattugiata.https://www.facebook.com/vitaneicampi

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