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IVAN TRINKO padre della Benecia

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25 ott 2020

A Cividale del Friuli sulle tracce dei Benandanti — Trieste Arcana


Una visita guidata esperienziale fra le stradine e i segreti di Cividale, la bellissima cittadina del Friuli, già famosa per il suo Ponte del Diavolo e il meraviglioso Tempietto Longobardo, seguendo i passi dei Benandanti, sorta di maghi (e maghe) impegnati a combattere streghe e stregoni per proteggere i raccolti (e, quindi, la vita delle comunità rurali).Su chi fossero i Benandanti e come si svolgessero le loro battaglie durante le Quattro Tempora (i due Equinozi e i due Solstizi) sono stati scritti innumerevoli libri, il più famoso dei quali, poiché apripista degli studi sul tema, è quello di Carlo Ginzburg, pubblicato da Einaudi nel 1966 e recentemente ristampato da Adelphi.







Essendo, questo, un testo che lessi per la prima volta parecchi anni fa e che ho molto amato (tanto da riprenderlo in mano a periodi alterni), quando sono stata invitata a partecipare alla visita guidata organizzata da Turismo FVG e Tribeca Viaggi a Cividale ho accettato subito con entusiasmo.

Il punto di partenza è in Piazza Duomo dove la guida e ideatrice del tour, la bravissima Giovanna Tosetto, insieme alla narratrice Claudia Muscarà, ci hanno accolti per accompagnarci in questo viaggio arcano alla riscoperta di antichi culti e magiche visioni.Il percorso prosegue in Piazza delle Donne, stretta della Giudaica e Piazza San Francesco, fino alla suggestiva tappa del Monastero di Santa Maria in Valle, sede del Tempietto Longobardo.

Il Tempietto Longobardo (Cividale del Friuli)

Ma, senza nulla togliere ai gioielli visti fin qui, la grande scoperta per me è arrivata all’ultima tappa, che corrisponde alla seconda parte della passeggiata…

Il Monastero di San Giorgio in Vado e il Giardino del Chiostro

Immaginate di entrare in un mondo magico, fuori dal tempo, nel quale natura e cultura si fondono per regalarvi un’alchimia praticamente perfetta di colori, forme, profumi e sapori.

Il complesso monastico di San Giorgio, racchiuso in antiche mura tutt’ora esistenti, si trova sulla sponda sinistra del fiume Natisone, in località Vado (guado) di Rualis (raggiungibile a piedi da Cividale). Fino al 1432 vi abitarono le Monache agostiniane, successivamente passò all’ordine dei Frati Minori Osservanti di San Francesco che lo tennero per circa tre secoli. Nella seconda metà del Settecento, infatti, il Monastero di San Giorgio fu destituito come ente religioso per volere della Serenissima.

continua-https://triestearcana.com/2020/10/19/a-cividale-del-friuli-sulle-tracce-dei-benandanti/

22 ott 2020

L’archeologia nel Friuli Romano attraverso la ceramica

 


Lunedì 26 ottobre, il Museo Archeologico di Udine, nell’ambito delle attività previste la Settimana della Cultura Friulana, organizza una Giornata di studio


Lunedì 26 ottobre, a partire dalle 9, il Museo Archeologico di Udine di concerto con la Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, nell’ambito delle attività previste la Settimana della Cultura Friulana, organizza una Giornata di studio dal titolo 'L’archeologia di un territorio attraverso la ceramica: abitati, produzioni, scambi e commerci nel Friuli Romano'.

Nel rispetto delle normative di contenimento dell’emergenza epidemiologica COVID-19, l’evento si svolgerà online, pertanto sarà necessario registrarsi al seguente link:
https://us02web.zoom.us/webinar/register/WN_7VFkRI73QxuZVjJAJ6-DbAhttps://DbA.

La giornata di studio è organizzata a chiusura (prevista per domenica 25 ottobre) della mostra allestita in Castello a Udine dal titolo “Dalle mani del ceramista. Materiali in terracotta nel Friuli romano”, dedicata agli abitati, alle produzioni, agli scambi e ai commerci nel Friuli romano.


Il programma dell’incontro, che si configura come un momento di condivisione e un’occasione di discussione, si svilupperà in una giornata in cui saranno fortemente integrati i momenti di presentazione dei dati e quelli di dibattito e di confronto.

Nella prima parte della mattina saranno presentati gli aspetti culturali, geomorfologici e paleoeconomici del popolamento romano del territorio friulano; seguiranno alcuni contributi riguardanti il rapporto tra Aquileia e il territorio, gli impianti produttivi e gli insediamenti romani di lunga durata.

Nel pomeriggio saranno trattati i rapporti tra il territorio friulano e le aree contermini: Austria, Slovenia e Veneto. Parteciperanno alla giornata: Carla Ardis, Martin Auer, Simonetta Bonomi, Massimo Capulli, Tiziana Cividini, Alessandro Fontana, Ada Gabucci, Jana Horvat, Maja Janezic, Paola Maggi, Valentina Mantovani, Gabriella Petrucci, Cristiano Tiussi, Mauro Rottoli, Eleni Schindler, Paola Ventura, Tina Zerjal

21 ott 2020

Viaggi con la testa, Mostre Giovanni da Udine: la prima retrospettiva sull’artista che lavorò con Raffaello e Michelangelo

 


Chi abita a Udine conosce il suo nome sicuramente perché a lui è intitolato il teatro del capoluogo friulano, ma probabilmente in pochi saprebbero indicare le opere di questo poliedrico artista. Gli appassionati di storia e cultura locale sapranno sicuramente che a lui si deve la fontana di piazza San Giacomo, il cosiddetto salotto udinese e sapranno individuare la sua casa all’inizio di via Gemona.

Ma quanti sanno che Raffaello volle Giovanni da Udine al suo fianco nella Loggia di Psiche alla Farnesina e nell’impresa delle Logge vaticane? O che Michelangelo lo teneva in alto conto? O che Clemente VII si affidò a lui per delicati interventi di restauro e decorazione sia a Roma che a Firenze?

A colmare queste eventuali lacune ci sarà la mostra nel Salone del Parlamento del Castello di Udine dal 12 dicembre 2020 al 14 marzo 2021 dal titolo Giovanni da Udine tra Raffaello e Michelangelo (1487 – 1561), promossa dal Comune di Udine e curata da Liliana Cargnelutti e Caterina Furlan. Si tratta della prima retrospettiva dedicata a Giovanni da Udine. Anche l’imponente scalinata a doppia rampa che conduce alla sede della mostra è stata progetta da Giovanni, stavolta in veste di architetto. A Udine è opera sua anche la Torre dell’Orologio.

Chi abita a Udine conosce il suo nome sicuramente perché a lui è intitolato il teatro del capoluogo friulano, ma probabilmente in pochi saprebbero indicare le opere di questo poliedrico artista. Gli appassionati di storia e cultura locale sapranno sicuramente che a lui si deve la fontana di piazza San Giacomo, il cosiddetto salotto udinese e sapranno individuare la sua casa all’inizio di via Gemona.

Ma quanti sanno che Raffaello volle Giovanni da Udine al suo fianco nella Loggia di Psiche alla Farnesina e nell’impresa delle Logge vaticane? O che Michelangelo lo teneva in alto conto? O che Clemente VII si affidò a lui per delicati interventi di restauro e decorazione sia a Roma che a Firenze?

A colmare queste eventuali lacune ci sarà la mostra nel Salone del Parlamento del Castello di Udine dal 12 dicembre 2020 al 14 marzo 2021 dal titolo Giovanni da Udine tra Raffaello e Michelangelo (1487 – 1561), promossa dal Comune di Udine e curata da Liliana Cargnelutti e Caterina Furlan. Si tratta della prima retrospettiva dedicata a Giovanni da Udine. Anche l’imponente scalinata a doppia rampa che conduce alla sede della mostra è stata progetta da Giovanni, stavolta in veste di architetto. A Udine è opera sua anche la Torre dell’Orologio...

continua https://ritaglidiviaggio.it/2020/10/21/mostra-giovanni-da-udine/

17 set 2020

ZORE FORMAGGI💢 ✅MARCHIO DI QUALITA’✅


Zore Azienda Agricola
è nata nel 2008 con l'idea di non abbandonare il territorio montano di
Taipana
. Nei pascoli verdeggianti e certificati BIO Alessia Berra alleva un centinaio di capre di razza Camosciata delle Alpi. Il pascolo è gestito con le rotazioni, grazie ad un recinto mobile, così le capre possono sempre avere a disposizione cibo fresco e in abbondanza.
Il latte delle capre viene trasformato nel moderno caseificio aziendale dando vita a gustosi formaggi e latticini, prodotti senza aggiunta di conservanti, addensanti e additivi chimici. Vincitori di numerosi premi di carattere nazionale, Zore propone un’ampia gamma di formaggi e latticini caprini le cui fasi di realizzazione, dalla lavorazione alla stagionatura, sono effettuate manualmente: formaggelle, stagionati, erborinati, caprini morbidi, stracchino, ricotta fresca e stagionata, yogurt.
Di recente l’azienda in un’ottica di innovazione continua, ha realizzato una linea cosmetica prodotta con il latte delle capre allevate e ha dato vita alle “Esperienze Zore” da fruire su prenotazione: visite guidate con degustazione, passeggiate e itinerari panoramici attraverso i pascoli di Zore, e molte altre novità.
I prodotti Zore sono acquistabili direttamente nello spaccio aziendale o nei negozi, agriturismi e ristoranti della provincia di Udine.
Il punto vendita Zore di Taipana è aperto tutto l’anno.
Tipologie di formaggi prodotti:
• Formaggi freschi o freschissimi a coagulazione presamica
• Formaggi freschi e stagionati a coagulazione lattica
• Formaggi a pasta molle
• Formaggi a pasta semidura e dura (stag. > 60 gg.)
• Ricotta
• Yogurt e latti fermentati
Specialità: Fiocco di neve, il Frant di capra e il caprino morbido o con le erbe.
ℹ️ A Zore Azienda Agricola è stato conferito il Marchio di qualità del Parco naturale delle Prealpi Giulie. Scopri tutte le Aziende aderenti al Marchio e la modalità di adesione su:
CONTATTI E PRENOTAZIONI:
Azienda Agricola Zore
di Alessia Berra
Località Zore, 33040 Taipana
Aperto tutto l’anno
Email: info@zoreformaggi.it
tel.: 3334581123
Punti vendita:
Vedronza e Lusevera
Aperti da Marzo a Dicembre
da fb

15 set 2020

La produzione del vino: cosa si intende con il termine vino



di Roberto Zironi
Nel 1492 con la scoperta dell’America ha convenzionalmente termine il Medioevo ed inizia la Storia moderna. Anche per la produzione del vino inizia alla fine del ‘400 un Rinascimento che lo porterà nel corso dei secoli successivi, in dipendenza dei progressi tecnico scientifici e dell’ampliarsi dei mercati, a diventare la bevanda che oggi noi tutti conosciamo.
Possiamo quindi iniziare un percorso che ci porterà a comprendere quali fattori tecnico produttivi sono coinvolti nella produzione del vino.
Secondo la risoluzione 18/73 dell’Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino (O.I.V.): “Il vino è esclusivamente la bevanda risultante dalla fermentazione alcolica totale o parziale dell’uva fresca, pigiata o meno, o del mosto d'uva. Il suo titolo alcolometrico effettivo non può essere inferiore a 8,5% vol. Tuttavia, considerando le condizioni del clima, del terroir o del vitigno, di fattori qualitativi speciali o tradizioni particolari di alcuni vigneti, il titolo alcolometrico minimo totale può essere ridotto a 7% vol. secondo la normativa specifica della regione interessata.”
L’O.I.V. è un organismo intergovernativo di tipo scientifico e tecnico, di competenza riconosciuta nell’ambito della vigna, del vino, delle bevande a base di vino, delle uve da tavola, delle uve passa e degli altri prodotti della vigna. In esso sono rappresentati tutti i paesi del mondo che hanno interessi produttivi nell’ambito della vigna e del vino ed ha come compito quello di fornire ai diversi paesi membri delle risoluzioni tecnico scientifiche utili alla stesura delle specifiche legislazioni.
Nei paesi di cultura anglosassone sino a pochi decenni fa con il termine Wine si identificava genericamente un fermentato di frutta pertanto esistevano molti Fruit Wine identificati dalla specie botanica di appartenenza del frutto (Apple wine, Pear wine, Grape wine). Oggi, grazie all’enorme diffusione della popolarità del fermentato d’uva anche in questi paesi con il termine Wine senza nessuna specificazione aggiuntiva si identifica comunemente la bevanda ottenuta dalla fermentazione dell’uva.
In tutta l'Unione europea, per proteggere un prodotto di maggiore qualità, prezzo e valore, non si può commercialmente chiamare "vino" il prodotto di fermentazione di uve che non provengano dalla specie Vitis vinifera (Figura 1). Quindi il termine, in caso di commercializzazione di fermentati diversi, deve essere omesso.
Questa norma ha inteso tutelare la qualità e la tipicità delle produzioni enologiche tradizionali del vecchio continente anche perché i fermentati di uve di specie diverse o di ibridi presentato un tipico carattere organolettico chiamato “Foxy” che è facilmente identificabile in fermentati tradizionali della regione quale il “Fragolino” od il “Noah”.
Recentemente sono stati proposti dalla ricerca, anche dell’Università di Udine, degli incroci tra Vitis vinifera ed altre Vitis le cui uve non presentano queste caratteristiche organolettiche, ma presentano caratteri molto interessanti di resistenza alle più comuni patologie della Vite. Per queste caratteristiche, che permettono delle produzioni più sostenibili, l’Unione europea ha permesso la coltivazione e la vinificazione delle uve di queste nuove varietà di viti definite resistenti. Sono già disponibili sul mercato vini ottenuti da queste nuove varietà.
Al di fuori dell’Unione europea è invece ammessa la vinificazione di uve appartenenti ad altre specie del genere Vitis o ad incroci della Vitis vinifera con altre specie del genere Vitis (ad esempio la Vitis labrusca o la Vitis rupestris) proprie del continente nord-Americano.

10 set 2020

26^ Edizione - Friuli DOC 2020


C'è un modo per scoprire il Friuli Venezia Giulia, piccola regione racchiusa tra mari e monti, circondata da dolci colline verdeggianti e colli dorati dalle vigne, al confine con Austria e Slovenia.

FRIULI DOC: vini - vivande - vicende - vedute

dal 10 al 13 settembre 2020

Per quattro giorni Udine diventa una vetrina per presentare e far conoscere l'eccellenza della produzione enogastronomica e artigianale, artistica e culturale di una regione davvero unica.

Il programma è ricco di sorprendenti percorsi di gusto: negli stand e nei chioschi, nelle piazze e nelle vie del centro, si possono gustare i prodotti tipici friulani, quali il prosciutto di San Daniele e di Sauris, il formaggio Montasio, il frico, i cjarsons, i vini, le grappe e molti altri.

L'allettante occasione di assaggiare i tesori dell'enogastronomia friulana si coniuga con la possibilità di vivere esperienze uniche e di godere degli interessanti appuntamenti che accompagnano la manifestazione, quali gli incontri di approfondimento sulle tematiche del cibo e del buon bere, i concerti, le esposizioni artistiche e le mostre artigianali che esprimono antichi e nuovi saperi.

Un viaggio nel gusto e nei sapori più invitanti del Friuli Venezia Giulia, un vero e proprio mix di vini, vivande, vicende e vedute per conoscere ogni sfaccettatura di questa terra ricca ed ospitale.

In due o tre giorni ci si innamora di Udine, e lasciarla diventa difficile. Ma niente paura: ci si può sempre ritornare, magari al prossimo FRIULI DOC!


6 set 2020

FORCA DI TERRAROSSA

 

foto di Valter Maestra

Forca di Terrarossa

La forca di Terrarossa è una poco marcata insellatura che separa la Cima di Terrarossa dalle Cime Gambon. La forcella è raggiungibile dal versante sud tramite la mulattiera della Cima di Terrarossa mentre a nord est precipita nel canalone dirupato della Huda Paliza.Dal polo turistico di Sella Nevea, raggiungibile da Chiusaforte attraverso la val Raccolana oppure da Tarvisio attraverso la Val Rio del Lago, risalire la stretta e ripida strada asfaltata che porta agli alpeggi del Montasio proseguendo fino al divieto di transito (m 1502, ampio parcheggio).
fonte http://www.sentierinatura.it/easyne2/LYT.aspx?Code=SentieriNatura&IDLYT=1970&ST=SQL&SQL=ID_Documento=1622

31 ago 2020

La bussola del direttore


LA FOTO DEL GIORNO
Forte l’ondata di maltempo che ha investito il Friuli provocando difficoltà e danni in diversi comuni.  La foto è stata scattata ad Arta terme
Fino a questa sera sarà allerta gialla. Non è ancora una emergenza, tuttavia in alcuni punti il nostro territorio sta soffrendo molto. La zona più danneggiata è la montagna, sulla quale si sono scaricati torrenti e fiumi in  piena


L’estate sta finendo? No. Le previsioni segnalano un abbassamento della temperatura ma non l’arrivo dell’autunno. Già domani dovrebbe andare meglio, meno piogge e temperature in linea


LE GUERRE TRA SLAVI E LONGOBARDI: GENESI DI UN DUALISMO CULTURALE (PARTE PRIMA)

 

INTRODUZIONE

Una delle peculiarità etnico-linguistiche del Friuli è senza dubbio data dalla presenza secolare, per non dire millenaria, di insediamenti slavi lungo la fascia di confine orientale, quasi senza soluzione di continuità; fascia che può essere poi suddivisa nelle varie aree del Carso (o Carsia), del Collio, della Slavia Friulana (o Benecia), della Val Resia (volendo, includibile nella precedente) e della Val Canale. Certamente la migrazione più nota ed emblematica, e che ha in effetti consolidato permanentemente la presenza slava in terra friulana, fu quella favorita dai patriarchi per ripopolare la pianura a cavallo della linea delle Risorgive, resa desolata dalle ferocissime invasioni ungare tra l’898 e il 954. Ma la storia conta due imponenti flussi migratori slavi, o meglio, due stagioni di spostamento di questo popolo; questa era solo la seconda. La prima si realizzò seguitamente all’ingresso longobardo in Friuli e in Italia, ma, mentre il secondo flusso non causò disordini e si sviluppò in maniera pacifica, il primo ebbe come risultato quello di aver fatto scaturire un periodo di forti dissidi tra Slavi e Longobardi, con non pochi episodi di aperto conflitto. Gli esiti degli scontri non lesinarono disastri da ambo le parti, anche se alla fine l’azione longobarda riuscì a confinare gli Slavi ai limiti della Patria del Friuli.

Proprio per questa cruciale importanza che ebbe la difesa e la reazione longobarda nel preservare l’integrità appena costituita del territorio friulano, vale la pena ben approfondire, al pari di altre invasioni più note, le vicende che interessarono questo primo e violento contatto tra queste genti dell’Est e i nuovi padroni del Friuli: un confronto tra una civiltà slava e una germanica in territorio latino. Un mix etnico-storico che il Friuli, per la sua natura geografica, ha permesso di produrre. Buona lettura!

 

ALLE PORTE DEL FRIULI

Diacono

Paul Warnefried, nome di battesimo dello storico longobardo Paolo Diacono, originario di Cividale. Le sue cronache rappresentano un tesoro di informazioni sul Friuli longobardo e su questo popolo in generale. Qui in un codice della Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.

Lo storico udinese Francesco Prospero Antonini (1809-1884) nel suo libro “Del Friuli ed in particolare dei trattati da cui ebbe origine la dualitá di questa regione” ci racconta che nel 545 il popolo dei Vindi, antenato degli Sloveni e dominato crudelmente dagli Avari, calò dalle terre a est del Danubio nel Norico Mediterraneo, dunque alle porte della Patria, incendiando chiese ed abbazie. Altre fonti indicano invece il termine “Vendi” (presumibilmente un sinonimo) come il nome che i Tedeschi davano agli Sloveni della Carinzia. Ad ogni modo essi nel 548 occuparono la Carniola, quindi la Carinzia, venendo poi però bloccati e ricacciati indietro quando nel Tirolo Orientale si scontrarono coi Bavari del Re Tassilo, circa nel 596, che così impedirono che si compissero scorrerie slave sino in Rezia, l’antica regione a cavallo tra Alpi Centrali e Orientali. In effetti questi flussi, anche violenti, furono solo una conseguenza della volontà di questi proto-Sloveni di liberarsi finalmente dall’opprimente morsa avara. Scesi nel frattempo, seguendo l’ingresso in Italia del Re longobardo Alboino del 568, si insediarono infine, tra il 580 e il 590, nel territorio bagnato dai fiumi Drava, Sava e Mura, quindi grossomodo nel cuore dell’attuale Slovenia, ma anche nella Valle del Gail (detta anche Valle Giulia) e nell’Alto e Medio Isonzo. Ma mancavano ancora le terre sul Golfo di Trieste, quindi Carso e Istria settentrionale, che infatti cominciarono ad essere popolate da Sloveni dopo l’emanazione dell’editto del 619, col quale l’Imperatore d’Oriente Eraclio consentiva la nascita di colonie slave in territori bizantini. Questa nuova e bellicosa popolazione si era ormai stabilita presso i confini del neonato Ducato del Friuli. Tuttavia lo storico cividalese dei Longobardi Paolo Diacono (720-799), noto intellettuale presso la corte di Carlo Magno, non sembra aver fatto cenno in nessuna sua opera alla vicinanza degli Slavi a Cividale, nonostante lo storico bujese Gian Domenico Guerra (1703-1779), posteriore di mille anni, nel suo “Otium forojuliense”, opera che raccoglie trascrizioni di documenti pubblici e privati sulla storia friulana, faccia riferimento a un’antica relazione cividalese che dice: “il monte che occupa il Settentrione, ed il Levante (del territorio di Cividale) é abitato dai Schiavi, così chiamati fino da Paolo Diacono, de’ Schiavi o Illirici di Dalmazia”. “Schiavi” altro non era che l’arcaico nome attribuito agli Slavi. Un importante indizio certamente vero è la lettera (del 598) che Papa Gregorio Magno (540-604) inviò al clero dell’Istria in merito alle incursioni degli Sloveni anche in quella regione. Il riferimento alla loro imminente calata in Italia, e quindi in Friuli, è evidente: “affligor in his, quoniam in vobis patior; conturbor, quia per Istriæ aditum jam in Italiam intrare coeperunt”. C’è infatti da ribadire che queste violente razzie, nonostante non avessero ancora investito il fiero Friuli longobardo, non furono contrassegnate affatto da incontri amichevoli tra le civiltà. Anzi il paganesimo slavo produsse vere e proprie devastazioni in molte località a danno delle testimonianze cristiane, tanto che per due secoli, ove regnarono gli Slavi, non ve ne saranno.

valli

Nelle Valli del Natisone si stanziarono genti slave già nelle prime fasi della dominazione longobarda. Non rappresentarono sempre il confine orientale del Ducato, che in alcuni periodi si estendeva anche più a est, ma erano vitali per bloccare eventuali minacce verso Cividale, capitale del Ducato.

Parrebbe dunque che le genti slave insediatesi sino ai confini della Friuli provenissero dalla vicina Carinzia e Carniola, ma un paio di elementi compromette almeno in parte questa che sembrava una verità ovvia. Già secondo la tradizione radicata proprio nelle terre slave del Friuli, queste genti discenderebbero da Slavi originari della Dalmazia o della Bosnia-Erzegovina, piuttosto che della Carinzia e della Carniola (un tempo detta anche Cragno). E siccome le tradizioni non sono mai campate in aria, ecco subito un riscontro linguistico: un addolcimento nella pronuncia. Gli slavi a nord-est del Friuli dicono latte mleco e fiume reka, mentre quelli del Centro Adriatico fanno mlieco e rieka. Quest’ultimo termine, poi, è facilmente individuabile a livello toponomastico proprio nella regione di cui ci stiamo occupando. “Rieka”, che letteralmente vuol dire “fiume” (vedi per esempio la famosa città, oggi croata, sul Golfo del Quarnaro), nelle Valli del Natisone indica nello specifico proprio tre corsi d’acqua; per cui è come se questi letteralmente si chiamassero “Fiume Fiume” (anche se in realtà si tratta di torrenti e nulla più), una tautologia in pratica, e uno di questi, il più occidentale, dopo essere nato in località Bocchetta di Calla, si inserisce nel Chiarò esattamente nel punto in cui sorgono, non a caso, i Casali Rieca, in Comune di Torreano. Altra similitudine con gli slavi più del sud è la terminazione in “-ac” e in “-ar” di alcune parole, anziché in “-ec” e in “-er”. Lo storico cividalese Carlo Podrecca (1839-1916) ci racconta che alcuni montanari della Benecia, in seguito all’annessione asburgica della Bosnia-Erzegovina (1908), nel recarvisi per adempiere ai loro commerci, notavano la presenza di nomi, nelle famiglie e nei paesi, identici ad alcuni delle loro terre, cosa che non avevano riscontrato nella molto più vicina Carinzia, per esempio. Uno di questi era “Gabrovizza”, toponimo di una certa frequenza se pensiamo che oltre al nostro paese, nei pressi di Cepletischis, esiste una località col medesimo nome anche in Comune di Sgonico, sul Carso triestino, ma anche nel Carso sloveno in Comune di Comeno e in quello di Capodistria. Ma è proprio possibile che le nostre genti di origine slava siano tutte derivate da popoli provenienti da regioni a centinaia di chilometri a sud-est? Rimanendo concentrati sulle Valli, in realtà deve esserci stata una combinazione di due migrazioni, l’una effettivamente irradiatasi dalla Dalmazia, dalla Bosnia e dall’Erzegovina, e l’altra dalle confinanti Carinzia e Carniola. A dimostrarlo ci sarebbero differenze etniche tra la valle di San Pietro e quella di San Leonardo, che suggerirebbero che presso la prima fossero giunti gli Slavi cragnolini, mentre presso la seconda e nel territorio di Prepotto, già Val Judrio, quelli dalmato-bosniaci...continua qui https://forumjuliiblog.wordpress.com/2017/11/18/le-guerre-tra-slavi-e-longobardi/

FVG una regione autonoma, ma chi se ne è accorto?

 


La Regione del Friuli- Venezia Giulia, e già qui sul nome, con o senza trattino, si apre un dibattito che non finisce più, è stata istituita nel 1963 come regione autonoma. A Statuto speciale grazie al suo plurilinguismo. Identità plurisecolare latina, germanica e slava, anche se nel '900 c'è stato l'avvento della supremazia di quella latina, con l'italianizzazione forzata ante fascismo e durante il fascismo e anche un pò post,che ha cercato di spezzare e spazzare via le radici considerate scomode di questa terra di confine. Terra di mescolanza, che per quanto speciale a livello statuario a dire il vero, tolte quelle tutele che più o meno vengono in modo non sempre pieno garantite alle minoranze linguistiche, ha fatto veramente poco nel corso di questi ultimi anni per far emergere il proprio essere speciale. Se in Italia racconti che il FVG è una regione a statuto speciale ti diranno, davvero? Davvero. Sinceramente è difficile far capire da cosa la nostra regione si distingua dalle altre ordinarie. Le province? Abrogate, sostituite dalle UTI, ora dagli EDR. Non è proprio una cosa di cui essere orgogliosi e nessuno ci ha capito una beata mazza. Sigle e siglette, ma siamo sempre alle solite. Sanità? In cosa consiste l'autonomia? Lavoro? Istruzione? Ambiente? La tessera della benzina, ma è una questione di confine più che di autonomia. Avevo presentato una petizione alla Regione FVG  assegnata alla competente Commissione  con la quale proponevo di istituire un modello di suddivisione territoriale similare a quello del Trentino-Alto Adige.  In FVG l'autonomia è veramente soft, ed in questi ultimi anni c'è stato un vero appiattimento sul centralismo statale come non mai. Ed ora, con il taglio dei parlamentari, rischierà di sparire pure la rappresentanza della minoranza slovena nel nostro Parlamento. È evidente che qualcosa non funziona e che una riflessione andrebbe fatta su come rendere più incisivo il sistema dell'autonomia in FVG perchè se si continua su questa strada arriverà presto il momento in cui si metterà sul tavolo istituzionale di Roma in discussione l'autonomia della nostra regione, perchè rischia di essere inutile.

mb

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