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24 set 2020

IL PESTAT



da Vita nei campi

di Adriano Del Fabro

Si tratta di un insaccato composto da tutti i profumi dell’orto, che dopo essere stati triturati vengono mescolati con una significativa quantità di lardo macinato prelevato dalla regione dorsale del maiale, il più solido e pregiato, privato della parte molle di grasso, in un rapporto di peso di circa 50 - 70% di lardo; 50 – 30% di verdure trite. L’utilizzo dei vegetali, ricchi di sostanze polifenoliche, permette di preservare il grasso dall’ossidazione. Questo insaccato, tipico della zona di Fagagna, da sempre veniva realizzato in molte famiglie friulane in occasione della macellazione dei suini per poter conservare i profumi dell’orto (sedano, carote, cipolla, porro, prezzemolo, aglio e altre erbe aromatiche) nel periodo invernale e utilizzarli come base per diverse pietanze: minestroni, minestre, carni, frittate, verdure cotte e saltate in padella. È, dunque, un insaporitore che utilizza il lardo macinato come conservante, assieme al sale (3% circa), pepe e cannella.
Il pestât viene conservato in cantina (o in locali con una temperatura non superiore ai 20 °C e un’umidità tra il 70 e l’80%), appeso come i salami, dove subisce una riduzione di peso pari al 30-40%. La conservazione può durare anche più di un anno, mantenendo le qualità organolettiche originali del prodotto e, anzi, diventando sempre più gradevole all’olfatto. La stabilità del prodotto è influenzata in maniera determinante dal lardo suino che svolge un ruolo attivo mantenendo le verdure in un ambiente anaerobico, principio simile a quello sfruttato per le conserve sott’olio. La muffa che cresce sul budello contribuisce alla naturale maturazione del pestât e rallenta il fenomeno dell’ossidazione del grasso.
Nell’”Ort e cusine di guere”, pubblicato dalla Società Filologica Friulana nel 1942, il pestât viene citato due volte. In seguito, anche la contessa Giuseppina Perusini Antonini, nell’edizione del 1963 del suo libro sul mangiare friulano, menziona il pestât come ingrediente della jote. Nel 1984, il pestât furlan ha un proprio spazio, con ricetta, anche all’interno della pubblicazione promossa dalla Camera di Commercio di Udine: “Cucina e vini friulani nel mondo”. Pietro Adami, successivamente, nel 1985, racconta del pestât nel suo libro: “La cucina carnica”.
Dopo essere stato inserito nell’Elenco regionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, nel 2006, nell’anno accademico 2006-2007, il pestât è stato oggetto di uno studio di laurea da parte di Jessica Vidusso, presso la Facoltà di Agraria dell’Università di Udine. Ora è pure un Presìdio Slow Food.
Da qualche anno si è diffusa l’abitudine di conservare il pestât, in via alternativa all’insaccato, attraverso l’utilizzo di contenitori di vetro in cui il prodotto viene confezionato come una crema, previo lo sgrondo dei liquidi in eccesso.

1 commento:

⚠️Gradisco commenti e critiche per la crescita del blog.
Generalmente rispondo ai commenti,ma seguendo parecchi blog non sempre ci riesco.
OLga 😻

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