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Manifestazione Nazionale per la PACE



La minaccia nucleare incombe sul mondo. È responsabilità e dovere degli stati e dei popoli fermare questa follia. L’umanità ed il pianeta non possono accettare che le contese si risolvano con i conflitti armati. La guerra ha conseguenze globali: è la principale causa delle crisi alimentari mondiali, ancor più disastrose in Africa e Oriente, incide sul caro-vita, sulle fasce sociali più povere e deboli, determina scelte nefaste per il clima e la vita del pianeta. La guerra ingoia tutto e blocca la speranza di un avvenire più equo e sostenibile per le generazioni future.

Il Punto di primo intervento riapre con personale da enti del Terzo settore

 


 



Il Punto di primo intervento di Cividale, come quello di Gemona, riaprirà entro il prossimo 15 novembre. O, più probabilmente, a inizio 2023. Nonostante rimanga un certo margine di incertezza sulle tempistiche, dopo due anni di chiusura e a sette mesi dalla fine dello stato di emergenza, sembra vicino il momento della riattivazione del servizio. La prima indicazione temporale, quella del 15 novembre, è contenuta, nero su bianco, nell’ordine del giorno numero 15 presentato lo scorso 26 ottobre in Consiglio regionale, primo firmatario il cividalese Elia Miani (Lega), cui – in sede di discussione – si sono aggiunti anche la consigliera Pd Mariagrazia Santoro e Ivo Moras (Lega). Il documento è stato approvato con il parere favorevole della Giunta regionale. Un ordine del giorno partito dalla stessa maggioranza che impegna l’assessore competente Riccardo Riccardi a ripristinare le “attività sospese nei presidi ospedalieri di Cividale del Friuli e Gemona”. È stato poi lo stesso Riccardi, in un comunicato del 31 ottobre, ad annunciare che si prevede “l’avvio del servizio a inizio 2023, per una durata di 3 anni, con possibilità di rinnovo”.
Il Punto di primo intervento, salvo una parentesi di 40 giorni nell’autunno 2020, è chiuso dal 16 marzo 2020. Il 30 ottobre dello stesso anno era stato chiuso anche il reparto di Medicina. Rispetto a quest’ultimo, va precisato, l’intenzione più volta ribadita da Giunta regionale e Azienda sanitaria in questi anni è di aprire una Medicina solo per post – acuti, un servizio piuttosto diverso da quello erogato fino alla chiusura.

Per il personale si farà ricorso al privato
In ogni caso la Regione ha trovato il modo di superare il problema della carenza di personale che, proprio a detta della Giunta in replica alle tante richieste di riattivazione portate in Consiglio in particolare dalla consigliera Simona Liguori dei Cittadini, finora avevano impedito il ripristino dei servizi nei tempi promessi inizialmente, ossia a fine emergenza sanitaria. Nel suo comunicato infatti Riccardi precisa che “nei Punti di primo intervento di Gemona e di Cividale del Friuli sarà presto assicurato un servizio specialistico durante il giorno e nella notte, quindi sulle 24 ore, grazie a procedura di co-progettazione, con la fattiva collaborazione tra Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale ed enti del Terzo settore ai quali sarà richiesto personale medico e infermieristico”.
A breve quindi, dice sempre la nota di Riccardi, verrà pubblicato un avviso rivolto ai privati che possiedono le competenze richieste. In seguito verrà avviato un tavolo per la definizione del progetto di co-gestione.

Il comitato: “Speriamo non sia una riapertura pre-elettorale”
Accoglie positivamente la notizia Tatiana Bragalini, sindaca di Savogna. L’amministrazione del comune del Matajur, fra i territori più penalizzati dalle chiusure vista la distanza dal Pronto soccorso di Udine, in questi due anni è stata certamente fra le più pressanti nel richiedere la riattivazione dei servizi a Giunta e Azienda sanitaria. “È certamente una buona notizia – ci dice Bragalini – anche se aspettiamo di vederla effettivamente concretizzata con la riapertura prima di festeggiare”. Bragalini quindi, che sottolinea anche come questa scelta sia avvenuta con un certo ritardo, aggiunge di voler tener alta l’attenzione anche nel prossimo periodo “affinché vengano ripristinati anche gli altri servizi sospesi, non solo il punto di primo intervento”.
“È positivo il fatto che finalmente, dopo anni, il consigliere cividalese Elia Miani si sia impegnato in prima persona per questa riapertura”, commenta Renato Osgnach, presidente del Comitato per la tutela della salute nelle Valli del Natisone. “Speriamo – sottolinea però Osgnach – che non sia una riapertura pre-elettorale come avvenne fra il 16 settembre e il 30 ottobre 2020 (il 20 e il 21 settembre si tennero a Cividale le elezioni comunali, ndr.). In quel breve periodo fra l’altro, al PPI di Cividale ci furono 1350 accessi, sarebbero più di 12 mila all’anno con quella media. A riprova che la struttura serve, ha i numeri visto che serve un bacino di 80mila persone sul confine orientale. E che se funzionante sgraverebbe il peso che ora è tutto sul pronto soccorso di Udine”. La mobilitazione però non si ferma: “Assieme al comitato di Cividale continueremo la nostra battaglia perché il Punto di primo intervento venga sostenuto anche dagli altri servizi funzionali, il day hospital, i laboratori e la Medicina”. dal Dom


Sloveno online da casa

 

Po slovensko raje spet od doma



Dopo il successo della scorsa edizione, con una trentina di partecipanti dalla Valcanale e in alcuni casi anche da altre zone della provincia di Udine in cui lo sloveno è tradizionalmente parlato, torna il corso di sloveno on line organizzato dall’Associazione/Združenje don Mario Cernet.

Lunedì, 7 novembre, alle 17.30 inizierà la lezione introduttiva. Anche per il 2022-2023 il corso si svolgerà sulla piattaforma Zoom. I partecipanti saranno suddivisi in due gruppi, uno per principianti, che si riunirà ogni lunedì alle 17.30, ed uno per progrediti, che si riunirà ogni mercoledì sempre dalle 17.30. Eventuali modifiche saranno concordate al momento del primo incontro. Ogni lezione durerà due ore.

Il contributo per l’iscrizione al corso, comprensivo di quota associativa, è di 40 euro. Per iscriversi o avere ulteriori informazioni, fino al 18 novembre si può telefonare al 335 6485878 o al 333 2960001 oppure scrivere un’e-mail all’indirizzo di posta elettronica zdruzenje.cernet@gmail.com.

La docente del corso sarà Eva Gregorčič, che è anche insegnante alla scuola primaria di Bled.

Dopo avere organizzato per diversi anni il corso di sloveno in presenza, anche in collaborazione con l’Università del tempo libero di Tarvisio, l’Associazione Cernet ha deciso di prediligere la modalità on line anche su impulso di quasi tutti i corsisti che hanno partecipato all’ultima edizione. Una modalità di svolgimento introdotta per fare fronte alle limitazioni per prevenire la diffusione del nuovo coronavirus, quindi, si è rivelata per molti più comoda anche grazie alla diminuzione delle limitazioni organizzative in presenza. Anche questa edizione del corso si svolge col patrocinio del Comune di Malborghetto-Valbruna/Naborjet-Ovčja vas e il sostegno dell’Unione culturale cattolica slovena-Zskp e dell’Ufficio governativo della Repubblica di Slovenia per gli sloveni d’oltreconfine e nel mondo. (Luciano Lister)

V ponedeljek, 7. novembra, ob 17.30 bo prvo spletno srečanje v okviru tečaja slovenščine za odrasle, ki ga tudi letos organizira Združenje don Mario Cernet. Po uspešni izvedbi iz lanskega leta, se bo tečaj tudi v letošnjem letu odvijal po spletu in sicer na platformi Zoom. Kolikor kaže, bo spet precej udeležencev in bodo verjetno tudi letos morali oblikovati dve skupini z različnimi urniki – za začetnike in nadaljevalce. Predvidoma se bodo začetniki spletno sestali ob ponedeljkih ob 17.30; nadaljevalci pa ob sredah ob 17.30. Članarina v Združenje z vpisnino je 40 evrov. Za več informacij in vpisovanja lahko pokličete telefonsko številko 335 6485878 ali 333 2960001 ter pišete sporočilo na e-naslov elektronske pošte zdruzenje.cernet@olga1246

https://www.dom.it/po-slovensko-raje-spet-od-doma_sloveno-on-line-anche-senza-restrizioni/

Citazione di Pertini

 

"Io non ho bisogno della scorta, la mia scorta è il popolo". (Sandro Pertini)"Ne potrebujem spremstva, moje spremstvo so ljudje"
da fb

V Podbuniescu so ohranili vrtec /Pulfero mette al sicuro l’asilo


 Ricordate? Era il 23 marzo 2015 quando il consiglio comunale di Pulfero approvò a maggioranza (all’epoca esisteva ancora l’opposizione!) un documento per affermare che nelle Valli del Natisone «costituisce espressione tradizionale della comunità» una «lingua autoctona denominata nediško». Quell’atto avrebbe dovuto fare da preludio alla modifica dello statuto municipale nella parte che recita: «II Comune riconosce e valorizza il dialetto sloveno locale come eredità storica e peculiare della Comunità» (si noti che la magna carta di Pulfero correttamente definisce «slovena» la parlata valligiana) e, secondo i desideri di qualcuno, l’uscita del Comune dall’ambito di tutela della minoranza slovena.

Fortuna che quel piano non andò in porto. Così nelle scorse settimane la giunta comunale di Pulfero ha potuto appellarsi proprio alla legge di tutela della minoranza slovena per avere la deroga al numero minimo di iscritti e tenere aperta la propria scuola dell’infanzia.

Nel dispositivo della deliberazione è stato evidenziato come, con Decreto del Presidente della Repubblica 12 settembre 2007, Pulfero sia inserito tra i Comuni del Friuli Venezia Giulia nei quali si applicano le misure di tutela della minoranza linguistica slovena, a norma dell’ art. 4 della legge n. 38/2001 e «pertanto sussistono le condizioni per l’applicazione delle disposizioni di particolare parametrazione in termini di numeri».

Ora, confidando che la deroga venga concessa, c’è da vigilare affinché nella scuola dell’infanzia la programmazione comprenda «anche argomenti relativi alle tradizioni, alla lingua e alla cultura locali da svolgere anche in lingua slovena», come prevede l’articolo 12 della legge 38/2001, anche perché ai diritti (deroga al numero minimo di iscritti) corrispondono precisi doveri (trasmettere ai bimbi la lingua slovena).

Infine, va fatto un plauso a sindaco e assessori di Pulfero, che hanno compiuto una scelta saggia e intelligente. Del resto è da tempo chiaro a tutti che, di fronte all’eloquenza dei dati sulla situazione demografica e socioeconomica della Benecia, il principale, per non dire l’unico, elemento concreto al quale affidarsi per le residue possibilità di ripresa è proprio quello dell’identità etnico-linguistica della popolazione. Tutto il resto è velleitario. (M. Z.)

https://www.dom.it/v-podbuniescu-so-ohranili-vrtec_pulfero-mette-al-sicuro-lasilo/

Naše jezike podpira tudi demografija / Anche la demografia tutela le lingue

 

Naše jezike podpira tudi demografija
Anche la demografia tutela le lingue

L’autonomia della nostra Regione «si basa fondamentalmente sulle lingue minoritarie: usarle, proporle e innovarle è dunque un’arma di difesa della specialità». Così ha detto il presidente del consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia, Piero Mauro Zanin, introducendo la tavola rotonda organizzata dal consiglio regionale del Friuli-Venezia Giulia dopo le Conferenze dedicate alle minoranze linguistiche friulana, slovena e tedesca. «Bisogna continuare a utilizzarle nelle istituzioni, nelle scuole, nelle associazioni, farle diventare lingue sempre più vive, capaci di tratteggiare il mondo del presente ma anche del futuro, grazie alle nuove tecnologie. Per questi motivi il mio grazie va a tutti quelli che le usano, le promuovono e le diffondono, in quanto fondamento della nostra convivenza civile».

Al dibattito organizzato venerdì, 21 ottobre, all’auditorium «Comelli » nella sede della Regione a Udine, sono intervenuti diversi rappresentanti del mondo delle tre minoranze linguistiche regionali.

Moderati da Fabiana Fusco dell’Università di Udine, nel corso del dibattito si sono confrontati esperti di Arlef, Slori e Università degli studi di Udine nonché amministratori locali, per fare il punto su quanto fatto e da fare nella tutela di sloveno, friulano e tedesco.

L’assessore regionale alle Autonomie locali, Pierpaolo Roberti, ha notato come la Regione Fvg abbia organizzato una conferenza dedicata a tutte e tre le lingue minoritarie presenti nel territorio, per capire le problematiche e quali buone pratiche che si sono dimostrate efficaci per altre lingue possano essere messe in atto. «Il friulano, lo sloveno e il tedesco – ha detto Roberti – sono lingue molto diverse tra loro, ma le criticità a cui siamo chiamati a dare una ri-sposta sono le medesime. Tra queste rientrano sicuramente la possibilità di comunicare in tutti gli ambienti istituzionali della Regione utilizzando la lingua minoritaria, ma anche il problema dello spopolamento delle aree di confine. È necessario favorire l’integrazione nel tessuto comunitario di chi, provenendo da un’altra regione o nazione, desidera approcciarsi a queste lingue».

Nel corso del convegno sono stati illustrati i risultati delle conferenze regionali tenute tra ottobre e novembre 2021 sulla tutela della lingua friulana e delle minoranze linguistiche slovena e tedesca.

Con riguardo al friulano, l’obiettivo è fermare la decrescita dei parlanti. In regione sono 600.000, ma ogni anno il numero cala dello 0,6 per cento. Senza far nulla, nel 2050 scenderebbe a 500.000.

Il direttore dell’Agenzia regionale per la lingua friulana, William Cisilino, ha spiegato come l’ente punti a strumenti innovativi, ad esempio il traduttore automatico italiano-friulano di Google. «Il Piano generale di politica linguistica 2021-25 ha proprio l’obiettivo di fermare questo calo del numero di parlanti. Sappiamo che ci sono tecniche specifiche per arrivare a questo risultato, e leesperienze del Galles e del Paese Basco hanno dimostrato che è possibile invertire il trend».

Il piano guarda a pubblica amministrazione, comunicazione, tecnologie, presenza sociale e acquisizione linguistica. Importante è il ruolo di media e social come Facebook, Instagram e Youtube.

Dall’Istituto sloveno di ricerche- Slori, Devan Jagodic ha spiegato come la terza conferenza regionale della minoranza linguistica slovena abbia rilevato passi avanti, ad esempio l’avvio dell’Ufficio centrale per la lingua slovena e l’accessibilità del sito del Consiglio regionale in sloveno. Manca, però, una programmazione di lungo periodo delle priorità. Le potenzialità di organi come la Commissione regionale consultiva per la minoranza linguistica slovena e l’Assemblea degli eletti in lingua slovena, poi, non sono sfruttate appieno.

Uno studio sul bilinguismo nelle insegne pubbliche mostra come le leggi siano applicate solo al 40 per cento nelle province di Udine e Gorizia. Tra le proposte di Jagodic, quella d’istituire un’Agenzia per la lingua slovena, secondo l’esempio positivo di Arlef, e l’estensione delle disposizioni della legge di tutela della minoranza slovena agli interi ambiti comunali.

Dall’Università di Udine, Francesco Costantini ha riassunto quanto emerso alla prima conferenza regionale sulle minoranze di lingua tedesca. «Negli ultimi anni c’è stato un risveglio di attenzione verso il patrimonio linguistico, ma resta la criticità legata alla dimensione demografica delle varie comunità». L’insegnamento a scuola cozza col mancato ricambio generazionale del corpo docente e la mancata istituzionalizzazione. Servirebbero, quindi, programmazione a lungo termine e una seria formazione degli insegnanti. Anche le varianti di tedesco hanno potenzialità in ambito turistico, per la presa che hanno sui visitatori. Sarebbe auspicabile una loro maggiore presenza in forma scritta.

Dopo le relazioni sono intervenuti anche alcuni consiglieri regionali.

Il consigliere dell’Unione slovena- Ssk, Marko Pisani, ha insistito sull’importanza dell’utilizzo delle lingue minoritarie a livello istituzionale, anche sui siti internet.

Massimo Moretuzzo del Patto per l’Autonomia, Emanuele Zanon di Regione Futura e Franco Mattiussi di Forza Italia hanno parlato della situazione del friulano. Moretuzzo ha notato come nell’insegnamento a scuola si debba essere vigili rispetto al pregiudizio di parte del personale scolastico. Rispetto al numero dei parlanti, poi, il friulano resta poco presente alla radio e alla televisione.

Mattiussi, che ha concordato con Moretuzzo sul potenziale economico delle lingue locali, ha svelato di essere stato un genitore restio a parlare in marilenghe coi figli. «Ora per fortuna i miei figli parlano in friulano correttamente e io ho riscoperto l’importanza della tutela della lingua».

Zanon, che sostiene un modello glocal di sviluppo, ha ricordato il problema della scarsa natalità, che interessa proprio molti piccoli centri in cui le lingue locali sono vive.

In collegamento, il vicepresidente del Consiglio regionale, Stefano Mazzolini, si è soffermato sulle problematiche della minoranza linguistica tedesca. «Nella Valcanale – ha ricordato il consigliere della Lega – siamo riusciti a realizzare una scuola plurilingue a Ugovizza, e anche l’istituto superiore Bachmann a Tarvisio lavora in questa direzione».

Nel corso della giornata sono intervenuti anche esperti italiani dall’estero, Michele Gazzola, dell’Ulster University, e Ada Bier, dall’Università del Paese Basco.

Nel pomeriggio è stata proposta l’organizzazione di altre conferenze congiunte, ad esempio sulla scuola, ribadendo il desiderio di un luogo di confronto istituzionale tra le diverse comunità linguistiche.

La proposta di un’agenzia per lo sloveno

Riprendendo lo spunto di Devan Jagodic dello Slori, il consigliere Marko Pisani (Unione slovena-Ssk) ha proposto la nascita di due agenzie regionali per lo sloveno e il tedesco, sulla scia del positivo esempio di Arlef.

Da parte sua, l’assessore Pierpaolo Roberti ha definito la proposta interessante. «Anche se mi riesce difficile capire come possa essere declinata rispetto all’organizzazione della minoranza slovena che oggi è molto diversa, dove le associazioni sono rappresentate nella commissione consultiva e sono già in grado di influire sugli indirizzi da dare». Pisani ha rilanciato proponendo di ampliare le competenze dell’Ufficio centrale per la minoranza slovena. «E credo che occorra un tavolo istituzionale dove le tre minoranze si possano confrontare e da dove si possano portare le proposte all’Amministrazione regionale». (Luciano Lister)

dal Dom

https://www.dom.it/nase-jezike-podpira-tudi-demografija_anche-la-demografia-tutela-le-lingue/

NOVEMBRE

 


Novembre

A tratti versa qualche goccia il cielo,
qualche piccola lacrima smarrita

e la selva si scuote irrigidita
in un subito brivido di gelo.
Il colchico nei luoghi più deserti
poggia pensoso, e sotto i pioppi lunghi
sorgono, nel silenzio umido, i funghi,
che tengono sempre i loro ombrelli aperti;
e nei giardini taciti e negli orti
nascon, quasi piangendo, i fiori estremi,
i crisantemi per i nostri morti.

Marino Moretti

Marino Moretti (Cesenatico18 luglio 1885 – Cesenatico6 luglio 1979) è stato un poetaromanziere e drammaturgo italiano, noto soprattutto come poeta crepuscolare.

Iniziò come poeta, cantando le cose semplici e umili di tutti i giorni, seguendo un'influenza pascoliana, usando toni dimessi e parole semplici; passò in seguito a scrivere novelle e romanzi, tra cui Puri di cuore, dove il linguaggio diventa più complesso e analitico, tornando ancora alla poesia negli ultimi anni.

Campo di concentramento fascista di Gonars


 Il campo di concentramento di Gonars è stato un campo di concentramento realizzato dal regime fascista nell'autunno del 1941 presso Gonars, in provincia di Udine, e utilizzato per internare i civili rastrellati nei territori occupati dall'esercito italiano nell'allora Jugoslavia.

Storia

La costruzione

Il campo era stato costruito nell'autunno del 1941 in previsione dell'arrivo di prigionieri di guerra russi, ma non fu mai utilizzato per questo scopo. Nella primavera del 1942 invece fu destinato all'internamento dei civili all'interno della “Provincia di Lubiana”, rastrellati dall'esercito italiano in applicazione della Circolare 3C del generale Roatta, comandante della 2ª Armata, nella quale si stabilivano le misure repressive da attuare nei territori occupati e annessi dall'Italia.

Primo utilizzo: la repressione degli oppositori

Le due massime autorità civili e militari della Provincia di Lubiana, l'Alto Commissario Emilio Grazioli e il generale Mario Robotti, comandante dell'XI Corpo d'armata, attuarono le misure repressive: così ci furono fucilazioni di ostaggi, incendi di villaggi e deportazioni di popolazioni intere. Nella notte tra il 22 e il 23 febbraio del 1942 la città di Lubiana fu circondata interamente da filo spinato, tutti i maschi adulti furono arrestati, sottoposti a controlli e la gran parte di essi destinati all'internamento. In breve anche le altre città della "provincia" subirono la stessa sorte.

Arrivo al campo, 1942. Campo di concentramento di Gonars

Gli arrestati furono portati nel campo di concentramento di Gonars, dove nell'estate del 1942 erano presenti già più di 6000 internati, ben oltre le possibilità ricettive del campo, che era allestito per meno di 3000 persone. A causa del sovraffollamento, delle precarie condizioni igieniche e della cattiva alimentazione, ben presto si diffusero varie malattie, come la dissenteria, che cominciarono a mietere le prime vittime.

In questo primo periodo nel campo si trovarono concentrati intellettuali, insegnanti, studenti, operai e artigiani; quindi tutti coloro che erano considerati potenziali oppositori e tra essi c'erano anche molti artisti che alla detenzione nel campo hanno dedicato molte delle loro opere. Sotto pseudonimo erano internati anche esponenti del Fronte di Liberazione sloveno, che sarebbero poi diventati dirigenti della Resistenza jugoslava. Alcuni di essi nell'agosto del 1942 organizzarono una fuga dal campo, scavando una lunga galleria sotto la baracca XXII. Dopo la fuga, la gran parte degli internati fu trasferita in altri campi che nel frattempo erano stati istituiti in Italia, in particolare a Monigo, a Chiesanuova e a Renicci nonché a Visco, in provincia di Udine, a pochi chilometri da Gonars.

Seconda fase: la bonifica etnica

Il campo di Gonars si riempì ben presto di un nuovo tipo di internati: uomini, donne, vecchi e bambini rastrellati dai paesi del Gorski Kotar, la regione montuosa a nord-est di Fiume, e prima deportati a Kampor, nell'isola di Arbe. Qui nel luglio del 1942 il generale Mario Roatta aveva predisposto l'istituzione di un immenso campo di concentramento, destinato ad essere una delle tappe della "bonifica etnica"[1][2][3][4] programmata dal regime nei territori jugoslavi occupati. Nell'estate del 1942 furono internati ad Arbe oltre 10.000 sloveni e croati, in condizioni di vita spaventose, in tende logore, senza servizi igienici né cucine. Infatti i campi di concentramento per jugoslavi erano organizzati dai comandanti dell'esercito italiano secondo il principio espresso dal generale Gastone Gambara: "Campo di concentramento non è campo di ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo". Ben presto la mortalità ad Arbe raggiunse livelli altissimi e il generale Roatta decise di trasferire donne, vecchi e bambini a Gonars, dove, nell'autunno-inverno 1942-43, arrivarono migliaia di persone in condizioni di debilitazione estrema. Così, nonostante l'impegno umano di alcuni degli ufficiali e soldati del contingente di guardia, come il medico Mario Cordaro, nel campo di Gonars oltre 500 persone morirono di fame e di malattie. Almeno 70 erano bambini di meno di un anno, nati e morti in campo di concentramento. Dopo l'otto settembre del 1943 il campo venne occupato dalle truppe tedesche che costruirono in fretta e furia (grazie alla Todt e ai prigionieri) un raccordo ferroviario che dalla località Friulana Gas (Ferrovia Udine-Venezia) raggiunse il lager con ben tre ponti provvisori militari sul fiume Cormor. Il campo fu demolito e chiuso con la liberazione da parte degli Alleati.

La chiusura[modifica | modifica wikitesto]

Come tutti gli altri campi italiani per internati jugoslavi, il campo di Gonars funzionò fino al settembre del 1943, quando, con la capitolazione dell'esercito italiano, il contingente di guardia fuggì e gli internati furono lasciati liberi di andarsene.

Nei mesi successivi il campo fu occupato dalle truppe tedesche e destinato a tutti i prigionieri rastrellati nel Friuli come campo di transito.

Alla fine della guerra, la popolazione di Gonars smantellò il campo utilizzando i materiali per altre costruzioni, come l'asilo infantile, e così oggi delle strutture del campo non rimane più nulla.

Nel 1943 il campo venne raccordato al Bivio Mortegliano sulla ferrovia Basiliano-Udine attualmente denominato Raccordo Friulana Gas

La memoria

Nel dopoguerra l'Ufficio Storico dello Stato maggiore dell'Esercito italiano con la lettera del 17/10/1959 prot. 7732/063[5] ha descritto il campo di concentramento di Gonars in modo molto diverso rispetto alle testimonianze degli ex internati.[6] Inoltre, secondo l'Esercito non risulta siano stati internati nel campo anche cittadini italiani, fatto smentito dalla morte proprio di un cittadino italiano di lingua slovena, residente a Trieste.[7]

A memoria di questo campo di concentramento, per iniziativa delle autorità jugoslave nel dicembre 1973 lo scultore serbo Miodrag Živković dell'Accademia di Arti Applicate di Belgrado, realizzò un sacrario nel cimitero cittadino dove in due cripte furono trasferiti i resti di 453 cittadini sloveni e croati internati e morti nel campo di concentramento di Gonars.

Nel 1993 in occasione del cinquantesimo anniversario dalla chiusura del campo (1943) il Comune di Gonars ha finanziato la pubblicazione di un libro a cura della prof.ssa Nadja Pahor Verri sul campo intitolato "Oltre il filo: storia del campo di internamento di Gonars, 1941-1943". In esso venne ricordata anche la figura del professor Mario Cordaro, ufficiale medico del campo e noto per la sua umanità nei confronti degli internati. Nel 1996 è stata pubblicata una seconda edizione del libro.

Nel 2003 in occasione del sessantesimo anniversario dalla chiusura del campo, il Comune di Gonars ha commissionato alla ricercatrice storica Alessandra Kersevan un nuovo libro sulla storia del campo, intitolato "Un campo di concentramento fascista. Gonars 1942-1943", più volte ristampato, che approfondisce alcuni temi del libro precedente.

Nel 2005 il Comune di Gonars, nell'ambito del progetto "The Gonars Memorial" finanziato dalla Commissione europea, ha promosso il documentario intitolato "The Gonars Memorial - Gonars 1942-1943: il simbolo della memoria italiana perduta", realizzato da Alessandra Kersevan e Stefano Raspa.

Alla fine del 2009 è stato anche inaugurato a cura del Comune di Gonars il Parco della Memoria nel luogo dove sorgeva il campo, con le riproduzioni delle opere fatte dagli internati.

Nel 2011 il regista Dorino Minigutti ha girato un film sulla storia dei bambini internati nel campo, intitolato "Oltre il Filo", sottotitolato in italianoinglesesloveno e in croato.

Ogni anno il Comune di Gonars organizza nel Giorno della Memoria e nel Giorno della Commemorazione dei defunti delle cerimonie commemorative per ricordare quanti perirono nel campo. A queste cerimonie partecipano anche autorità provenienti dalla Slovenia e dalla Croazia.https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_di_concentramento_di_Gonars

Poesia di Drago Stammbuch

 

Antenati


DRAGO ŠTAMBUK

STAMMBUCH

Non ho l’anello d’oro puro,
ma l’occhio che vede l’invisibile
mi conduce dai Boscimani,
mi porta illeso alla corte paterna,
nell’antica montagna sul lago,
sotto il ghiacciaio trasparente e la cupola di neve.

Non ho quell’anello, ma sento i miei
antenati nelle correnti della mia fronte.
È un tocco leggero e benedetto,
è un bacio improvviso con cui mi visitano
nei mezzogiorni ardenti e nelle mattine
azzurre.

Oh, lo splendido sguardo, il respiro gelido
all’origine di Axel, dove nasce il Danubio,
l’innocenza di porcellana di Lohengrin,
che nella profondità dell’Adriatico
ondula raffinato il brillante ovale!

E un bracciale cerca il mio fragile polso,
nel mare, il letto più dolce
per l’albero genealogico che racconta i morti.

(da L’usignolo e la fortezza)

.

È il 2 novembre, giorno in cui si commemorano i defunti. Ho scelto questa poesia di Drago Štambuk che, inserendo elementi dell’epica germanica ripescati attraverso la tetralogia wagneriana dell’Anello del Nibelungo, ricorda i propri antenati: chi non c’è più ma ha contribuito a forgiarci, chi sentiamo talora in noi, in un gesto che facciamo, in uno sguardo o in un nostro tratto somatico che rinveniamo in quelle fotografie che ora ci guardano dalle lapidi dei cimiteri.

.

1024px-Wagner,_R._Rheingold_(München,_1952)

SCENOGRAFIA DI HELMUT JÜRGENS PER “L’ORO DEL RENO”, STAATSOPER, 1952

.

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LA FRASE DEL GIORNO
Ogni uomo è un omnibus in cui viaggiano i suoi antenati.
OLIVER WENDELL HOLMES




drago_stambuk2Drago Štambuk (20 settembre 1950) è un poeta, saggista e ambasciatore croato. Medico esperto di malattie del fegato e di AIDS, ha pubblicato 50 opere poetiche ed è stato ambasciatore in Giappone, Corea del Sud, Brasile, Colombia e Venezuela.


Poesia di Ivan Minatti


 Nostalgija

Ivan Minatti (1924-2012)
Že rumené gozdovi
in oblaki počasneje jadrajo
svojo pot.
In tiho tiho je v meni
in tiho je naokrog.
(...)
Già i boschi si colorano di giallo
e le nuvole più lentamente
veleggiando se ne vanno.
C'è il silenzio in me,
silenzio tutt' intorno.
Ivan Minatti , poeta e tra duttore sloveno. Nacque a Slovenske Konjice il 22 marzo 1924 ed è morto a Ljubljana il 19 giugno 2012. E’ uno dei maggiori rappresentanti dell’intimismo sloveno.

CASA


 CASA

Lassù,sulla cima maestosa

i monti nostri mi compaiono,Sloveni;

lì dietro,in piano,gorgogliano le acque,

ed in rigoglio vedo arbusti e campi.

La stirpe lì gioisce delle sue radici

in una primavera in fiore vivon lì

i miei fratelli e la fortuna lor sorride

che Madre Gloria fa di lor figli solerti.

O dolce stirpe!Gioisci di quest'alba limpida,

ecco che il sol soave spunta,

inviato da Colui che ogni cosa smuove.

Secoli interi passati sconosciuti;

ma or le nubi cedono al sereno,

son giunti tempi provvidi,è ora.


Monsignor Ivan Trinko

zamejski 

padre della Benecia


IVAN TRINKO 

TRINKO Ivan – Zamejski, fautore della conservazione delle peculiarità etniche e culturali della Slavia Veneta, poeta, scrittore, traduttore, linguista, pittore, compositore, professore di filosofia, “padre degli sloveni della Benecia,” nato il 25 gennaio 1863 a Tercimonte nella famiglia  “pri Piernovih”, ivi morto il 26 giugno 1954.

Quarto di due figli e tre figlie (di cui Terezija fu religiosa a Brescia e vi morì). Il padre Anton (1826-1905), piccolo possidente, la madre Marija Golob (1828-1904), casalinga (vedi genealogia in Trinkov koledar 1973).

Frequentò la scuola in lingua italiana a Iellina sotto Tercimonte, sua maestra fu Roza Koren (1870-73), nativa delle Valli; su consiglio del cappellano Valentin Domenis il padre lo iscrisse alle elementari di Cividale (1873-75); già alla fine del primo anno si distinse tanto da meritarsi una medaglia d’oro. Dopo le elementari entrò nel Seminario Arcivescovile di Udine (1875), articolato in un ginnasio-liceo classico e in un seminario vero e proprio. Studente modello saltò la prima classe del liceo diplomandosi nel 1882. Compì gli studi seminariali in quattro anni e celebrò la Prima messa il 21 giugno 1886 a Tercimonte. Per l’occasione gli dedicarono e stamparono tre poesie. Già prima della consacrazione aveva prestato il servizio militare di leva di durata ridotta a Padova, poi rimase al Seminario di Udine sino al pensionamento nel 1942, poiché i suoi superiori gli avevano chiesto di proseguire gli studi e di ricoprire una cattedra d’insegnamento al Ginnasio arcivescovile.

Fu così che Trinko divenne prefetto seminariale, dedicandosi pure per tre anni agli studi di filosofia e delle lingue russa, polacca e ceca.

Nel suo curriculum di studi filosofici a suo tempo non fu chiaro presso quale Università avesse studiato. In occasione della sua prima elezione nel Consiglio Provinciale di Udine La Patria del Friuli  scrisse che aveva studiato “a Vienna e altrove”.  Anche Pasquale Gujon parla di  “una laurea in filosofia”. Il professore Aldo Moretti del Seminario di Udine, il professore Marino Qualizza e il parroco Božo Zuanella ritengono invece che Trinko non avesse compiuto  studi filosofici all’Università perché ciò dal Seminario udinese, istituzione privata, non veniva richiesto a tutti gli insegnanti, essendo all’epoca l’unico criterio di valutazione la capacità professionale e l’irreprensibilità religiosa. (Lettera dello Zuanella del 24 gennaio 1989). In questo periodo fu pure prefetto, perciò approfondì gli studi da solo. Sui suoi indirizzi filosofici influì soprattutto il pensatore friulano Giovanni Battista De Giorgio, che aveva pubblicato nel 1861-62 l’opera  Institutiones philosophicae ad mentem divi Thomae tironum usui… Di lui Trinko parlò e scrisse...https://www.kries.it/kd-ivan-trinko-2/mons-ivan-trinko/biografia/ivan-trinko-it/?lang=it#:~:text=TRINKO%20Ivan%20%E2%80%93%20Zamejski%2C%20fautore%20della,Piernovih%E2%80%9D%2C%20ivi%20morto%20il%2026

Caldo autunnale in Friuli

ieri a Grado da Friulioggi

 Quest'anno  l'autunno è veramente strano.Fa caldo come se fosse ferragosto.Ieri al mare c'era tanta gente che prendeva il sole.E' un fatto insolito per il Friuli.Abbiamo avuto un'estate molto calda che pare continuare.E' un fenomeno che c'è anche in altre parti d'Europa.

1 novembre


 La morte mi è nemica

non mi viene a rapire
e pur con le mie dita
io tento di fuggire
da questa amara vita,
ma non vuole colpire
il mio cuore di foglia,
morte vuole tradire
questa tenera voglia
e morir fa l’insetto
e la gente gentile
ma a me che son reietta
non mi viene a colpire.
(La morte mi è nemica – 
Alda Merini)


La morte è la curva della strada,
morire è solo non essere visto.
Se ascolto, sento i tuoi passi
esistere come io esisto.
La terra è fatta di cielo.
Non ha nido la menzogna.
Mai nessuno s’è smarrito.
Tutto è verità e passaggio.
(La morte è la curva della strada – Fernando Pessoa)


Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.
(Verrà la morte e avrà i tuoi occhi – Cesare Pavese)

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