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Tradizioni pasquali in Alta Val Torre

 


Il compianto Guglielmo Cerno, presidente del Centro ricerche culturali, racconta usi e costumi di una volta

Oggi ci sono le uova di cioccolata con la sorpresa per i bambini, e quelle grandi e decorate da regalare ai grandi. C’è la colomba con ogni tipo di ripieno ed è “nato” perfino l’“albero di Pasqua”, abbellito da figure di pulcini, rondini e rami di pesco.
Ma un tempo, in Alta Val Torre, questo importante periodo dell’anno era segnato da altri usi e costumi, da altre pietanze e rituali. Ce li racconta Guglielmo Cerno, presidente del Centro ricerche culturali di Lusevera, un appassionato e instancabile ricercatore che quei tempi andati, che ha vissuto sulla sua pelle da ragazzino, un po’ li rimpiange: «Erano anni in cui la comunità era viva, solidale – dice –. La valle era popolata, tantissimi i giovani e bambini. Poi sono arrivati i tempi più bui, dell’emigrazione in massa, di intere famiglie, di tante donne a seguito dei loro mariti».
Ma come si aspettava e come si viveva la Pasqua fino agli anni Sessanta del secolo scorso? Prima che i paesi dell’Alta Val Torre si spopolassero e prima dell’avvento della modernità?
«Prima di tutto le donna pulivano da cima a fondo l’intera casa ed esponevano alle finestre i panni, dalle lenzuola a tutto quello che avevano, perché “prendesse aria”, per dare un senso di pulizia, per dare ossigeno agli ambienti domestici dopo il periodo freddo, chiuso e buio dell’inverno », ricorda Cerno.
«Lucidavano a fondo anche i secchi che usavano per andare a prendere l’acqua nelle fontane, che diventavano veramente brillanti. Non c’erano i rubinetti in casa. Tutto si rinnovava. E poi c’era la preparazione del “piatto” tipico pasquale: lo chiamavano il “pane che profuma”. Veniva fatto con quel che le donne avevano messo via nell’inverno e che avevano recuperato anche fuori dalla valle. Era delizioso e tutti noi non vedevamo l’ora di poterlo mangiare. Ma non si poteva farlo subito. C’erano regole ben precise, per quella pagnotta squisita, e i grandi stavano bene attenti che noi ragazzi le rispettassimo».
Il pane, cui alcune donne aggiungevano anche delle patate, veniva cotto nei forni a legna. E ai tempi c’erano solo due famiglie, in valle, a possederlo. Così, a turno, ogni famiglia andava a cuocerlo da loro, e poi lo teneva da parte fino alla celebrazione della messa. «Il pane, infatti, andava prima portato in chiesa e benedetto dal sacerdote. Solo dopo poteva essere consumato. Nessuno sgarrava. E nessuno dimenticava di inciderci sopra una croce».
Quella delizia veniva mangiata da sola, o con un po’ di salame per chi aveva più possibilità “economiche” e a volte veniva accompagnata con del brodo: «Un brodo fatto con qualche pezzo di maiale messo via durante l’inverno. Prima di Pasqua non si toccava nulla, neanche il lardo. Solo dopo».
E, ancora, il “pane che profuma” veniva portato su un colle dell’Alta Val Torre dai ragazzi che festeggiavano insieme il Lunedì dell’Angelo: «Era una festa meravigliosa, in cui ci sentivamo felici, rigenerati. Mangiavamo come merenda non solo il pane profumato ma anche le uova, perché tutte le famiglie, oltre alle mucca e al maiale, avevano tante galline. Le uova si lessavano e diventavano dure, come si fa oggi; a volte anche si coloravano, con le erbe o anche con le matite». La tradizione dell’uovo solo a Pasquetta è forse l’unica rimasta ancora oggi, di quei tempi.
Guglielmo Cerno ricorda come nel Venerdì Santo fosse proibito a tutti di lavorare, perché in quel giorno era morto Gesù. L’unica attività permessa, ma in maniera molto limitata, era rassettare casa.
«La Pasqua era una festività che faceva un po’ da spartiacque, per l’agricoltura: prima si piantavano solo le patate, perché altrimenti, a metterle in terra più tardi, avrebbero fatto il germoglio. Per il resto si arava, e si arava tutto a mano. Quello che con sudore e sacrificio si otteneva dalla campagna, veniva usato per mettere in tavola e sfamarsi, e come merce di baratto. Perché non c’erano soldi. Anche il prete veniva ringraziato, ogni giorno, con un litro di latte, a turno, da parte di ogni famiglia. Veniva a prenderlo di mattina presto, la sorella, la madre o una persona che lo seguiva nelle sue necessità. Due giorni all’anno, poi, tutto quello che la latteria produceva veniva dato al sacerdote: forme di formaggio, burro e il resto. Nel periodo della Pasqua non si facevano offerte al parroco ma subito dopo sì, quando passava a benedire le case».
Nel giorno del Venerdì Santo era proibito suonare le campane e la chiesa, nei suoi interni, veniva completamente coperta con dei drappi color viola, il colore della Passione.
«Tutte le immagini in chiesa venivano coperte e non solo quelle: anche tutte le croci, che un tempo erano molto numerose. Solo un crocifisso, quello più grande, veniva esposto, per l’Adorazione – spiega Cerno –. A turno, poi, ogni famiglia pregava per un’ora ai piedi di questo simbolo sacro. C’erano tutti e i nonni erano quelli che più insistevano perché i più piccoli fossero presenti. Poi, sempre il Venerdì Santo, si faceva un falò, fuori dalla chiesa. Da quel grande fuoco che ardeva si accendevano delle fiaccole e si formava un corteo. Era la processione, che girava attorno alla chiesa e attorno al cimitero». Anche oggi si prega, nel Venerdì Santo, ma s’è persa la memoria, e l’uso, della pira e delle fiaccole, sostituite dall’accensione di candele e ceri devozionali.

P. T.
dal dom del 31 marzo 2007

Villanova delle grotte-Zavarh

Una Pasqua per la pace tra le genti

 

«Possano le celebrazioni pasquali della morte e risurrezione di Cristo essere fermento vivo di riconciliazione e pace tra individui, famiglie, gruppi e nazioni, perché prevalga non l’avidità e la violenza, ma la pace e la solidarietà ». È l’augurio pasquale che padre Paolo Cocco rivolge da Castelonte/ Stara gora, in primo luogo agli abitanti delle valli per i quali l’antico santuario mariano è un importante punto di riferimento Padre Cocco – «brat Pavel» gli piace farsi chiamare in sloveno – è un frate Cappuccino. Originario della provincia di Vicenza, padre Cocco, oltre al servizio a Castelmonte insegna ecumenismo a Roma alla Pontificia università San Tommaso e all’istituto di teologia Clarettianum, che fa capo alla Pontificia università lateranense. Nelle Valli del Natisone è conosciuto anche perché ha spesso concelebrato e anche presieduto, quando mons. Marino Qualizza era indisponibile, la Santa Messa in lingua slovena del sabato pomeriggio nella chiesa parrocchiale di San Pietro al Natisone.

Padre Cocco, dopo la pandemia, la guerra. Come può la Pasqua farci uscire dall’angoscia del presente?

«Siamo un po’ tutti come dei “sopravvissuti” alla pandemia. Se la caratteristica della cultura slovena che mi ha affascinato per prima è stata la devozione alla Madonna, espressa in bellissimi canti, un’altra è proprio quella che avverto come sanante in questo tempo di ulteriore crisi e di angoscia: la devozione alla Passione di Cristo, che un mio confratello, Romuald, nato a Štandrež, presso Gorizia, ha efficacemente promosso a Škofja Loka scrivendone un canovaccio per la rappresentazione nel 1721. Quando prego meditando sulla “Via crucis” di Gesù, la sofferenza che di solito rifiuto di considerare perché può provocare in me paura, indignazione e perfino odio verso coloro che ne figurano causa, se la contemplo con fede come sofferenza che Dio ha condiviso con noi in Cristo, può diventare sofferenza salvifica che mi rende più umano e più credente. È questa la grazia della redenzione che noi cristiani, come i nostri martiri, siamo chiamati a testimoniare e offrire».

Alla luce delle sue conoscenze del mondo ortodosso orientale, che lettura può darci della guerra tra Russia e Ucraina?

«Il campo in cui mi sono impegnato di più in ambito ecumenico è stato l’approfondimento e il confronto con il mondo evangelico, protestante. Grazie a Dio però prima ho maturato una conoscenza e un amore profondo per quello ortodosso. Si sa che il “tallone d’Achille” delle Chiese ortodosse è che sono Chiese nazionali, anche se per principio vorrebbero escludere ogni tipo di nazionalismo. Ho imparato che le radici prossime della cultura e della fede dei russi si trovano proprio in Ucraina, a Kiev. Tra Russia e Ucraina c’è un rapporto storico che mai potrà essere negato, simile a quello che c’è tra ebraismo e cristianesimo, anche se a legarle paradossalmente è la stessa religione e la stessa fede».

Papa Francesco ha più volte definito “sacrilega” le guerra in Ucraina, mentre il patriarca russo Kirill sembra quasi benedirla. L’ecumenismo è messo all’angolo?

«Se intendiamo l’ecumenismo come qualcosa che si realizza soprattutto con conferenze e la diplomazia, l’ecumenismo può risultare illusorio e fallimentare. Ricordo che già lo scorso dicembre papa Francesco aveva pubblicamente espresso il desiderio di incontrare di nuovo in qualsiasi luogo il patriarca Kirill. Dà speranza il fatto che un incontro, sia pure a distanza, tra i due c’è stato e non credo che sia stato inutile, anche se siamo tentati di pensarlo. In realtà l’ecumenismo, nel suo significato originario di casa e quindi di fratellanza che vorrebbe essere universale, se sostenuto da autentica vita spirituale, è l’unico vero antidoto ai conflitti. E anche il conflitto tra Russia e Ucraina non sarà mai superato se non attraverso una purificazione della memoria (cf. enciclica di Giovanni Paolo II, “Ut Unum sint”, 2)».

Cosa possono fare le nostre comunità e ogni cristiano in questa situazione?

«Qui, nel nostro santuario per secoli denominato “Sancta Maria in monte”/ Stara Gora, come altrove, possiamo e dobbiamo reagire con le armi della preghiera e della carità. Continuiamo a pregare per la pace ad ogni celebrazione. Domenica, 3 aprile, abbiamo destinato le offerte raccolte per i nostri confratelli rimasti in Ucraina e per quelli che accolgono i profughi nei conventi vicini alla frontiera. Ci stiamo organizzando perché i profughi chescappano da là siano ospitati anche in locali di proprietàdel nostro santuario, mettendoli a disposizione della Charitas della nostra diocesi. Così speriamo che si farà anche in tutti i comuni della Benecia».

Qual è il suo messaggio per gli abitanti della Benecia?

«La condizione della Benecia mi sembra analoga – ma, sia chiaro, solo per certi aspetti – a quella di regioni dell’Ucraina classificate come separatiste. Se il governo di Kiev avesse concesso una ragionevole autonomia a quelle regioni, forse questa inumana invasione non ci sarebbe stata. Chi è affetto da residui di spirito fascista vorrebbe vedere tutto bianco o nero, mentre invece Dio ha creato il mondo con diversi colori e sfumature. Mi auguro che la gente della Benecia possa superare ogni complesso, paura o risentimento nei confronti di possibili espressioni di nazionalismi italiani o friulani considerando la propria peculiarità come dono, opportunità e bene per tutti. Le popolazioni “cuscinetto”, come gli italiani di cultura slovena e gli sloveni e croati di cultura italiana o veneziana, sono chiamati a essere un filtro e un’istanza di dialogo e di fratellanza tra popoli diversi». (Ezio Gosgnach)

https://www.dom.it/velika-noc-za-mir-med-ljudmi_una-pasqua-per-la-pace-tra-le-genti/

Crasulas a Enemonç di #STEFANOMORANDINI #RAGANELLE #CARNIA

TRADIZIONI PASQUALI IN CARNIA

Citazione di Turoldo


 „Ogni guerra è sempre un atto contro la ragione e il ricorso alla guerra è sempre una sconfitta della ragione. Anzi, io credo che bisognerà cambiare perfino la categoria culturale: non ci saranno più né vittoriosi né vinti, ma saremo tutti sconfitti. Perché, appunto, sarà la forza bruta che vince su qualunque cosa. È tutta l'umanità a perdere. Io, difatti, non sono qui a mettermi contro qualcuno, sono qui a mettermi soltanto in favore della pace, perché solo la pace è il trionfo della ragione.“ —  David Maria Turoldo


Fonte: https://le-citazioni.it/frasi/194383-david-maria-turoldo-ogni-guerra-e-sempre-un-atto-contro-la-ragione-e-i/

David Maria Turoldoal secolo Giuseppe Turoldo (Coderno22 novembre 1916 – Milano6 febbraio 1992), è stato un presbiteroteologofilosofoscrittorepoeta e antifascista italiano, membro dell'ordine dei Servi di Maria. È stato, oltre che poeta, figura profetica in ambito ecclesiale e civile, resistente sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso, di ispirazione conciliare. È ritenuto da alcuni uno dei più rappresentativi esponenti di un cambiamento del cattolicesimo nella seconda metà del '900, il che gli ha valso il titolo di "coscienza inquieta della Chiesa".

Il cielo è di tutti

 lI 14 aprile 1980 moriva Gianni Rodari, il padre della letteratura infantile e per ragazzi. L’autore di poesie, racconti, favole, amatissimo ancora oggi, ci ha regalato questa preziosa poesia contro quelli che sono i confini, le discriminazioni, le ingiustizie. Infatti, nonostante i destinatari primari siano i bambini, i versi di Gianni Rodari colpiscono anche il cuore degli adulti, facendoli riflettere ed emozionare.


il cielo è di tutti gli occhi
di ogni occhio è il cielo intero.
È mio, quando lo guardo.
È del vecchio, del bambino,
del re, dell’ortolano,
del poeta, dello spazzino.
Non c’è povero tanto povero
che non ne sia il padrone.
Il coniglio spaurito
ne ha quanto il leone.
Il cielo è di tutti gli occhi,
ed ogni occhio, se vuole,
si prende la luna intera,
le stelle comete, il sole.
Ogni occhio si prende ogni cosa
e non manca mai niente:
chi guarda il cielo per ultimo
non lo trova meno splendente.
Spiegatemi voi dunque,
in prosa od in versetti,
perché il cielo è uno solo
e la terra è tutta a pezzetti


Gianni Rodari


Proverbio di oggi

 "Le ore del mattino hanno l'oro in bocca"

Grazie al riposo notturno le ore del mattino sono le più preziose. perchè sono quelle in cui riusciamo a fare di più e meglio.


sereno giorno

 

alta val Torre

Giornata internazionale del bacio




 Questa data è stata scelta grazie al bacio più lungo della storia, che è durato 58 ore e che ha avuto per protagonista una coppia thailandese durante una gara. La coppia ha battuto il suo stesso record di 46 ore consecutive.

Il mese di aprile 1896, inoltre, ha visto l'uscita nelle sale del film The Kiss, diretto da William Heise, con protagonisti May Irwin e John C. Rice. Si tratta di un cortometraggio di circa 18 secondi che raffigura una rievocazione del bacio tra i due attori nella scena finale del musical teatrale The Widow Jones di John J. McNally.

Specialmente in questo periodo abbiamo tanto bisogno di baci e tenerezze.

Vincitori e vinti

“In guerra non ci sono vincitori, ma tutti sono perdenti, qualunque parte possa vantarsi di avere vinto.”

NEVILLE CHAMBERLAIN 


GATTICI


 E vi rivedo, o gattici d'argento,

brulli in questa giornata sementina:

e pigra ancor la nebbia mattutina :

sfuma dorata intorno ogni sarmento.

Già vi schiudea le gemme questo vento

che queste foglie gialle ora mulina;

e io che al tempo allor gridai, Cammina,

ora gocciare il pianto in cuor mi sento.

Ora le nevi inerti sopra i monti,
 
e le squallide piogge, e le lunghe ire

del rovaio che a notte urta le porte,

e i brevi dì che paiono tramonti

infiniti, e il vanire e lo sfiorire,

e i crisantemi., il fiore della morte.

Giovanni Pascoli

Firenze, ritrovato e restituito agli Uffizi dopo 37 anni 'La Sacra Famiglia con Santa Caterina d'Alessandria'


 I Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale hanno restituito alle Gallerie degli Uffizi un dipinto di un pittore di area veneto-romagnola del XVI secolo raffigurante La Sacra Famiglia con Santa Caterina d’Alessandria: il quadro, di proprietà del museo fiorentino, era stato trafugato da ignoti nel gennaio del 1985 dalla chiesa di San Michele a Monteripaldi, nei dintorni di Firenze, dove si trovava in deposito dal 1970. La riconsegna ufficiale, a seguito di confisca, è avvenuta oggi, lunedì 11 aprile: ad affidare l’opera al direttore delle Gallerie degli Uffizi Eike Schmidt è stato il tenente colonnello Giuseppe Marseglia.


Le verifiche condotte attraverso la consultazione della “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, il più grande database al mondo di opere d’arte trafugate, gestito dallo stesso comando TPC, hanno permesso di identificare la corrispondenza tra il quadro messo in vendita su internet e quello censito nel sistema informativo...continua https://www.055firenze.it/art/212703/Firenze-ritrovato-restituito-agli-Uffizi-dopo-37-anni-La-Sacra-Famiglia-con-Santa-Caterina-dAlessandria


56 anni fa Jurij Gagarin nello spazio

 


12 aprile 1961 - 56 anni fa Jurij Gagarin fu il primo uomo a volare nello Spazio #AccaddeOggi
Gagarin disse:da quassù la terra è bellissima senza frontiere nè confini

Buona giornata


 Catena dei Musi e il Torre
foto di F.Artini

Con la forza della preghiera



Un atto spirituale atteso da molto tempo dal popolo ucraino. «I cattolici ucraini sin dall’inizio dell’aggressione russa nel 2014 chiedevano questo atto come urgente bisogno per evitare l’aggravamento della guerra e dei pericoli che pervenivano dalla Russia». Così l’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa greco-cattolica ucraina, commenta la consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore Immacolato di Maria avvenuta il 25 marzo, durante la Celebrazione della Penitenza presieduta nella basilica di san Pietro da papa Francesco. In comunione con il santo padre si sono unite tutte le diocesi. Il card. Krajewski ha presieduto l’atto di consacrazione a Fatima.
«Nell’arco dei miei incontri con il Santo Padre – ricorda mons. Shevchuk – ho trasmesso questo desiderio dei fedeli della nostra Chiesa alla sua premura paterna. Con l’invasione della Russia su vasta scala, da parte dei nostri fedeli sono pervenute da tutte le parti del mondo le preghiere di compiere questo atto. Siamo grati al santo padre per aver innanzitutto accolto la richiesta della Madonna manifestata durante l’apparizione del 13 luglio 1917 a Fatima, e dei suoi figli, per proteggere l’Ucraina e fermare “gli errori della Russia che promuove guerre e persecuzioni della Chiesa”. Dunque, oggi vediamo il compimento delle parole della Madonna che ha detto: “I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte”. Affidiamo al Cuore Immacolato di Maria tutte le nostre sofferenze e speranze per la pace nel nostro paese martoriato».
Nel comunicato il segretariato dell’arcivescovo maggiore ricorda che la tradizione della Consacrazione alla Madre di Dio è molto antica. Il popolo della Rus’-Ucraina fu consacrato alla protezione della Beata Vergine Maria dal pio principe Yaroslav il Saggio. Il card. Myroslav Ivan Liubachivsky ha rinnovato questa consacrazione nel 1995 a Zarvanytsia. L’atto di consacrazione dell’Ucraina sotto la protezione della Beata Vergine Maria ha avuto luogo domenica, 6 aprile 2014, in tutte le chiese della Chiesa greco-cattolica ucraina in Ucraina e negli insediamenti. Il 23 ottobre 2016 Shevchuk a Fatima ha compiuto l’atto di consacrazione dell’Ucraina al Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria.
M. C. B.

da https://www.dom.it/niso-streljali-a-so-zmagali_hanno-vinto-senza-sparare/

Buona domenica delle Palme


 

Uova decorate per Pasqua

 


Un po’ ovunque, per Pasqua si preparano uova colorate e decorate, in genere nel pomeriggio del Sabato Santo. Nei paesi di lingua slava e in Slovenia le uova colorate si chiamano pierhe, pirhi, pisanice o pisanke.

Nella domenica delle Palme, il 10 aprile, il circolo Kobilja glava di Drenchia mostrerà come decorare le uova con la tecnica del graffio. Alle 15.00 potrete vederlo in videoconferenza al link: https://m.facebook.com/kobiljaglavait


UNA DELLE USANZE PASQUALI  RADICATE E VIVE ANCORA OGGI IN ALCUNI PAESI NELLA BENEČIJA È, OLTRE ALLA BENEDIZIONE DELL’ULIVO, LA BENEDIZIONE DEL PANE,DEL VINO,DELLE UOVA COLORATE CON LE ERBE E DEI DOLCI PASQUALI (GUBANA NELLE VALLI DEL NATISONE).
A ZAVARH/VILLANOVA DELLE GROTTE DEI PANINI DOLCI,APPOSITAMENTE PREPARATI, VENGONO BENEDETTI ALLA FINE DELLA MESSA E POI OFFERTI AI PARTECIPANTI.
GRAGIULA 001

gragiula o raganella

Una volta,durante la settimana Santa,quando le campane non suonavano,i bambini andavano per il paese e suonavano con”la gragiula” o “raganella”dal quindicinale dom.http://www.dom.it/velikonone-navadeemle-tradizioni-di-pasquaem/La Pasqua è la festa cristiana più antica e più sentita, in cui si commemorano la passione, la morte e la resurrezione di Gesù. Non si tratta, però, solo di una commemorazione: nella liturgia della Settimana Santa partecipiamo ai misteri della fede. Cristo è risorto di notte, o meglio, all’alba del primo giorno della settimana, che venne per questo chiamato «giorno del Signore. Quella notte è stata fondamentale per tutto il genere umano: in quella notte è iniziata una nuova era della storia dell’uomo.È interessante notare che gli sloveni chiamano la Pasqua «Velika noč», ovvero «grande notte». Quest’espressione deriva dalla liturgia aquileiese. La cerimonia antica, infatti, prevedeva una lunga vigilia notturna che terminava al mattino con una processione al sepolcro di Gesù. Questa processione viene effettuata ancora in alcuni luoghi della Slovenia con la statua del Cristo Risorto.Anche nelle Valli del Natisone si sono conservate ancora oggi molte tradizioni. In questa zona, alcuni dei simboli di questa festività sono le uova dipinte e le colombine che si portano a benedire il Sabato Santo.

Un lupo tra le case a Forni di Sopra

 


Un lupo è stato avvistato venerdì 8 aprile a Forni di Sopra. L'esemplare è stato filmato mentre, diffidente, attraversava velocemente la statale 52 che attraversa il paese, salvo poi infilarsi tra le case. Alcune persone hanno segnalato la sua presenza, confermata nel tempo anche dal ritrovamento di alcune carcasse di animali selvatici, sbranati dai lupi.

La situazione è attentamente monitorata dal Comune. Sarebbero due gli esemplari che frequentano la zona, stando ai rilievi. Probabilmente si tratta di una coppia.
Presto sarà organizzato un incontro con la cittadinanza per fornire informazioni. Nel frattempo l'invito è quello di non lasciare cibo a disposizione degli animali e si raccomanda il corretto conferimento dei rifiuti.https://www.ilfriuli.it/articolo/cronaca/un-lupo-tra-le-case-a-forni-di-sopra/2/264072

Ta-na Rado - Sito fortificato di Resia


 A Resia, sabato 2 aprile, sono stati presentati ufficialmente al pubblico per la prima volta i reperti e i risultati delle ricerche nel sito archeologico del Castello (ta-na Rado) sopra Stolvizza-Solbica. L'iniziativa per questo importante progetto, con il quale hanno acquisito importanti spunti sulla storia di Resia, è stata data dal Museo del Popolo di Resia.

Resia è nota per il suo ricco patrimonio culturale, di cui una parte importante è la tradizione orale. E una di queste storie, quella del principe di Grad e di suo figlio, è stata la ragione per iniziare le ricerche su Stolvizza. Il manoscritto del 17° secolo menziona anche che un tempo vi era un forte fortificato. In tre anni - i lavori sono stati eseguiti tra il 2018 e il 2021 - la giornata ha attirato i resti di quasi l'intera parete esterna del forte fortificato, monete, parti di anfore, oggetti decorativi e altri con i quali hanno imparato molto sulla vita nel forte sopra Stolvizza, che si è prima formato per scopi militari (tra il III e il IV secolo), e poi si è sviluppata in un vero e proprio insediamento.
Sotto la guida scientifica della Soprintendenza Archeologia, Tutela dei Monumenti e Paesaggio della Friuli, un team di esperti del Museo, i volontari dell'Associazione ViviStolvizza e il Gruppo di Ricerca Storica del Po di Storico hanno collaborato con gli esperti e l'Ispettore Provinciale Onorario SABAP Giovanni Carlo Fiapp. La ricerca archeologica è stata condotta nell'ambito del progetto 'Tradizione viva - Žïwa nawada. Poesie e leggende della Val Resia', che ha avuto il sostegno di FVG Land e che ha così consentito loro di portare a termine con successo il loro ambizioso lavoro.
Ora che il lavoro di ricerca è terminato, è giunto il momento di diffondere i risultati della ricerca archeologica e promuoverla. Questo è anche l'obiettivo della mostra, che sarà visitabile al Museo dei Resia di Stolvizza almeno fino a settembre 2023 ed è stata inaugurata ufficialmente il 2 aprile. La mostra è accompagnata da un catalogo bilingue. La pubblicazione presenta i risultati delle ricerche archeologiche, i reperti e i principali ritrovamenti sulla vita a Resia in epoca tardo romana tra il III e il IV secolo e nell'alto medioevo tra il VI e il VII secolo, e soprattutto il grande lavoro svolto nel sito si trova a 1083 m slm e al quale non conduce una strada di accesso.
Il pubblico può anche imparare molte cose interessanti dal documentario “Ta-na Rado. Tra leggenda e realtà. Alla scoperta di un sito archeologico in Val Resia” (di Andrea Marmai e pubblicato su YouTube), che inizia con una fiaba che ha incoraggiato la ricerca archeologica in un'area che ormai sappiamo essere un importante punto strategico.
tradotto dal Novi Matajur