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La violenza sulle donne è il prodotto di un problema strutturale dell’intera società

 


Sono state 120 nel 2020 le donne vittima di femminicidio in Italia. Una ogni tre giorni. Più delle 111 uccise nel 2019.

Ma il femminicidio, ovvero un omicidio che si compie su un soggetto identificato con il genere femminile rimarcandone in questo modo l’estrema subordinazione, è solo il caso più estremo di violenza di genere. Che, a sua volta, è il prodotto “di un problema strutturale della nostra società. In cui si riproduce una differenza gerarchica, stabilendo la superiorità di un genere sull’altro. Superiorità che si realizza prima di tutto per mezzo della riproduzione diffusa di modelli che costringono a vivere in un determinato ruolo e in cui le donne e quanti non si riconoscono nel binarismo di genere vengono costantemente penalizzate e penalizzati”.
Valentina Moro della Commissione pari opportunità del comune di Cividale spiega che l’obiettivo della serie di eventi organizzati dall’assessorato e dalla stessa commissione comunale in occasione della giornata internazionale (il 25 novembre) contro la violenza sulle donne fosse appunto quello di definire i contorni del fenomeno e promuovere gli strumenti per combatterlo. Oltre che far conoscere i servizi presenti sul territorio che possono intervenire contro la violenza di genere, ma anche promuovere formazione ed educazione alle differenze.
Gli eventi – sostenuti dal Comune e dalla Regione – sono stati realizzati in collaborazione con le associazioni “IoTuNoiVoi – donne insieme”, Centro antiviolenza nella città di Udine, e “ZerosuTre”, che fa volontariato per combattere la violenza di genere.
Dal 20 novembre al 4 dicembre sono state esposte le illustrazioni di Anarkikka (Stefania Spanò). Il 25 novembre si è tenuto il ‘Confini: laboratorio esperienziale sul concetto di relazioni” curato da Francesca Malatesta e Nadia Scarpini. In chiusura, il 4 dicembre, il workshop “che genere di linguaggio? Comunicare la violenza” cui hanno partecipato l’artista Anarkikka, Lucia Beltramini (Università di Trieste), Maddalena Bosio (avvocata), Rosi Toffano (avvocata, presidente ZerosuTre), Eleonora Baldacci e Alice Boeri (Centro antiviolenza IoTuNoiVoi – Donneinsieme).

Nuove norme e repressione non sono sufficienti
Il quadro normativo su repressione e prevenzione delle violenze di genere si è evoluto negli ultimi dieci anni. Rosa Anna Rita Richichi, presidente della commissione Pari opportunità di Cividale ricorda l’introduzione del reato di stalking, il codice rosso, il reato di femminicidio, l’inasprimento delle misure restrittive di allontanamento per cui oggi, con le nuova misure introdotte dal governo recentemente, è possibile anche imporre l’uso del braccialetto elettronico. Eppure – è emerso durante gli incontri di Cividale – rimangono aperte da un lato la questione della tempestività degli interventi che viene meno nel periodo che intercorre tra la denuncia delle violenze e le sanzioni, dall’altro il sottofinanziamento dei centri antiviolenza che sostengono e accolgono le donne che subiscono abusi. Fra lungaggini burocratiche, regolamenti poco chiari e livelli decisionali fra stato e regioni che si sovrappongono, il dato più eclatante che è emerso è che nel 2020, ai centri antiviolenza sono arrivati solo il 10 per cento dei fondi previsti. Per il 2019.
Le nuove normative in qualche modo potrebbero comunque spiegare l’aumento delle denunce che si è registrato negli ultimi anni favorendo quindi, con ogni probabilità, una parziale emersione del fenomeno della violenza di genere nel dibattito pubblico. Benché rimangano alcune situazioni paradossali come l’affidamento condiviso dei figli quando è contemporaneamente in vigore il decreto di allontanamento nei confronti del padre. In ogni caso “Quando si arriva alla denuncia o al centro antiviolenza – dice Richichi – è già tardi.”

Le disparità economiche e la colpevolizzazione secondaria delle vittime
La violenza sulle donne resta infatti spesso un fenomeno sommerso che le statistiche faticano ad intercettare. Emergono per ovvie ragioni i casi di femminicidio: il 92,3 per cento dei delitti del 2020 è avvenuto nella sfera familiare – affettiva. Ed è questo il contesto in cui le violenze che non sfociano nell’evento estremo fanno più fatica ad essere denunciate. Le ragioni sono da ricercare in quella stereotipizzazione dei ruoli di genere: molte donne provano vergogna a denunciare o non lo fanno perché non sono indipendenti economicamente.
Rientra nel primo tipo di motivazioni la colpevolizzazione secondaria delle vittime, sia sui media che nei processi. Le donne che subiscono violenza sessuale vengono colpite nuovamente dopo la denuncia da narrazioni – subdole – prodotte, oltre che dai media, anche in sede giudiziaria dai legali degli accusati che ne mettono in discussione la moralità, dai presunti atteggiamenti fino al modo di vestire.
Spesso poi ci sono questioni economiche: il divario di posizioni di vertice nel mondo del lavoro (anche nei media) fra donne e uomini è una rappresentazione evidente della mancata parità di genere. Come lo è anche il dato per cui il 99 per cento dei lavoratori che hanno perso l’impiego in Italia a seguito della crisi sanitaria siano state proprio donne.
Sebbene quindi la questione di genere sia tutt’altro che risolta ci sono alcuni segnali che potrebbero essere interpretati come positivi. Detto delle migliorie del quadro normativo e dell’aumento delle denunce, c’è anche il dato dell’aumento delle segnalazioni delle violenze domestiche subite dalle donne da parte dei figli. Potrebbe essere il segnale di una maggior consapevolezza acquisita dalle giovani generazioni. In parte dovuto anche agli interventi nel sistema educativo. Piccoli segnali che non devono far abbassare la guardia.
Chiunque avesse quindi bisogno di sostegno può contattare:

Codice rosso 1522 (numero gratuito di pubblica utilità antiviolenza e stalking)

Centro antiviolenza di Cividale:
392 5435847
ascolto@irss.it

Associazione ZerosuTre:
392 0228525
zerosutre@gmail.com

Associazione IoTuNoiVoi:
0432 421011
centroantiviolenza@iotunoivoi.it

da https://novimatajur.it/senza-categoria/la-violenza-sulle-donne-e-il-prodotto-di-un-problema-strutturale-dellintera-societa.html

Uomo aggredito a Malborghetto, potrebbe trattarsi di un lupo

 

La vittima ha subito un morso nel tentativo di proteggere il suo cane. Il sindaco e Federcaccia vogliono vederci chiaro

Uomo aggredito a Malborghetto, potrebbe trattarsi di un lupo

Da giorni a Malborghetto-Valbruna non si parla d'altro che dell'aggressione subita da un cittadino che risiede nella frazione di Santa Caterina.

Giovedì 9 dicembre, in piena notte, un animale nero - non ancora ben identificato - è entrato in un'abitazione, iniziando ad attaccare il cane che vive all'interno. Per proteggere il suo amato fido, il proprietario ha iniziato una colluttazione con l'intruso a quattro zampe, rimediando un morso.

A raccontare la vicenda è stato il sindaco, Boris Preschern, che ha reso noto come l'animale in questione potrebbe essere un lupo ibrido, almeno secondo quanto riferito dal suo concittadino. A stabilire l'esatta identità della specie in questione, però, saranno le analisi disposte sui peli lasciati dal canide durante l'aggressione.

Il primo cittadino, infatti, affinché non ci siano dubbi, questa mattina ha informato con una nota dettagliata le autorità forestali competenti e la Prefettura, chiedendo un accertamento e l'avvio di soluzioni immediate ed efficaci per contrastare la proliferazione dei lupi nel territorio.

"Quando accaduto ci fa pensare che probabilmente si è atteso troppo tempo per intervenire sui lupi", ha commentato Preschern...https://www.ilfriuli.it/articolo/cronaca/uomo-aggredito-a-malborghetto-potrebbe-trattarsi-di-un-lupo/2/257317

MORIRE AL CONFINE


 L'ennesima vittima al confine tra Croazia e Slovenia. Questa volta a perdere la vita è stata una bambina che insieme alla madre e ai fratelli cercava di raggiungere la Slovenia attraversando il fiume Dragogna. Negli ultimi 4 anni in Slovenia sono morti 23 migranti

15/12/2021 -  Stefano Lusa Capodistria

Una bambina curda di 10 anni è affogata mentre tentava di attraversare con la mamma il Dragogna. I soccorritori hanno impiegato giorni per ritrovare il corpo impigliato tra i rami a circa 2 metri di profondità.

Il fiumiciattolo che separa la Slovenia dalla Croazia era già salito alla ribalta delle cronache internazionali per l’irrisolta disputa confinaria tra i due paesi. Lubiana, durante la crisi migratoria del 2014, lo ha transennato, come ha fatto con tutto il resto del confine, con barriere e rotoli di filo spinato, per rendere più difficoltoso il passaggio illegale della frontiera.

Giovedì scorso una quarantasettenne con i suoi quattro bambini ha cercato di guadare il fiume per entrare in Slovenia. Il figlio diciottenne e un altro bimbo di cinque anni sono riusciti ad arrivare sulla sponda slovena; la donna con sulle spalle la bambina è rimasta in mezzo al corso d’acqua, mentre l’altro figlio tredicenne anni è restato bloccato sul versante croato. Le acque, ingrossate dalle piogge dei giorni precedenti, hanno trascinato via la bimba, mentre la madre è rimasta aggrappata ad un tronco. È stato il figlio sulla sponda croata a dare l’allarme, bussando alla porta di una casa e urlando in inglese le uniche parole che conosceva: “help”, “help”. Il proprietario è andato immediatamente sul posto e poco dopo è arrivato anche un agente della polizia croata che si è buttato nel fiume, ma non è riuscito a far altro che a impedire che la piena portasse via anche la donna. A quel punto dall’altra parte del confine sono arrivati i poliziotti sloveni. Hanno usato il guinzaglio del cane per legare l’agente che si è tuffato in acqua e poi, con l’aiuto di una scala, messa tra le due sponde, hanno tratto in salvo la donna.

I profughi sono stati immediatamente riconsegnati ai croati, che prima li hanno trasportati a Pola, dove sono stati ricoverati in ospedale (in Slovenia l’ospedale di Isola distava solo pochi chilometri) e poi li hanno trasferiti al centro profughi di Zagabria, dove hanno chiesto asilo politico. Ora la salma della bimba attende di venir portata in Turchia, dove verrà sepolta nel villaggio natale della famiglia.

Pochi giorni prima, sempre nella valle del Dragogna, un profugo del Bangladesh, è morto di freddo. Il corpo è stato rinvenuto da un contadino della zona che stava percorrendo una stradina di campagna. Secondo quanto scrive sul Dnevnik Uroš Škerl Kramberger, negli ultimi 4 anni in Slovenia sono morti, in varie circostanze, 23 migranti. Nello stesso periodo lungo la rotta balcanica hanno perso la vita circa 200 persone, tra cui altri 2 bambini. Un fanciullo di 5 anni è affogato in un fiume tra Bosnia e Croazia, mentre una bimba di 6 anni è stata travolta da un treno in Serbia dopo che la polizia croata aveva ricacciato lei e la sua famiglia al di là del confine. Proprio per questo episodio la Corte europea ha condannato di recente la Croazia per violazione del diritto alla vita, trattamento inumano e divieto di respingimento collettivo.

Le organizzazioni umanitarie, che si occupano dell’assistenza ai migranti, intanto denunciano le condizioni in cui si trovano i profughi lungo tutta la rotta balcanica. Nel periodo invernale, ad aggravare la situazione non è soltanto il freddo, ma anche i fiumi in piena. Come se ciò non bastasse, oramai, c’è una diffusa sfiducia nei confronti della polizia e delle forze che presidiano i confini. Sotto accusa i procedimenti di respingimento sommari, che consentono di rispedire i migranti al mittente. L’operazione spesso si tramuta in una sorta di infernale gioco dell’oca, dove i migranti presi dagli sloveni, vengono a loro volta riconsegnati dai croati ai bosniaci o ai serbi. Le organizzazioni umanitarie puntano il dito su quelli che sarebbero procedimenti arbitrari, con i migranti alla mercé delle forze dell’ordine, ma anche dei traduttori.

In Slovenia ottenere asilo politico è tutt’altro che semplice, la legislazione è molto restrittiva. Il paese non ha nemmeno aderito al programma dell’Unione europea, che prevede l’accoglimento di 60.000 profughi, di cui 40.000 afghani entro il 2022. Dure critiche, sono piovute, anche nei confronti delle condizioni di vita nel centro stranieri di Postumia, dove vengono tenuti sotto custodia i migranti, ma anche coloro che sono in attesa di ottenere una risposta per la loro domanda di protezione internazionale.

Intanto una parte della Slovenia sembra inorridita dalla morte della bambina. Commenti sulla responsabilità dell’Europa e della Slovenia sono apparsi sui giornali. In ricordo della bambina sono stati accesi ceri a Lubiana sotto il monumento dedicato a France Prešeren. Per il segretario di Stato agli interni, Božo Predalič, però, dietro alla tragedia ci sarebbe anche l’irresponsabilità della madre, che si è avventurata in acqua in una situazione estrema, con bambini piccoli. In sintesi, per uno dei più fidati collaboratori del premier, Janez Janša, “ci sono i valichi di frontiera e se le persone passassero da quelli non si verificherebbero simili tragedie”. Sui social non sono poi mancate una serie di raccapriccianti commenti, e considerazioni sull’opportunità di far fare ai bambini dei corsi di nuoto.

I cittadini turchi non possono entrare senza visto nell’Unione europea, i curdi in Turchia sono da sempre una popolazione discriminata.

https://www.balcanicaucaso.org/aree/Slovenia/Morire-al-confine-214618

Udine nega la presenza degli sloveni


Ama definirsi «capitale» di tutto il Friuli storico, ma nei fatti rifugge questo suo ruolo. La conferma è venuta dal dibattito in consiglio comunale inerente la riscrittura dello statuto della città, nel corso del quale è stato respinto un emendamento del consigliere Giovanni Marsico, della lista Prima Udine (all’opposizione), che estendeva la «tutela e valorizzazione della lingua e della cultura friulana» alle «lingue minoritarie storicamente riconosciute sul territorio, quali il tedesco e lo sloveno».

«Ho presentato questo emendamento perché in commissione Statuto ho riscontrato una chiusura da parte del consigliere Andreucci, al quale riconosco comunque il grande impegno profuso – spiega Marsico –. Il tema delle lingue minoritarie è quello che ho posto in occasione della discussione delle linee programmatiche e ora ho proposto l’emendamento all’articolo 14 in quanto nella sua formulazione non può soddisfare l’assunto del primo comma: “Il Comune promuove la cultura del plurilinguismo”. Non che credo che il rumeno, l’albanese, l’arabo o lo swahili possano essere considerati alla stessa stregua del tedesco e dello sloveno».

Marsico, a causa di un improvviso ricovero in ospedale per un intervento chirurgico non programmato, non ha potuto esporre le proprie ragioni al consiglio comunale. L’ha fatto al suo posto il capogruppo di Prima Udine, Enrico Bertossi.

«Marsico ha confuso quello che si fa su un territorio più vasto, come la regione o l’ex provincia, dove storicamente sono presenti anche altre minoranze. A Udine dobbiamo promuovere il plurilinguismo che va oltre la tutela delle lingue minoritarie e ha una concezione molto vasta. Se dobbiamo parlare di un valore diffuso a Udine, sia quello della lingua friulana; viceversa sia per il tedesco che per lo sloveno potremmo parlare di piccoli gruppi che magari valorizzano queste due lingue», ha replicato il sindaco, Pietro Fontanini.

Marsico non ci sta. «Nel preambolo dello statuto c’è scritto “La citta di Udine (Udin in lingua friulana, Weiden in lingua tedesca e Videm in lingua slovena) nel tempo Utinum e Udene …”, – fa notare –. Perché nel preambolo viene fatto riferimento al tedesco e allo sloveno e poi nell’articolato ci si dimentica ogni riferimento a queste lingue? Non mi sembra coerente. Se Udine è “capitale del Friuli”, non può essere solo una questione di facciata, ma si deve dimostrarlo concretamente, senza ipocrisie o opportunismi. Udine, quale centro amministrativo, culturale ed ecclesiale di un vasto territorio deve tener conto anche delle due comunità che, come più volte sottolineato dal presidente della Regione, Massimiliano Fedriga, e dall’assessore Pierpaolo Roberti (entrambi esponenti della Lega come Fontanini, ndr) caratterizzano e danno valore aggiunto al territorio».

Al sindaco che per sloveni e tedeschi ha adoperato la definizione di «piccoli gruppi», Marsico ricorda che «la presenza della comunità di lingua slovena nella città di Udine ha profonde radici. Già nel medioevo essa era molto consistente e nel 1452 fondò la Confraternita di San Girolamo. Questa era molto influente nella vita cittadina e disponeva di un proprio ospedale, poi confluito nell’attuale nosocomio Santa Maria della Misericordia. Ora Udine è il centro politico, amministrativo ed ecclesiale per la Valli del Natisone e del Torre, per Val Resia e Valcanale. Da quelle aree, come pure dalle vicine province di Gorizia e Trieste, dal dopoguerra a oggi, vi si sono trasferite migliaia di persone di lingua slovena. Molte desiderano mantenere la propria identità».

Da un’elaborazione del dott. Mario Canciani, consigliere comunale dal 2008 al 2018, i residenti di origine slovena in città rappresenterebbero addirittura il dieci per cento.

Secondo Marsico «la presenza della comunità di lingua slovena dà a Udine l’opportunità di giocare un ruolo importante nei rapporti culturali ed economici con la vicina Repubblica di Slovenia, finora sempre lasciati in gestione esclusiva a Trieste e Gorizia». Anche per questo il consigliere di Prima Udine si rammarica della mancata approvazione del suo emendamento. «Biasimo tutti i colleghi che nella passata consiliatura hanno condiviso con me tante battaglie in consiglio e che ora, col capo chino, accettano tutte le imposizioni di questo sindaco», chiosa amaramente.

https://www.dom.it/viden-zamolci-prisotnost-slovencev_udine-nega-la-presenza-degli-sloveni/


Natale all'insegna della generosità a Valvasone-Arzene

 

https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0/

Anche quest'anno come l'anno scorso, il Consiglio comunale di Valvasone (Pordenone), ha deciso di devolvere i 15.000 euro destinati alle luci natalizie alle persone bisognose della zona. Questo è un bellissimo gesto insolito per i tempi odierni. I miei complimenti a Valvasone che si è ricordato delle persone fragili!

Taipana

 


TAIPANA (Udine) foto di Luca pb

C'è una piccola scuola sulle montagne del Friuli che conta appena 21 alunni tra asilo ed elementari. Penalizzati? Macché: suonano tutti il violino, gratis. Se lo possono portare pure a casa. E poi, oltre all'inglese e al friulano, imparano anche la lingua slovena.

Qui, l'amministrazione comunale, retta dal giovane sindaco Alan Cecutti, grazie alla caparbietà di associazioni, insegnanti e di tante famiglie, la scuola non si tocca. Perché se chiude, allora muore anche il paese. Taipana ha circa 600 abitanti.
(Le cose che racconto qui sono aggiornate al 2020)
I piccoli musicisti e il paesino di Taipana a ridosso della Slovenia.

SANTA LUCIA


 Santa Lucia protettrice della chiesa di Most na Soči (SLO), opera di Tone Kralj.

Il pittore, grafico e scultore sloveno Tone Kralj (1900-1975) è noto particolarmente per il suo stile autentico del realismo monumentale. Amato per il suo grandissimo cuore patriottico del Litorale, Kralj è riuscito a intrecciare con gusto nei suoi dipinti la resistenza contro l’oppressione del regime fascista. Furono in moltissimi i preti del Litorale che lo invitarono ad arricchire le chiese con i suoi motivi. È possibile ammirare uno stralcio delle sue opere in alcune delle chiese sul Carso.https://www.visitkras.info/it/le-chiese-con-i-dipinti-di-tone-kralj

Cari bambini...

 


Avete trovato stamattina i regali che vi ha portato Santa Lucia?Quando io ero piccola trovavo colori(i pennarelli non li avevano ancora inventati),album da disegno,sciarpe e maglioni,mandarini,noci e nocciole,libri di favole.Erano tempi più poveri,ma io ero sempre felice!


La leggenda di Santa Lucia
La leggenda narra che la giovane Lucia abbia fatto innamorare un ragazzo che, abbagliato dalla bellezza dei suoi occhi, glieli abbia chiesti in regalo. Lucia acconsente al regalo, ma gli occhi miracolosamente le ricrescono e ancora più belli di prima. Il ragazzo chiede in regalo anche questi, ma la giovane rifiuta, così viene da lui uccisa con un coltello nel cuore.

https://www.amando.it/natale/santa-lucia.html

OSTERIE

 

PEDER SEVERIN KRØYER, "OSTERIA A RAVELLO"

.


A me piacciono gli anfratti bui

delle osterie dormienti,
dove la gente culmina nell’eccesso del canto,
a me piacciono le cose bestemmiate e leggere,
e i calici di vino profondi,
dove la mente esulta,
livello di magico pensiero.
Troppo sciocco è piangere sopra un amore perduto
malvissuto e scostante,
meglio l’acre vapore del vino
indenne,
meglio l’ubriacatura del genio,
meglio sì meglio
l’indagine sorda delle scorrevolezze di vite;
io amo le osterie
che parlano il linguaggio sottile della lingua di Bacco,
e poi nelle osterie
ci sta il nome di Charles
scritto a caratteri d’oro.

(da Vuoto d’amore, 1991) 

Alda Merini

https://cantosirene.blogspot.com/search/label/poesia%20italiana