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IL FRICO

 

Angelo Floramo

La civiltà del frico

di Angelo Floramo
L’alchimia che si nasconde nella pasta del frico, piatto assurto a simbolo della friulanità assieme alla polente, è semplice ma il rito richiede un’attenzione che non lascia nulla al caso: il primo segreto sta nella scelta dei formaggi da grattugiare. Anzi, da grattare, questo è il termine giusto, altrimenti si perde in sapore. Ne serve uno vecchio, di malga, che abbia almeno dodici mesi di stagionatura, affinato nell’ombra freschissima di un “camarin”, su mensola in legno e finestrella mai chiusa, aperta alle spalle del bosco. Pasta dura, scagliosa, da vescicole che accendono la bocca e vanno spente da sorsi ruscellanti tra i denti, a sopirne quel fuoco. Poi una via di mezzo, un sei mesi di latteria, messo in forma da mano sapiente di un bravo casaro. Un formaggio sociale, orgoglioso dell’anima comunarda, confluita nel grande calderone di rame dalle poche stalle che ancora sopravvivono nei borghi del paese: una o due vacche, ma di tetta generosa, capaci di una linfa giallognola, densa e pannosa, che sa di fieno e di docile pastura. L’imperativo è sempre quello: grattare, furiosamente, fino a quando le dita sfiorano ormai la crosta sbocconcellata, con grave periglio del grattugiatore. Quello che resta si sminuzza a colpi ben assestati di coltello, anzi “cortello”, che detto così taglia di più. Ma non basta ancora: l’impasto ha bisogno di gioventù, che per quanto insipida e ribelle darà al piatto quella morbidezza che rassicura il boccone: sono le “crodie”, le strisce ribelli allo stampo della forma, quelle che ci davano quando eravamo bambini e in latteria ci si andava a piedi, chi per portare il latte chi per raccoglierlo nelle bottiglie di vetro. Ma questa è protostoria. Il frico è lì, a suggerire qualcosa di più. Poi bisogna chiedere all’orto il profumo della cipolla e la terrosità della patata. Il Mediterraneo che ha respiro più mite parteciperà con l’olio d’oliva, che in alcune delle nostre borgate si spreme ancora a freddo, come secoli fa, su frantoio di pietra. Friabile o tenero, pastoso o a “frucions”: questo dipende dal gusto di chi ne fa ordinazione. Se in città lo gustano in piedi, con ribolla ghiacciata, è cosa buona e giusta anche affogarlo nel Cabernet. Respirando la storia imbandita nel piatto.
DA FB

Il frico è un piatto a base di formaggio, ma anche di patate e burro, considerato la preparazione culinaria più tipica del Friuli, più precisamente della Carnia e della cucina friulana.
L'origine di questo piatto tipico friuliano è antichissima. È stato descritto per la prima volta, con il nome di "Caso in patellecte" dal maestro Martino da Como, cuoco del Patriarca di Aquileia Lodovico Trevisan, nella sua opera "De Arte Coquinaria" verso la metà del XV secolo.
Si tratta di formaggio cotto in padella con burro o lardo. Si presenta in due versioni: friabile o morbido.
Entrambi si possono servire sia come antipasto che come secondo. Sebbene oggi il frico sia visto come un piatto festivo, in origine la sua preparazione era finalizzata al recupero di scarti di formaggio (strissulis).
Il frico friabile o croccante è molto sottile ed è fatto di solo formaggio (generalmente Montasio) che viene fritto in olio bollente. Facile da sagomare è ottimo per delle terrine di funghi o fonduta di Montasio. Può essere servito anche come snack.
Frico
Il frico morbido si prepara con del formaggio di diversa stagionatura, patateburro o olio e sale, si presenta come una grossa frittata. Altre versioni prevedono l'uso della cipolla, o in alternativa mele, zucca, erbe aromatiche , può essere arricchito con dell'aggiunta di porro o dello speck. Entrambe le tipologie sono abitualmente servite con della polenta.
frico duro
http://it.wikipedia.org/wiki/Frico

Curiosità

Il frico è offerto in quasi tutte le sagre friulane, l'Alta Val Torre-Terska dolina è la patria del frico..
Tradizionalmente il frico croccante con la polenta fredda è il pasto tipico dei boscaioli, ideale per il lavoro duro nelle fredde montagne alpine.

AUTUNNO di David Maria Turoldo

 

Autunno, stagione mia


DAVID MARIA TUROLDO

AUTUNNO

Autunno, stagione mia,
ambita, invocata;
mio autunno senza foglie!…
I volti di pietra muti,
le strade nere di catrame,
gli uomini senza i colori
dell’estate sotto le cortecce del bosco;
cittadini senza stagioni
stranieri nelle proprie case!
E i mattini e le sere
salutate dai clacson;
e le vie nella notte,
meretrici inghirlandate.

Autunno, tempo di viandante
senza casa, tempo
della mia solitudine!
Un cerchio dalla periferia
presto si dovrà stringere
su tutta la città; il primo
filo di nebbia anonima, invitta.
E nel cuore del bimbo
il brivido di una vita
che presto maledirà.

(da Udii una voce, Mondadori, 1952)

.

È l’autunno la stagione di David Maria Turoldo, questo autunno cittadino che si spoglia delle foglie e trasforma la città in un grigio labirinto d’asfalto e di nebbia dove le automobili scivolano “su vie bagnate dalla pioggia d’autunno / uguali al guizzo di una serpe / in cerca di una tana”. Come chiosa Luciano Erba, “è il sottile momento della seduzione del Nulla, dentro uno struggente richiamo di colori autunnali, novembrino, tipico, si direbbe, di qualsiasi poesia giovanile; senonché si annuncia qualcosa di più del solito dolce naufragare, molto di più: si profila una disincantata e diretta percezione del Tutto e del suo contrario”. Il poeta altri non è che un “poverello, cariatide / incosciente, immensa / sotto il monumentale pronao del tempio”.



FOTOGRAFIA DI TAZIO SECCHIAROLI

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LA FRASE DEL GIORNO
Non per me il pulito verso. / Uno scabro sasso la parola / nelle mie mani.
DAVID MARIA TUROLDO, Udii una voce




David Maria Turoldo, al secolo Giuseppe Turoldo (Coderno, 22 novembre 1916 – Milano, 6 febbraio 1992), presbitero, teologo, filosofo, scrittore e poeta italiano, membro dell'Ordine dei servi di Maria. Fu sostenitore delle istanze di rinnovamento culturale e religioso della Chiesa, di ispirazione conciliare.


Ultima rosa

foto di Elvia Franco

 Cogli la rosa quando è il momento,

ché il tempo lo sai che vola…
e lo stesso fiore che oggi sboccia
domani appassirà.
(Walt Whitman)

Il Ponte del Diavolo di Cividale

Il Ponte del Diavolo Una storia sulla leggenda del ponte del Diavolo, nel Comune di Cividale del Friuli. Testo di Mariaelena Porzio In un tempo lontanissimo che nessuno ricorda più, il fiume Natisone divideva Cividale del Friuli in due. C’era chi abitava su una sponda e chi sull’altra. Ci si salutava dalle finestre, il profumo del pane sfornato di qua si sentiva anche di là e il suono delle campane arrivava ovunque. Ma per incontrarsi bisognava attraversare il fiume e questo era un vero problema. «La mia fidanzata vive sull’altra sponda, mi tocca camminare ore e ore per andare da lei!» diceva l’innamorato. «Anche i miei campi stanno di là! Per andare a lavorare la terra devo alzarmi alle quattro. Dormo troppo poco!» diceva il contadino. Un piccolo diavolo, sempre con l’orecchio pronto ad ascoltare le lamentele della gente, un giorno fece una proposta alla popolazione. «Costruirò io il ponte e lo farò in una sola notte. Ma in cambio mi mangerò a colazione il primo essere vivente che ci passerà sopra. Ah! Ah! Ah!» I cividalesi si riunirono per decidere, ma la discussione durò poco: c’era troppo bisogno di quel ponte, così accettarono. Quella notte, però, il piccolo diavolo andò dalla sua mamma lamentandosi come un bambino. «Uffa! Se non mi aiuti a costruire il ponte, non ce la farò mai e resterò a pancia vuota!» La diavolessa, come tutte le mamme del mondo, non seppe dire di no. «Tranquillo, demonietto mio, ho un’idea. Metterò in mezzo al fiume una pietra enorme, così tu potrai lavorare più velocemente!» Detto, fatto. Sistemata la pietra, il piccolo diavolo si mise al lavoro e la mattina successiva il ponte era bello che pronto. «Adesso dovete pagarmi! Forza, qualcuno attraversi il ponte e venga qui da me, che me lo mangio in un boccone!» gridava il piccolo diavolo, con la bocca spalancata.

Un nuovo senso alla frontiera nell’installazione di Osgnach a Tribil Superiore

 





“Non dobbiamo dimenticare quello che è stata la frontiera in passato. Guardando come la natura opera, si deve far diventare la frontiera positiva. Come luogo di pacifico confronto, scambio, conoscenza, evoluzione, creazione di realtà nuove. Il passato ci insegna a fare un nuovo migliore”.
Con questa nota Gianni Osgnach ha accompagnato l’inaugurazione della sua installazione permanente collocata a Klopce, poche decine di metri sopra Tribil Superiore, dove si tenevano i festeggiamenti del Burnjak lo scorso 17 ottobre. L’inaugurazione è stato il momento conclusivo del festival Ikarus.
Osgnach, originario di Osgnetto (San Leonardo) dopo una vita trascorsa lontano da designer e quindi affermandosi come artista, vive ora a Gnidovizza (Stregna).
“Un’installazione permanente che racchiude tutto il significato di Ikarus”, l’ha definita Ivan Ciccone dell’Skgz, organizzazione della comunità linguistica slovena in Italia e partner del progetto del festival.
Un oggetto in acciaio con due parti che si confrontano con i piani diversamente inclinati, schiacciati sul lato più lungo fino ad essere corrugati e posizionati in modo da avere le due parti schiacciate vicine, che quasi si compenetrano.
“Può essere la rappresentazione della frontiera”, scrive Osgnach. La frontiera che oggi è la Green Belt, una fascia verde che percorre i territori un tempo a ridosso della cortina di ferro e che è stata proprio il filo conduttore del festival. L’elemento della natura, rappresentato nell’installazione di Osgnach da quattro travi di castagno che in parte si affiancano incontrandosi, diventa determinante per la fruizione stessa dell’installazione. Klopce è un piccolo rilievo, contornato dai resti delle trincee della Grande Guerra ancora ben visibili in cui l’erba ricopre le cicatrici di quel conflitto. In un paesaggio tutto intorno che spazia dalle Prealpi Giulie al mare.
“Purtroppo queste valli – ha affermato Ciccone – sono state teatro di grandi conflitti. Oggi sono invece confronti culturali. Proprio qui il clima meditterraneo si incontra con il clima continentale dando forma a una commistione unica”.
Proprio la valorizzazione della cultura, della storia e del paesaggio di questa parte della fascia confinaria è stato uno degli obiettivi – raggiunti – da Ikarus che, sempre con le parole di Ciccone, “è stato ideato per promuovere le specificità del territorio, le tradizioni, le attività produttive, le professionalità e le bellezze naturali. Un lavoro di squadra, coordinato dal Comune di Stregna, che ha coinvolto oltre 50 partner e patrocini tra Comuni, organizzazioni no profit, imprese, associazioni e aziende agricole. Ikarus è un’iniziativa multiculturale che spazia tra arte e natura, tradizione e storia. È plurilingue, esattamente come la terra che racconta: tutti i materiali di Ikarus, infatti, sono stati tradotti nelle tre lingue della Green Belt, italiano sloveno e friulano.”https://novimatajur.it/cultura/un-nuovo-senso-alla-frontiera-nellinstallazione-di-osgnach-a-tribil-superiore.html

Poesia di Simon Gregorčič L'usignolo di Gorizia

 

dal web

Simon Gregorčič

Goriški slavček - L'usignolo di Gorizia 1844-1906
Il giorno in cui tutti noi rivolgiamo i nostri pensieri ai cari defunti, il poeta si chiede chi ricordi le tombe dimenticate.
"A chi, in questo giorno, si rivolge il mio cuore? A voi, tombe dimenticate, dove non c'è una croce, né una pietra, non vi ornano fiori, e alcuna luce brilla.
Ma se nessuno, questa notte, vi ricorda, non vi ha dimenticati l'umile poeta - e il cielo"
Pozabljenim
Vseh mrtvih dan!
Na tisto tiho domovanje,
Kjer mnôgi spé nevzdramno spanje,
Kjer kmalu, kmalu dom bo moj,
In - tvoj,
Nocoj se sesul je roj močán,
Saj jutri bo vseh mrtvih dan,
Vseh mrtvih dan!
Bledó trepeče nad grobovi
Tisóč svetíl,
In križe, kamne vrh mogíl
Jesenski venčajo cvetovi -
Vseh mrtvih dan!
Kjer dragi spé jim po pokôpi,
Kleče, solzé živóčih trôpi,
Oh, dušo trè jim žal in bol;
Pod zêmljo pol, na nèbu pol
Nocój jim je srcé:
Na grob lijó grenké solzé,
V nebó gorké prošnjé!
O, le klečíte, le molíte,
Po nepozabnih vam solzíte,
Da bóde gròb od solz rosán,
Saj jutri bo vseh mrtvih dan,
Vseh mrtvih dan!
Solzíte,
Molíte!...
In jaz?
Ko misli vsakedó na svoje,
Kogà, kogà pa srce moje
Spomína se tačàs?
Vas, zabljeni grobovi,
Kjer križ ne kamen ne stojí,
Ki niste venčani s cvetóvi,
Kjer luč nobèn ne brlí.
O, če nikdó
Nocój se vas ne spomni,
Pozábil ni vas pévec skromni
in pa - nebo.
Simon Gregorčič
da fb

traduzione con translate

Ai dimenticati
Giornata dei morti!
A quella casa tranquilla, Dove molti dormono profondamente, Dove presto, presto casa sarà mia, E la vostra, Lo sciame è crollato stanotte, Domani sarà il giorno di tutti i morti, Tutto il giorno morto! Pallido tremante sopra le tombe migliaia di luci, E croci, pietre in cima alle tombe Fiori matrimonio autunnali - Tutto il giorno morto! dove il caro dorme dopo la sua sepoltura, In ginocchio, lacrime di vivi tormenti, Oh, le loro anime tremano di dolore e di dolore; Sotto la terra metà, nel cielo metà Stanotte è il loro cuore: Lacrime amare scorrevano sulla tomba, Nel cielo aspre richieste! Oh, ti inginocchi, preghi, strapparti indimenticabile, Da bóde gròb od solz rosán, Domani sarà il giorno di tutti i morti, Tutto il giorno morto! Solzite, Pregate!... E io? Quando ognuno pensa al proprio, Quando, quando il mio cuore Ricordi adesso? Voi, tombe imbiancate, dove la croce e la pietra non stanno, Chi non è sposato con i fiori, Dove nessuna luce splende. Oh, se mai non mi ricordo di te stanotte, L'umile cantante non ti ha dimenticato e poi - il cielo.

Corso di Sloveno

 Per il corso si prospetta uno svolgimento on line. Le iscrizioni sono ancora aperte!




da fb


Il Presidente Sergio Mattarella ad Aquileia e Redipuglia


Oggi il Capo dello Stato renderà omaggio al Milite Ignoto e a Maria Bergamas. Dopo gli Onori militari, visita privata al Cimitero degli Eroi e alla Basilica patriarcale

 Aquileia oggi accoglie il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che parteciperà alle celebrazioni legate al Centenario della ricerca, designazione, traslazione e tumulazione del Milite Ignoto all’Altare della Patria.

Il 4 novembre 1921, infatti, i resti del soldato senza nome scelti da Maria Bergamas, madre di tutti gli italiani, raggiunsero Roma. In regione il centenario è stato celebrato con il passaggio del Treno della memoria, che ha ripercorso le stesse tappe di un secolo fa, giungendo ieri alla stazione Termini, nella Capitale. Nello stesso giorno di cento anni fa, ad Aquileia, vennero tumulate le salme dei dieci soldati che non furono scelti.

Quella odierna è la terza visita del Capo dello Stato in regione nell'arco di un mese e mezzo, dopo la tappa a Rivolto per i 60 anni delle Frecce Tricolori del 18 settembre e quella a Gorizia e Nova Gorica, il 21 ottobre, assieme all'omologo sloveno Borut Pahor, per celebrare la Capitale della cultura europea del 2025.

L’arrivo del Presidente in piazza Capitolo ad Aquileia è previsto per le 11.30. Ad accogliere il Capo dello Stato ci saranno il Sindaco Emanuele Zorino, il Presidente del Fvg Massimiliano Fedriga, il Ministro della Difesa Lorenzo Guerini, il Vescovo Carlo Roberto Maria Redaelli e il Generale Mario De Cicco per Onor Caduti.

Dopo gli Onori militari, il Presidente si recherà in visita privata al Cimitero degli Eroi e alla Basilica patriarcale di Aquileia.

Il Capo dello Stato deporrà una corona sulla tomba di Maria Bergamas, la madre di un fante italiano morto sul fronte del Carso che, nel 1921, scelse i resti di colui che è divenuto simbolo di tutti i valorosi che persero la vita nella Grande Guerra, sepolta nel Cimitero degli eroi accanto ai dieci soldati senza nome che non vennero scelti.

Successivamente, il Presidente Mattarella farà tappa al Sacrario Militare di Redipuglia, dove riposano le spoglie di oltre 100mila caduti, di cui oltre 60mila ignoti, morti nel corso della Prima Guerra Mondiale.

https://www.ilfriuli.it/articolo/cronaca/il-presidente-sergio-mattarella-ad-aquileia-e-redipuglia/2/254407

V štirih jezikih pred vasmi /In quattro lingue a inizio e fine paese


Il cartello plurilingue di Camporosso lungo la pista ciclabile in Comune di Tarvisio/Večjezična tabla na začetku Žabnic ob kolesarski stezi na območju Občine Trbiž

Con delibera di giunta, lunedì, 18 ottobre, l’amministrazione comunale di Malborghetto-Valbruna/Naborjet-Ovčja vas ha autorizzato il sindaco Boris Preschern a presentare domanda di finanziamento a valere sul bando 2021 per la realizzazione di segnaletica verticale bilingue promosso dall’Arlef-Agjenzie regjonâl pe lenghe furlane.

Se la domanda sarà finanziata, all’inizio e alla fine dei centri abitati del comune saranno installati cartelli riportanti i toponimi nelle quattro lingue ufficialmente riconosciute sul territorio dallo Stato – oltre che in italiano, anche in sloveno, tedesco e friulano. Stando a indiscrezioni, il bando sarà rifinanziato anche nel 2022; al più tardi l’anno prossimo, quindi, nel dare attuazione alle leggi statali e regionali sul plurilinguismo visivo Malborghetto-Valbruna diventerà il primo Comune con toponomastica quadrilingue di tutta Italia. (l. l.)

S sklepom občinskega odbora je v ponedeljek, 18. oktobra, občinska uprava Občine Naborjet-Ovčja vas župana Borisa Prescherna pooblastila, naj vloži prijavo na razpis za leto 2021, s katerim bo Deželna agencija za furlanski jezik-Arlef podpirala postavitev dvojezičnih cestnih tabel in smerokazov.

Če bodo prošnjo za finančna sredstva sprejeli, bodo na začetku in koncu vasi na občinskem ozemlju postavili table s toponimi v štirih jezikih, ki jih tam Republika Italija uradno priznava – poleg italijanščine, tudi v slovenščini, nemščini in furlanščini. Po neuradnih virih naj bi razpis financirali tudi v letu 2022; tako najkasneje naslednje leto naj bi Občina Naborjet-Ovčja vas uveljavila državne in deželne zakone o vidni večjezičnosti in tako postala prva Občina, ki se lahko ponaša s štirijezičnimi tablami v celi Italiji.

https://www.dom.it/v-stirih-jezikih-pred-vasmi_in-quattro-lingue-a-inizio-e-fine-paese/

Il proverbio friulano della settimana





di Vita nei campi
“Pal dì dai sants, la sciarpe e i guants” ovvero per il Giorno di Tuttisanti servono sciarpa e guanti, arriva il freddo.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi


cimitero di Villanova delle grotte

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.
Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

Cesare Pavese

Covid, il Fvg cerca di frenare il contagio

 

Si teme per il superamento della soglia di occupazione di terapie intensive e l'aumento esponenziale dei casi a Trieste

Covid, il Fvg cerca di frenare il contagio

La conferenza stampa di Trieste, che ha fatto il punto sulla situazione Covid, ha lanciato un chiaro segnale di allarmeI casi, in regione, sono in crescita. Aumento che, per l'area giuliana, risulta ormai esponenziale e desta preoccupazione.

La prima soglia critica, quella dell'occupazione delle terapie intensive, ha superato il livello di guardia, fissato al 10%. I pazienti ieri erano 18, a fronte di 175 posti disponibili.

Per il passaggio in zona gialla - è bene ricordarlo - è necessario che anche il parametro dei ricoveri ordinari superi la soglia del 15%. E, in questo caso, i numeri sono ancora abbastanza confortanti. Ieri i pazienti erano 75, a fronte di 1.277 posti letto. E' chiaro, però, che l'aumento della pressione ospedaliera rischia in ogni caso di compromettere l'accesso alle prestazioni sanitarie non urgenti. Con tutte le conseguenze del caso, specie sulle liste di attesa.

Per scongiurare che l'avvicinamento a parametri da zona gialla, la Regione corre ai ripari. A partire dalle manifestazioni che, nelle ultime settimane, hanno prodotto effetti importanti, soprattutto a Trieste, diventata - suo malgrado - capitale del no Green Pass per diversi giorni.

Il Prefetto Valerio Valenti ha chiaramente annunciato che è arrivato il momento di 'comprimere' la libertà di manifestare. Si potrà continuare a farlo, ma nel rispetto della salute pubblica. Dopo il comitato per l'ordine e la sicurezza a Trieste, la proposta sarà avanzata oggi in un incontro con gli altri Prefetti e i sindaci dei capoluoghi. Pronti, sul modello di Trieste, a chiedere una stretta per gli eventi di piazza. Le limitazioni - che saranno introdotte tramite ordinanza dei primi cittadini - saranno quelle previste dalla 'zona gialla', ovvero obbligo di mascherina e distanziamento anche all'aperto. E, in caso di violazioni, a rispondere saranno in primo luogo gli organizzatori degli appuntamenti.

C'è poi il tema di piazza Unità dove, fino alla fine dell'anno, non sarà possibile manifestare. Un provvedimento analogo potrebbe interessare anche piazza Libertà a Udine, per cui il sindaco Pietro Fontanini aveva già invocato delle 'restrizioni' essendo stata il punto di ritrovo di tutti i cortei che fin qui hanno interessato il capoluogo friulano.

Il dato dell'incidenza - 128 casi ogni 100mila abitanti in Fvg - è ancora molto differenziato. A Trieste - salita a 350 contagi ogni 100mila abitanti - è quasi cinque volte superiore ai numeri di Udine e Pordenone, pur in aumento, mentre Gorizia si pone a metà strada. Analogo discorso per i nuovi casi che, a Trieste, sono raddoppiati in sette giorni, passando da 398 a 801. Numeri, illustrati dal professor Fabio Barbone, a capo della task force Covid, che sono collegati al minor tasso di vaccinazione dei cittadini del capoluogo, ma che hanno anche una stretta correlazione proprio con le manifestazioni no Green Pass.

Il più grande focolaio attualmente attivo in regione, infatti, è proprio legato alle manifestazioni no Green Pass. In base alle autodichiarazioni, sono saliti a 93 i contagi correlati agli eventi di piazza. Un numero che potrebbe risultare ancora sottostimato, visto che molti manifestanti arrivavano da fuori regione (e risultano, quindi, difficilmente tracciabili dai nostri Dipartimenti di prevenzione), mentre altri potrebbero non essersi sottoposti a tampone o non aver dichiarato l'origine del contagio.

"Nella maggior parte si tratta di persone non vaccinate - ha detto Barbone - che non indossavano la mascherina, non rispettavano il distanziamento, urlavano e cantavano. In piccola parte si tratta di contatti diretti dei manifestanti e, in percentuale ancora minore, di persone che hanno dovuto seguire le manifestazioni per obbligo di lavoro".https://www.ilfriuli.it/articolo/salute-e-benessere/covid-il-fvg-cerca-di-frenare-il-contagio/12/254348