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STORIE DI TEMPI PASSATI



Il nonno di mio marito di Villanova dei Monti -Zavarh (1862-1942) era un'impresario edile .Dopo il terremoto (tres anno 1895) di Lubiana andò a lavorare in  Slovenia (allora Austria) per la ricostruzione della città.Prendeva lavori in appalto ed assumeva operai del luogo.Lavorò anche a Mokronog dove capitò un fatto increscioso  che racconterò alla fine.
Rientrò a Zavarh e fu fatto sindaco di Bardo-Lusevera dal 1916 al 1924 , si abbonò al giornale sloveno "Goriška Straža " (Guardia di Gorizia )scritto in lingua cragnolina. Fu così che in casa impararono nuove parole slovene,perchè il nonno  leggeva  le notizie.

Il fattaaccio

A Mokronog successe che un sabato , giornata di paga, i salari  erano stati rubati e il nonno dovette chiudere l'impresa e ritornarsene a Zavarh.
Dopo tanti anni , d'inverno arrivò a piedi da Njivica, un suo vecchio operaio un po' malandato . Gli erano morte le bestie nella stalla (acquistate con i soldi del furto ),la moglie e una figlia .L'uomo disperato e preso dal rimorso, era andato da un frate a confessare il furto. Il religioso gli consigliò di andare  a Zavarh , di restituire ciò  che gli era rimasto e di chiedere perdono .
Sembra una storia inventata , ma è successa veramente al nonno di mio marito.
Una volta esistevano questi episodi  in cui la fede invogliava a  restituire e chiedere perdono. Oggi , purtroppo ,questi fatti sono molto rari !

MAHJUBIN HAKIMI RIP


 La ragazza nella foto si chiamava Mahjubin Hakimi, afghana, 18 anni.

Pochi giorni fa i talebani l’hanno barbaramente uccisa, decapitandola. Dopodiché sono andati dai genitori a minacciarli di morte se avessero parlato.
La “colpa” di questa giovane donna? Non si rassegnava a smettere di giocare a pallavolo, di fare sport, di continuare ad allenarsi, come impongono i talebani alle donne.
Militava nella Nazionale Juniores di volley, sognava di diventare una giocatrice professionista, voleva andare in bicicletta, voleva vivere.
Mahjubin Hakimi è morta per fare quello che qui da noi consideriamo scontato.
È morta sfidando un potere maschile mostruoso.
È morta difendendo un suo diritto, certo, ma in qualche modo stava difendendo i diritti di milioni di donne perseguitate nell’Afghanistan dei talebani.
Che la storia di questa ragazza coraggiosa arrivi lontanissimo, come una pietra di inciampo della brutalità che gli uomini possono avere nei confronti delle donne, non solo in Afghanistan.
R.i.p. Mahjubin.

Haiku

 


HAIKU

Notti insonni
pensieri ricorrenti
ed è già alba.
*
La luce sale
sole all'orizzonte
è già giorno
*

Ottobre mese
di nebbie e ricordi
di chi non c'è più

L'organizzazione Gladio e l' etnocidio della Benečija non devono essere mai dimenticati!


traduzione sommaria dell'articolo postato sotto

 Sono passati 30 anni  dall'etnocidio degli sloveni della Benecia, della Carnia,del Friuli  e  di Resia . Si tratta di storiche terre slovene nelle quali sono conservati elementi preistorici di etnogenetici sloveni.Per questo motivo negli ultimi due secoli, le reti  dei globalisti internazionali  europei, hanno creato  nuovi progetti  per la distruzione di antichi popoli soggetti a forti  assimilazioni. Sono passati 150 anni dal  plebiscito della Benecia (ottobre 1866), 70 anni dalla fondazione dell'organizzazione post fascista "O" (gennaio 1946) e 60 anni dall'istituzione dell'organizzazione fascista Gladio (ottobre 1956).L'inizio della distruzione di una tradizione antica degli sloveni della Benecia ha avuto inizio con l'arrivo di Napoleone e l'occupazione francese della Repubblica di Venezia nel 1797.
Napoleone cancellò la tradizione preistorica altamente organizzata  dell'organizzazione socio-politica dei villaggi sloveni e il loro autogoverno (dvanajstije), che nella Slavia era sopravvissuta fino ad allora.Dopo la caduta della Repubblica di Venezia e la partenza di Napoleone, i territori della Benecia  nel 1814 passarono sotto  gli Asburgo, che hanno continuato con la politica  di occupazione degli sloveni della Slavia.
Di questo fatto anche l' Italia appena formata (1861) ,per il il desiderio di una maggiore espansione nel territorio sloveno, nel 1866, approfittò della situazione momentanea e agli sloveni  benecani,resiani e friulani promise l'autonomia a condizione di aderire all'Italia. A tal fine, l'Italia in collaborazione con Vienna organizzò il plebiscito nell' ottobre 1866 nella  Benecia,Resia e Friuli dove gli sloveni optarono per l'annessione all'Italia.Gli Sloveni a causa della politica degli Asburgo,votarono in maggioranza per l'annessione all'Italia. Dopo meno di un mese l'Italia  mostrò il suo vero volto di ipocrisia e il genocidio dei territori sloveni di nuova acquisizione. 
 Il 22 NOVEMBRE 1866, "Il Giornale di Udine" pubblicò la citazione, "dobbiamo sterminare, distruggere gli sloveni".Subito dopo, il governo italiano iniziò con le deportazioni di massa e la migrazione degli sloveni. Poi seguì la guerra italiano-africana negli anni 1895-96, quando l'Italia mobilitò massicciamente ragazzi sloveni maggiorenni e uomini della Slavia,del Friuli nella guerra abissina (prima guerra ).
Nelle province slovene occidentali hanno iniziato a stabilirsi uomini del sud Italia molto brutali con le ragazze slovene. Tali fatti sono avvenuti quindi nella prima guerra mondiale, quando gli uomini erano mobilitati  in prima linea sul fronte dell'Isonzo e in Tirolo.  In guerra morirono  decine di migliaia uomini. Nelle terre slovene occidentali (Benecia, Resia, Carnia e Friuli),iniziò l' assimilazione fascista.
Sotto il fascismo vennero effettuate espulsioni di massa degli sloveni della Benecia e del Friuli.
Nella  II guerra mondiale,molti uomini andarono sul fronte russo, dove  furono mobilitati tanti sloveni della Slavia.
Furono fatti arrivare molti ragazzi asud Italia per sposarsi con le ragazze slovene. Le conseguenze di questo genocidio erano già visibili allora con l'italianizzazione ,in pochi decenni è cambiata quasi interamente la lingua parlata  con l'introduzione di elementi linguistici meridionali.Con la capitolazione dell'Italia l'8/9/1943 e la caduta del fascismo non finì il terrore genocida.Nel Friuli gli ex fascisti formarono l' organizzazione militare Osoppo, che si proclamava per partigiana, ma operava solo contro gli sloveni e forzatamente  ha portato all'italianizzazione delle terre slovene.
Il lavoro è continuato anche dopo la fine della guerra e si rinforzò per le nuove tendenze di demarcazione dei confini.  Nel gennaio 1946 è stata rinominata come organizzazione segreta paramilitare "O". L'organizzazione "O" aveva 15 battaglioni, subito dopo la  sua formazione ha intrapreso il conteggio, l'organizzazione e la programmazione di tutti i documenti sospettati  di essere filo-sloveni.
Iniziarono le deportazioni di massa, le incarcerazioni e le esecuzioni contro la popolazione slovena indigena.Nelle terre slovene la Gladio non perseguitava i comunisti e certamente non quelli che erano fiduciari dell'UDBA jugoslava.
Nei confronti della popolazione slovena è stato effettuato lo stesso terrore come fece il fascismo sotto Mussolini.  La Gladio è stata infatti inibita la forza dei comunisti italiani situati in Italia, ma lo scopo principale della Gladio era l'eliminazione degli antichi, sloveni in Benecia, Carnia e Friuli.L'organizzazione "O" era formata in gran parte da fascisti noti per stupri, rapimenti, espulsioni, uccisioni e roghi. Nello stesso tempo  ricevevano tre stipendi mensili per i  loro favori nelle organizzazioni terroristiche, mentre la gente comune dopo la guerra non  aveva  da mangiare.Gli sloveni  indigeni attraverso la Gladio  furono inviati in Francia, Belgio e Germania come manodopera per i lavori difficili e pericolosi nelle miniere.  In cambio  ottennero  il diritto a una certa quantità di carbone per le necessità della popolazione .
 La Gladio ha spostato dalla Benecia, Friuli e Carnia  oltre 60.000 persone slovene. (questa cifra non comprende  Gorizia e Trieste).  La pressione dell' assimilazione italiana sull'identità nazionale fino ad oggi non è terminata.I risultati di ciò sono che decine di paesi e borghi della Benecia  si sono completamente svuotati. In Carnia non  si sentono più  parole slovene, nonostante il fatto che gli italiani fino alla Prima Guerra Mondiale in Carnia erano inesistenti. Lo stesso vale per quasi tutto il Friuli, gli  Sloveni non  ci sono più, o anche quelli che  ci sono per lo più sono italianizzati .

tradotto sommariamente  dal'articolo di Rok Melink in fb


ORGANIZACIJA GLADIO IN ZAMOLČANI RODOMOR V BENEŠKI SLOVENIJI
Naj se nikoli ne pozabi!
Letos minevajo kar tri okrogle obletnice povezane z rodomorom beneških, karnijskih, furlanskih in rezijanskih Slovencev. Gre za zgodovinske slovenske dežele, v katerih so najvidneje ohranjeni prazgodovinski elementi slovenske etnogeneze.

Tudi zato so bile v zadnjih dveh stoletjih, ko so se s strani mednarodnih globalističnih mrež v Evropi ustvarjali novi načrti uničevanja starodavnih narodov, izpostavljene hudim raznarodovalnim pretresom. 150 let mineva od usodnega Beneškega plebiscita(oktober 1866), 70 let od ustanovitve postfašistične organizacije “O” (januar 1946) in 60 let od ustanovitve teroristične fašistične organizacije Gladio (oktober 1956). Za uvod se bom ustavil pri vseh treh na kratko, malo več pa se na koncu posvetil Gladio-tu, italijanski in obenem globalni prostozidarski tajni genocidni organizaciji. Ta je bila od njenega nastanka, 4. oktobra 1956 pa skozi obdobje do leta 1990, ko je delovala v polnem razmahu, pred javnostjo skrbno zamolčana. Vse do danes se skrbno zamolčuje in tepta spomin nanjo tudi v uradnih stikih za javnost v Sloveniji, ki je popolnoma okupirana in obglavljena po tujih prostozidarskih mrežah. Slovenci v Beneški Sloveniji pa se še danes bojijo ža samo besedne omembe Gladio-ta.
Začetek uničevanja prazgodovinskega izročila Beneških Slovencev se je začel s prihodom Napoleona oziroma francoske okupacije Beneške republike leta 1797. Napoleon je unkinil prazgodovinsko izročilo visoko urejene družbenopolitične ureditve slovenskih vasi in njihovo avtonomno samoupravo(dvanajstije), ki se je v Benečiji ohranila vse do tedaj. Po padcu Beneške republike in odhodu Napoleona so oblast v Beneški Sloveniji leta 1814 prevzeli Habsburžani, ki so nadaljevali z okupatorsko politiko do Beneških Slovencev. To je zelo dobro izkoristila tudi novonastala država Italija (*1861), ki je v želji po še večji ekspanziji na slovenska ozemlja, leta 1866 izkoristila trenutno situacijo in Beneškim, Rezijskim in Furlanskim Slovencem obljubila, da jim povrne njihovo zgodovinsko avtonomno samoupravo, pod pogojem, da se priključijo novi državi, Italiji. V ta namen je Italija v navezi z Dunajem organizirala oktobra 1866 plebiscit v slovenskih deželah Benečiji, Reziji in Furlaniji, kjer so se Slovenci odločali za priključitev k Italiji. Slovenci so zaradi mačehovske politike habsburžanov, italijanskim obljubam nasedli in v popolni večini glasovali za priključitev k Italiji. Že slab mesec po plebiscitu je Italija pokazala svoj hinavski in genocidni obraz na novopridobljenih slovenskih ozemljih. 22. novembra 1866 je bil v italijanskem časopisnem dnevniku “Il giornale di Udine” objavljen citat, “da je Slovence potrebno iztrebit, uničit!”.
Takoj zatem je italijanska oblast začela z množičnimi izgoni in preseljevanjem Slovencev. Sledile so italijansko afriške vojne v letih 1895-96, ko je Italija množično mobilizirala v vojno slovenske fante in može iz Benečije in Furlanije na afiška bojišča ( I. abesinska vojna). V zahodne slovenske dežele pa pričela množično naseljevati prišleke iz italijanskega juga, ki so nasilno poročevali slovenska dekleta. Vrh takšnega početja se je odvijal nato v prvi svetovni vojni, ko je Italija masovno mobilizirala slovenske moške v prve bojne linije na soško in tirolsko bojišče. Več desettisoče jih je padlo. Po prvi vojni je prišlo s strani Belgrada in Rima do zahrbtne in krivične Rapalske pogodbe L. 1920, ki je Slovence hudo oškodovala. V zahodnih slovenskih deželah (Benečija, Rezija, Karnija in Furlanija) pa se je začel brutalen fašistični raznarodovalni pohod. Naša dekleta pa so bila zopet prisilno kompromitirana z oženjanjem italijanskih prišlekov in ploditvijo sovražnikov.
Pod fašizmom je Italija izvajala množične izgone beneških in furlanskih slovencev. Tudi mojo rodbino iz vasice Melinki pri Ligu v Benečiji so leta 1928 izgnali. Italijanska fašistična oblast nam je zaplenila celotno domačijo z vso posestjo vred. V tistem času v razmahu italijanskega fašističnega terorja so bile na tak način številne slovenske vasi dodobra izpraznjene, zlasti v Benečiji, Karniji in Furlaniji. Po drugi vojni je Italija povrnila “jugoslovanski oblasti”, ne pa oškodovancem, tista protipravno zasežena imetja, ki so po novi razmejitvi ostala na tej strani meje. Nova jugoslovanska oblast, ki je kot prvo, poskrbela za krivično razmejitev in osvobojena zahodnoslovenska ozemlja zopet prodala Italiji, pa obenem tudi vrnjenih imetji s strani Italije na tej strani meje povečini ni vračala oškodovancem oziroma upravičencem, ampak svojim zaupnikom, lizunom, ki so se prilizovali novi okupatorski oblasti. Ti so si na tak sramoten način zlahka prilaščali hiše, posestva in druga imetja izgnanih in pobitih. Tudi moja družina v Melinkih ni dobila nič nazaj, kljub temu, da je bil moj dedek partizan, prvoborec. Po vojni je meddrugim odklonil častno odlikovanje, spomenico prvoborca in je ni hotel prevzet, ker se z novim režimom ni strinjal. Moja družina tako ni dobila nazaj ne zaplenjene domačije(v kateri smo živeli vso zgodovino), ne kakršnekoli denarne odškodnine s strani Italije, saj je denar, ki ga je Italija po vojni nakazala SFRJ za slovenske žrtve fašizma, povečini končal v Beogradu.
Predno zaključim z obdobjem II. Svet. vojne, naj omenim še Rusko fronto, kamor so Italijani zopet množično mobilizirali cvet slovenskega moštva iz omenjenih zahodnih slovenskih dežel. Tudi ta manjko so Italijani načrtno planirali za novo invazijo italijanskih južnjakov v naše kraje in njihovo poročevanje s Slovenkami. Posledice takšnega genocida so se že takrat kazale v totalnem poitaljančenju furlanske Slovenščine, ki se je v nekaj desetletjih spremenila v skoraj povsem italijanski dialekt, z vmešanimi južnoitalijanskimi jezikovnimi elementi. S kapitulacijo Italije 8. 9. 1943 in “padcem” fašizma pa se še zdaleč ni zaključil italijanski genocidni teror. Zloglasna fašistična organizacija X. MAS, ki je izvajala teror na Primorskem in zahodnih slovenskih ozemljih, se je samo preklopila pod nemško komando in svoje delo še pospešeno nadaljevala, obenem pa se je na furlanskem iz bivših fašistov formirala vojaška organizacija “Osoppo”, ki se je razglašala za partizane, delovala pa je izključno proti Slovencem in nasilno izvajala italijanizacijo zahodnih slovenskih dežel. Delovala je neprekinjeno tudi po koncu vojne in se še okrepila zaradi novih razmejitvenih teženj. Januarja 1946 se je preimenovala v tajno paravojaško organizacijo “O”. To je ponazarjalo prvo črko imena Osoppo.
“O”
Organizacijo “O” je sestavljalo kar petnajst bataljonov. Že takoj po nastanku se je “O” lotila preštevanja, urejanja in razporejanja kartotek vseh, ki so bili osumljeni slovenofilstva. Pričeli so se zopet množični izgoni, zapori in poboji nad avtohtonim slovenskim prebivalstvom. Prostovoljci v “O” so bili povečini že prekaljeni fašistični kriminalci, znani po posilstvih, ugrabitvah, izgonih, požigih in pobojih. Obenem pa so bili plačanci. Dobivali so po tri mesečne plače za “zasluge” pri delovanju te teroristične organizacije, medtem ko navadno ljudstvo po vojni ni imelo kaj jesti. Naši ljudje so 1. maja 1949 v odgovor na italijansko nasilje ustanovili “Demokratično fronto Slovencev za Benečijo” – DFS, s sedežem v Čedadu. Okupatorji iz Italije, pripadniki “O”, so njen sedež požgali v noči iz 23. na 24. marec 1950. Italijani so kot prostozidarska tvorba imeli pri svojem početju vselej podporo s strani prostozidarskih združb, tako z zahoda, kot z vzhoda in Balkana.
GLADIO
Oktobra 1956 je iz organizacije “O” nastala še okrutnejša in prav tako tajna organizacija Gladio. Ustanovitev Gladia sta 4. oktobra 1956 podpisali italijanska vlada, zveza NATO, ameriška obveščevalna C.I.A. in angleška obveščevalna MI6. V njegovo delovanje je bilo vpleteno močno prostozidarsko ozadje, od ameriških in angleških lož, do italijanske fašistične P2 z Licijem Gellijem na čelu in vse italijanske obveščevalne in protiobveščevalne službe. Uradno se danes v skromni literaturi, ki obstaja v zvezi s tem navaja, češ, da so Gladio ustanovili zaradi bojazni pred vdorom Stalinovih čet čez vzhodno italijansko mejo in nevarnostjo zmage komunistične partije v Italiji. Izgovor glede vdora Sovjetov v Italijo je zelo, zelo smešen. Kot prvo, Italija na vzhodni meji sploh ni mejila na Stalina, oziroma Kominform, ampak na Slovenijo, ki je bila pod okupacijo SFRJ. SFRJ pa je takrat bila že davno izključena iz Stalinovega Kominforma (informacijski biro komunističnih partiji) in v globokem sporu s Sovjeti, obenem pa v velikem prijateljstvu z Italijo že po tradicijonalni prostozidarski navezi Rim-Beograd in Rim-Zagreb. Še toliko bolj pa po Videmskem sporazumu leta 1955. Italija je tudi dobro vedela, da Beograd nima nikakršnega namena, da bi Jugoslavija hotela osvoboditi zahodna slovenska ozemlja ali kakorkoli hotela napasti Italijo. Tudi mirovni razmejitveni sporazumi so bili že zaključeni, seveda izključno v škodo Slovencev.
Kot drugo, v FJK (Furlaniji julijski krajini) je Gladio masovno preganjal navadne slovenske ljudi. V slovenskih deželah Gladio ni preganjal komunistov, sploh pa ne tistih, ki so bili vidni zaupniki jugoslovanske UDBE. Nad slovenskim prebivalstvom je izvajal enak teror, kot fašisti pod Mussolinijem. Gladio je sicer res zaviral tudi moč italijanskih komunistov znotraj Italije, ampak glavni namen Gladia je bil izkoreninjenje evropskih staroselcev, Slovencev, ki so prav v Benečiji, Karniji, Reziji in Furlaniji najvidneje ohranili našo svetlo prazgodovinsko kulturo, bogato vaško izročilo, tako družbenopolitično, kot duhovno. Zato je Gladiu držala podržko vsa globalistična prostozidarska mašinerija. Motil jih je ta prazgodovinski element visoko razvite vaške srenje, ki se je v Evropi najvidneje ohranil prav v teh Zahodnoslovenskih deželah.
Poleg pobojev, teroriziranja in divjega poitaljančevanja, je Gladio organizirano, zlasti iz Beneške Slovenije, Furlanije in Karnije, masovno izseljeval slovenske družine in jih transportiral v belgijska, francoska in nemška rudarska območja. Italija pa je to množično izseljevanje prikazovala kot izvoz svoje odvečne delovne sile. Po drugi strani pa je Italija na izpraznjena slovenska območja naseljevala italijanske južnjake in druge. Za slovenske staroselce, ki jih je potom Gladia prodala Franciji, Belgiji in Nemčiji, kot delovno silo za težavno in nevarno delo v rudnikih, je od omenjenih držav v zameno dobila pravico za določene količine premoga za potrebe italijanskega prebivalstva. Gladio je iz Benečije, Furlanije in Karnije izselil preko 60.000 slovenskih ljudi. Ta številka ne zajema še tistih iz Goriške in Tržaške. Italijanski raznarodovalni pritisk nad slovenstvom pa vse do danes ne odneha. Rezultati tega so, da je na desetine slovenskih vasi in zaselkov v Benečiji popolnoma izpraznjenih in se praznijo še preostale. Da v Karniji ne slišiš več slovenske besede, kljub temu, da Italijanov vse do prve vojne v Karniji praktično ni bilo. Isto velja za skoraj celotno Furlanijo. Slovencev ni več, oziroma še tisti, ki so, so povečini poitalijančeni. Na nekoč prelepih poljih, sadovnjakih, vinogradih in senožetih širom po furlanski nižini, ki so bili last slovenskih domorodcev, danes stojijo ogabne industrijske cone in trgovski centri. Italija uničuje avtohton in zdrav slovenski element, ki Italije prav nič ne ogroža, obenem pa vsakodnevno masovno sprejema nevarne, primitivne in nedelavne migrante iz Afrike, Bližnjega vzhoda in drugod in jim nudi vse, kot bi bili njeni sinovi.
NE DOPUSTIMO IZUMRTJA BENEŠKIH SLOVENCEV IN NAŠEGA STARODAVNEGA IZROČILA!!!

Gorizia-Nova Gorica 2025

 Incontro  Sergio Mattarella  Borut Pahor


Gorizia-Nova Gorica 2025: gesti storici che aprono le porte ad un nuovo percorso di amicizia e collaborazione!

"Borut Pahor e Sergio Mattarella passeranno alla storia come i due presidenti che hanno saputo stringersi la mano esprimendo condivisione nei luoghi che per tutto il secolo scorso avevano simboleggiato scontro, divisione e dolore. A Basovizza presso i due monumenti un anno fa e a Gorizia-Nova Gorica oggi. Hanno contribuito in modo decisivo a spegnere le fiamme della furia fascista che avvolsero il Narodni dom nel 1920 e che oggi viene restituito alla comunità che lo aveva sognato, costruito e perso. Assieme davanti al monumento dei quattro fucilati antifascisti sloveni hanno stemperato le pallottole che nel 1930 stroncarono quattro giovani vite, confermando la nobiltà del diritto di opporsi e combattere contro i soprusi del potere autoritario. Sulla foiba di Basovizza si sono inchinati alla memoria e al dolore di quanti hanno subito la violenza brutale e sempre ingiustificabile della resa dei conti tra vecchi e nuovi nemici. Non potevano quindi che essere Gorizia e Nova Gorica, nella piazza che veniva divisa da rete e filo spinato e che oggi ricongiunge le due città, la sede ideale per concludere un percorso e restituire alle nuove generazioni la storia ripulita dai rancori. Mattarella e Pahor hanno così oggi dato il via alla doppia e unica Capitale europea della cultura 2025, dimostrando con il loro personale esempio che con sincera amicizia e con stima reciproca il futuro è all'insegna di lunghi orizzonti e porte sempre aperte. Un percorso che la minoranza slovena in Italia e quella italiana in Slovenia hanno sempre sostenuto con passione e convinzione." sostiene il consigliere regionale SSk ed esponente della minoranza slovena Igor Gabrovec, questo pomeriggio presente alle celebrazioni sulla piazza Transalpina a Gorizia.

Leggenda di Castelmonte/Stara gora


 PRAVCA IZ STARE GORE


 Mati Božja s suojim siničam Jezusam je bila pršla u Nadiško dolino an določno blizu Spuodnje Mjerse, je usrečala dnega gardega moža, kateri ji je uprašu kam je bila namenjena. Mati Božja s prstam mu je pokazala goró s tremi puntami an je reklà: »Grem tam gor na tisto punto, ki, stoji u sredu, kadàr tam gor bom zgradila muojo hišo «. Gardi mož, ko je slišu tuo, sje sprožu an škrpajoč zobé je olguóru, de on bo pršu na tisto punto prej an takuó bi nieu pravico zgradit na mestu suojo hišo an hitro prez zamuje ku busk je začeu letjét pruot gori po krajši pot, po grebenu.S tako silo je šu, de tode ki je leteu, use kar je znajdlu, prjosake, trnje, vrhi, sje lomilu an valilu ku kadàr se zaganja an hudi vihar. Mati Božja sje zbrala to bujšo an rauno pot, čeglih buj dugo: pot ki pejé u Pikon, katere ljudjé selé si služijo kadar gredó na Staro Goró, «naproj ku prit do kapelce nad Pikonam, kjer sje opočjla, donašnidan se vidiju u živim kamane, ki stoji na stazi, stopinje nog . Tukaj Mati Božja se je opočila, kjer musac je biu trudan; potem zmjeram počasu su šli naprej an su pršil na vrh punte u sredu ti prvi. Kadàr je prsti do tuod gardi mož, kateri drugi nje biu ku sani hudič an je zagledu Mater Božjo- ki sednjena mirno je risala, suojo hišo.Muž sje razjezu ko kača an od jeze je naredu po luhtu an šalt čarjez sedam breguovu an z suojimi ruogi je zajéu an predrti goró od jam »


STORIA DI CASTELMONTE
La Madonna venne nelle Valli del Natisone vicino a Merso di sotto portando con sè Gesù. Incontrò un uomo che le chiese dove fosse diretta.La Madonna con il dito gli mostrò il monte con tre punte  e gli disse:
-Vado lassù sulla punta di mezzo,quando arriverò in cima costruirò lì la mia casa".
Quando l'uomo sentì le sue parole digrignando i denti le disse che sarebbe arrivato lassù prima di lei  così avrebbe lui avuto il diritto di costruire la casa in quel luogo.L'uomo veloce cominciò a dirigersi verso quella punta correndo e scegliendo la strada più breve.La Madonna scelse la strada diritta e migliore anche se era più lunga.Il sentiero porta a Pikon ed è quello che la gente sceglie per andare a Castelmonte,"prima di arrivare alla cappelletta sopra Pikon, oggi si vedono solo le rocce che si trovano sul sentiero e le orme dei piedi.La Madonna si riposò,l'uomo era stanco ed entrambi proseguirono il cammino ed arrivarono sulla cima della punta centrale per primi.Quando l'uomo,che in realtà era il diavolo, vide la Madonna che disegnava la sua casa si arrabbiò come un serpente e dalla rabbia fece un salto attraverso 7 colli e con le sue corna bucò la montagna.
da archivio personale

 


Quello di Canalaz è il castagno più grande del Friuli Venezia Giulia.


Fu la Madonna a portare il castagno nella Slavia. Già in tempi remoti la castanicoltura fu un asse importante dell’economia. Nei primi anni del ‘900 si raccoglievano quasi 40mila quintali di castagne di oltre venti varietà. I bacchiatori portavano a benedire le loro «late»

Giorgio Banchig

In un racconto dal titolo Marija v Landarski jami / Maria nella Grotta d’Antro (con illustrazioni di Tone Kralj) lo scrittore sloveno France Bevk (1890-1970) è ricorso alla leggenda per spiegare l’origine del castagno / kostanj nelle Valli del Natisone chiamando in causa nientemeno che la Madonna.

Inseguita dagli sgherri di re Erode, che avevano l’ordine di uccidere Gesù, Maria si è trovata raminga in Val Natisone, dove incontrò una povera donna che la accompagnò nella Grotta d’Antro. Qui trovò rifugio salvando la vita del suo piccolo. «Maria guardò la povera terra sulle pendici del Mia e del Matajur, dove i bambini non potevano dormire per la fame e sorrise dolcemente. Si mise una mano in grembo e diede alla donna una castagna. “Eccoti la ricompensa divina. – Disse. – Piantala, perché cresca il cibo per i bambini e un manto verde copra questi pendii spogli”. La povera donna, che aveva solo una capra, piantò la castagna e la annaffiò portando l’acqua del Natisone nei palmi delle mani. Crebbe un albero frondoso che diede molti frutti. I bambini li raccoglievano, li arrostivano sulla brace e se li gustavano» (Bevk 1937/38: 128-129).

Non so se lo scrittore abbia inventato del tutto la leggenda o l’abbia attinta da qualche racconto popolare sentito in Benecia, che in quegli anni frequentava spesso, in particolare la canonica di don Antonio Cuffolo a Lasiz. Ma il solo fatto che si sia occupato del castagno e ne abbia descritto le leggendarie origini dimostra quanto la coltura di questo prezioso frutto sia stata importante nella storia e nell’economia delle nostre valli, quanto abbia inciso sui ritmi della vita della comunità e abbia fatto conoscere in terre vicine e lontane la nostra Benecia che ancor oggi esibisce con orgoglio numerosi castagni secolari, a volte monumentali per la loro grandezza e magnificenza.

Dalla leggenda alla storia, all’economia, alla vita e alle tradizioni delle nostre comunità. Nel 1559 il provveditore di Cividale Alvise Marcello nella relazione, redatta al termine del suo mandato, scrive che nella Schiavonia la gente si nutre di carne degli animali che alleva, «di latticini vari e formaggi, ma anche di castagne, noci e altri frutti che producono in quantità per la maggior parte dell’anno» (Relazioni 1976: 40). La castanicoltura, dunque, come un asse importante dell’economia locale, non solo per i frutti consumati daparsone e maiali in autunno e in inverno, venduti sul mercato di Cividale e barattati nei paesi friulani, ma anche per il legname usato per la costruzione di abitazioni, stalle e kazoni e, in seguito, venduto alla fabbrica di tannino di Cividale.

Se ci fermiamo alla quantità del frutto raccolto, vediamo che all’inizio del XX secolo la produzione delle castagne nella Slavia sfiorava i 40mila quintali divisi nelle seguenti varietà: objaki 20mila quintali, marroni 8mila, altre 20mila (Dorigo 1909: 14). I limiti altimetrici del castagno variano da luogo a luogo, alzandosi o abbassandosi secondo il predominio del sole o dell’ombra. La quota più alta, 848 mslm, è stata registrata sul versante meridionale del monte Hum (Stregna); l’area più intensamente coltivata era tra i 700 e gli 800 mslm (Musoni 1912: 190).

Numerosissime erano le varietà di castagni. Božo Zuanella ne ha contate ben 19 nel solo comune di Savogna: barški, ranac pečanski, marujac, bogatec, grivnjak, sivac, gorjupar, kobilca, čufa o muronica, muron, objak, melivnjak, debejak, kitar, lužarca, čajh, purčinac (Zuanella 1981: 4); in altre aree erano conosciuti: rezijan, maron, golac… – quindi oltre venti varietà di castagni (alcune sono andate definitivamente perse), ciascuna delle quali produceva frutti con particolari forme, grandezza, qualità organolettiche e tempi di maturazione.

Due erano i metodi di raccolta delle castagne, che iniziava all’inizio di ottobre e proseguiva fino ai primi di novembre. Il primo consisteva nella raccolta dei frutti caduti spontaneamente dai rami o ancora nei ricci, dai quali venivano cavati con speciali kliešče / tenaglie di legno. Il secondo metodo era quello della «ricciaia» che comportava la bacchiatura dei ricci ancora chiusi con lunghe late / aste di legno, generalmente di frassino. I ricci caduti venivano rastrellati ed ammucchiati in cumuli alti 50-60 cm a ridosso del tronco del castagno e venivano coperti con uno strato di foglie e di terriccio dello spessore di 10-12 cm. Durante i 12-14 giorni in cui rimaneva nell’interno del cumulo il riccio perdeva consistenza consentendo la facile estrazione dei frutti, mentre nelle castagne si verificava una lenta fermentazione, con sviluppo di acido lattico ed anidride carbonica, che consentivano la loro conservazione per un tempo più lungo.

Il lavoro della bacchiatura / klatenje era faticoso e pericoloso: arrampicarsi sui tronchi e i rami del castagno ed agitare le lunghe aste comportava un grande sforzo fisico e una capacità di equilibrio non comune. Non erano rari i casi di cadute rovinose anche con conseguenze nefaste. Per implorare la protezione divina i klatiči, nella festa di San Michele (29 settembre), si recavano nelle chiese a lui dedicate di Pechinie e di Topolò per partecipare alla messa ed essere benedetti assieme alle loro lunghe late (Primorski dnevnik 13.10.1966: 5); a Spignon la cerimonia si svolgeva nella seconda domenica di ottobre, festa della Madonna detta Kostanjovca.

Lungo, faticoso e spesse volte umiliante era il baratto delle castagne in cambio di granoturco nei paesi della pianuta friulana. Tante persone hanno raccontato a voce e per iscritto questa attività che ha caratterizzato un’epoca della nostra storia, in particolare del secondo dopoguerra.Proprio a quel periodo risale un articolo del Matajur (28.11.1950) che descrive il gravoso peregrinare da un paese all’altro del Friuli e anche del Veneto. Angelo Clignon – Kurinu di Pegliano, classe 1905, mi ha raccontato di essersi spinto con il suo carico «not’ do Štintina», vale a dire fino a San Stino di Livenza (VE).

Il baratto delle castagne, leggiamo nel Matajur, iniziava di solito verso fine del mese di ottobre, cioè prima della festa di tutti i Santi. Il primo faticoso lavoro degli uomini era portare sulla schiena i sacchi di castagne nel fondovalle; il giorno seguente, di primo mattino, partivano da casa. Solitamente si mettevano insieme due uomini di famiglie diverse: uno di loro afferrava le stanghe della burela / carretto a due ruote, e la tirava, il secondo la spingeva da dietro. La fatica di condurre la burela era rappresentata, oltre che dal peso delle castagne, dalle strade dissestate e dalle salite. Quando arrivavano in pianura il cammino era più agevole, ma lì iniziava l’ancora più gravoso pellegrinaggio di paese in paese, di casa in casa per offrire le castagne in cambio di granoturco. Alla sera andavano a dormire nelle stalle e nei fienili. Il giorno dopo riprendevano il baratto fino all’esaurimento delle scorte. Allora aveva inizio il cammino di ritorno trainando e spingendo il carretto altrettanto pesante come all’andata, ma questa volta carico di granoturco che veniva macinato e nelle fredde sere invernali si trasformava in profumata polenta.

Luciano Chiabudini – Ponediščak, forte delle sua esperienza personale all’età di 12-13 anni, aggiunge altri particolari a questa radicata tradizione autunnale. Nell’andare a barattare «portavano sempre con loro un bambino/ a perché imparasse la strada e il modo di offrire le castagne, ma anche per impietosire la gente in quanto andare di casa in casa era come chiedere la carità. Tutti mi volevano portare con sé perché ero magro come il baccalà, tanto da far pena alla gente». Il gruppo partì da Cicigolis e si fermò a Firmano e Oleis senza tanta fortuna, perché altri l’aveva preceduto; da lì si spinse verso Manzano e Percoto, ma anche lì con scarsi risultati. Alla fine entrò a Clauiano, paese fuori dalle principali vie del baratto. «Lì non siamo dovuti andare noi di casa in casa, ma era la gente a venire a chiedere le castagne con cesti pieni di granoturco. In brevissimo tempo finimmo le scorte e tornammo a casa col nostro carro carico del dorato granoturco» (Chiabudini 1987: 2).

(40 – continua)

Bevk F. (1937-38), Marija v Landarski jami. Naš rod, 127129.

Birtig V., Zuanella B. (1981), Kostanj in njegov pomen za Nediške doline. Dom 10, 4) Dorigo D (1909), La frutticoltura del Mandamento di Cividale e il vivaio di fruttiferi di S. Pietro al Natisone. Bullettino dell’Associazione Agraria friulana, serie V, vol. XXVI, 11-20.

Chiabudini L. (1987), Baretanje. Dom 18, 2.

https://dom-ita.newsmemory.com/

LA BROVADA

 

Minestra di brovada


La brovada (rape inacidite) è un tipico prodotto del Friuli  che si mangia in autunno/ inverno.Si può acquistare in sacchetti appositi (ottima) o in scatola.Quella in scatola della Zuccato è buona.

Ricetta della minestra di brovada e fagioli come la faceva la mia nonna Rosa

Ingredienti
  • 300 g di fagioli borlotti dell'Alta val Torre preferibilmente "Fiorina" di Bardo/Lusevera
  • 2 carote e una costa di sedano
  • una bella cipolla dorata tritata
  • un battuto di aglio e lardo fresco
  • olio extra vergine di oliva (nonna Rosa usava le morchie del burro fuso)
  • sale e pepe 
  • 300 g di brovada
  • qualche cucchiaiata di farina di polenta
Preparazione
  • mettere in ammollo i fagioli per una notte
  • fare il soffritto con l'olio, il battuto di lardo,sedano,carota tagliate a rotelline e fagioli.
  • nella casseruola mettere acqua bollente ,far bollire a fuoco basso i fagioli per 2 ore (devono essere ben cotti)
  • con un mestolo togliere un po' di fagioli e metterli in parte,frullate quelli rimasti con il liquido o passateli allo scolino
  • unire il passato ai fagioli messi a parte
  • dare un bollo in acqua e sale per alcuni minuti alla brovada
  • scolare la brovada , aggiungerla al minestrone e cuocere per 15 minuti
  • in un pentolino tostare per qualche minuto la farina di polenta,aggiungerla alla minestra e cuocere per 10 minuti
  • Aggiungere il sale se è insipida
  • servire molto calda

    La brovada (brovade) è un piatto tipico della cucina friulana, usato per accompagnare carni arrosto o bollite, abbinabile con il vino. Dal 2011 è anche riconosciuto marchio DOP.
    Si ottiene tagliando in piccole fettine (circa come i crauti)  delle rape a colletto viola.
    immagini dal web

Idranti, fumogeni e cariche: sgomberato l'accesso al Porto di Trieste

 

Idranti, fumogeni e cariche: sgomberato l'accesso al Porto di Trieste

 

Sciolto il presidio al Varco 4 contro l'obbligo del Green Pass. Manifestanti in sit-in in piazza Unità. Cinque denunce. Tre agenti lievemente feriti. Tensioni nella zona dei Campi Elisi



E' stato sgomberato l'accesso al varco 4 del porto di Trieste. Dopo una mattinata nella quale non sono mancati i momenti di tensione, le forze dell'ordine - con idranti, cariche e fumogeni - hanno allontanato i manifestanti dall'area portuale. Le persone in presidio si sono spostate in corteo verso piazza Unità, dove dalle 12 circa, quasi tremila persone stanno mettendo in atto un sit-in pacifico.

Intorno alle 16, una rappresentanza dei manifestanti - guidata da Stefano Puzzer - è entrata in Prefettura. La piazza è in attesa di una risposta alle richieste fatte all'Autorità di Governo. In serata, dopo l'annuncio che sabato 23 si terrà un incontro a Trieste con il ministro Stefano Patuanelli e un altro esponente del Governo, i manifestanti hanno lasciato piazza Unità e si sono spostati al porto Vecchio. Lì si sono dati appuntamento per domattina alle 11 alla Centrale Idrodinamica. Nel frattempo, giungono voci di tensioni nella zona di Campi Elisi, dove una parte dei manifestanti sgomberati dal porto è rimasta in presidio. Le forze dell’ordine stanno caricando in tenuta antisommossa. 

La Polizia di Stato - in una nota - fa sapere di aver denunciato per interruzione di pubblico servizio, invito a disobbedire alle leggi statali e violazione di quanto previsto dall’articolo 18 del TULPS relativo agli obblighi per i promotori di riunioni in luogo pubblico quattro personeUna quinta è stata denunciata per resistenza a pubblico ufficiale.

Questo il bilancio di quanto avvenuto in mattinata durante lo sgombero da parte delle Forze dell’Ordine dell’area antistante il varco 4 del Molo VII del Porto Nuovo di Trieste. Al vaglio la posizione di altre persone analizzando i video e le riprese delle telecamere di videosorveglianza. Tre i feriti – lievi - fra le Forze dell’Ordine.

In relazione alle notizie circa il lancio di un lacrimogeno all’istituto comprensivo Campi Elisi di Trieste, la Questura smentisce che lo stesso abbia raggiunto l’interno del plesso scolastico; si è fermato nel piazzale antistante, senza arrecare danno ai presenti...continua qui https://www.ilfriuli.it/articolo/cronaca/idranti-fumogeni-e-cariche-sgomberato-l-accesso-al-porto-di-trieste/2/253402

Friuli Venezia Giulia - Drone - Topolò - Italy

Dal Bernadia a Torlano

E' SUCCESSO A ME...



 Su fb ho chiesto a una mia amica(virtuale) se per andare in Slovenia servisse il greenpass.E' noto che io sono pro vaccini e lei no .Mi ha risposto di dimenticarmi di lei visto che abbiamo idee diverse.Vi dirò che sono rimasta un po' male comunque visto la persona non mi meraviglio.Tempo fa mi disse che siamo tutti pecore e non ci piace la libertà.Cosa ho fatto;l'ho cancellata ,non voglio farmi cattivo sangue per gente come lei!!!

La distilleria Candolini di Tarcento

 


In Friuli gli alambicchi funzionano da tempi immemorabili.

Non si sa di preciso chi e quando iniziò a distillare le vinacce, ma lo storico Luigi Papo ha ipotizzato che i Burgundi, venuti dalla vicina Austria verso il 511 d.C., furono i primi ad applicare alle vinacce il metodo di distillazione da loro utilizzato per le mele. La leggenda popolare, invece, ci porta ancora più indietro nel tempo, precisamente nel 1° secolo a.C., quando un legionario romano ottenne, come era consuetudine per premiare i reduci, un vigneto in Friuli; il soldato era riuscito a trafugare in Egitto un impianto di distillazione denominato "Crisopea di Cleopatra" e con questo aveva iniziato a produrre la prima Grappa, o meglio, il primo distillato di vinacce. 
Siamo sempre tra leggenda e ipotetiche datazioni storiche, ma resta il fatto sta che il Friuli Venezia Giulia ha sempre prodotto e bevuto grappa tanto che, in una cronaca del 1334, viene menzionata l' acquavite, mentre la prima data certa, 1451, compare sull'inventario dei beni lasciati dal notaio di Cividale "Ser Everardo da Cividale" e tra questi: "Unum ferrum ad faciendam acquavitem", praticamente un alambicco.
Passarono i secoli e, sotto il dominio austriaco, l'imperatrice Maria Teresa d'Asburgo permise la libera distillazione familiare della "Schnaps" (da qui il nome grappa), in esenzione da gabelle, per premiare la fedeltà delle truppe originarie delle province friulane; non meraviglierà, quindi, che nella sola provincia udinese, a fine '800, vi fossero ben 219 distillerie. Moltiplicato questo numero per tutte le province vocate del Nord Italia si arriva a diverse migliaia, con la stragrande maggioranza a dimensione familiare. Un mare di grappa che per anni ha accompagnato montanari, contadini ed operai regalando loro qualche attimo di calore e di piacere.
Bevanda per gente rude, quindi, e questo marchio l' accompagna ancora oggi che gli alambicchi "domestici" sono praticamente scomparsi e gli opifici, che da anni stanno lavorando alla qualità, si sono ridotti, in tutto il Friuli Venezia Giulia, ad una ventina. Un calo drastico che, sicuramente avrebbe portato anche alla scomparsa della "sgnapa", oltrechè alla dismissione degli ultimi alambicchi, se non ci fosse stato questa manciata di aziende che hanno impedito la perdita di un tale patrimonio storico, culturale e gastronomico.
http://www.tigulliovino.it/dettaglio_articolo.php?idArticolo=947

proverbio friulano

 Il proverbio friulano della settimana

di Vita nei campi
“Se ‘l è biel il dì di San Giâl ‘lè biel fin a Nadâl” ovvero se c’è bel tempo il giorno di San Gallo (il 16 ottobre) è bello poi fino a Natale”

San Gallo (Irlanda550 circa – Arbon16 ottobre 645) è stato un monaco cristianomissionario e scrittore irlandese ed è venerato come santo dalla Chiesa cattolica.
San Gallo, che secondo alcune fonti nacque tra il 532 e il 560 e morì nel 627 o fra il 646 e il 650, svolse principalmente la sua attività di monaco colombaniano nei dintorni del lago di Costanza.

La leggenda dell'orso[modifica | modifica wikitesto]

L'orso di San Gallo nello stemma della città omonima

Una nota leggenda su san Gallo vuole che un fatto straordinario avesse avuto luogo presso queste cascate. Mentre il compagno di San Gallo, Hiltibod, dormiva, quegli era già sveglio quando improvvisamente gli si parò innanzi un grosso orso. San Gallo non si lasciò intimidire da quell'apparizione: egli ordinò all'orso, in nome del Signore, di gettare un pezzo di legno nel fuoco. L'orso ubbidì e gettò il pezzo di legno nel fuoco. San Gallo deve aver infine dato all'orso una pagnotta, a condizione che non si facesse più vedere. Hiltibod, che nel frattempo si era svegliato ed aveva visto ed udito tutto, disse a San Gallo: Ora so che il Signore è con te, se persino gli animali della foresta ubbidiscono alla tua parola. L'orso non si fece poi più vedere. Nell'interpretazione di questa leggenda l'incontro di San Gallo con l'orso fu un segno al missionario pellegrino di stabilirsi quel luogo e vincere le forze della natura.[2]

La leggenda del mostro di Loch Ness[modifica | modifica wikitesto]

C'è un'altra leggenda riguardo a san Gallo, descritta nei libri della tradizione scozzese.[senza fonte] Si dice che San Colombano, che nel 565 con i suoi seguaci giunse nelle Highlands per convertire al cristianesimo gli scozzesi, abbia partecipato per puro caso ad una cerimonia funebre presso il Loch Ness. Il morto fu afferrato all'amo da un mostro sul lago. San Colombano mandò un suo seguace (forse proprio San Gallo) sul luogo dell'incidente. Immediatamente il mostro emerse dai flutti. Non disturbare più questa gente! Ritorna immediatamente giù di dove sei venuto! ordinò il santo e fece il segno della croce. Il mostro obbedì e tutti i testimoni di questo miracolo si convertirono alla fede cristiana...


da https://it.wikipedia.org/wiki/San_Gallo_(monaco)