Blog che parla del Friuli: in particolare delle minoranze linguistiche slovena,friulana e tedesca e non solo. ❤️ Sono figlia di madre slovena (Ljubljana) e di padre appartenente alla minoranza slovena della provincia di Udine (Benecia).Conosco abbastanza bene la lingua slovena.Sono orgogliosa delle mie origini.OLga❤️
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Web sul blog: Gli incendi devastano la Siberia
Aleš Debeljak
Che ancora non ho dominato: la cadenza di un grido che raggiunge
La profondità del cuore, il tuono di un treno sotterraneo,
navate di una chiesa priva di altare, divinità che mormorano nel bacino. Tu:
tu rosa da una conchiglia come scultura fragile dalla fornace
di un soffiatore di vetro. Mi hai insegnato lo spasimo e l’umiltà
prima del vangelo di un profeta interrogativo. E la libertà
di una cerva che salta attraverso i prati di un paradiso assopito.
Non posso raggiungerli senza di te. Posso sentire il crepitio delle castagne
sulle terrazze del mio villaggio. L’asfalto si sta raffreddando. Non mi interessa.
Preferirei piuttosto tremare di piacere, come una casa al limitare del suo restauro,
quando tu canti una nuova melodia. Nell’ora più buia del giorno mi indichi
l’alfabeto del vento e il fato e i semi. Leggo le macchie nella cantina della storia.
So che la mia casa sarà qui, dove tu delimiti il selvaggio giardino.
(da: “Interpretazioni dell’amore”)
Capricci della Ste: DIAMOND PAINTING - SEGNALIBRO
modi di dire
Hlaua ke malo na posluša,na jè ta od kuša (La testa che poco ascolta è come quella del caprone) Vrata ot paklà so simpre odperte(Le porte dell’inferno sono sempre aperte) Za mjete znance, ne posoje soute(Per avere amici, non prestare soldi) Reče krive, ne rasto tej pokrive(Le cose storte, crescono come le ortiche) raccolta di Adriano Noacco (fonte archivio Novi Matajur) dialetto sloveno di Taipana/Tipana
Meja: allo SMO una scultura interattiva presenta la storia del confine
Il museo contemporaneo SMO di San Pietro al Natisone presenta sabato 17 luglio alle 11 una nuova installazione scultorea che si aggiunge alla collezione di opere interattive permanenti. Meja, confine, è una video installazione tridimensionale di grandi dimensioni (circa 4 mq ) che mostra la trasformazione nel tempo, dal VI sec ad oggi, del confine orientale d’Italia. Realizzata, grazie al contributo della Regione FVG, dallo studio italo-spagnolo Out Of Format, l’installazione, ideata da Donatella Ruttar, è stata portata a termine nell’anno della pandemia. Il tecnico elettronico multimediale è Valerio Bergnach.Il lavoro di ricerca effettuato da Giorgio Banchig (che ha messo a confronto tante fonti spesso contradditorie o lacunose) ha ricostruito nel dettaglio i tracciati di confine nell’arco di 1400 anni, per poterli mostrare su un grande plastico del territorio regionale. L’installazione consiste infatti in due videoproiezioni sincronizzate: la prima è su un modello topografico tridimensionale del territorio, sul quale sono proiettati gli spostamenti dei confini che si sono succeduti nel corso degli anni e vengono evidenziati alcuni punti di interesse, luoghi significativi o accadimenti rilevanti. La maquette riproduce l’orografia del territorio. Sono riconoscibili infatti le cime delle montagne, le valli e i fiumi che le percorrono, il mare e la costa. Una seconda videoproiezione sulla parete frontale fornisce invece al visitatore dettagli, approfondimenti e suggestioni legati alla fase storica attivata dall’utente. Toccando delle monete di diverse epoche storiche si innesca la partenza del contenuto video sia sul modello topografico che sulla parete frontale. L’ambiente sonoro ed i suoni concreti che lo formano, sincronizzati con il racconto delle immagini, contribuiscono ad accrescere il carattere immersivo dell’esperienza.
Meja, che occupa uno spazio centrale accogliendo il visitatore, arricchisce quindi il museo di un nuovo tavolo di contenuti, uno strumento unico e utilissimo per comprendere la storia d’Europa e la multiculturalità del Friuli Venezia Giulia. L’installazione è dedicata a tutti coloro che vogliono conoscere il confine e sciogliere il gelo che aveva trasformato un territorio, una storia, in una dimensione off-limits.
La ‘questione di Trieste’ nel dopoguerra raccontata con i documenti degli archivi jugoslavi
Un argomento su cui esiste una vasta letteratura e che è stato sviscerato da storici e, non di rado ancora oggi, strumentalizzato dalla politica. Eppure il libro di Federico Tenca Montini, ‘La Jugoslavia e la questione di Trieste 1945 – 1954’ (ed. il Mulino), ha un merito unico: la divulgazione – con rigore storico – dei documenti della parte, allora, jugoslava, oggi conservati nelle capitali degli stati nati dopo la dissoluzione della Federazione, a Lubiana, Belgrado e Zagabria.
Il volume, uscito ad ottobre 2020 e di recente tradotto anche in croato, ora che le norme e la situazione epidemiologica lo consentono, è stato presentato a Udine alla Caserma Osoppo lo scorso 30 giugno, a Gorizia al Kulturni dom il 3 luglio e a Cividale nel salone della Somsi il successivo 7 luglio. Gli incontri sono stati organizzati dalle rispettive sezioni Anpi di Udine, Gorizia e Cividale. A Udine Tenca Montini ha dialogato con Carlo Baldassi (Anpi ‘Città di Udine’) e Andrea Zannini (Istituto friulano per la storia del Movimento di liberazione). A Gorizia con Jože Pirjevec, docente di Storia contemporanea e autore della prefazione del libro, che però non ha potuto partecipare all’evento di Cividale.
Grazie al lungo lavoro di ricerca negli archivi – fra palazzi governativi, caserme dismesse e addirittura cantine private – Tenca Montini analizzando carteggi, note e corrispondenza diplomatiche, individua tre momenti chiave che hanno caratterizzato la definizione attuale del confine orientale dell’Italia: la fine della guerra e la corsa a Trieste dei partigiani jugoslavi, la cacciata del partito comunista Jugoslavo dal Cominform che succede di pochi mesi le elezioni politiche in Italia nel 1948 e la Nota bipartita di inglesi e americani dell’8 ottobre 1953 con cui gli alleati annunciavano la cessione della zona A del Territorio libero di Trieste (che comprendeva la città e il porto) all’Italia. Preludio a quello che solo un anno dopo (il 5 ottobre 1954) fu l’accordo raggiunto con il Memorandum di Londra che sancì, di fatto, la fine della questione di Trieste.
La questione di Trieste e la Slavia Friulana
Nel libro, Tenca Montini – ne ha parlato a Cividale – accenna anche alle vicende che, fra il 1945 e il 1946, interessarono le vallate a ridosso del confine della ex provincia di Udine. La Jugoslavia, che aveva respinto ‘da sola’ l’invasione nazifascista, a fine guerra avanzava rivendicazioni territoriali nei confronti dell’Italia sconfitta. Vennero quindi organizzati alcuni sopralluoghi nei territori di confine della ‘Commissione interalleata’ al fine di individuare quale fosse la lingua parlata dalle popolazioni autoctone. Visite in cui ciascuna delle due parti tentò di influenzare l’opinione dei commissari. Nel libro sono citate le visite a Savogna e Lusevera in cui ‘le autorità locali’ sostennero contro ogni evidenza che non ci fossero abitanti di lingua slovena. Circostanza poi smentita dai fatti durante le visite, visto che i commissari russi riuscirono a scambiare qualche parola con gli abitanti del posto inferendo che fossero sloveni stante l’affinità fra le due lingue.
In ogni caso la Jugoslavia abbandonò presto le pretese sul Friuli: ha sostenuto Tenca Montini che con ogni probabilità almeno alcune di queste fossero solo un tentativo di ‘rilancio’ per aggiudicarsi la posta che consideravano più preziosa, quella di Trieste. La situazione in quella zona venne momentaneamente congelata con l’Istituzione del Territorio Libero, diviso in zona A con amministrazione angloamericana e zona B sotto l’influenza jugoslava.
La rottura fra Tito e Stalin
Il ritorno dei falciatori
IL RITORNO DEI FALCIATORI
la poesia della psiche: elogio della curiosità
Rogo del Narodni Dom
L’incendio al Narodni dom di Trieste, la
La fiamma nera. Il rogo del Narodni dom a Trieste
Sant'Ermacora e Fortunato patroni di Aquileia e Udine
Ermagora, o Ermacora (... – Aquileia, 70), e Fortunato (... – Aquileia, 70) furono i due protomartiri di Aquileia. Entrambi sono considerati santi da tutte le Chiese cristiane che ammettono il culto dei santi, particolarmente nelle zone dell'antico patriarcato di Aquileia.Ermagora sarebbe stato scelto nel 50 come primo vescovo della comunità di Aquileia da san Marco, venendo quindi consacrato a Roma da san Pietro. Secondo una tradizione dell'VIII-IX secolo si sarebbe trattato di un gentile convertito da Marco.
Fortunato sarebbe stato il diacono di Ermagora e i due subirono assieme il martirio ad Aquileia nell'anno 70, inflitto loro, secondo la leggenda, da un certo Sebasto.Sono festeggiati assieme il 12 luglio.Il loro culto è antichissimo (sono citati nel Martirologio geronimiano, testo del V secolo), soprattutto ad Aquileia, ed è stato consolidato dal patriarca Poppone che nel 1031 dedica ai due santi la Basilica Patriarcale di Aquileia (dichiarata Patrimonio Mondiale dell'Umanità) dopo la dedicazione mariana.
I corpi e le reliquie dei due santi, prima conservati nella basilica di Aquileia, vennero trasferiti nel VI secolo a Grado nella basilica di Sant'Eufemia, venendo restituite alla comunità aquileiese solo alla fine del XV secolo. Alcune di queste reliquie vennero poi traslate a Gorizia nel 1751 con la soppressione del patriarcato di Aquileia. Una chiesa dedicata ai due santi si trova a Trieste, a Roiano, in Piazza tra i Rivi.
La Mohorjeva družba, o Società di Ermagora, la più antica casa editrice slovena (con tripla sede a Klagenfurt, Celje e Gorizia), fondata nel 1851 dal vescovo Anton Martin Slomšek e filologo Anton Janežič, è stata così chiamata in riferimento a San Ermagora.
da wikipedia
ALESSANDRO IVANOV
L'HO CONOSCIUTO indossava sempre un loden verde...
LETTERATO, PITTORE, DOCENTE UNIVERSITARIO
Nacque il 27 giugno 1920 a Rostov sul Don, in Russia. Il nonno materno si era trasferito nel 1871 da Toppo di Meduno (Pordenone) nella Russia meridionale, dove aveva preso parte ai lavori per la costruzione delle locali ferrovie. Il padre Nikolaj, russo, morì pochi mesi prima che egli nascesse, e la madre, Cristina Tonitto, nel 1921 rientrò in Italia, stabilendosi a Udine. Compiuti studi classici, I. si laureò in lettere a Padova il 15 giugno 1944. Dopo la laurea insegnò in diverse scuole di Udine. Dal 1956 al 1964 fu docente di lingua russa nelle Università di Padova e di Trieste. Dal 1965 ricoprì presso gli Atenei di Venezia, Padova e Trieste incarichi di assistente di ruolo e professore incaricato, conseguendo nell’ottobre del 1966 la libera docenza in lingua e letteratura russa. Fin dalla sua creazione, nel 1968, operò poi in modo continuativo presso la Facoltà di lingue e letterature straniere nata a Udine come sede staccata dell’Università di Trieste e divenuta poi il primo nucleo dell’Ateneo udinese dal 1978. Qui I. creò infatti l’Istituto di lingue e letterature dell’Europa orientale Jan I. N. Baudouin de Courtenay, del quale fu direttore dal 1979 al 1982 e successivamente dal 1985 al 1988. Collocato fuori ruolo anticipatamente, dietro sua richiesta, si ritirò definitivamente in pensione nel gennaio del 1991. Morì a Udine il 25 novembre 1998. Il primo lavoro scientifico pubblicato di I. è di carattere sostanzialmente comparatistico (Le suggestioni italiane nella poesia di A. N. Majkov, «Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti», 1958), un ambito di ricerca che perseguì anche attraverso contributi successivi: Puškin lettore dei ‘Promessi sposi’ (in Studi in onore di Arturo Cronia, Padova, 1967), la recensione all’edizione russa della Divina commedia uscita a Mosca nel 1968 nella traduzione di M. L. Lozinskij e con la cura di I. N. Goleniščev-Kutuzov («Lettere italiane», 1971) e quella a un volume dedicato a Petrarca dell’italianista R. I. Chlodovskij, uscito a Mosca nel 1974 («Lettere italiane», 1975), il saggio Le leggende friulane tradotte da A. N. Veselovskij («Sot la nape», 1977). Più esplicitamente ai rapporti tra la cultura russa e quella italiana è dedicato il convegno italo-sovietico “Turgenev e l’Italia” organizzato da I. presso l’Università di Udine nei giorni 11 e 12 maggio 1984, che celebrava, con un anno di ritardo, il centenario della morte dello scrittore. Le relazioni presentate al convegno sono riprodotte solo parzialmente, in traduzione italiana, in un agile volume di atti (Genève, 1987), curato dallo stesso I., che presenta in apertura il suo lavoro Sull’incontro di Goethe e di Turgenev con l’Italia. Questo convegno inaugurò in forma ufficiale una proficua stagione di contatti con esponenti dell’Accademia russa delle scienze e dell’Unione degli scrittori, che I. avviò con il patrocinio dell’allora rettore dell’Ateneo udinese Franco Frilli e che continuò a coltivare con perseveranza, portando a Udine, nel corso di due decenni, personalità come lo specialista di letterature romanze N. B. Tomaševskij (figlio del formalista Boris Tomaševskij), il grande italianista e traduttore E. Solonovič, il semiologo B. A. Uspenskij e il critico letterario, poi ministro della Cultura all’epoca di El’cin, E. Sidorov. In occasione della ricorrenza del millenario della conversione della Russia al cristianesimo, I. organizzò una giornata di studio cui partecipò, tra gli altri, il futuro patriarca di Mosca e della Russia Kirill Gundjaev. Gli studi di I. procedettero seguendo alcune linee privilegiate, tra cui l’opera del poeta simbolista Aleksandr Blok (Realismo equivoco nella prosa di A. A. Blok, «Atti dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti», 1960; Blok 1909: il significato di una protesta, ibid., 1961; “Ot postupi Katiliny k drugim”, in Atti del Simposio internazionale su A. Blok, Milano, 1984; ricordiamo anche Cristo e la rivoluzione d’Ottobre – recensione al volume di C. G. De Michelis Il tredicesimo apostolo, Torino, 1975 –, «Il mondo slavo», 1976). Poi l’opera, ma soprattutto il pensiero, di Dostoevskij (Dostoevskij è ancora fra noi, Udine, 1980; Dostoevskij da Leont’ev a Bernard Levy, Udine, 1980). In particolare, l’interesse dello studioso si incentrò su figure solo apparentemente marginali della letteratura e della cultura russe ottocentesche, in primo luogo il pensatore “non allineato” Konstantin Leont’ev, portatore di posizioni antiliberali che, basate su un concetto radicale della religiosità, si sono rivelate sorprendentemente profetiche, al quale I. dedicò diversi saggi (Il singolare K. N. Leont’ev, «Convivium», 1968; La contestazione di Leont’ev, «Il mondo slavo», 1969; Le riflessioni sulla storia di K. N. Leont’ev, in Miscellanea, Udine, 1971; la monografia K. N. Leont’ev. Il pensiero, l’uomo, il destino, Pisa, 1973; “Guerra e pace” nei giudizi di Konstantin N. Leont’ev, Udine, 1980). Altri autori che suscitarono l’interesse di I. sono stati il prosatore satirico M. E. Saltykov-Ščedrin (Le fiabe di Saltykov-Ščedrin, Padova, 1964; Le fiabe arrabbiate di Saltykov-Ščedrin, quattro fiabe e un’appendice, con un saggio e disegni dell’autore, Udine, 1980) e il filosofo Vasilij Rozanov, «voce estrema di una ‘intelligencija’ di psicopatici eruditi e allucinati», apostolo di una forma originalissima di riflessione mistica (Rozanov e il suo pensiero religioso, «Il mondo slavo», 1970; Rozanov tra Dio e capriccio, Trieste, 1974)...CONTINUA
...https://www.dizionariobiograficodeifriulani.it/ivanov-alessandro/
LA FIAMMA NERA
Finalmente ci siamo! La storia dell'incendio appiccato dai fascisti e che ha distrutto, 101 anni fa, il Narodni dom, la casa della cultura slovena di Trieste. Un lunghissimo lavoro di traduzione e impaginazione. Ma il 12 luglio sarà pronta per essere letta e divulgata!