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Borragine officinalis

Di SAplants - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=94386730
 La borragine (Borago officinalis L.) è una pianta erbacea annuale della famiglia delle Boraginaceae.Il nome deriva dal latino borra (tessuto di lana ruvida), per la peluria che ricopre le foglie. Altri lo fanno derivare dall'arabo abu araq (= padre del sudore), attraverso il latino medievale borrago, forse per le proprietà sudorifere della pianta.È una pianta erbacea annuale, che può raggiungere l'altezza di 60 cm.

Ha foglie ovali ellittiche, picciolate, che presentano una ruvida peluria, verdi-scure, raccolte a rosetta basale, lunghe 10–15 cm e poi di minori dimensioni sullo stelo.

fiori, di breve durata, presentano cinque petali, disposti a stella, di colore blu-viola, al centro sono visibili le antere derivanti dall'unione dei 5 stami. Sono raccolti in infiorescenze sommitali, penduli in piena fioritura; hanno lunghi pedicelli.

I frutti sono degli acheni che contengono al loro interno diversi semi di piccole dimensioni; i semi sono dotati di elaiosomi, particolari appendici contenenti sostanze nutritive appetibili alle formiche, che ne facilitano la disseminazione (mirmecoria).In erboristeria, della Borrana si usano le foglie sia fresche che essiccate. È efficace per curare il raffreddore, l’influenza e per depurare il sangue nei cambiamenti di stagione. E ancora con patate e riso si può fare una zuppa ricercata.

da wikipedia

KV EDIZIONI


 Quest'anno ricorre l'anniversario del terremoto del Friuli di 45 anni fa, vogliamo ricordare questo dramma che ha segnato così profondamente le nostre vite e la nostra storia con un libro della grande scrittrice friulana Bruna Sibille-Sizia, "Un cane da catena", scritto dieci anni dopo il terremoto e il primo ambientato in questo tragico scenario.

Dalla biografia dell'autrice scritta da Martina Delpiccolo:
"Un cane da catena è il terzo romanzo pubblicato dalla scrittrice Bruna Sibille-Sizia con Doretti Editore nel 1987, /…/ il primo romanzo sul terremoto in Friuli, “romanzo-documento” corredato di fotografie scattate dalla stessa scrittrice-giornalista. Straordinaria ed originale la prospettiva della storia narrata. Pur essendo costruito in terza persona con un narratore esterno, come la maggior parte dei romanzi dell’autrice, la scrittura, l’incedere e l’impianto, sapientemente ideati, inducono il lettore ad assumere il punto di vista del protagonista a quattro zampe. /.../ Proviamo a immaginare un terremoto devastante che provoca macerie, polvere, corpi incastrati sotto cumuli di pietre. Ecco allora che, in quel dramma umano, solo un cane può percepire i segnali inquietanti della natura e può muoversi poi nell’inferno della distruzione senza quasi vedere, ma annusando, raspando tra la polvere e le macerie, odorando la terra che ha tremato, riconoscendo con l’olfatto il sangue o magari il suo padrone. Così la scrittrice sceglie, in un certo senso, di far indossare ad un cane una cinepresa, con cui ad altezza di muso permette a noi lettori di cercare, annusare, sentire. La prospettiva del suo romanzo sul terremoto, sulla terra che trema è dunque volutamente “raso terra” a suggellare una scrittrice che è essenzialmente “tellurica”, che della terra registra e ascolta respiro e anima. Ma il cane diventa “altro”, rivelandosi un “traduttore”, un mediatore tra la natura, così ostile nell’evento sismico, e l’uomo.
(M. Delpiccolo, Una voce carpita e sommersa, pp. 220-221)

Saluti dalle Vali del Natisone

 



DRENCHIA-foto di Casali Edoardo

Anniversario per la don Blanchini




 L’associazione don Eugenio Blanchini/Evgen Blankin quest’anno ricorda due importanti anniversari: i cento anni della morte del sacerdote beneciano del quale porta il nome e il venticinquesimo di fondazione. Le due ricorrenze sono state sottolineate nel corso dell’assemblea dei soci, che si è tenuta lo scorso 26 maggio nella casa della cultura slovena a San Pietro al Natisone. A ricordare ricordarle è stato Giorgio Banchig, presidente del sodalizio fin dalla fondazione. Dopo aver adeguato lo statuto alla luce della nuova normativa per il terzo settore, l’assemblea ha eletto il nuovo consiglio direttivo, che risulta composto da Igor Jelen, presidente, Gianfranco Topatigh, vicepresidente, Rino Laurencig, segretario, Sando Quaglia e Luciano Lister, consiglieri. 

dal dom

Estate nelle Valli del Torre

 


Estate nelle Valli del Torre - Aperitivo di presentazione

Le Valli del Torre e le loro bellezze naturalistiche si raccontano!
Un veloce aperitivo tra le guide di Wild Routes, ForEst Studio Naturalistico e Inside FVG per presentare “Estate nelle Valli del Torre”, un progetto promosso da PromoTurismo FVG con l’organizzazione tecnica di Arteventi e la collaborazione del Consorzio delle Pro Loco Valli del Torre-Natisone, per la creazione di iniziative outdoor che promuovono la conoscenza di questo territorio ancora selvaggio e incontaminato.
Ogni week end da giugno a ottobre le Valli del Torre ospiteranno tutti coloro che vorranno scoprire i loro segreti attraverso il ritmo lento delle passeggiate a piedi, alla luce del giorno,
da fb

La poesia di Mario Čuk


 traduzione di Jolka Milič


ČAJ V SOBOTO POPOLDAN

Ko te bom vabil na čaj,
ne ustraši se divjih trav
in tigrov in hijen in kač
v mojem vrtu, prijatelj.
Vstopi mirno in potiho,
narahlo potrkaj,
kosmati služabnik ti odpre.
Ko vstopiš, ne boj se teme
in grozljivih krikov
in slinastih jezikov, prijatelj.
Moja hiša je blaga in čista,
je slonova kost v soncu,
kljubuje dežju in snegu,
viharju in burji.
Moja hiša je varna streha.
Ne ustraši se divjega psa
ob mojih nogah –
samo ob nedeljah trga ljudi.

Popij skodelico čaja
in odleglo ti bo.


IL TÈ DEL SABATO POMERIGGIO

Quando ti inviterò a prendere un tè
non temere le erbe selvatiche
e le tigri e le iene e i serpenti
nel mio giardino, amico.
Entra tranquillo e in silenzio,
bussa leggermente,
ti aprirà un irsuto domestico.
Entrando non aver paura del buio
e delle orrende urla
e delle lingue bavose, amico.
La mia casa è accogliente e pulita,
una zanna d’elefante al sole,
resiste alla pioggia e alla neve,
alla tempesta e alla bora.
La mia casa è un tetto sicuro.
Non spaventarti del cane selvaggio
ai miei piedi –
sbrana la gente solo di domenica.

Su, bevi una tazzina di tè
per sentirti meglio.

da http://www.filidaquilone.it/num051milic2-utf8.html


Marij Čuk, giornalista, poeta, scrittore, drammaturgo, commediografo, critico teatrale e letterario. Editorialista ricercato di varie riviste slovene e coordinatore di progetti interculturali alla RAI fino al pensionamento. Membro della Comunità slovena in Italia, nella regione Friuli-Venezia Giulia.
Nato nel 1952 a Trieste, dove vive e dove ha frequentato le magistrali, diplomandosi. Laureato in slavistica e romanistica all’Università di Ljubljana.
Raccolte di poesia: Pesniški list št. 13 (Foglio di poesia 13), 1973; Šumenje modrega mahu (Fruscio del muschio azzurro), 1974; Zakleta dežela (II paese incantato), 1975; Suho cvetje (Fiori secchi), 1982; Igra v matu (Scacco matto – in tandem con Ace Mermolja), 1984; Sledovi v pesku (Tracce nella sabbia), 1993; Ugrizi / Morsi (raccolta con testi a fronte), 2003; Zibelka neba in dna (Culla del cielo e del fondo), 2007 e Ko na jeziku kopni sneg (Quando sulla lingua si scioglie la neve), 2014.

Cascata di Avasinis FVG Friuli Venezia Giulia

Imparerò la lingua dei parrocchiani

 


Arriva nelle Valli del Natisone «con spirito di curiosità» don Alexandre Fontaine, il nuovo parroco di San Pietro al Natisone, Antro, Brischis ed Erbezzo. «Vengo in una terra – spiega – la cui bellezza ho già avuto modo di assaporare ogni volta che sono sceso da Castelmonte, spesso dal versante di San Leonardo. Non conosco ancora le persone e le tradizioni, ma inizio con tutto l’entusiasmo che caratterizza un sacerdote giovane. A me piace scoprire ed è anche con questo stato d’animo che ho accettato ben volentieri la proposta dell’arcivescovo. Non ci ho nemmeno pensato su».

L’ingresso solenne si terrà sabato 29 maggio alle 17 nella chiesa parrocchiale di San Pietro al Natisone e sarà presieduto dall’arcivescovo, mons. Andrea Bruno Mazzocato.

Don Fontaine, 34 anni il prossimo 13 settembre, è originario di Uccle (Belgio). Conclusi gli studi di teologia presso il Seminario interdiocesano a Castellerio, è stato ordinato nel giugno 2017, venendo poi destinato come cappellano nella parrocchia di Paderno. Ha lavorato molto con i giovani anche come referente della pastorale giovanile del vicariato urbano di Udine e insegnante in diverse scuole. «Quando si fanno le cose con passione vengono più facili», afferma.

Prima di entrare in seminario, don Fontaine si è laureato in bioingegneria. Parla cinque lingue: francese, fiammingo (olandese), italiano, friulano e inglese. Sa che a San Pietro al Natisone e Pulfero troverà una realtà bilingue. «Da seminarista – fa sapere – ho fatto servizio alcune estati sul Lussari con mons. Dionisio Mateucig, che mi ha parlato di questa zona.

Sul Lussari sono rimasto colpito dalla ricchezza culturale e linguistica della nostra diocesi e in questo senso sono contento di scoprire questa nuova realtà che per me è nuova, piacevole, interessante. Sono nato in una zona trilingue, dove si parlano francese, fiammingo e tedesco, un po’ come nelle Valli, dove le persone crescono con più lingue. E quindi si imparano, le si parla».

Alla domanda se intende imparare lo sloveno, risponde: «Scherzosamente dico che dove c’è posto per cinque lingue, c’è posto anche per sei. Se si sono imparate tante lingue in passato è bello impararne anche una nuova. E sul Lussari trovavo bella questa sfida della messa trilingue e qualcosa riuscivo a dire anche in sloveno, sicuramente con tutti gli errori di pronuncia del caso, dato che lingue di matrice slava non ne parlo.

Comunque la curiosità di conoscere ce l’ho e quindi anche di imparare la lingua del posto. Serve anche per un miglior rapporto con le persone. Ne ho esperienza con il friulano, con il quale riesco a entrare maggiormente in sintonia con chi parla quella lingua, soprattutto con gli anziani. E posso immaginare che anche nelle Valli le persone si trovino più a loro agio con la lingua di famiglia, la lingua parlata in casa. Quindi, se riesco a impararla un po’, sarà di giovamento per tutti. Magari (ride) potrei chiedere di frequentare qualche lezione alla scuola bilingue, se i bambini lo consentiranno…».

https://www.dom.it/naucil-se-bom-jezika-svojih-faranov_imparero-la-lingua-dei-parrocchiani/

Alle radici del crollo di Drenchia

 


L’associazione Kobilja Glava, venerdì 28 maggio alle 19 nella casa della cultura slovena a San Pietro al Natisone  presenterà lo studio “Studio sull’architettura rurale di Drenchia” realizzato dall‘architetto Vida Rucli, con  finanziamentoto della Zveza slovenskih kulturnih društev. Venerdì 28 maggio 2021 alle 19.00. Il testo integrale della ricerca è pubblicato sul sito dell’associazione https://kobiljaglava.com,   (>Cosa abbiamo fatto > Altre informazioni). Lo studio prende in considerazione anche alcuni aspetti della recente storia demografica di Drenchia.«Il crollo della popolazione – vi si legge – si verifica negli anni ’60 quando nella Regione si registra un aumento vertiginoso della produzione industriale che assorbirà gran parte della manodopera fino allora impiegata in agricoltura. Le prime aree coinvolte in questo processo sono quelle più marginali e con scarsa, o nulla, offerta di lavoro. Numerosi lavoratori di Drenchia/Dreka finiscono nel Manzanese, ove in poco tempo le aziende che producono sedie saranno più di 2.000. L’abbandono dell’agricoltura, che per secoli era stata il settore economico preponderante, è talmente rapido che non permette neppure di adeguare, o trasformare, molti immobili ad essa collegati. Non servono più stalle, fienili, depositi/kašte, attrezzi e macchinari e gli immobili degradano rapidamente. Con l’abbandono poi delle superfici coltivate, campi e prati, cresce in modo incontrollato il bosco che oggi soffoca i paesi».

https://www.dom.it/

Dal 14 ottobre un nuovo capitolo per la verità per Giulio. Quello processuale. Sarà difficile, ma giustizia sarà fatta


 Non è la prima notizia nei media italiani, nonostante la portata del fatto, sono passati 64 mesi, e per l'omicidio di Stato commesso contro Giulio, il 14 ottobre il processo, quel processo unico che si farà in Italia, contro, per ora, quattro esponenti di spicco della dittatura egiziana, avrà inizio. 64 mesi di fatica immensa. Inizia ora un nuovo capitolo, si apre un percorso nuovo, difficile, in salita, ma è arrivato. Arrivato forse a tempo di record, nonostante, tutto, visti gli incredibili depistaggi mossi in campo da parte egiziana e la poca collaborazione del sistema istituzionale italiano, salvo qualche rara eccezione che si può contare sulle dita di una sola mano. A livello diplomatico e politico Italia ed Egitto continuano a relazionarsi da amici. Cercheranno di relegare l'omicidio di Giulio in qualche angolo isolato, in ombra, a cui dare poca visibilità, non dovrà il processo turbare l'ordine delle cose raggiunto tra Italia ed Egitto. Il processo il 14 ottobre partirà. Un giorno non qualunque, il 14 è quello della scorta mediatica, il 14 è il giorno in cui l'Italia decise di normalizzare i rapporti con l'Egitto rispedendo l'ambasciatore in Egitto. Il 14 sarà il giorno in cui inizierà il processo per la verità per Giulio Regeni. Ammazzato da un regime canaglia, con cui l'Occidente continua a rapportarsi come se fosse un Paese qualunque e non una delle peggiori dittature di questo secolo.  A giudizio sono finiti Tariq Sabir, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi, Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Quattro esponenti della National Security egiziana. Quattro nomi, quattro punte dell'iceberg del regime egiziano. L'Italia in giallo continuerà a sostenere senza se e ma la famiglia di Giulio, e questa Italia cresce di giorno in giorno e questo qualcosa vorrà pur dire. Bisogna dire grazie alla famiglia di Giulio, all'avvocato Alessandra Ballerini, per essere riusciti e riuscite a tenere il timone fermo, sono da esempio per quel mondo nuovo che è alle porte, che non vuole piegarsi ad un sistema cattivo e che annienta i diritti umani, hanno affrontato tempeste malvagie, onde funeste, evitato con maestria scogli micidiali che avrebbero fermato chiunque. La barca va, va verso la giustizia, quella vera, non di comodo. Sarà lunga, non tanto lunga, ma sarà lunga, sarà difficile,  non una passeggiata, si dovranno ancora fare i conti con un sistema egiziano vendicativo e diabolico e mafioso e con un sistema Italia in parte colluso con quel mondo, ma la barca va, va verso il suo porto, non è lontano il porto della giustizia, se ne sente l'odore, è lì, che aspetta, ma da sola non potrà arrivare, servirà tutta la forza d'animo e di corpo del popolo giallo, quello che non si è mai arreso alle menzogne e alle vigliaccate della dittatura egiziana di Al Sisi ed alla complicità di parte del sistema Italia.

mb

fonte foto social

http://xcolpevolex.blogspot.com/2021/05/dal-14-ottobre-un-nuovo-capitolo-per-la.html

buona giornata

 



Pradielis-val Torre

piove...piove


 Sono giorni che piove! Ed è freddo. Oggi 25 maggio la massima è stata di 14 gradi.

Addosso, maglia di lana bella spessa...
Sul Messaggero Veneto ho letto che è dal 1991 che non si aveva un maggio così inclemente.

buongiorno-doberdan

 




OGGI GIORNATA DEL MINORI SCOMPARSI

 

In Europa spariscono più di 250mila bambini ogni anno. Gli esperti di open source intelligence mettono al servizio le loro capacità per aiutare a ritrovarli

(foto pixabay) missing child
(foto pixabay)

In Italia le dimensioni del fenomeno le fornisce la XXIV Relazione annuale sulle persone scomparse del Commissario straordinario: nel 2020, sono state presentate 13.527 denunce e più della metà riguardano minorenni. Su 7.672 casi, 5.511 sono ragazzi di nazionalità straniera, 2.161 italiani. Anche se la forbice tra gli scomparsi e i ritrovati sta progressivamente diminuendo, dal 2007, anno di istituzione della figura del commissario, al 2020, mancano all’appello 41.594 minori. Di quelli scomparsi nel 2020 ancora 4mila sono da ritrovare, tra cui 531 bambini sotto i 14 anni.

Secondo Missing children Europe, la federazione europea per i bambini scomparsi e sfruttati sessualmente, ogni anno in Europa più di 250mila minori svaniscono nel nulla. E ha assunto sempre più rilevanza il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati dispersi nel continente: tra il 2018 e il 2020 più di 18mila secondo i dati di Lost in Europe. Se gran parte delle scomparse sono ricollegabili ad allontanamenti volontari o alla sottrazione da parte di un genitore, restano ancora migliaia i casi di minori potenzialmente finiti in reti criminali. Rapiti per essere sfruttati per scopi lavorativi o, più spesso, sessuali.

Nuovi metodi di indagine

Nel 1983 è stato il presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan a premere per l’istituzione del 25 maggio come la Giornata dei minori scomparsi. In quasi 40 anni, la situazione non accenna a placarsi. Per questo, ai tradizionali metodi di ricerca, sempre più si affiancano nuove soluzioni che arrivano dal mondo dell’intelligence e della tecnologia. Oggi gruppi di esperti mettono a disposizione le proprie competenze e la metodologia dell’open source intelligence (Osint).

Anche i bambini svaniti lasciano tracce. Se non nel mondo fisico, certamente in quello virtuale. “Tutti noi lasciamo tracce in rete, soprattutto i minori, che non prestano generalmente particolare attenzione alla protezione delle loro informazioni: individuarle con tempestività è fondamentale”. A parlare è Mirko Lapi, presidente dell’associazione Osint Italia. Nata il 25 marzo da un gruppo di giovani professionisti che a titolo diverso usano l’open source intelligence, ovvero la ricerca sul web attraverso l’analisi di fonti aperte, l’organizzazione vuole fornire supporto alle istituzioni e alle forze dell’ordine, con l’attivazione di specifici protocolli, e fare attività di sensibilizzazione su temi come il cyberbullismo, la diffusione non consensuale di immagini intime, la disinformazione e la ricerca delle persone scomparse.

Nel caso di un disperso in montagna vengono attivate battute di ricerca a cui partecipano le forze dell’ordine ma anche associazioni. Noi invece siamo quelli che, su richiesta delle istituzioni, possono andare alla ricerca di informazioni in rete”, spiega l’esperto.CONTINUA https://www.wired.it/attualita/tech/2021/05/25/minori-scomparsi-tecnologia-osint/

ASCOLTAVO LA PIOGGIA

 


Ascoltavo la pioggia

(Alda Merini)
Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quale fragile ardore
sillabava e moriva.
L’infinito tendeva
ori e stralci di rosso
profumando le pietre
di strade lontane.
Mi abitavano i sogni
odorosi di muschio
quando il fiume impetuoso
scompigliava l’oceano.
Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quanti nastri di strade
annodavano il cuore.
E la pioggia piangeva
asciugandosi al vento
sopra tetti spioventi
di desolati paesi.

Il grido della rosa - ALICE BASS0

 


Trama: Torino, 1935. Mancano poche settimane all’uscita del nuovo numero della rivista di gialli «Saturnalia». Anita è intenta a dattilografare con grande attenzione: ormai ama il suo lavoro, e non solo perché Sebastiano Satta Ascona, che le detta la traduzione di racconti americani pieni di sparatorie e frasi a effetto, è vicino a lei. Molto vicino a lei. Alla sua scrivania Anita è ancora più concentrata del solito, ancora più immersa in quelle storie, perché questa volta le protagoniste sono donne: donne detective, belle e affascinanti, certo, ma soprattutto brave quanto i colleghi maschi. Ad Anita sembra un sogno. A lei, che mal sopporta le restrizioni del regime fascista. A lei, che ha rimandato il matrimonio per lavorare. A lei, che legge libri proibiti che parlano di indipendenza, libertà e uguaglianza. A lei, che sa che quello che accade tra le pagine non può accadere nella realtà. Nella realtà, ben poche sono le donne libere e che non hanno niente da temere: il regime si fregia di onorarle, di proteggere persino ragazze madri e prostitute, ma basta poco per accorgersi che a contare veramente sono sempre e solo i maschi, siano uomini adulti o bambini, futuri soldati dell’Impero. E così, quando Gioia, una ragazza madre, viene trovata morta presso la villa dei genitori affidatari di suo figlio, per tutti si tratta solo di un incidente: se l’è andata a cercare, stava di sicuro tentando di entrare di nascosto. Anita non conosce Gioia, ma non importa: come per le sue investigatrici, basta un indizio ad accendere la sua intuizione. Deve capire cosa è successo veramente a Gioia, anche a costo di ficcare il naso in ambienti nei quali una brava ragazza e futura sposa non metterebbe mai piede. Perché la giustizia può nascondersi nei luoghi più impensabili: persino fra le pagine di un libro. 


Il tempo corre e siamo di nuovo qui a immergerci nelle parole di un'autrice che lascia il segno, che scava nella nostra pelle, portandoci ferite profonde di parole che non fanno male, ma che ci donano la cura a quel veleno nascosto nel buio. E così, quando arriviamo alla parola fine, rimaniamo con il bisogno di leggere ancora di lei: Alice Basso e le sue grida che parlano con rabbia e forza. 

Nonostante la sofferenza di donne che sopravvivono, donne che arrancano nella quotidianità, Alice Basso ci porta di nuovo con la nostra amata protagonista Anita, che salva quelle donne in un'epoca che devono rimanere in silenzio e abbassare la testa. 

Nulla di più semplice di una mano che se pur di carta e inchiostro, diviene fatta di carne e ossa che ci trascina all'interno delle pagine e ci porta a scoprire quanto un cuore può martellare furiosamente nel petto e quanto un'anima può ruggire come l'animale selvaggio, come una leonessa pronta a tutto pur di ribellarsi a quella società troppo stretta.

Anita con il suo sarcasmo sottile, con la sua determinazione, con il suo coraggio è una di quelle donne che vorresti come migliore amica. Una di quelle donne di cui al mattino vorresti sentire la sua voce spronarti ad andare avanti e a dimenticare i momenti bui. Anita ti consola e ti sostiene. 

Anita non è fatta di carta, nonostante sia un personaggio inventato dalla penna di Alice Basso, diventa tra le pagine la tua migliore amica, la voce della tua coscienza che non ti fa perdere la strada.

Anche questa volta l'autrice Alice Basso con Il grido della rosa, ci porta tra le pagine di un romanzo che segna l'epoca dove le donne sono soltanto oggetti a cui non importa nulla delle loro emozioni. Anita con i suoi personaggi, se pur secondari, abbracciano le fragilità del lettore, donandogli la certezza che non si è soli, mai.

Pagina dopo pagina, su ha la consapevolezza che grazie a donne come Anita si è arrivati ad alzare la testa, si è arrivati a comprendere appieno la forza e la grinta di una donna. 

Il grido della rosa non è una semplice lettura, ma una vera e propria esperienza cognitiva ed emozionale, nel quale lascia il lettore senza fiato. Il secondo libro di Alice Basso ci riporta davanti ai personaggi che avevamo lasciato, seguendo le scelte della nostra protagonista Anita. Ci porta a seguire il suo percorso di vita e il suo profondo bisogno di cambiare ciò che ha intorno. 

Alice Basso a ogni riga ci porta a sentire la voce di diverse donne che hanno lottato, donne che hanno bisogno di un forte aiuto per non rimanere sole. Il lettore, si potrà immedesimare, nonostante l'epoca diversa, in queste voci e potrà cercare la soluzione per sopravvivere e vivere.

Alice Basso descrive poi l'amicizia tra donne con semplicità e un pizzico di ironia. A ogni riga si avrà la sensazione di essere tornati a casa, con volti conosciuti che sanno di famiglia e calore. 

Alice Basso nella sua sotto trama, sembra indicarci quanto la donna in ogni epoca, possa rialzarsi sempre. Possa non sentirsi sola e sapersi forte circondata anche da amiche che, se pur diverse, si mescolano alla nostra identità. 

Bellissima e profonda la caratterizzazione ancora una volta della protagonista, il suo cambiamento interiore che diventa un po' anche il nostro. 

L'unica pecca? Un romanzo che si legge in un fiato e che diventa quasi troppo breve. Arrivati alla parola fine si ha rischio di sentire diverse lacrime di nostalgia scorrere sul viso, domandandosi e adesso? Quando ritornerò da lei? 

Il grido della rosa scalda il cuore, l'importante è decidere di ascoltare la sua voce. 

Piove poesia recitata

Piove, e se piovesse per sempre sarebbe questa tua carezza lunga che si ferma sul petto, le tempie; eccoci, luccicante sorella, nel cerchio del tempo buono, nell'ora indovinata stiamo noi, due sguardi versati in un corpo, uno stare senza dimora che ci fa intangibili, sottili come un sentiero di matita da me a te ne' dopo ne' dove, amore, nello scorrere quando mi dici guardami bene, guarda: l'albero e' capovolto, la radice e' nell’aria. PIER LUIGI CAPPELLO da "Mandate a dire all'Imperatore"

UNA CARTOLINA DA DRENCHIA -DREKA

 


Drenchia
 (Dreka in sloveno Drèncje in friulano è un comune italiano sparso di 102 abitanti del Friuli-Venezia Giulia. La frazione Cras ospita la sede comunale. Attualmente è il più piccolo comune della regione per numero di abitanti residenti.Il comune, adagiato sulle falde del Colovrat nella valle del torrente Rieca-Cosizza che qui ha le sue sorgenti, si trova all'estremo orientale della provincia di Udine, al confine con la valle dell'Isonzo, in Slovenia. Le frazioni del comune sono quasi tutte posizionate sulle pendici meridionali della catena del Colovrat ed affacciate sull'alta val Cosizza. Ne fanno eccezione le due borgate di Paciuch e di Peternel che si trovano a fondo valle, sulle rive del torrente Cosizza. La frazione più elevata è quella di Crai a 863 m s.l.m., mentre la più bassa è quella di Peternel che si trova a 306 m s.l.m..

La dorsale del monte Colovrat (1243 m s.l.m.), è formata da una serie di rilievi che si estendono per circa quattro chilometri dal torrente Za Velin Čelan al fiume Judrio, e segna il confine dell'Italia con la repubblica di Slovenia. Nella parte meridionale della catena è posizionato il passo Solarie che collega la Val Cosizza con il paese sloveno di Volzana (Volče in sloveno) e quindi con la vallata dell'Isonzo e la cittadina di Tolmino. Nei pressi del passo si può vedere il monumento eretto a ricordo Riccardo Giusto, il primo caduto italiano della grande guerra; nella stessa zona vi sono il bivacco Zanuso, dedicato alla memoria dell'alpino Giuseppe Zanuso, morto in quel luogo nel 1929 a causa di una fortissima tormenta di neve ed il rifugio di Casoni Solarie, con annesso campetto sportivo polifunzionale.

Dalle più alte cime del comune si possono ammirare, nella loro bellezza, le Valli del Natisone e, nei giorni privi di foschia, si possono intravedere le città di UdineGrado e Monfalcone nonché le coste settentrionali dell'Istria. Le grotte e le cavità presenti non sono così numerose ed estese come quelle delle vicine vallate del Natisone e dell'Alberone.

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