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Grazie a tutti

 


Ringrazio tutti gli amici che mi hanno augurato una buona guarigione.Le vostre parole mi aiutano a sopportare meglio gli effetti della caduta.Vi abbracco OLga.

post blog

 


Cari amici senz'altro avrete notato che i miei post sono più sporadici,ma c'è un motivo.

Io sono caduta e ho rotto il polso,mercoledì mi hanno operata. Sono fortunata perchè la chirurgia della mano di Pordenone è un'eccellenza.

Da giovedì sono a casa .Dovrò tenere il gesso per 35 giorni sperando che basti.Martedì mi fanno il vaccino astrazeneca,spero vada bene.

AFORISMA SLOVENO

 


Svetla prihodnost je kot fatamorgana. Ko smo se ji že skoraj približali, je že izginila.

Il brillante futuro è come un miraggio. Quando ci si avvicina, è già quasi scomparso.

fonte https://aforisticamente.com/laforisma-in-slovenia-franci-cec/

Drenchia-Dreka

 

foto di Casali Edoardo 

Drenchia (Dreka in sloveno[5][6]Drèncje in friulano[6][7]) è un comune italiano sparso di 102 abitanti del Friuli-Venezia Giulia. La frazione Cras ospita la sede comunale. Attualmente è il più piccolo comune della regione per numero di abitanti residenti.Il comune, adagiato sulle falde del Colovrat nella valle del torrente Rieca-Cosizza che qui ha le sue sorgenti, si trova all'estremo orientale della provincia di Udine, al confine con la valle dell'Isonzo, in Slovenia. Le frazioni del comune sono quasi tutte posizionate sulle pendici meridionali della catena del Colovrat ed affacciate sull'alta val Cosizza. Ne fanno eccezione le due borgate di Paciuch e di Peternel che si trovano a fondo valle, sulle rive del torrente Cosizza. La frazione più elevata è quella di Crai a 863 m s.l.m., mentre la più bassa è quella di Peternel che si trova a 306 m s.l.m..

La dorsale del monte Colovrat (1243 m s.l.m.), è formata da una serie di rilievi che si estendono per circa quattro chilometri dal torrente Za Velin Čelan al fiume Judrio, e segna il confine dell'Italia con la repubblica di Slovenia. Nella parte meridionale della catena è posizionato il passo Solarie che collega la Val Cosizza con il paese sloveno di Volzana (Volče in sloveno) e quindi con la vallata dell'Isonzo e la cittadina di Tolmino. Nei pressi del passo si può vedere il monumento eretto a ricordo Riccardo Giusto, il primo caduto italiano della grande guerra; nella stessa zona vi sono il bivacco Zanuso, dedicato alla memoria dell'alpino Giuseppe Zanuso, morto in quel luogo nel 1929 a causa di una fortissima tormenta di neve ed il rifugio di Casoni Solarie, con annesso campetto sportivo polifunzionale.

Dalle più alte cime del comune si possono ammirare, nella loro bellezza, le Valli del Natisone e, nei giorni privi di foschia, si possono intravedere le città di UdineGrado e Monfalcone nonché le coste settentrionali dell'Istria. Le grotte e le cavità presenti non sono così numerose ed estese come quelle delle vicine vallate del Natisone e dell'Alberone.

L'etimologia del toponimo è incerta; una ipotesi la fa risalire alla parola slovena dren che significa albero di corniolo, pianta molto presente nell'area comunale; il toponimo viene menzionato, per la prima volta, nell'anno 1295 "homines ville Tranche".[13]

Architettura sacra

La Chiesa di San Volfango

Nel comune di Drenchia sono presenti due chiese: la chiesa parrocchiale di Santa Maria Assunta a Cras (costruita nel 1700, con all'interno una statua lignea della Madonna con Bambino risalente all'inizio del XVI secolo) e quella di San Volfango presso l'omonimo paese.

Affreschi di carattere religioso

A testimonianza della religiosità popolare degli antichi abitanti del Comune, sulla facciate di diverse costruzioni sono visibili affreschi di natura sacra ancora discretamente conservati e attribuiti al pittore friulano Jacob Malar (Jacum Pitor)[20][21]. I più rappresentativi sono[22]:

  • a Obenetto una Sacra Famiglia attorniata dai santi Martino, Quirino e Floriano, datata probabilmente 1915;
  • a Peternel un affresco raffigurante la Sacra Famiglia risalente probabilmente ai primi anni del '900.

Architettura rurale[modifica | modifica wikitesto]

Nelle vicinanze delle frazioni di Cras, Oznebrida e Trusgne sono ancora osservabili le tipiche costruzioni dell'architettura rurale della Slavia veneta, localmente chiamate kasta e kozolec. Le prime sono edifici risalenti al XV secolo realizzati con basamento in pietra e piano superiore in legno, con tetto a forte inclinazione ed utilizzati quali fienili e magazzini per custodia degli attrezzi, mentre i secondi sono costruzioni in pietra e legno adibite all'essiccazione del foraggio e degli altri prodotti agricoli nonché quali deposito delle attrezzature impiegate nei lavori campestri.

Tra gli anni trenta del XIX secolo e la prima metà del XX, sul territorio comunale erano in funzione numerosi mulini costruiti in prossimità dei tanti corsi d'acqua esistenti. Di dieci fabbricati esiste ancora una storia documentata sulla realizzazione dei manufatti e sul lavoro di macina delle granaglie che ivi veniva effettuato. Oggigiorno quattro di questi impianti sono quasi totalmente scomparsi mentre degli altri sei rimangono visibili solo parti delle murature e tracce dei sistemi di convogliamento delle acque. Fa eccezione il mulino di Peternel che, edificato verso la metà del XVIII secolo e rimasto in attività fino agli anni cinquanta del XX, si trova ancora in buone condizioni nella parti in muratura e, all'interno, possiede ancora parti delle strutture del sistema molitorio[23].

Musei[modifica | modifica wikitesto]

Nella ex scuola elementare della frazione di Trinco è ospitata la Casa Rurale del Territorio, che è un museo della cultura locale dove sono esposte collezioni di oggetti domestici, di attrezzi agricoli ed utensili artigianali non più reperibili, nonché cimeli risalenti alla Prima guerra mondiale[24][25].continua

tratto da https://it.wikipedia.org/wiki/Drenchia

Così si esce dalla pandemia

 

Anche nel quarantaseiesimo aggiornamento settimanale, il dott. Mario Canciani, allergo-pneumologo, fornirsce notizie pratiche sull’infezione da Coronavirus, basate sulle domande che gli vengono poste più spesso. Al giovedì il dott. Mario Canciani è presente su UdineseTV, canale 110, alle ore 21.00. Chi avesse dei quesiti, può mandarli a: studio@mariocanciani.com.

PERCHÉ ANCHE IL VACCINO JOHNSON&JOHNSON CAUSA PROBLEMI?
Il vaccino Johnson&Johnson che utilizza come vettore un adenovirus – come il vaccino AstraZeneca – però di tipo umano e non derivato dallo scimpanzé. Secondo i primi dati americani, sembra che causi episodi di trombosi in meno di un vaccinato su 1 milione, come con la stessa frequenza dell’AstraZeneca. A parere di alcuni ricercatori tedeschi, sembra che la complicanza sia causata dalla liberazione del codice genetico dell’adenovirus presente nel vaccino, che stimolerebbe la cascata infiammatoria dell’organismo e quindi la trombosi.

HA SENSO CAMBIARE LA SECONDA DOSE DI VACCINO?
La comunità scientifica è divisa sull’opportunità di eseguire la seconda dose con un vaccino diverso, quando il primo è stato AstraZeneca e ha creato dei problemi. Per fugare questi dubbi proprio oggi è partito uno studio all’Istituto Spallanzani di Roma su 600 volontari divisi in due gruppi: uno assumerà la stessa dose, l’altro un altro tipo di vaccino. Entrambi i gruppi verranno valutati per quanto riguarda la comparsa di effetti collaterali. In Italia per ora si è deciso di fare la seconda dose con un vaccino diverso da AstraZeneca a chi ha meno di 60 anni e ha avuto reazioni con la prima dose del vaccino.

PERCHÉ IL VACCINO ASTRAZENECA ORA VIENE CONSIGLIATO A CHI HA PIU’ DI 60 ANNI E PRIMA ERA IL CONTRARIO?
Perché man mano che si procede con le vaccinazioni, ci si è accorti che la complicanza più grave, cioè la trombosi, è più rara negli anziani, probabilmente perché essi producono meno anticorpi e linfociti, i quali se prodotti in eccesso attivano una cascata infiammatoria che può portare alla trombosi. Come abbiamo detto più volte, la scienza deve cambiare opinione in base all’esperienza e alle prove accumulate nel tempo, per cui non ci si deve meravigliare di questi cambiamenti di opinioni e di indicazioni.

È VERO CHE IL VACCINO PFIZER NON PROTEGGE DALLA VARIANTE SUDAFRICANA?
Israele, che ha vaccinato il 60% della popolazione e tutta quella a rischio, ha dimostrato che gli anticorpi prodotti dal vaccino Pfizer non sono protettivi contro questa variante del Coronavirus: mentre la variante è presente nell’1% degli ammalati di Covid, essa raggiunge l’8% in quelli vaccinati con Pfizer, come se il vaccino selezionasse questa variante. Non ci sono dati per il vaccino Moderna, perché è stato somministrato in meno persone. Pfizer ha subito replicato con uno studio eseguito in Sudafrica dove su 800 persone sotto controllo si sono verificati 8 casi di Covid, tutti nel gruppo non vaccinato. Come abbiamo già sottolineato questi vaccini a mRNA possono essere rimodulati nel tempo, adattandoli in breve alla comparsa delle varianti, senza bisogno di eseguire nuovi studi e nuove autorizzazioni.

COSA C’ENTRANO I VERMI CON IL COVID?
La Niclosamide, utilizzata per la cura dei parassiti intestinali, agirebbe su degli enzimi che favoriscono la formazione di grosse cellule polmonari, chiamate sincizi, che attivano poi le piastrine e favoriscono la trombosi, cioè la chiusura dei vasi. Il farmaco, inibendo questi enzimi, diminuisce il rischio di trombosi, che è la più pericolosa complicanza del Coronavirus. Fa piacere che questa ricerca, che è stata pubblicata su una delle più prestigiose riviste mediche mondiali, derivi dalla collaborazione tra ricercatori del Friuli Venezia Giulia e del King’s College di Londra.

COME SI PUÒ USCIRE DALLA PANDEMIA?
Analizzando gli studi scientifici prodotti nel mondo, si è vito che se ne può uscire con 2 strategie, oltre alla vaccinazione di massa: 1) rintracciando gli ammalati e i contatti e circoscrivendo i focolai in modo serrato, come hanno fatto Corea e Finlandia; 2) limitando la partecipazione nei luoghi pubblici a chi è provvisto del “bollino verde”, cioè chi ha già gli anticorpi contro il Corona e limitando l’ingresso allo Stato solo a chi è provvisto di passaporto vaccinale, tamponi negativi e ha attuato una rigorosa quarantena, come ha fatto Israele e 3) in questi giorni la Danimarca ha attuato la politica del bollino verde con misure ancor più restrittive: accesso ai luoghi pubblici solo ai vaccinati con due dosi; per 3 giorni a chi ha il tampone negativo; a chi ha contratto la malattia, dopo 2 settimane dalla negatività del tampone e per ulteriori 10 settimane.

PERCHÉ L’ASMA É CALATA DURANTE LA PANDEMIA?
Questa è un’evidenza di tutti i giorni, che ora è stata confermata da una ricerca collaborativa svolta in Galles, Scozia, Inghilterra e Corea del Sud. Sebbene l’asma – soprattutto se non ben controllato – sia un fattore di rischio per la Covid19, si è notato un calo del numero e della gravità degli attacchi asmatici probabilmente per merito delle misure di prevenzione e di distanziamento sociale, che hanno limitato la trasmissione anche di altri virus respiratori, che sono la causa principale delle ricadute d’asma.

Znani in priljubljeni zdravnik pneumolog slovenskih korenin Mario Canciani je 14. aprila  objavil svoje 46. poročilo o koronavirusu in bolezni Covid-19. Odziva se na pogostejša vprašanja o koronavirusu in svetuje, kako ravnati, da bi omejili sirjenja okužbe. Med drugim tokrat našteva poti za izhod iz pandemije.

https://www.dom.it/cosi-si-esce-dalla-pandemia_tale-je-izhod-iz-pandemije/?fbclid=IwAR0bS1-iqmqnA01Xf3FgvAs2rQLrYDDU-qo7Vbq7yPDebMvtIFhQ7Om9Cbk

aforisma sloveno

 Denar je kot rokavica: ogreje nas, ne glede , na katero stran je obrnjen.

Il denaro è come un guanto: ci riscalda indipendentemente da che parte sia girato.

https://aforisticamente.com/laforisma-in-slovenia-franci-cec/




LA FRASE DEL GIORNO


Vidi sparso sui rami tenebrosi, un velo di foglie, tremulo, impalpabile, incredibile, da più non credere che il mistero esista, non che si appalesi per miracolo. In realtà quel momento impareggiabile di grazia era costato alla natura mesi di lavoro sordo.
GIUSEPPE UNGARETTI, Filosofia fantastica




Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 8 febbraio 1888 – Milano, 1º giugno 1970) è uno dei tre grandi poeti dell’Ermetismo italiano. Trasferitosi a Parigi nel 1912, prese parte alla Prima guerra mondiale nelle trincee del Carso e poi in Champagne. Dal 1935 al 1942 insegnò in Brasile e dal 1947 al 1965 fu professore di letteratura moderna alla Sapienza.

Nuovi centri vaccinali in Friuli

 


Anche in Friuli si stanno gradualmente aprendo nuovi centri di vaccinazione per ottenere la vaccinazione desiderata della popolazione nel più breve tempo possibile. Sabato 17 aprile si svolgerà la giornata delle vaccinazioni nel nuovo centro del palazzetto dello sport di Tarvisio, e una settimana dopo, il 24 aprile, sarà il turno di Tarcento, dove avverrà la vaccinazione presso il centro sportivo Modus (ul . Pascoli). Inizieranno con persone con più di 80 anni e gruppi di persone vulnerabili. A Tarcento sono già in corso le vaccinazioni presso la sede dell'Azienda sanitaria locale, che comprende i comuni di Tarcento, Faedis, Attimis, Lusevera, Taipana, Nimis, Magnano e Riviera, Povoletto, Cassacco, Tricesimo e Reana del Rojale.


CRIMINI VISSUTI COME SCAMPAGNATE

 


«Gli italiani sono abbastanza maturi per affrontare il buio dei crimini passati?». Così inizia l’articolo di Simonetta Fiori su «la Repubblica » del 2 aprile, dal titolo «Quando gli italiani erano cattiva gente». A giudicare dalle azioni e reazioni al «Giorno del ricordo» del 10 febbraio, con la retorica delle foibe, risponderei di no.

Sarà forse dirompente l’azione di pura e semplice ricerca storica che è comparsa sui social il 6 aprile con il significativo titolo «A ferro e fuoco. L’occupazione italiana della Jugoslavia 1941-43». Chiunque abbia l’interesse di informarsi in tal proposito non ha che da pigiare i tasti del computer o del cellulare in sequenza:www.occupazioneitalianajugoslavia41- 43. Non vi mancano strumenti per valutare la «bontà» dell’esercito fascista italiano.

Io, leggendo, osservando le immagini documentali, i resoconti incontrovertibili, ascoltando le testimonianze di persone sicuramente non di parte, ho avuto un senso di smarrimento. Mia moglie, guardandomi seduto a tavola mi ha chiesto turbata: cos’hai? Quello che mi ha sconvolto è stata la naturalezza, quasi divertimento con cui eccidi, distruzioni, fucilazioni di civili innocenti, vecchi e bambini, rastrellamenti, internamenti, incendi, e quant’altro, sono stati perpetrati dai nostri soldati.

D’altronde lo stesso Duce, Mussolini, dichiarava nel luglio del 1942: «Deve cessare il luogo comune che dipinge gli italiani come sentimentali incapaci di essere duri quando occorre. Questa tradizione di leggiadria e tenerezza soverchia va interrotta». E nel 1943 così si rivolgeva ai soldati: «So che a casa vostra siete dei buoni padri di famiglia, ma qui voi non sarete mai abbastanza ladri, assassini e stupratori». Così il delitto, con la certezza non solo dell’impunibilità, ma addirittura dell’encomio, diveniva un dovere, un mandato, un obbligo. Magari salvare gli animali, ma non le persone. Colpa dei soldati, quindi?

Lascio il giudizio alle singole coscienze, ma indigna che nessuno dei criminali al comando, tranne Mussolini, giustiziato dopo la cattura, subì un processo e pagò il fio dei propri efferati crimini. Bravi, buoni gli italiani! Dopo la guerra usarono ogni mezzo per giustificare le proprie atrocità attribuendole ai partigiani, alle popolazioni aggredite che cercavano di difendersi e resistere.

Da lì è sorta la grande mistificazione: nascondere, contraffare, sminuire, giustificare; da carnefice farsi vittima, fermare con ogni mezzo i percorsi della giustizia. Nessuna Norimberga per criminali come il generale Roatta, quello del «qui si ammazza troppo poco!». Imponeva: «Il trattamento da fare ai partigiani non deve essere sintetizzato dalla formula “dente per dente” bensì da quella “testa per dente”» che poi si risolveva nella pratica quotidiana semplicemente nello sterminio di “ogni partigiano” e con lui di tutte le persone della famiglia e quanti fossero nelle vicinanze.

«Cara sorella, (…). Questi comunisti li prendiamo mentre dormono, li disarmiamo e portiamo via; abbiamo preso loro tutto il pollame, ed oggi il comandante ci ha preparato un bel rancio con tutti i polli che abbiamo rapinato per le case…». «Li lasciamo con quei pochi stracci che hanno addosso, tutto il resto è nostra preda.Dapprima catturiamo gli uomini, le pecore, le vacche, il pollame che ce n’è tanto! Poi andiamo a saccheggiare le case e ci prendiamo tutto quello che possiamo portarci sulle spalle, infine concludiamo la pagliacciata appiccando il fuoco alle case; ma noi delle compagnie mortai non abbiamo fortuna perché stiamo sempre dietro e ci resta poco. (…). Provo un rimorso a vedere questi miseri bambini che piangono. Poveri bambini, sono rimasti nudi, senza pane, me ne dispiace, ma qui ci sono i militi fascisti che non si fermano davanti a nulla, sono come la grandine» (Lettera di un soldato 25 nov. 1941… e siamo ancora all’inizio!).

Testimonianze come queste, e non è certo l’unica, che raccontano misfatti incredibili come fossero allegre scampagnate, danno il senso macabro di quella occupazione militare. No, non si può dimenticare. Non si deve. Per un senso di giustizia storica. Evidenziare, da parte italiana, solo le feroci reazioni di coloro che quei misfatti dell’esercito italiano li subivano è diventato un’arte mistificatoria ancor prima che la carneficina finisse. Purtroppo, ripeto, nessuno dei gerarchi fascisti pagò per essi e tutto fu fatto dalla politica ed anche dalla magistratura italiana per spacciarsi da carnefici a vittime. Da che parte fu più esecrabile la pulizia etnica se guardiamo anche solo ai campi di concentramento di Arbe o Gonars e di tutti i Campi del Duce?

Vorrei che almeno i più onesti cittadini italiani dedicassero del tempo per entrare nel disperato mondo aperto, finalmente, nelle pagine del sito internet citato sopra. Lì potrebbe comprendere il processo di rimozione operato dalla politica italiana da 80 anni a questa parte.

In conclusione potrei citare Beppe Grillo: «Si dovrebbe, per legge, vietare ai politici di occuparsi della storia». Così fosse, la retorica del Giorno del ricordo avrebbe un senso, perché la storia va data in mano a chi ricerca la Verità.

Riccardo Ruttar

https://www.dom.it/crimini-vissuti-come-scampagnate_zlocine-so-dozivljali-kakor-izlete-v-naravo/

Ispirazione nelle caverne per arrampicare o scrivere "commedia"


"Che grotta Zadlaška, grotta di Dante. La gente l'ha sempre chiamata la Grotta di Dante ", Andrej Fratnik, un noto speleologo di Tolmin e soccorritore di grotte, questa volta nel ruolo di guida turistica, ha gettato il dilemma sulla denominazione del labirinto sotterraneo sopra la confluenza dei fiumi Zadlaščica e Tolminka. Anche se l'oltretomba, che è quasi incolore, probabilmente l'ha già visto mille volte, non perde occasione per avventurarsi ancora una volta nelle profondità. E condivide con entusiasmo la sua ricca esperienza con i curiosi che entrano con soggezione. Ma conservano la speranza, anche se Dante ha scritto in modo leggermente diverso.

La pianura di Tolmin si sta lentamente restringendo alle aree del Loče, dove inizia un pittoresco patrimonio naturale, che è sempre stato modellato e modificato dal ghiaccio e dall'acqua. Ebbene, c'è stato molto meno ghiaccio negli ultimi 10.000 anni, quando il ghiacciaio dell'Isonzo si è sciolto. Le sue conseguenze, tuttavia, sono visibili ovunque. La grotta di Zadlaska o la grotta di Dante, come si vuole chiamarla, è una delle tante eredità del ghiacciaio, poiché l'acqua doveva defluire da qualche parte. In questa parte del mondo, tuttavia, il calcare alla fine si è sciolto, quindi le grotte in quest'area sono abbastanza comuni.

Andrej Fratnik è anche un noto soccorritore di grotte. Foto: Blaž Močnik

La Grotta di Dante ha un ingresso proprio dietro la prima serpentina, dopo che poco dopo il villaggio di Zatolmin la strada irrompe nei precipizi sopra il fiume Tolminka, dove l'acqua si precipita nella roccia viva. C'è un punto di osservazione standard sul Ponte del Diavolo e anche una visione geologica pratica abbastanza vivida di ciò che accade in natura se lasciamo tempo per tempo e aggiungiamo dell'acqua accanto ad esso. Quando la strada è dritta verso i villaggi di Zadlaz e Čadrg, dopo poche decine di metri vediamo una staccionata in legno che conduce all'ingresso della grotta. Nelle immediate vicinanze, una bella statua lignea della Rainbow Babe è in piedi da tempo ormai. L'abitante mitologico può ancora una volta risvegliare gli spiriti e l'immaginazione umana. Secondo la leggenda, donne così anziane erano comuni in questi luoghi, ma aiutavano le persone, le avvertivano e le facevano sentire meglio e, soprattutto, facevano in modo che la loro arroganza non andasse troppo lontano. “I ragazzini cattivi dovevano mangiare il suo moccio imbrattato di pane. Da questo Long Babe, ci sono molte altre storie su come ha influenzato la vita della gente del posto, che ha consolidato la loro posizione con i loro figli, su come ha dotato una donna d'oro, ma le ha dato una condizione che non ha soddisfatto, e che l'oro si è trasformato in carbone di legna ”, Fratnik sorrise mentre distribuiva tute rosse ed elmetti con torce elettriche.

La statua di Duga Baba è opera dell'artista Anton Naglost. Foto: Blaž Močnik

Tuttavia, non abbiamo bisogno del pelo di un orso delle caverne per camminare attraverso la Grotta di Dante, poiché è abbastanza caldo e in alcuni punti richiede un po 'di attività fisica, che riscalda bene il corpo. Naturalmente, la condizione preliminare è che gli inesperti entrino nella grotta con qualcuno che sia esperto di speleologia. In questo caso, ciò significherà trovare qualcuno della sezione grotte dell'Associazione alpinistica di Tolmin, che conservi anche la chiave della porta in rete di ferro, che si trova dopo circa 20 metri del tunnel. “Poiché entrare nella grotta è relativamente facile, qui in passato sono successe molte cose. Le persone erano curiose ed esploravano, ma sfortunatamente hanno lasciato la spazzatura e gli escrementi. Si sono verificati anche incidenti minori e, per evitare incidenti gravi, abbiamo chiuso a chiave l'ingresso della grotta, che è tutelato per decreto come valore naturale di importanza nazionale, ma tutti i contatti sono scritti all'ingresso,

Visitare la grotta non è facile. Foto: Blaž Močnik

La luce del giorno poi si secca e il corpo trema almeno un po 'in un misto di eccitazione e innata paura dell'ignoto. Il raggio della lampada sfreccia lungo le insolite pareti bianche e sporche e la schiena del ricercatore di fronte. Almeno per ora, niente funziona in modo opprimente, né si sente il fuoco eterno dell'inferno. La domanda è ciò che il poeta Dante Alighieri ha vissuto nel lontano 1319, quando, ospite del Patriarca Pagan della Torre, si trovava presumibilmente in vacanza estiva a Tolmin. Almeno lo dice la leggenda, se le fonti storiche non possono confermarlo. Presumibilmente hanno visto un uomo con una tunica rossa vicino alla grotta. Presumibilmente, fu lì che trovò l'ispirazione per l'Inferno, che divenne poi una parte indispensabile del poema epico La Divina Commedia, con cui Dante segnò per sempre la lingua italiana e con essa l'intera letteratura europea.

Cose create davanti a me proprio così

sono come me che sto qui per sempre,

chi entra, lascia fuori le speranze di tutti.

Si legge così un frammento della traduzione sotto la penna di Andrej Capudr. Non sappiamo esattamente quale parte della storia di Tolmin sia stata Dante nei secoli rimanenti. Lo storico locale Simon Rutar lo menzionò solo brevemente alla fine del XIX secolo. I poeti e Tolmin si sono incontrati quando la Primorska apparteneva all'Italia per un po 'e quando l'italianità era dannatamente importante. Nello spirito della propaganda, un busto di Dante fu eretto nel centro della città nel 1929 e scritto su un piedistallo: “Dante lungo i confini tracciati da Dio. Florence to the Italian Tolmin. ”I Kakopak Tolmin, ad eccezione di una manciata di individui, non lo accettarono al meglio, poiché l'ultima statua era un simbolo del fascismo. Secondo il Museo di Tolmin, fu buttato via dopo la fine della seconda guerra mondiale e poco dopo fu collocato in un luogo pubblico di fronte all'ingresso della gola di Tolmin senza una controversa iscrizione. Dove non si è fermato dicendo che stava ancora evocando emozioni e ricordi negativi. Alla fine ha trovato il suo posto nel Museo Tolmin come parte di una mostra museale permanente. Ecco dove appartiene.

La statua di Dante fa ora parte della mostra permanente del Museo di Tolmin. Foto: Blaž Močnik

Nonostante l'abuso del nome di Dante per affermare l'ego nazionale, la gente di Tolmin oggi può ancora considerare un onore essere uno dei poeti più riconoscibili associati alla città. In occasione del 700 ° anniversario della sua morte di quest'anno, la sua leggenda sta rivivendo e le conclusioni possono essere tratte da tutti solo. Nell'anno internazionale delle grotte, possibilmente proprio nella grotta. Per vederlo bisognerà superare circa 300 metri di gallerie più o meno orizzontali con qualche arrampicata adrenalinica, mentre la grotta misura 1300 metri. "È una grotta turistica impegnativa. Bisogna aggrapparsi ad alcune rocce, arrampicarsi un po ', passare per parti più strette ", descrive Andrej Frantnik, che ogni anno porta nella grotta una decina di piccoli gruppi da tutto il mondo.

Un residente permanente della Grotta di Dante. Foto: Blaž Močnik

Nelle tre sale riceverete spiegazioni dettagliate sulla formazione delle grotte, il viaggio durerà circa un'ora e mezza. Le grotte, tuttavia, si sono formate per decine di milioni di anni. “Il substrato roccioso è calcareo, che è un materiale ideale per la formazione di grotte. È interessante perché è solubile in acqua e la pioggia attraverso l'aria e il suolo diventa leggermente acida, corrode il calcare, scioglie la pietra e allo stesso tempo crea formazioni sigmoidi. Quindi qui abbiamo la roccia di base su un lato, e qui uno strato di siga spesso mezzo metro. Se guardiamo, possiamo immaginare come quest'acqua scorreva lungo questa verticale e allo stesso tempo ha lasciato un segno che ora sembra tutto come una cascata di pietra ", è stato dettagliato.

Cascata di pietra. Foto: Blaž Močnik

I nostri antenati iniziarono coraggiosamente ad entrare nella grotta all'inizio del XX secolo, anche se la prima firma nella grotta risale al 1867. La grotta fu esplorata e disegnata per la prima volta dai membri dell'associazione alpinistica Krpelj nel 1922 e presto iniziò ad essere adattata per visite turistiche ed estensioni. "Le decorazioni della grotta e le stalattiti sono state portate dalla grotta come souvenir, quindi sono stati fatti molti danni", dice.

Probabilmente la prima firma nella grotta. Foto: Blaž Močnik

Che finora ci siano stati molti visitatori alla Grotta di Dante è testimoniato da innumerevoli firme sulle rocce. Ed è chiaro fino a che periodo insegnano ancora pittura nelle scuole, poiché alcuni di loro hanno lasciato una firma, che non si può chiamare vandalismo. Tuttavia, la firma con la ricezione del colore dimostra anche la presenza di lubrificatori irresponsabili.

Firme nella sala delle firme. Foto: Blaž Močnik

E quando scendiamo a terra attraverso la "cisterna", siamo anche alla fine del nostro itinerario turistico. La grotta fu finalmente demolita alla fine degli anni '70, ma al suo interno c'è una leggera brezza. "E se c'è una bozza, è anche un seguito. Tuttavia, è troppo stretto per andare avanti. Tuttavia, siamo in una zona sismica, quindi anche questi percorsi stanno cambiando a causa delle fratture ", ha aggiunto.

Attraverso gli stretti. Foto: Blaž Močnik

Andrej Fratnik si prende cura del posto sulla via del ritorno. Prende un flauto dallo zaino dell'uomo delle caverne e ci ordina di spegnere le luci. Il tema diventa improvvisamente diverso - perfetto. E poi un suono squarcia nella sala che altrimenti accarezza l'anima. È vero che Andrej probabilmente non sta provando a fare un provino per la Filarmonica di Vienna, ma la sua interpretazione nell'argomento che probabilmente ha spinto Dante fino alle ossa è terribilmente impressionante. A causa di questa esperienza, vale la pena visitare la grotta, altri dovrebbero controllare quanti giri di inferno si troverebbero, altri possono solo raggiungere a piedi la grotta e decine di migliaia di turisti che visitano la gola di Tolmin sotto la grotta ogni anno . In questi tempi strani, tutto torna utile.

Se visitare la grotta è un'impresa troppo impegnativa per qualcuno, puoi anche scendere con Fratnik su una corda a 60 metri dal suolo dal Ponte del Diavolo. Foto: Blaž Močnik
tradotto col traduttore -fonte https://novimatajur.it/attualita/jamski-navdih-za-plezanje-ali-pisanje-komedije.html

60 anni fa il primo uomo nello spazio

 

Girando attorno alla Terra, nella navicella, ho visto quanto è bello il nostro pianeta. Il mondo dovrebbe permetterci di preservare ed aumentare questa bellezza, non di distruggerla!
Jurij Gagarin

Il 12 aprile del 1961 un pilota sovietico di 27 anni divenne il primo uomo a viaggiare nello spazio, completando un’intera orbita ellittica intorno alla Terra

ACCADDE OGGI – Gagarin: 60 anni fa il primo uomo nello spazio

Lo sbarco dell’essere umano nello spazio compie oggi 60 anni. Era il 12 aprile del 1961 quando un pilota 27enne dell’esercito sovietico, Jurij Gagarin, divenne il primo cosmonauta nella storia dell’umanità. Partito da Mosca alle 9.07 a bordo della navicella Vostok1 (in italiano, Oriente1), in 108 minuti Gagarin completò un’orbita ellittica intorno alla Terra. La velocità media arrivò a 27.400 chilometri all’ora, mentre l’altitudine oscillò fra un minimo di 175 e un massimo di 302 chilometri dalla superficie del mare. dal web

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