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25 apr 2020

Ena žlahtna livška štorija - Sul sentiero della storia di Livek


            Livek
To je povabilo na sprehod po poti, ki jo bomo na Livku odprli to pomlad. Gre za tematsko oziroma zgodovinsko pot z imenom Livška štorija. Zakaj štorija? Zato, ker za štorijo, za zgodbo v resnici gre. Ime zveni domače. Razumljivo je tudi tujcu. Štorija, story, storia, histoire…
Pot se začenja pri vaškem domu Šola na Livku. V Šoli je na ogled razstava z žlahtno štorijo o stotih letih smučanja na Livškem. Šola ima tudi svojo štorijo, ki se začne leta 1877 s prvim livškim učiteljem, vikarjem Jožefom Sabladoskem in njegovim nečakom Antonom Klodiču Sabladoskemu, avtorju pesnitve o Livškem jezeru.
Pot se začne in zaključi na Livku, na prizorišču legende o jezeru, v senci 500 let stare in s kostanjem iz Topolovega poročene lipe, pri sv. Jakobu in pri mejnem kamnu na zgodovinski meji med Beneško republiko in Avstro-Ogrsko monarhijo. Mejnik velja za unikatno zgodovinsko ostalino. Pripoveduje štorijo o Livčanih in Beneških Slovencih, ljudeh istega porekla, ki so stoletja živeli v skupni domovini, Schiavoniji.
Z Livka se pot vzpne k pokopališki cerkvi sv. Petra pri Peratih. To je eden najstarejših Božjih hramov na ozemlju oglejske patriarhije. Nad cerkvijo je na vrhu morene zadnjega soškega ledenika samotno, 200 let staro jesenovo drevo, ob njem pa edinstveno razgledišče na visoke gore nad Sočo in na beneške griče s sv. Martinom na čelu in Staro goro v ozadju.
Livška štorija se nadaljuje po matajurski cesti mimo Avs in kmečkega turizma Jelenov breg do okopov, skozi katere pot pelje v Jevšček. Tu Livška štorija obiskovalcu približa doslej malo znana prizorišča soške fronte. Cesto na Matajur in mrežo okopov med cesto in Jevščkom je v letih 1916 in 1917 zgradila italijanska vojska. Ko je vojna sreča Italijanom obrnila hrbet, konec oktobra 1917, je te okope za svojo bliskovito vojno uporabil Erwin Rommel. Rommlovo zgodbo o napadu na Matajur pripoveduje zasebni muzej Brgoličeva domačija in rekonstruirani okop na robu Jevščka.
Največji zaklad Livške štorije je Nježna hiša. Hiša v Jevščku je edinstven etnološki spomenik. Priča o časih, ko so ljudje iz vasi pod Matajurjem vsi živeli v črnih kuhinjah in pod slamnatimi strehami. Vaščani Jevščka, Mašer, Tarčmuna, Polave, Čeplečišč so živeli v sožitju. Imeli so veliko skupnega; govorico, nošo, navade, sorodstva, način življenja in razmišljanja. Skupna jim je bila recimo žbrinčlja, ki je sedaj simbol poti Livška štorija. Skupen jim je bil domišljijski svet, svet škratov, krivopet… Ob obisku Nježne hiše pokukajte na podstrešje, kjer so na ogled zgodbe o livških krivopetah. Iz Jevščka se pot Livška štorija mimo jevških polj in travnikov, Pikov in Plohov vrača na Livek. Malo nad Livkom pohodnika čaka presenečenje, izjemno delo starih kamnosekov, dvojno korito na izviru Podčelami.
Pot traja dve do tri ure. Pohodnik z malo fantazije lahko Livško štorijo sproti prilagaja svoji radovednosti. Pot je povabilo k razmišljanju o usodi Livka, ki je vedno bil kraj iz nekje vmes, med slovanskim in romanskim, med alpskim in morskim svetom, med porečjema Soče in Nadiže, med Matajurjem in Kolovratom. Pot je tudi povabilo k snovanju novih poglavij štorije o krajih ob meji in mejaših. K osnovni poti bi lahko vsako leto dodali nov krak, nove krožne poti. Mnoge skrite stezice kar čakajo, da jih očistimo in nanje postavimo smerokaz. S KD Topolovo tako načrtujemo ureditev novih poti pod sv. Martinom med Livkom in Topolovim. Fundacija Poti miru bo pot Livek-Breza-Livške Ravne- Kolovrat že letos uporabila kot krak Poti miru na Kolovratu. (Katja Roš)
A Livek è in programma, per la bella stagione, l’inaugurazione del nuovo sentiero tematico Livška štorija. In una camminata di due-tre ore porterà escursionisti e turisti alla scoperta delle bellezze del territorio, al contempo raccontandolo.

Preghiera a S. Maria di Porzus



In questo 2020 ricorre il 165° anniversario delle apparizioni mariane a Porzus (settembre 1855) e il 150° anniversario della morte della veggente Teresa Dush (suor Maria Osanna). Proprio in quel lontano 1855 è scoppiato il terribile colera che ha ucciso circa 20 milioni di persone in Europa; anche nella piccola Porzus sono decedute ben 15 persone nel giro di pochi mesi, tra le quali anche il parroco. I porzusani del tempo si affidarono alla protezione, alla benevolenza della Madonna, anche con due segni visibili e tangibili. Innanzittutto il bel quadro del pittore friulano Lorenzo Bianchini (1887), con l’immagine della Madonna, chiamata «Salus Infirmorum – Salute degli infermi». Inoltre la «Festa della Madonna della Salute», festa celebrata fino a pochi anni fa e che verrà ripristinata il prossimo 24 maggio. Ora nella pandemia del coronavirus Covid-19 è stata composta una speciale preghiera di affidamento a Santa Maria di Porzus – Salute degli infermi.

Giornate calde e bellissime

Questo periodo di clausura invita tutti ad uscire.Le giornate sono calde,il cielo è terso,ma  dobbiamo restare a casa ancora per un po'.Mi affaccio alla finestra ma non vedo anima viva,i condomini sono tutti rintanati in casa.Mi manca la natura,l'erba verde,le erbe commestibili,le passeggiate,i fiori spontanei,le persone... #restiamoacasa
pulmonaria officinalis

non-ti-scordar-di me/spominčice

QUESTO E' IL TEMPO DEL RAVVEDIMENTO


Papa Francesco
La lingua batte dove il dente duole, ci ricorda il vecchio proverbio, per dire metaforicamente che il pensiero corre sempre a ciò che ci fa soffrire, ciò che ci sta a cuore. E, quanto al dente – la pandemia – fa male davvero. Effettivamente questo nemico, per la sua invisibilità, assume nella mente dimensioni sovrumane, metafisiche, tali da far star male la mente, l’anima, ancor prima che possa aggredire il corpo. E ne svela la fragilità, ipoteca la vita, mettendo in forse il futuro di ognuno, proiettando immagini di paura su tutto ciò che ci sta a cuore. E crescono nella mente turbini di domande cui si vorrebbe dare risposte rassicuranti.
Ne usciremo, ci si conferma reciprocamente, comunque col dubbio che il verbo possa mutarsi in «ne uscirete». Un gioco al lotto all’inverso, e chiunque può essere tra i perdenti. Sicuramente, dopo lo sconquasso, occorrerà trovare nuovi equilibri, impostare presidi più sicuri per non ricadere in altre drammatiche avventure che il futuro ci riserva; tutti sanno che, vinto un virus, se ne presenterà un altro ancora più subdolo e agguerrito.
Va preparato il futuro, prendendo in seria considerazione di evitare gli errori che hanno portato al drammatico presente. Da questo punto di vista non credo che vi sia un’autorità più sincera, coraggiosa, globalmente aperta al valore della vita umana di chi ha il coraggio di presentare Dio creatore come padre e l’umanità come famiglia di fratelli e sorelle, senza primi e senza ultimi, tutti figli dello stesso padre. Le parole, gli atti, le esortazioni e le analisi dei problemi umani, con relative soluzioni, sono ben rappresentate da papa Francesco. E non gli manca il coraggio di mettere nero su bianco l’elenco delle responsabilità umane nel parossistico autolesionismo incosciente ed irresponsabile.
Ho letto sulla Civiltà Cattolica brani dell’intervista che papa Francesco ha rilasciato al giornalista inglese Austen Iverigh e mi ha colpito già la prima frase riportata: «Penso alle mie responsabilità attuali e nel dopo che verrà!». Parlando delle crisi in atto, senza peli sulla lingua, dicendo che «questa crisi ci tocca tutti, ricchi e poveri», ha affermato: «Mi preoccupa
l’ipocrisia di certi personaggi politici che dicono di voler affrontare la crisi, che parlano di fame nel mondo e, mentre ne parlano, fabbricano armi. È il momento di convertirci da questa ipocrisia all’opera. Questo è il tempo di coerenza». Allora non manca ancora di denunciare il male di fondo delle comunità umane. « Ma – afferma – ci vogliamo rendere conto che tutto il nostro pensiero, ci piaccia o no, è strutturato attorno all’economia! Si direbbe che nel mondo finanziario sacrificare sia normale… è una politica dello scarto». Accennando alla rinascente teoria economica di Malthus, vecchia di due secoli, teoria secondo cui la popolazione, in mancanza di ostacoli preventivi o repressivi (quali guerre, epidemie, carestie e simili.), tenderebbe a crescere con ritmo assai più rapido di quello dei mezzi di sussistenza, ne ha citato le conseguenze: «Lo vediamo nella selezione delle persone secondo la possibilità di produrre, di essere utili: la cultura dello scarto». E ha fatto un esempio concreto: «I senzatetto restano senza tetto. Giorni fa ho visto una fotografia di Las Vegas in cui erano stati messi in quarantena in un parcheggio. E gli alberghi erano vuoti. Ma un senzatetto non può andare in un albergo. Qui si vede all’opera la teoria dello scarto».
Si dirà che il papa esca spesso dal suo ruolo interferendo nella politica e nelle scelte dei potentati economici, ma è proprio in questi settori cha va cambiato il modo di intendere il bene comune, di tutti, senza distinzioni come distinzioni non fa il coronavirus. «Ogni crisi – afferma nell’enciclica Laudato si’ – è un pericolo, ma è anche un’opportunità, quella di uscire dal pericolo. Oggi credo che dobbiamo rallentare un determinato ritmo di consumo e di produzione e imparare a comprendere e a contemplare la natura».
Non è Dio che punisce l’uomo per il suo comportamento insensato e privo di scrupoli, è l’uomo, che, dimenticando la propria componente spirituale, che lo rende uomo e non animale, si costruisce il proprio destino. È tempo di ravvedimento: lo dice a chiare lettere il virus coronato!
Riccardo Ruttar

#unapiantaalgiorno

Durante la peregrinazione odierna "into the wild" notiamo una gradevole macchia rosa tra il verde della fresca vegetazione primaverile.
Abbiamo appena incontrato la

💚𝓟𝓻𝓲𝓶𝓾𝓵𝓪 𝓯𝓪𝓻𝓲𝓷𝓸𝓼𝓪

Nome comune: In italiano troppo banale: PRIMULA FARINOSA. Ci divertiremo quindi con i suoi nomi friulani: BÙSULE, MARIUTE, ma ben più significativo quello di MARCULINE, che ci ricorda la sua fioritura planiziale nel tempo del Santo omonimo! 😇

DOVE SI TROVA?
Davvero audace nel suo spingersi oltre i 2500 metri di quota, il suo habitat prediletto sono le torbiere e i prati umidi.
Chi l'ha però incontrata in montagna non pensi di aver avuto le allucinazioni nell'incontrarla anche nelle zone acquitrinose dei colli morenici o nelle risorgive friulane!
Non si può certo dire che non sappia adattarsi a .. panorami ben diversi! 🏞

FAVORITA... DALL'UOMO?
Anche la nostra mariute è un RELITTO GLACIALE , e la sua presenza nelle torbiere basse delle Bassa (perdonate il gioco di parole) è strettamente legata alle antiche glaciazioni e a quanto detto recentemente a proposito della Genziana primaticcia (https://www.facebook.com/forest.studio.natura/photos/a.2761685117262073/2819491568148094/?type=3&theater) .
La primula farinosa ama terreni ricchi in acque e OLIGOTROFICI, ovvero poveri in elementi nutritivi. Questa caratteristica la rende competitiva nei confronti delle erbe più alte, contro ogni pronostico! Esse infatti avrebbero la meglio nei suoi confronti se il terreno fosse appena più fertile. L'essenzialità come garanzia di sopravvivenza! 🌈
Ma c'è di più: per garantire la permanenza dei PRATI UMIDI in pianura, è necessario però che anche L'UOMO (incredibile! si, proprio lui!) faccia la sua parte, con uno o più SFALCI annui , e con l'asporto della biomassa tagliata. In questo modo si controllano eventuali "invasori" (erbe ed arbusti) e si evita di concimare il terreno lasciando marcire l'erba in posto.
Comprendiamo che ciò era molto semplice quando ogni angolo di terra falciabile era fondamentale per alimentare il bestiame, nell'economia del mondo rurale di qualche decennio fa 🐮
Dopo il cambio di stili di vita e di modelli economici, oggi falciare un prato è spesso per i più un costo, e la nostra pianticella lotta a denti stretti per resistere in questi luoghi, e per dare loro motivo di vanto nel panorama floristico del FVG!
Lunga vita alla marculine! 💪

#unapiantaalgiorno

#studioforest

GRAZIE-HVALA-DANKE-GRACIIS

Voglio ringraziare tutte le persone che seguono questo blog .E' il proseguimento del precedente https://bardo-lusevera-news.blogspot.com/.Sto cercando di recuperare i vecchi followers.L'argomento è sempre lo stesso:il Friuli ,la Benečija,la Slovenija,letteratura del Friuli e della Slovenija.Vi aspetto numerosi.Potete anche darmi dei consigli per migliorare questo blog.
#celafaremo OLGA

BUONA FESTA DELLA LIBERAZIONE



24 apr 2020

75° della fine della 2ª guerra - 75-letnica konca 2. svetovne vojne

Petindvejstega obrila lietos ciela Italija se zmisni na petinsedandesto oblietnico osvoboditve in konca druge svetovne vojske. Tisti dan lieta 1945 je nacionalni komitat za osvoboditeu CLN v zgornji Italiji proglasiu vstajo v vsieh teritorijah, ki so bli šele pod nazifašistično okupacijo. V naših krajah so angleške čete dolončno pregnale Niemce in njih italijanske kolaboracioniste-republikine 1. maja. Takuo se je zaprla duga vojska, ki je narpriet pejala se vojskovat in puno krat na smart puobe in može iz Benečije, Rezije in Kanalske doline na fronte v Afriki, Albaniji, Franciji, Jugoslaviji in Rusiji, kjer se je fašistični režim želeu polastit juških teritoriju, natuo je po kapitulacji Italije lieta 1943 paršla v domače kraje. Niemci in Mussolinijevi republikini so se tukli s partizani, ubivali in deportirali ljudi, bombardirali in žgali vasi. Pa je med Slovenci veselje za zmago nad nacifašisti hitro skopnielo. Saj je že 15. maja lazinski famoštar g. Anton Cuffolo napisu: »Mi, ki smo se borili, ki smo bli preganjani, lačni in zmieran v strahu, se na upamo na dan drugač ku z nizko glavo, tisti pa, ki so nas izdajali, ovadili, preganjali, sodelovali s sovražniki in ki bi muorali plačati račun in nositi posledice, se prešernajo, se hvalijo ku zmagovalci, se nam smejejo in nam trucajo. Zaveznikam, ki so zasedli vse naše vasice po dolini, smo pokusili se jim partožit, a tudi oni nas zaničujejo. Zanje smo dielali, tarpieli, jim pomagali, jih reševali. Sada … smo plačani!« »V parvih miescih po pardobitvi frajnosti – je arzluožu Giorgio Banchig v zgodovini Benečije – je bla velika zmešnjava in ex fašisti, ki so bli premagani, so hitro preobliekli čarno srajco in se vključili v italijanske pruotislovenske, nacionalistične ter parasudajške organizacije in od tam se le naprej zaganjal’ pruot domačim slovenskim duhovnikam in zaviednim Slovencam, ki so upali in dielali, de se v Benečijo varneta frajnost, demokracija in z njimi spoštovanje do slovenskega jezika, njega varnitev v cerkveno življenje in njega varstvo v civilnem življenju s strani italijanske daržave«. Narpriet so nastale hude napetosti, de bi postavili nove konfin med Italijo in Jugoslavijo. Za tuole je bla zadužena posebna komisija, v kateri so bli Amerikanci, Rusi, Francuzi in Angleži. Potlé, kàr je biu tel problem riešen, so začela mračna, tamava lieta preganjanja slovenskega jezika in kulture ter hude emigracije, ki je spraznila vasi in parpejala Benečijo in Rezijo na rob smarti. Nou trošt se je rodiu šele, kàr je padu komunizem, se je Jugoslavija arzdrobila, se je rodila samostojna Slovenija, ki je vstopila v skupno evropsko hišo in je padu prekleti konfin. Vse se je pa lietos obarnilo narobe zaradi pandemije koronavirusa Covid-19. Kaj naš čaka, na zna nobedan napoviedati. Sigurno, de bi se spet postavili na noge, bo potrieba puno dobre volje in zdrave pameti.
Il settantacinquesimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale in Italia sarà ricordato il 25 aprile. Ma la Slavia nel 1945 cadde dalla padella nella brace. Scrive lo storico Giorgio Banchig: «Nelle Valli del Natisone il dopoguerra fu funestato da una profonda spaccatura della comunità dovuta a due questioni: la definizione dei confini e il riconoscimento della minoranza, questioni che avevano un’unica origine nella già allora pluridecennale lotta contro la lingua slovena e il tentativo di sradicarla dalle case e dalle chiese. Non fu tanto una contrapposizione tra destra e sinistra, tra ex fascisti ed ex partigiani, ma tra chi voleva ripristinare la millenaria prassi dell’uso dello sloveno nelle chiese, interrotta dal fascismo, e introdurlo nell’insegnamento scolastico e tra chi vi si opponeva paventando ad arte invasioni da parte della Jugoslavia, ma in effetti richiamandosi al programma del Giornale di Udine del 1866: “Questi slavi bisogna eliminarli” e alla repressione fascista».

25 aprile 2020

Signori e signore, ecco la proposta dell'Anpi di Udine per la Festa virtuale della Liberazione_ 25 aprile 2020_non sarà mai come ritrovarci in piazza tutti fisicamente insieme ma è un modo per sentirci vicini ❤️ 🌹viva la Resistenza! viva il 25 aprile!
#25aprilerinascere #bellaciaoinognicasa #iorestolibero
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FESTA DELLA LIBERAZIONE

L'anniversario della liberazione d'Italia è una festa nazionale della Repubblica Italiana che ricorre il 25 aprile di ogni anno.

È un giorno fondamentale per la storia d'Italia ed assume un particolare significato politico e militare, in quanto simbolo della vittoriosa lotta di resistenza militare e politica attuata dalle forze partigiane durante la seconda guerra mondiale a partire dall'8 settembre 1943 contro il governo fascista della Repubblica Sociale Italiana e l'occupazione nazista.

23 apr 2020

Web sul blog: La sfida musicale: scegli la tua canzone preferita...

Web sul blog: La sfida musicale: scegli la tua canzone preferita...: V'invito a scegliere la vostra canzone preferita tra le cinque del sondaggio, inoltre voglio ricordare a tutti, che si può esprimere...

Coronavirus da noi più aggressivo - Koronavirus je pri nas nasilnejši


Anche in questo ottavo aggiornamento settimanale, il dott. Mario Canciani, pediatra e pneumologia di fama internazionale, fornisce notizie pratiche sull’infezione da Coronavirus, basate sulle domande che gli vengono poste più spesso. Per facilitare la comprensione, cercheremo di usare il meno possibile termini medici e di semplificare i concetti. Il report non vuole sostituire il ruolo del curante, né quelle della sanità regionale, le cui informazioni invitiamo a consultare all’indirizzo https://www.protezionecivile.fvg.it/…/informazione-coronavi…. Per chi lo desiderasse, ogni giovedì e per tutto il mese di aprile, il dott. Canciani sarà presente su UdineseTV, canale 110, alle ore 20.45. Si parlerà di problemi respiratori e allergici e del coronavirus. Causa le restrizioni legate al Corona, non si potranno fare delle domande in diretta. Chi avesse dei quesiti, può mandarli a: studio@mariocanciani.com
I BAMBINI HANNO SINTOMI DIVERSI DAGLI ADULTI?
I bambini, pur infettandosi come gli adulti, si ammalano di meno per una serie di ragioni che abbiamo già analizzato. Si è visto che bambini, ma anche gli adolescenti, presentano con più frequenza rispetto all’adulto vomito e diarrea e delle eruzioni cutanee alle dita di mani e piedi, una specie di “geloni” fuori stagione, causati dalla deposizione di anticorpi contro il virus nelle estremità. Questa è una manifestazione tardiva dell’infezione da Corona, quando i pazienti non sembrano essere più infettivi; i tamponi sono quasi sempre negativi, il test sul sangue ci potrebbe dare maggiori informazioni su questa complicanza. 
GLI ASMATICI. SONO PIÙ A RISCHIO CON IL CORONA?
Dopo le segnalazioni cinesi, ora anche l’ECDC (Centro Europeo per la Prevenzione delle Malattie) ha comunicato che, mentre per le forme lievi i rischi sono simili a quelli della popolazione generale, per quelle medie e gravi il rischio di avere una malattie più grave aumenta. È essenziale, specie in questo periodo, mantenere un buon controllo dell’asma, non tralasciando i sintomi della forma persistente, che sono più sfumati delle crisi improvvise e che consistono in tosse secca stizzosa, affaticabilità per sforzi modesti come salire le scale, stanchezza persistente, respiro più veloce).
PERCHÈ UNA PARTE DEGLI AMMALATI PRESENTA UNA SCOMPARSA DEL GUSTO E DELL’OLFATTO?
Si è pensato che questo dipenda da un interessamento cerebrale da parte del virus, con lesione dei neuroni deputati a rilevare questi sensi. Oltre a questa spiegazione, mi permetto di darne una mia. Tempo fa, durante un’analisi al microscopio elettronico di una biopsia nasale in una paziente con bronchiti ricorrenti, mi sono accorto che non si vedevano i recettori dell’olfatto, per cui è possibile che il virus, così come lede le ciglia respiratorie tipiche della bronchite, provochi delle lesioni anche nei recettori di gusto e olfatto, che non sono altro che ciglia modificate.
SI PARLA SEMPRE PIÙ SPESSO DI “PATENTINO IMMUNITARIO”. DI COSA SI TRATTA?
Per essere sicuri che una persona non ne infetti altre, specie per le professioni che richiedono molti contatti (sanitari, farmacisti, commessi, insegnanti,..), è possibile che nelle prossime settimane, oltre ai tamponi, si eseguano dei test sierologici, cioè sul sangue, per verificare chi abbia prodotto difese immunitarie contro il virus. In presenza di un tampone negativo e di anticorpi protettivi, la persona non risulterebbe né infettante, né a rischio di ammalarsi, anche se cominciano ad essere descritti alcuni casi di reinfezione (v. sotto).
SI PUÒ RICADERE DOPO ESSERE GUARITI DAL CORONA?
Non lo sappiamo ancora con certezza, ma potrebbe essere che il virus conviva con il paziente guarito e si riattivi ogni tanto, come succede con l’herpes, quando le difese immunitarie calano. Secondo alcune segnalazioni – che andranno confermate- queste eventuali ricadute sono lievi e i pazienti poco infettivi.
È POSSIBILE CHE IL CORONA SIA SFUGGITO DA UN LABORATORIO?
Ogni tanto questo sospetto riappare. Con l’esame del materiale genetico del virus, si è visto che le mutazioni che ogni tanto compaiono sono casuali e non sono legate all’inserimento di pezzi di altro materiale genetico inserito artificialmente, che dovrebbe essere costante e nella stessa posizione e non casuale e in posizioni diverse.
COSA DOBBIAMO ATTENDERCI DALLA FASE 2 DELLE MISURE PREVENTIVE?
Probabilmente il Corona resterà con noi per diversi anni. È probabile che con il calo delle misure restrittive avremo nuovi focolai, che andranno circoscritti al più presto mediante quarantena, tracciabilità dei contatti e degli spostamenti tramite cellulare. Alle persone sospette andranno eseguiti almeno 2 tamponi, per evitare i falsi negativi, che sono più frequenti non appena si contrae l’infezione. Ai tamponi si aggiungerà il dosaggio degli anticorpi nel sangue. Naturalmente andranno mantenute tutte le misure preventive (mascherine, lavaggio frequente delle mani, distanziamento sociale…).
IL CORONA DA NOI È DIVERSO DA QUELLO CINESE?
I ricercatori dell’Area di ricerca di Trieste e quelli dell’università di Baltimora hanno confrontato il materiale genetico dei virus isolati in Cina e in Europa ed America e hanno visto che è differente. Si è addirittura riusciti a risalire alla data della mutazione, che è avvenuta in Inghilterra il 9 febbraio, per un errore di un enzima virale, la polimerasi. Purtroppo per noi, il ceppo europeo/americano è più aggressivo. Queste mutazioni sono importanti perché possono creare problemi a livello diagnostico, terapeutico e anche immunitario, nel senso che sarebbero meno riconoscibili dal nostro sistema anticorpale, favorendo le ricadute.
Znani in priljubljeni zdravnik slovenskih korenin Mario Canciani je 22. aprila  objavil svoje sedmo poročilo o koronavirusu Covid-19. Tudi tokrat se je odzval na pogostejša vprašanja o koronavirusu in kako ravnati, da bi omejitvi sirjenja okužbe. Tokrat ugotavlja tudi, zakaj je novoi koronavirus v Evropi in ZDA nasilnejši kot na Kitajskem.

#unapiantaalgiorno

Oggi torniamo con lo spirito tra i boschi, a ripararci dalla calura di questa primavera arida ed estiva. ⛱️
💚𝓐𝓹𝓸𝓼𝓮𝓻𝓲𝓼 𝓯𝓸𝓮𝓽𝓲𝓭𝓪
Nome comune: LATTUGA FETIDA
DOVE SI TROVA: È una pianta timida, e tende a nascondersi tra gli alberi o vicina ad essi. 😳 Preferisce i luoghi ombrosi e umidi, anche se a volte fa capolino nei prati e nei pascoli meno aridi.
NON TUTTO CIÒ CH'È ORO BRILLA 🎇
A vederla, ma anche a sentirla nominare, non ci dice niente.
Incrociandola sul proprio cammino può tranquillamente passare inosservata, forse scambiata per un tarassaco. Anche quando se ne apprende il nome, non ispira certo attrazione: FETIDA, ma a chi può interessare una pianta fetida? 🤢
Tuttavia la sua cattiva fama è ingiustificata: se ci si sofferma ad annusarla, non ha certo un cattivo aroma, anzi. Se il suo nome non... i(n)spira molto è per via delle sue radici: se le scoprite i “piedi” 🦶🏿 strappandola farà onore al suo nome e oltre al danno (per lei) ci sarà anche la beffa (per il vostro naso).
Eppure anche questa pianta è PREZIOSA. Non per niente da alcuni è stata chiamata “radicchio del malgaro” 🥬. Essendo abbastanza facile da reperire nelle zone montane nel periodo dell’alpeggio, forniva una integrazione economica e veloce alla povera dieta degli abitanti delle Terre Alte.
Se, nonostante le apparenze e il nome, proviamo ad assaggiarla, infatti, ci accorgeremo che ha un piacevole sapore di patate 🥔. Veniva impiegata come alternativa alla cicoria, con la quale condivide una sostanza, l’inulina, che la rende indigesta da cruda. È forse da questa comunanza che deriva il suo nome: “aposeris”, infatti, tradotto dal greco significa “diversa (apo) dalla cicoria (seris)”.
Domani la nostra rubrica prosegue con una pianta altrettanto discreta che si può trovare nelle città. Buona giornata!

22 apr 2020

Cara Italia, ascolta questo silenzio...


Nei giorni scorsi, ho letto questa lettera aperta dei Fridays for future; oggi pubblico un video a riguardo.

Ricordo che il 24 aprile, ci sarà lo sciopero digitale più grande di sempre!

Per maggiori informazioni:

https://ritornoalfuturo.org/24-aprile/

https://www.fridaysforfutureitalia.it/




Video credit Fridays For Future Italia caricato su YouTube

da https://websulblog.blogspot.com/2020/04/cara-italia-ascolta-questo-silenzio.ht

SCAMPOLI DI STORIA

 
Sonja, spia partigiana tra i tedeschi
di Spetič Stojan
Alta, slanciata, con due gambe da favola, bionda. Sonja era una tipica mula triestina, nata e vissuta a San Giacomo con il padre falegname ebanista al cantiere navale San Marco e la madre che, essendo un'ottima cuoca, dava una mano nelle trattorie di questo rione operaio. Quando le sue figlie erano troppo piccole per lasciarle a casa, le dava in custodia ad una giovane sartina, Maria Bernetič.
Venne la guerra e Sonja, adolescente, voleva rendersi indipendente. Partì per Roma dove fece la ballerina di fila negli avanspettacoli di Vanda Osiris e Renato Rascel. Con queste compagnie viaggiarono nelle regioni vicine, come nel film “Polvere di stelle”. A Pescara nei giorni dopo l'armistizio dell'8 settembre '43 vide arrivare i tedeschi. Decise di tornare a Trieste che nel frattempo era stata annessa al Terzo Reich nella regione militare chiamata OZAK (Zona di operazione del Litorale adriatico).
Bisogna dire che sua madre era nata ad Essen in Germania figlia di una famiglia di minatori emigrati da Maribor. Così i tedeschi li considerarono “Volksdeutsche”, cioè cittadini del Reich, e non sudditi di un territorio occupato. E Sonja parlava perfettamente il tedesco. Fece domanda e venne assunta come dattilografa ed interprete al comando della Kriegsmarine, la marina di guerra tedesca, che aveva sede nell'edificio del Comandante del porto.
Prima di fare tutto questo Sonja si era messa d'accordo con il movimento della resistenza sloveno, praticamente con i suoi servizi di spionaggio. I documenti che scriveva, gli elenchi del materiale bellico che veniva fatto passare per il porto, l'arrivo di soldati ed armamenti, veniva meticolosamente annotato e raccolto durante la settimana.
Di sabato Sonja si vestiva come per andare in gita, caricava la sua bicicletta sul treno e scendeva alla stazione di Aurisina. Seguiva una pedalata fino a Gorjansko dove c'era il blocco tedesco. Faceva vedere i documenti e spiegava ai soldati che a Trieste si pativa la fame e che lei sarebbe andata a vedere se c'era del cibo da comprare presso i contadini dei paesi del Carso.
Furbescamente disse loro di aver paura dei partigiani chiedendo se qualcuno di loro era disposto ad accompagnarla. In realtà lei aveva veramente paura, ma non dei partigiani, bensì delle bande di fascisti ucraini e dei collaborazionisti sloveni (domobranci) che non avevano nessun rispetto per le donne.
Ovviamente, vista questa bella ragazza, qualche soldato o sottufficiale si faceva avanti. Accompagnando la bici a piedi assieme al giovane tedesco raggiunse uno dei paesi della zona. Lungo la strada conversarono di arte, musica, poesia. Arrivati nelle vicinanze delle prime case Sonja chiese al tedesco di aspettarla e non farsi vedere: “Se la gente vede che sono con voi non mi daranno il cibo che mi serve. Cerca di capire.”
Da sola raggiungeva il posto stabilito mentre da dietro i cespugli qualcuno vigilava che il tedesco non si muovesse. Sonja consegnò al proprio referente il materiale raccolto ed in cambio le veniva consegnata una cesta con qualche patata, cavoli, uova e strutto. Non dovevano sospettare di nulla. Poi tornarono al blocco dove si congedava dai soldati tedeschi, inforcava la bicicletta per prendere in tempo il treno per Trieste.
Sonja fece la spola tra Trieste ed i piccoli paesini vicino a Comeno per molte settimane portando al suo capo persino carte nautiche e strumenti di precisione per la navigazione che era riuscita a rubare.
Gli ultimi giorni di aprile entrò nel suo ufficio l'ufficiale della Kriegsmarine cui era sottoposta, capitano Stegmann. Chiuse per bene la porta e le disse che le doveva parlare.
“Vedi Sonja”, disse, “io so da tempo che tu fai spionaggio per i partigiani jugoslavi, ma ti ho coperto perché non sono nazista, anzi, li odio. Però devo chiederti un favore. So che i vostri saranno a giorni a Trieste ed io non vorrei lasciare la pelle per qualcosa in cui non credo. Puoi nascondermi da qualche parte finché non sarà passata la buriana?”
Sonja lo portò a casa di sua madre. Non a San Giacomo perché non c'era più, bombardata nel giugno '44, ma in città. Li lo nascosero finché non le riuscì a fargli ottenere un lasciapassare dalle autorità militari jugoslave che gli consentì di tornare in Germania sano e salvo.
La storia potrebbe finire qui, ma c'è ancora un capitolo. Passati tre decenni si presentò a Cattinara un tedesco alto, abbronzato e canuto. Disse a mio padre, sposato con la sorella maggiore, conosciuto nei giorni prima dell'insurrezione e della battaglia finale per liberare Trieste, che voleva portare dei fiori sulla tomba di Sonja. Sgomento mio padre gli disse che Sonja non era morta e che poteva incontrarla. Era il capitano Stegmann che l'aveva protetta e che lei aveva salvato nascondendolo a casa sua. Fu un incontro commovente, rivangarono ricordi e sensazioni. Rimase a Trieste un paio di giorni e se ne andò. Non ne sapemmo più niente.
Svelato anche l'arcano della presunta morte di Sonja. In epoca fascista le era stato italianizzato il nome in Sofia. Era questo il nome sui suoi documenti. Ma la madre di Sonja, che di nome faceva Genoveffa, in famiglia era chiamata Sofia (Zofi, in sloveno) e qualcuno deve aver avvisato Stegmann quando sul giornale vide il necrologio della nonna confondendone i nomi.
Per i meriti acquisiti durante la resistenza e la guerra di liberazione Sonja Stopar venne insignita con due ordini al valore. Le medaglie le furono consegnate dal console jugoslavo a Trieste. In pubblico affinché si sapesse quello che Sonja aveva fatto nel totale segreto cospirativo. Mettendo così a tacere malelingue ed i dubbi di chi sapeva che aveva lavorato per la marina tedesca. Chi sapeva tutti i particolari non era uso a parlare, nemmeno nel pregiato ristorante di pesce che ha gestito fino alla morte. Era questa l'indole di chi ha lavorato per i servizi di informazione militare.
Sonja Stopar riposa ora nel cimitero di Basovizza.
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